Gli furono cari i poeti ancor più della poesia.
E quante nostre piante nate storte raddrizzò
e tutte incoraggiando ospitò nel suo giardino
perché sgrovigliassero piano virtù da miserie.
Anche per lui essendo gli uomini esseri mirabili.
[E.A.]
I funerali si svolgeranno a Piateda (SO) giovedì 30 ottobre alle ore 14,30.
Messaggio della moglie di Gianmario Lucini sul suo profilo FB
Marina MarchioriGianmario Lucini
10 min ·
Un caro saluto a tutti gli amici e collaboratori e clienti di Gianmario. Sono sua moglie. . Vi devo purtroppo informare che Gianmario questa notte si è sentito male e che nonostante tutti gli sforzi di medici e di infermieri la sua bella anima è tornata in Cielo, la sua anima bella che abbracciava il cielo e la terra, volava in alto ma sapeva camminare con pazienza, perseveranza e amore infinito.
Sono poco pratica di facebook e spero che riusciate a leggere questo messaggio e vogliate aiutarmi a diffonderlo tra chi ha conosciuto, stimato, amato, mio marito.
Negli ultimi anni so quanto si sia sentito circondato dal vostro affetto.
Gianmario non si arrendeva davanti all’ignoranza degli uomini e per questo si ostinava a cercare, a viaggiare, a confrontarsi, ad incazzarsi…
Signora Marina ,
è stato facile voler bene a Suo marito , per me come per quanti hanno avuto la fortuna di conoscerlo non superficialmente . Era profondamente modesto per quanto fosse dotato culturalmente e artisticamente . La sua semplicità , la sua onestà di uomo e di poeta ci rimarranno sempre dentro come un dono .
Un forte abbraccio !
leopoldo attolico –
Per me un grande dolore per una grande perdita.
L’abbraccio forte sig.a Marina.
Gianmario Lucini
L’uomo provvisorio
E non si cura di se stesso, del suo seme:
lo spegne nel sangue, nella fame,
gli fa suggere l’uranio impoverito,
gli avvelena l’acqua, il pane
– ma vuole protrarre la sua vita oltre il tempo
come a prolungare un tormento…
Sembra giunto alla fine del suo ciclo,
sembra chiudersi il cerchio – non rinnega
tuttavia i millenni d’una brama nera
e senza occhi: ragione
fatta mito di sé, assoluta
fede nel futuro, chiusa
logica di un calcolo glaciale
(non ci sarà altro Dio
all’infuori di lei).
( da Divagazioni grigioazzurre )
Gianmario l’ho conosciuto (se così si può dire) sulle pagine di questo Blog e ne ho potuto apprezzare la limpidezza (dote ormai fuori corso in questo mondo torbido), lo spirito di ricerca mai domo e il senso dell’ironia.
E’ davvero una grande perdita che ferisce profondamente e che si fa fatica ad accettare.
Non rimane che unirsi al cordoglio dei familiari e di quanti avevano avuto modo di conoscerlo da vicino.
R.S.
…anch’io, come Rita, ho conosciuto Gianmario solo attraverso i suo scritti sul blog…in una delle sue ultime poesie pubblicate, c’era il riferimento ad un rubino, a questa pietra lo accosterò nel ricordo, mi sembra rifletta bene la sua luce calda e nitida…
caro Gianmario anche se non ti ho conosciuto di persona ho potuto cogliere nella nostra breve corrispondenza epistolare un aspetto che per un po’ mi ha riappacificato con la vita, parlo della tua autoironia. ciao grazie. enzo
carissima signora Marina, nel suo nome ben due volte è presente la traccia acquatica, che voglio immaginare come quella dei laghetti di montagna e la vita nel bosco e dei boschi così amati nelle me-te della sua preziosa metà , ora, scomparsa. Ma come la signorina Poesia non può cessare di pulsare, così è per il suo e nostro poeta Gianmario. I vivi e i morti ineluttabilmente sempre insieme. Nella sua delicatezza e fragilità era sacra, la signora Vita, per il poeta e rimane così nella certezza della morte. Siamo noi a rimanere nel dolore , per prima lei fra tutti senza il battito “rubino” e il respiro “smeraldo” di Gianmario, ma il suo “dito” è, ora, in una parola e in una lettera di un poeta mai morto, come nel suo poemetto mai nato. Gli uomini e le leggi della vita possono uccidere gli alberi e il bosco, ma se non riusciranno mai a far morire l’idea del bosco, la pentola d’oro di Gianmario sarà in salvo oltre il suo e il nostro dolore. Le auguro di avere attorno il senso dello spirito della vita oltre le sue stagioni, in modo da incontrare Gianmario ogni giorno in una pietra, un fiore, in una foglia come in un foglio come in un uomo..pertanto, la mia vicinanza a lei e lo spirito di Gianmario è nella speranza che lei possa accarezzare il dolore della scomparsa di Gianmario, continuando la sua grande opera ..la mappa boschiva di Gianmario è ora nelle sue mani, vicina vicina ai poeti, i critici e, insomma, alla signorina Poesia, tanto come il nome marino del suo buon laghetto, insieme ad altri che le sono e saranno competenti e vicini, sa specchiare delle cime dei corpi più grandi, delle amate montagne, fino ad altri più sottili, dai corpi dei fili d’erba fino ai grandi alberi..
