di Emilia Banfi
Lo sai non me la sento di parlare,
davanti a questa casa così come allora
senza un senso dove il tetto chiude miseria.
Non me la sento proprio di parlare
anche se tu mi tieni il braccio
mi guardi per capire se piango dentro
la gente non è quella di allora.Lascia parlare i muri , quei due mattoni
rossi sotto la ringhiera ,
vedo la crepa in fondo alle scale
un po’ più aperta col ragno dentro.
Non è la stessa cosa, la stessa casa
i respiri si spaccano sulla porta
come nemici e rubano il verde ottanio dell’uscio.
Lasciami guardare, allontanati, non sei di questo mondo
e ti allontani finalmente.
Lo zerbino consunto ha la vista lunga,
quando mi vede cambia forma, colore
accoglie due zoccoletti azzurri che non vogliono entrare.
Dentro il sole filtra ancora dal buco dell’imposta della camera.
Sdraiata sul pavimento,
muoio.
…può far molto male ritornare nei vecchi luoghi…male da morire.
Che coraggio Emilia…che bella poesia
Cara Annamaria,
sì, muore il ricordo per poter tornare a vivere…quasi a respirare.
Sai che è difficile entrare nelle stanze del passato ma è necessario. Grazie
A Mayoor
gli a capo sono sì affastellati come la mia vita…
vado a capo ogni volte che sento il bisogno di ” tirare il respiro”. Ciao Lucio auguri per la tua mostra, spero di esserci.
ciao Emy, volevo aggiungere una riflessione sulla tua poesia…dove sei in viaggio verso la casa del tuo passato, un viaggio doloroso come la discesa all’inferno. La casa é sfondata, sgretolata, trasuda miseria, ma in una crepa c’é un ragno (un alleato?) e sullo zerbino un paio di zoccoletti azzurri, che non vogliono entrare perchè il ricordo dell’infanzia va protetto…infine varchi la soglia, dove c’é pur un raggio di luce, ti prostri, l’accogli tutta in un abbraccio la casa del passato…e te ne liberi. Grazie Emy per l’indicazione di un percorso che potrebbe essere anche il mio…
Cara Emi, riesci a dire cose difficili, perché sono sensazioni silenziose e per capirle bisogna averle provate. C’è anche chi le prova passeggiando nel vialetto del parco romantico della villa di famiglia , ma certo non potrà dire “Lo zerbino consunto ha la vista lunga, / quando mi vede cambia forma”, verso bellissmo!
Solo gli accapo della poesia a me sembrano un po’ affastellati, mi danno l’impressione di una cosa non ancora risolta. E’ importante? per il piacere estetico sì, però so di tante persone che… uomini che non sanno annodare la cravatta, donne che sbagliano regolarmente il foulard. Sì, forse non è importante come sembra.
NIRVANA
Non so dire se qui mi riconduce
un istinto di uccello migratore
dopo troppe stagioni disertate
stazione su stazione della mia
personale via crucis della vita
oppure è altro
magari il destino
il caso o la struggente nostalgia
a comandare la rotta al mio passo.
Adesso so solo che tutto di me
mi sono lasciato dietro le spalle
e che nudo ritorno alla sorgente
per battezzarmi con l’estrema unzione
e scrivere con l’alfa la mia òmega
in un azzurro volo di libellula
a sfioro sopra il Lago della Selva
brocca d’acqua smeraldo della Laga
tutta luce e arcobaleno di prati
intensi effluvi e dolcissimi suoni.
Nel muto battito di un’extrasistole
frana ogni molecola del mio corpo
e sono puro spirito che ascende
oltre le verdi valli dell’infanzia
oltre la voce che m’impose il nome
ormai per me non più riconoscibile.
Oh Stefano che bella poesia! Mi ricorda tanto quei sogni che raramente faccio e che creano in me tanta gioia perché mi rivedo bambina a correre per strade e piazze del mio paese, quel paese che ora amo più che mai . Nulla mi calma più del vedere la mia piazza e il torrente che dietro scorre ancora come allora e per quel poco tempo anche le mie ossa , la mia vita dimenticano ogni dolore. Ciao
Scusa tanto volevo scrivere Francesco !!!