di Franco Nova
[Questo apologo satirico, con echi esopiani, ci presenta un grillo anticonformista che non vuole cedere alle sollecitazioni in apparenza a lui dirette di «una folla del tutto indeterminata e confusa di altri insetti». A spiegare l’equivoco in cui l’inesperto animaletto cade è mamma-grillo, che lo conferma in una salda visione animalo-centrica e misantropa. In filigrana pare di cogliere qui il tema del contrasto forse insolubile tra la società “di massa” o “all’americana” (di «idioti»?) e l’individuo anarchico «dal carattere ruvido e poco accomodante». Ma come mai costui, pur sapendo saltare e procedere a balzi, si fa condizionare dagli altri fino a imitarne la grottesca andatura? (E.A.)]
“Salta grillo”, gli gridava la folla, una folla del tutto indeterminata e confusa di altri insetti che nemmeno si riusciva a capire di che genere o specie fossero. Il grillo li guardava perplesso; lui non poteva muoversi che saltando, per quale motivo quegli sciocchi lo incitavano a mantenere un passo che era il suo proprio dalla nascita, quello che “Dio” aveva scelto per lui fin dall’apparizione dei grilli. Eppure il rumoreggiare della folla cresceva: “salta grillo”. Cominciò ad indignarsi e poiché era un grillo dal carattere ruvido e poco accomodante, si ripromise di non saltare proprio più. Mai più è forse dir troppo, ma insomma avrebbe cercato di astenersi dal salto per un bel po’ di tempo, almeno finché quegli scalmanati non avessero smesso di urlare come ossessi.Tuttavia, nemmeno poteva restare lì fermo; il Sole era ancora alto in quel pomeriggio di maggio, ma doveva comunque rincasare per cena. Saltando, avrebbe impiegato un quarto d’ora; avesse pur voluto piluccare qualche filo d’erba, poteva al massimo metterci mezzora, nulla di più. Tuttavia, appunto, saltando. Aveva però deciso di non dare soddisfazione ai vocianti; dunque doveva studiare un ben diverso andamento di marcia e il problema da risolvere diveniva un vero grosso guaio. Provò infatti a muovere le zampette strisciando sul terreno, mettendone avanti prima una e poi l’altra; così agendo, si accorse intanto che quella massa di insetti confusa e chiassosa si spostava con le stesse modalità. Fu un bel po’ seccato di dover imitare quegli idioti, da cui avrebbe invece voluto distinguersi proprio per il suo bel saltare, per quell’armonioso procedere a balzi. Oltre a tutto, si accorse pure che, procedendo in quel modo di fatto strisciante che aveva osservato nei vermi, rischiava di essere schiacciato da quella specie particolare di millepiedi che si agitavano, ondeggiavano, calpestavano l’intero terreno nel mentre gridavano “salta grillo”.
Muoversi fu un tormento; salvarsi dal pestaggio una vera impresa titanica. Non sentiva nemmeno più di avere le zampe, sembravano solo un dolorante groviglio di stecchetti che grattavano il terreno. Le punte delle zampe, così ben elastiche e temprate per atterrare con morbidezza e subito rilanciarsi verso l’alto, strisciando erano divenuti bubboncini gonfi, spuntati, tutti avvolti in fili d’erba che avevano trascinato durante la penosa marcia. Infine giunse a casa ormai al tramonto e con mamma grillo già in agitazione, che l’accolse con una vera sfuriata per sfogare l’ansia e angoscia. Quando si fu calmata, il figlio raccontò i motivi del suo grave ritardo nel rientrare; e ammise di avere un carattere troppo permaloso e ostinato. Avrebbe dovuto lasciar perdere l’incitamento della folla d’insetti indistinti, così stupida da chiedergli di procedere esattamente come procede da millenni un grillo.
La madre lo ascoltò con aria prima stupita poi divertita, ma anche un po’ irridente nel mentre scuoteva la testa: “Figlio mio, dovresti sturarti le orecchie e conoscere meglio gli altri animali che incontri”. Il figlio la guardò con aria interrogativa. E la mamma gli ricordò che da anni lo aveva reso edotto del parlare e comunicare di quegli insetti striscianti che si sono autodenominati (nel loro linguaggio) uomini, anche se poi, per motivi che mamma grillo lasciò inspiegati, si divertono spesso a dirsi “uomini e donne”. Era noto da giorni che, in quello che questi insetti chiamano stadio, a circa mezzo kilometro dall’abitazione grillesca, si sarebbe svolta una importante gara detta “d’atletica” (il figlio guardò con aria interrogativa la madre, che finse di non vedere perché non sapeva che cosa significasse la denominazione), il cui momento culminante sarebbe stato il salto in alto. Si vociferava che nella gara in questione un certo insetto uomo, di nome “Guardinsù”, avrebbe tentato di conquistare il cosiddetto primato del mondo.
Grillo figlio disse: “mi sembrava fossero lunghi sui due metri. Noi saltiamo almeno 4-5 volte la nostra lunghezza; in pratica, quindi, questi insetti fanno a gara con certi volatili”. Mamma grillo sorrise e chiarì che, in realtà, gli uomini saltano in alto poco più della loro lunghezza; e le donne giungono anche un po’ meno in alto. E com’è possibile allora che si tratti di record del mondo, ribatté il figlio. La madre, un po’ annoiata di tutte queste spiegazioni inutili, si sbrigò: “sono insetti notori per la loro presunzione e immodestia; qualcuno sostiene che siano pure un po’ ottusi. Ma il problema non è questo; è che tu o devi sturarti le orecchie o devi imparare meglio la loro lingua. Essi gridavano in realtà a Guardinsù: salta come un grillo”.
Il figlio rimase male e si rese conto di aver passato tutto quel tormento soltanto per non aver udito una parola. La madre lo consolò raccontandogli che, per una sola parolina, gli uomini litigano, rompono rapporti d’affetto, si fanno ingannare e raggirare; ma anche giurano fedeltà, s’innamorano, stringono amicizia.
Alla fine, la madre fece rilevare al figlio che in definitiva – e malgrado certamente la debordante prosopopea umana responsabile di molti lutti apportati a tutti gli altri esseri viventi (non solo animali) – si poteva nutrire un autentico sentimento d’orgoglio nell’udire gli uomini incitare il loro presunto campione a compiere un gran balzo verso l’alto urlandogli: “salta come un grillo”. Su questo convennero entrambi con un sorriso ed un soddisfatto cenno di testa, e si diedero la buona notte. Nella madre era sfumata ogni paura e la rabbia che questa le aveva provocato; il figlio era stanco morto ma soddisfatto di aver imparato qualcosa che a lui appariva utile.
…simpatico il racconto di questo grillo scorbutico e anarchico che non accetta ordini, ma cosi’ cade nella trappola degli insetti striscianti e si allontana dal suo modo saltellante di procedere…solo “la mamma giusta” lo riporta a se stesso. Se trovi “la mamma giusta”, allora diventi l’ochetta Martina…
In quanto a imitare gli altri, non ci sarebbe niente di male visto che in ciascuno di noi c’è un pezzetto degli altri, ma esserne posseduti questo invece ci allontana, ci disorienta, ci fa male. Puo’ succedere allora che un grillo salterino finisca in fondo alla Fossa delle Marianne e neanche un salto alto milioni di volte la sua altezza lo puo’ salvare…forse una mamma sottomarino