Un abbraccio a lei e a tutti i vostri cari, nel sacro spirito, oltre la vita e la morte
rò
Con immensa tristezza apprendo della morte di Lucini, uomo di valori e poeta di qualità. Vicinissimo alla moglie.
Luciano Nota
Menandro
Per noi uomini comuni
Non è facile questo mondo
Di disordine e di abbaglio
Dove l’unica certezza è quella
Di incontrare Lucifero e non Dio.
Solo agli eroi è concesso
Lo strappo alla regola
Ma spesso geloso il Cielo
Giovani a sé li chiama.
Ci eravamo visti l’inverno scorso a Rogliano, in Calabria, per il Premio Francesco Graziano de il Filorosso.Il suo volume era tra i vincitori e non ricordo se al momento di leggere non avesse trovato subito la poesia giusta o gli occhiali.Insomma, poi la lesse e fu molto applaudito.
Lunedì,l’altro ieri, lo sentii per telefono ,il mio libretto? gli chiesi,tutto a posto mi rispose…
Sono vicino a Marina nel suo dolore, partecipo alla tristezza di tutti.
L’unico incontro con lui è stato a Cologno. Era un pomeriggio assolato, mi pare, comunque nella memoria mi è rimasta una traccia intensa di luce vivida, anche se doveva essere di novembre. Da allora l’ho pensato come un uomo intriso di grande energia positiva, uno di quelli che sanno avere idee chiare e sanno agire. Ogni sua mail, ogni suo intervento o proposta mi dava l’idea di una porta aperta all’improvviso in una stanza chiusa e dell’aria fresca, nuova, lasciata libera di andare.
Signora Marina,
ho conosciuto Gianmario solo per lettera, ma più volte lo ho sentito vicino, mi ha incoraggiata. Per lui ho provato stima e rispetto. Per questo la sua morte mi addolora.
Voglio offrirle questa testimonianza di un’altra persona che lo ha ammirato con un sentimento di confidenza.
candore, forza e generosità: raccogliamone il testimone, Viola
Grazie Gianmario, per essere passato di qui con la tua voce forte e pulita.
Namasté.
a Gianmario Lucini, in memoriam
Oggi si è aperta una voragine
nel centro della voce sulla strada
dove il cammino insieme ora reciso
è stato coltivare forma e contenuto.
Hai dato vita a gesta di coraggio
fino a involarti senza risparmiarti
nella tua corsa da nord a sud
per non tradire la parola e l’anima.
Uomo di fede nella forza del bel canto
hai speso tutto quanto a ricordare
che la poesia è questua di civiltà.
E noi ricorderemo la tua umanità
continueremo a risvegliarci ancora
con qualche email che invii dall’aldilà.
Maurizio Soldini
Nel mio unico incontro con lui a Bari di recente, in occasione della presentazione del libro (edito da CFR) “Di rovescio” di Nunzia Binetti, mi è balzato agli occhi il tratto umanissimo e umile della sua persona, nel senso più alto e bello, di accogliente, disponibile all’ascolto e all’incontro, nella passione per la poesia, scevro da altezzosità e supponenza alcuna. Una dote umana sempre più rara…Sincere condoglianze!
mgp
Marina, ti abbraccio.
