di Pietro Peli
Il ritorno è un ritornare
o non essere mai partiti:
la differenza risiede
nell’involucro che sorregge
e chiede ogni giorno
di riempirsi.
Questo catalogo trovato
nel risguardo di un vecchio libro
parla di passi mai avvenuti
o da fare di nuovo
in un senso e nell’altro.
Il nome a matita indicava
un rivolo e un ponte
lasciato sfilare
alle spalle.
Tu ancora non c’eri
o c’eri già stata.
Io sono sempre
rimasto fermo
col passo sospeso
ad aspettarti.
*
Nessuna notte è crudele
nell’antro nascosto
che ha accolto
i tuoi occhi senza colore.
Un angolo
nascosto ai sensi,
accoccolato nel centro
dell’essere
un anima ti contempla.
Non ho paura del bosco
se corro lesto nell’ombra
che mi lasci
se la mano tiene una mano
e cerca il volo
la luce dietro la porta, il bagliore, il silenzio.
*
La polvere di ghiaia
la strada non mi spaventò mai,
è per essere in corsa che corro
dietro il clic
dell’obbiettivo
la macchina ferma:
ogni colpo
è falso e vero
se il secondo è come denso
di prima e dopo che si fermano
e prosegue
dietro il consueto sfondo.
Nessuno deve essere sereno
nel cammino che scende
e il sole asciuga gli occhi:
non fino alla fine
il ridere in corsa
al vento
agli occhi di rubino
nella lucida aurora.
Nel primo passo
il respiro tolse tempo al secondo,
correndo
…
nulla fu la ricerca,
si ruppe il cercato
restò intatto il cercare.
*
Tu eri
sulla cupola lo zenit
ma lo sfondo di fotografia
si smaltava
nell’oscuro sapore di tempesta.
La risata perduta
sull’ombelico dolce…
Gli occhi chiusi
nell’onda speciale del sempre.
Chiuso come una feroce valva
il cielo
un abbraccio lo teneva aperto,
forse per altri soli.
«Niente altro, amore,
che un secondo ruvido
della sabbia del mare
strappato alla memoria
consegnato al tremore
di un giorno distante».
*
I giorni
se fossero tutti di smalto
e il cielo volesse pigiare sul cuore,
la terra
sarebbe quello più adatto
perché insicuro
per stringerti al cuore
il languore eterno di pace.
Difficile la crepa si incide
per aprire lo strato ulteriore
più alto
più altro;
e cosa resta della monade formata
da questi nomi di un registro
in qualsiasi forma
a dirsi
è difficile.
L’unico fiore che potrei coglierti
sarebbe bagnato nel mercurio:
non c’è televisore
mentre piove lento
che ti sappia riempire gli occhi.
Queste poesie di Peli, di amore e di assenza, mostrano il risvolto esistenziale che già si faceva sentire prepotentemente nelle poesie sue più sociali e politiche; solo che in quelle l’esistenzialismo era espressivo, e la denuncia sostanza. Qui il distacco tra universalismo e personalismo (oh quanti ismi stamattina!) si fa incerto, e a me sembra di scorgere qui i tratti del giovane uomo.
A Pietro Peli
Tutto ritorna
come al primo punto
sull’ago la lana.
Byemy
In merito ai contenuti, ho l’impressione che in queste poesie venga rappresentato lo stare sul limite dell’esperienza, una condizione di ambiguità (*il ritorno è un ritornare/ o non essere mai partiti) di difficile risoluzione (*ogni colpo/è falso e vero*) e dove le domande sulla realtà non trovano una risposta, ma un mantenere sempre aperta la domanda nella sospensione del senso (*Tu ancora non c’eri/ o c’eri già stata./ Io sono sempre// rimasto fermo/col passo sospeso// ad aspettarti*).
Non c’è dunque un alternarsi delle polarità (io/tu; luce/buio) nel tentativo di trovare una partecipazione “comune”, perché appunto la esplorazione dei vissuti non verte sulla soluzione ma l’accento viene posto sulla conflittualità della ricerca *nulla fu la ricerca,/si ruppe il cercato/restò intatto il cercare*.
Questa esasperazione del cercare e mai trovare mi sembra rappresenti molto bene la situazione odierna sia a livello privato che collettivo.
R.S.
…trovo queste poesie di Pietro Peli molto suggestive. L’uomo rappresentato, forse deciso a non farsi intrappolare dal destino, gioca a nascondino con le forze che negano la speranza e alterna immobilità a corsa. Non si fa immobilizzare dal clic della macchina fotografica, fugge e riappare nell’attimo precedente e in quello successivo. Conserva intatta una sua memoria, di ombre amiche nel bosco, di una mano accogliente, nulla può negare quel centro, anche se la periferia é sfocata. Si tende ad un abbraccio più alto, più altro…C’è una sospensione, uno stallo emotivo, come quando una visione si sdoppia o, al contrario, due immagini si fondono, ma non c’é una resa. Una morte apparente? Un fuoco sotto le ceneri? Penso anch’io, come Rita, che questo stato d’animo, tra speranza e disperazione, ci rappresenti molto
Una vena malinconica segue il passaggio dallo scatto al verso, un’immaginazione che è di per se stessa immedesimazione, ma nessuna affettazione nel dirlo. Se anche l’immagine in alto non si lascia comprendere sino in fondo. Ci vedo inquietudine, alla maniera di Annamaria (una sospensione, uno stallo emotivo), ma non disperazione (Annamaria) o esasperazione (Rita).