di Graziella Poluzzi
ECOLOGICA: LIDO MARINO
I’ mi trovai conchiglie un bel mattino
di mezo maggio su di un lido marino.
Eran d’intorno bottiglie
e bottigliette d’ogni tipo
fra tronchi e sterpi, persino
un vaso pei bisogni di un bambino
I’ mi trovai conchiglie un bel mattino
di mezo maggio su di un lido marino.
Bottiglie vuote, tante
-genti umane assetate-
bottiglie rotte dai vetri taglienti
-ahi! Quante, quante punte arrotate!-
Eravi anche certun fialoide
smarrito, verdino.
I’ mi trovai conchiglie un bel mattino
di mezo maggio su di un lido marino.
Ma poi ch’ i’ n’ebbi colto
quasi un mezo secchiello
di peregrini e cappe più graziose,
sfuggendo pure fra le varie cose
tal vecchia bomboletta-spray
arrugginita, mi feci avanti cauta
in cotale immondezza, finchè
vi fu l’incontro: allor mi vidi
una bambola disseppellita
di plastica smunta
-ahi! Quanto è orribile
la plastica sbiadita!-
macchiata di catrame di un nero
sparso ovunque, con l’occhio
spento e torvo eppure mi fissava
ed anzi mi accusava dicendomi,
dicendoci: “Meschini!”
I’ mi trovai conchiglie un bel mattino
di mezo maggio su di un lido marino.
…………………………….
ACQUA
Acqua trasparente
acqua di torrente di montagna
pura simbolica divina
acqua da bere
disseta sorgiva
acqua di fonte che zampilla
acqua lucente
scorre sui sassi saltella
acqua che specchia
lava purifica accoglie
acqua dei ricordi d’estate
ricordi d’adolescente,
fiume che scende
passa tra villaggi e città
lava i panni sporchi e filtra
esce inquinata lasciva
flatulente infida
goccia dopo goccia,
sommate gocce moltiplicate
s’incupisce, s’ingrossa,
acque avariate, luride
acque di fogna, un lago melmoso,
scorrono eterne come il tempo
si alzano e urlano
contro le colpe umane
Nate pure, perfette
alla sorgente
imprecano alla foce:
le acque dei rimorsi.
…………………………….
POPOLI MIGRANTI
Mi chiami ‘mama’, mi chiedi ‘come stai?’
un largo sorriso, la bocca è una finestra
di bianco nel volto di colore,
mi chiedi i soldi di un caffè, ‘ho fame’,
senza una lira, ma ricco di speranze,
credi in un paese straniero, ami l’Italia più di noi,
in tanti figli di questo suolo, vorremmo scappare,
mollare tutto, ci manca la forza di sognare,
per te siamo la terra promessa, chi te l’ha raccontato?
Che ti hanno detto del paese dove fiorivano i limoni,
del nostro sistema di società avariato?
In te, la volontà di sorridere per necessità,
la forza di credere in un futuro migliore
con la caparbietà dello stelo che cresce
nella fessura di un muro, di un fiore
sbocciato nel deserto, di una pianta rampicante,
dei papaveri nati tra i sassi e le rotaie.
Nelle stelle cadenti dormono desideri nascosti,
sognano un’alba rosata nel rosso del sole che tramonta.
Chi è ricco di speranze
porta il futuro sulle proprie spalle.
*Nota dell’autrice
Ho fatto parte del gruppo’98 Poesia di Bologna fino al 2011, sono uscita per curare i miei testi, ho pubblicato ora una raccolta di aforismi:’Sinapsi in strass’ con Zona editore, collaboro a Cortocircuito e Odissea di Angelo Gaccione.
Graziella poluzzi forever! Bellissime!!!