Oltre all’esempio di Gianmario, porto con me quello del bel pranzo a casa vostra, della tua torta fatta con i copiosi cachi del vostro giardino e di come si potesse parlare con lo stesso rispetto delle minute cose e della poesia. Gianmario mi disse che il tuo sostegno nella sua opera gli era indispensabile.
Grazie, quindi.
Siamo forti con te,
Mariella De Santis
Gentile e cara Marina le arrivi l’abbraccio di tutta larecherche.it che oggi indosserà fascia nera di lutto in onore dell’amico Gianmario.
Scrivo per ricordare l’amico, il critico, il poeta che mi ha sostenuto in questi ultimi anni,
di rinascita e novità. Colui che mi ha seguito con tutta la sua bontà e la sua scienza, colui
che mi ha indicato la via per la mia rinascita nel grande campo della poesia. Che mi ha fatto rinascere, che mi ha dato tutta la sua scienza e la forza del suo spirito che era ed è grande e che continua a espandersi sui mari e sulle sue montagne come un gran manto
che copre prati e rocce, e scogliere e mari. Colui che si arrampica e naviga mi sia sempre
vicino e mi guidi nei cieli e nelle terre che ora sono tutte sue. Arnaldo Ederle
Una delle persone più belle che io abbia incontrato, forte, schietto, aperto, generoso, empatico, capace di vedere il bello e di farlo crescere. Una umanità intera la sua : ci mancherà terribilmente. Non dimentichiamo la sua lezione.
A Gianmario
Vai per terre a noi sconosciute
traccia sentieri tu lo sai fare
prepara la poesia che hai sempre pensato
lasciala andare fino all’ascolto degli inizi
dove tutto può ricominciare
dove la fine non esiste
prepara la strada di quella vita
vera e pulita
quella che si apre ai tuoi occhi
ora .
Un grande amico ed un poeta di impegno ed ingegno. Sono certa che resterà vicino a noi, potendoci raggiungere in molti più modi di prima, già incredibilmente vari e amorevoli. Condoglianze vivissime a Marina.
[Edizioni CFR] L’impiccataLunedì 27 ottobre 2014, 19:43 Segna come non letto Segnala questo messaggio
Da: “Gianmario Lucini” A: xautori@poiein.itIntestazioni complete Versione stampabile
Rilancio un post di Luigi Fioravanti.
E’ una testimonianza altissima di etica, una capitale lezione per noi colti e “democratici”. Ho pianto come un vitello leggendola e mentre scrivo ho uno spasimo in gola che mi fa male, perché la voce è impotente e la parola non riesce a dire. Uccidere donne (una ragazza poi: appena 19 anni!) dal cuore così grande non è una scusabile “ignoranza”, è malafede crudele e sadica, è vigliaccheria di un potere sadico e corrotto, ben conscio di esserlo. Il solo sentimento che mi rimane è la collera, nera. Ora vedo i “loro volti”, dei viziati e corrotti dal potere, lo vedo meglio di prima.Spero che per voi sia una collera ancora più forte, ve lo auguro.G.___________________________________________
Madre, non piangere accuserò i giudici al tribunale di Dio e ora dona i
miei occhi”
di Reyhaneh Jabbari
in “la Repubblica” del 27 ottobre 2014
…Alla Gentile Signora Marina
Gianmario
era un fertile seme di campo
da cui crebbero fiori
frutti ed erbe
ora giganteggia nei prati, sulle rocce, nei mari
della terra e del cielo
e altri infiniti frutti da lui stan germogliando
che Lei ne sia piena
ti piango Gianmario, piango il tuo pianto
leggendo la lettera di Reyahneh, la cercavo
intera quando ce la mandasti
piango la trasparenza delle tue parole
la tua costanza montanara la simpatia
verso i viventi tutti, l’intima onestà non ostentata
dicesti mi son quasi accecato per una scheggia l’altro giorno
il medico no? tentai; no, no…; hai ragione, dovetti convenire
riconoscevo in fondo un sentire comune
però provo un affanno, forse il cuore…
ma sì, pensai, morire di botto
e siano gli altri a piangere
parlammo poi d’altro fino alla stazione*
(29 ottobre 2014)
*Domenica Gianmario, editore anche della rivista Poliscritture, è venuto a Roma per presentare Keffiyeh Intelligenze per la pace, l’ultima delle antologie su temi attuali della CFR. Abbiamo fatto insieme la strada dall’EUR alla stazione Termini.
Al funerale di Gianmario a Piateda
Tanti i suoi compaesani. Da Milano in quattro: io, Fabrizio Bianchi, Enzo Giarmoleo, Donato Di Poce. (Se non sbaglio). In chiesa, dopo il prete, un’mica legge una sua poesia e la moglie con voce forte e commossa la sua ultima mail inviata agli amici che conclude così: “Il solo sentimento che mi rimane è la collera, nera. Ora vedo i “loro volti”, dei viziati e corrotti dal potere, lo vedo meglio di prima. Spero che per voi sia una collera ancora più forte, ve lo auguro”.
Poi accanto alla bara già sul carro funebre un abbraccio a Marina. Molto sole. Al ritorno per sbaglio allunghiamo la strada. Ci diciamo: dobbiamo fare di tutto perché le cose messe da lui in piedi non s’interrompano. Sarà dura. Siamo vecchi. Anzi più vecchi di lui. La sera ci avvolge. Al posto delle stelle solo i fanalini delle auto.
Ho scritto questa poesia per Gianmario.
Caro Gianmario,
Lettere come questa sembrano inutili.
Molte delle cose che si pensano lo sono.
Servono ancora le parole? E le poesie
hanno senso? Dico uno che ci guidi
nel comprendere. E le sensazioni
sono alla stregua delle parole?
Si dileguano anch’esse
se rimangono in noi, oggi
restano come in chi non sa
profferire. L’andare incostante
rende ancor più incerto
per noi il cercare. Provare
e riprovare a sciogliere
il dubbio estremo per evitare
che la ragione si perda ancora
nel bosco. Tutta la vita nelle mani
dirai, serve a riconciliare
il fine con il mezzo come il filo
conduce all’aspo, né mai
l’uomo potrebbe indovinare
il giorno che lo lascia. Mi dirai
quanto ogni cosa sia unita all’altra
e tuttavia di non poter provare
nella regione degli specchi
la ragione divisa in tanti “sono”.
Mi dirai anche delle parole
che sono sale, da usare
al modo giusto, talvolta
con parsimonia.
Le strade si dividono ci sembra
se già sussurri di «sì»
ma fino a che non vediamo
fino a che evitiamo di guardare
oltre vi è un abbraccio
una sera di tante sere.
30 ott. 014
Mi unisco al cordoglio per la scomparsa improvvisa di Gianmario, mio primo mentore telematico su queste robe poetiche sedici anni fa, sul Club dei Poeti. Non ho poi continuato nei modi e nelle forme che si sarebbe aspettato da me, mentre lui è sempre rimasto il generosissimo e affettuoso “costruttore di pace” che qui ricordate, questo essendo il suo sostrato di giusto. Darà per certo un occhio a noi animelle di questo purgatorio, sia a chi sta dentro che a chi sta fuori il recinto bellissimo a cui tanto teneva e a cui tutti voi appartenete. Bellissimi anche i quattro versi di Abate, vera poesia per un uomo sincero e vero. Giuseppe
Ho incontrato Gianmario una sola volta , in Urbino, qualche mese addietro e mi aveva colpito la sua sensibilità che non veniva dichiarata ma si lasciava intuire. Ora, come sempre succede di fronte alla morte, si resta senza parole.
Gentile signora,
come ho già scritto su un altro sito, la notizia della morte di suo marito mi ha colpito in modo tremendo.
pur non avendolo conosciuto di persona, ero stato in contatto con lui perchè mi aveva inviato le bozze di un suo recente libro di critica, e per questo lavoro egli mi aveva anche voluto dedicare un ringraziamento, ed avevo avuto la sensazione di trovarmi di fronte ad una persona colta, buona, e molto aperta verso tutti.
Sono parole che spesso si dicono, queste, quando scompare qualcuno, lo capisco, però vorrei aggiungere una espressione che un tempo faceva onore a chi la riceveva , è questa ” è scomparso un galantuomo ” e questo secondo me è un grande riconoscimento che sento di dovergli.
Le mia condoglianze a lei e alla sua famiglia.