…molto belle queste poesie di Graziella Poluzzi perchè interpretano bene l’orrore e lo sdegno che molti di noi provono per lo sfregio alla natura a cui assistiamo, a volte spettatori, a volte corresponsabili. La natura diventa lo specchio di quel guazzabuglio di nostalgia, di porcheria che sono diventati i nostri cervelli. Da un immondezzaio a cielo aperto, su un lido marino, l’autrice salva “un mezo secchiello” di conchiglie”, ci prova a ritornare bambina, a rivivere l’incanto dell’infanzia, ma una bambola di plastica dissepolta, tra macchie di catrame, la fissa torva con rimprovero, l’innocenza per sempre tradita…La poesia sull’acqua é come una sequenza di diapositive che ci fanno assistere al degrado prograssivo di un elemento originariamente bellissimo e vitale…
Forse i nuovi popoli migranti potranno ancora credere in un futuro? Se c’é una speranza, quella riposa(?) sulle loro spalle?
Personalmente credo che uno dei versanti sul quale dovrebbe attestarsi la poesia come sguardo sulla realtà sia l’analisi del rapporto sempre più deteriorato tra l’uomo e l’ambiente naturale. Un fronte raramente frequentato o meglio frequentato in modo a mio parere molte volte ingenuo, formale o didascalico. Ben vengano dunque le poesie, ma non solo quelle, che cercano di affrontare questo argomento. Io credo che le prospettive da questo punto di vista siano fondamentalmente due. Una, maggioritaria e sopravvissuta al tempo dei movimenti/partiti verdi degli anni 80/90, affronta principalmente la questione ambientale come denuncia dell’inquinamento, della perdita della bellezza e della integrità dell’uomo, degli oggettivi rischi e pericoli ai quali andiamo incontro se non invertiamo la tendenza.
L’altra, espressa in italia nel manifesto per l’ecopoesia in Italia che ha l’obiettivo dichiarato di dare voce alla natura che non ha voce, ma sopratutto negli stati uniti e nei paesi nordici sotto la denominazione dell’ecologia profonda, si pone il problema del rapporto uomo-natura in una logica di superamento dell’antropocentrismo. Il percorso dell’ecologia profonda in estrema sintesi se vogliamo è semplice: riabitare la realtà in cui si vive sentendosi parte integrante della rete di relazioni tra tutti gli esseri viventi, umani e non, nella quale, lo si voglia o meno, viviamo al pari delle piante o degli animali. Non si tratta qui di teorie new age o nuove declinazioni dell’animalismo ma qualcosa di più complesso. Gary Snyder che dell’ecologia profonda è forse uno dei più autorevoli rappresentanti aggiunge che nello sfruttamento della natura selvatica operata dal capitale si fonda lo stesso sfruttamento e oggettivazione che è stato fatto sull’uomo.
Tutto questo per dire che questi versi mi hanno deluso nell’aspettativa che su Poliscritture si affacciasse anche questo tipo di riflessione. Direi che nella prima e soprattutto nella seconda poesia ci collochiamo nell’ambito della didascalia, della semplice descrizione/denuncia del degrado ambientale (soprattutto mi pare nell’aspetto estetico) senza scavare in una dimensione più profonda. Non è certamente facile andare oltre ne penso di riuscirci io, è però legittimo aspettarselo. Se la discussione riprenderà magari proporrò qualche esempio che, a mio parere, va in questo senso.
…il discorso sull’ecologia profonda a cui Luca Chiarei fa riferimento, mi interessa davvero molto e leggerei volentieri autori che in poesia o in prosa ne parlassero…quella rete che ci accomuna alle piante e agli animali per me é una realtà assoluta. Noi siamo loro, solo se grattiamo un po’ sotto quella crosta di superiorità che ci siamo costruiti su misura: il nostro sentirci sfruttati ci umilia come loro, molte gioie legate alla vita sono ancora quelle che provano loro. Solo il linguaggio ci differenzia, ma anche loro ne hanno più di uno, che potremmo cercare di decodificare…magari dal mondo cosidetto “subumano” trarremmo qualche insegnamento. Comunque le poesie di Graziella Poluzzi non mi sembrano solo didascaliche, soprattutto là dove riferisce il dolore di una bambina davanti allo scempio della natura…