Ringrazio tutti per le testimonianze e le parole di affetto e di stima dedicate a Gianmario. Io sono alle prese anche con mille incombenze burocratiche, e sforzi per mantenere la pace in famiglia, per superare i conflitti familiari, così comuni, quando qualcuno muore…E poi…ma anche prima, ci sono i suoi libri pacchi e pacchi di libri per terra, e libri sugli scaffali, in casa, nel suo “ufficio” sede della sua casa editrice ricavato nel garage. Alcuni di questi pacchi erano pronti per la spedizione, e così li ho spediti. Ma vi prego, aiutatemi!. Che cosa devo fare di tutti gli altri? Non voglio che cadano in cattive mani, datemi delle idee e se potete venite a trovarmi. ….Ho la possibilità di ospitarvi, la nostra casa è sempre aperta. Chissà, ci saranno ancora giornate bellissime, come queste. Da tanto non vedevo un cielo così azzurro e così tanta luce. Gianmario ha scelto proprio i giorni migliori, per salire lassù.
Marina.
IMPORTANTE: che cosa mi suggerite sulla Casa editrice CFR? c’è la possibilità che venga rilevata da qualcuno di voi? In tal caso, ecco trovata la destinazione dei libri.
Altrimenti li regalerò alle biblioteche, li lascerò un po’ alla volta, un po’ dappertutto, sale d’aspetto delle stazioni ferroviarie etc…
cara Marina
non mi do’ pace di apprendere solo ora, dopo mesi, questa tristissima notizia.
Non mi do’ pace di come si possa perdere un amico e non accorgesene che mesi dopo.
Forse non ti ricorderai di una mia lontana visita a Piateda, dove mi ospitaste, più che amabilmente, a pranzo, per un premio Turoldo. Io me ne ricordo e mi ricorderò sempre della pulizia dei sentimenti e della rarissima onestà intellettuale di Gianmario.
Spero che la commozione che mi prende in questo momento tu possa averla già un po’ temperata nei mesi. Ti sono vicino per la perdita. O per questa tua temporanea solitudine. Un abbraccio imperdonabilmente tardivo. Sperando che questo mio messaggio in qualche modo arrivi. Forse sarà tardi per le cose pratiche, ma ti prego non farti problemi se c’è qualcosa. La mia mail è alfredorienzi@libero.it ed abito a Torino
A Marina
Cara Marina,
dopo il fugace saluto al funerale di Gianmario avevo pensato di non disturbarti in questi giorni e di porti più avanti i problemi ai quali tu accenni qui sopra.
Sì, ci sono vari amici disposti a continuare l’opera di Gianmario anche dal punto di vista organizzativo.
Ti prego pertanto di scrivermi a: ennioabate@alice.it o di telefonarmi appena ti è possibile.
Proprio ieri sera avevo lasciato i miei recapiti telefonici al parroco di Piateda a cui mi ero rivolto per sapere come rintracciarti.
Se Ennio Abate vorrà prendere in mano la CFR e continuare sulla “linea” di Gianmario saremmo tutti contenti .
leopoldo attolico –
Per far ‘vivere’ ancora le parole di Gianmario, vorrei organizzare a Roma una presentazione di Keffiyeh in cui ogni poeta antologizzato presente legga, prima dei suoi versi, una parte dell’introduzione di Gianmario (eventualmente commentandola), con invito al dibattito.
Questo potrebbe esser fatto non solo a Roma e forse non solo per Keffiyeh.
Molto bella l’idea di Marcella Corsi di incontrarsi per dibattere sul testo di Gianmario Lucini.
In effetti quella introduzione rappresenta un documento importante non solo per la comprensione del pensiero critico di Lucini, ma vale anche come suo testamento spirituale.
…davvero sarebbe una cosa bellissima poter onorare Gianmario Lucini in questo modo. Grazie Marcella
Senza nulla togliere alle iniziative di Marcella ed altre analoghe che è nell’ordine delle cose possano fiorire, credo che il messaggio concreto di Marina e la sua richiesta di aiuto , non si rivolga alla parte più connaturale ma anche più facile alle attività dei poeti, che siano quelle di semplice convivio accademico o amatoriale, o commemorativo, e addirittura di impegno “civile”. Credo che Gianmario se ha avuto (si fa per dire tutto) il tempo, per lasciare traccia del suo pensiero politico poetico, non lo ha certo avuto, e nemmeno di un istante, per organizzare il suo testamento su quella parte di attività, che per poliscritture a tanti tanti altri singoli o gruppi come il vostro , ha ben poco a che fare con la parte finale e più conviviale, ma che dava la possibilità di produrre gli strumenti da far circolare fra voi o altri scrittori o poeti e i lettori senza rischiare il fallimento, o invece rischiandolo ogni giorno, ma sapendolo rinviare di giorno in giorno… solo Marina, e coloro più vicini a Gianmario, possono valutare cosa lui farebbe e direbbe in questo momento, se potesse tornare a dirvi/ci le sue precise volontà su questi suoi fogli in figli che sono le edizioni cfr. Mi unisco pertanto alla speranza di Leopoldo Attolico: Ennio Abate, indagando sulle volontà inespresse di Gianmario e la richiesta di Marina, è senza dubbio persona competente per conoscre come fare e, sicuramente, non andrebbe lasciato solo in questo compito così gravoso visto il dolore del momento e la necessità per voi tutti di non fare morire i vostri stessi fogli e il progetto editoriale di Gianmario che ora diventerebbe vostro e/o con/di altri.
…sì, sono con Attolico e con Ro..
Anch’io sono d’accordo con voi ,Ro ,Annamaria e Leopoldo! L’idea di Marcella che aggiungo , è comunque condivisibile e importante.
Spetta senza dubbio alla famiglia la decisione su cosa fare, in questo sono d’accordo anch’io. Per testamento spirituale io mi riferivo al testo che è sull’ultimo libro edito da Gianmario. E vi inviterei a leggerlo.
In omaggio all’amico poeta Gianmario Lucini,
che ora è per sempre
IMMANENZA E TR(ASCENDENZA IN “KRISIS” DI GIANMARIO LUCINI
di Chiara Berlinzani
Il verso di Lucini (quando è libero e “aritmico come un cuore malato”, ma anche quando si struttura nelle forme “storiche” del settenario e dell’endecasillabo) modula qui per il lettore attento un canto che a tratti sembra esplodere in tripudio e a tratti si assopisce – nei refoli del vento. Lasciata a terra la zavorra di ogni coercizione metrica, il Lucini tradisce tuttavia una vena classicheggiante nell’attenzione inesausta che porta al ritmo così come nella ripresa di figure retoriche care alla poesia di tutti i tempi (oltre alle metafore, spiccano nella silloge anafore, ossimori e sinestesie), nonché in qualche concessione alla rima – che qui però si configura essenzialmente come rima interna incrociata (“se vai nella natura in questo vento in questa luce / ascolta quella voce che dentro ci tormenta…” [dove il corsivo è mio. NdA]) e soprattutto come omofonia, rivelatrice di simmetrie di senso. L’uso intenso e raffinato dell’isomorfia ci riconduce però rapidamente in un contesto di modernità, e di modernità esasperata – marcato essenzialmente dal trionfo dell’enjambement, sempre portatore di rotture metriche e, par là même, di accentuazioni semantiche. Da un punto di vista formale, pur alternandosi liberamente, i versi tradiscono una progressione ritmica incalzante, spesso ravvisabile in un andamento di tipo crescente/decrescente (settenari che si spengono in terzine, come in Ocra; chiasmi tra strofe di versi quinari e sestine, come in Animistica…). Una progressione giocata anche, a livello fonetico, sulle frequenti allitterazioni e assonanze; a livello sintattico, sul ricorso a parallelismi di tipo chiasmatico e a livello strutturale, come abbiamo accennato, sull’utilizzo di anafore ed enjambements (serrata ricerca di un ipersegno che trascenda e insieme arricchisca il segno), nonché sulla frequente coincidenza e sovrapponibilità di pausa metrica e pausa semantica. Da un punto di vista semantico, il linguaggio poetico è fortemente connotativo, rafforzato da una scelta lessicale proliferante, che rispetta solo in parte il valore denotativo delle parole per spaziare nel più disteso orizzonte dell’evocazione emozionale, sfiorando a tratti il vero e proprio “flusso di coscienza”, senza tuttavia mai segnare cadute di tono o di registro. Il discorso poetico, pur autoriflessivo, si emancipa così dai limiti dell’Io poetante per aspirare – come gli si addice – a un afflato universale, che sovente nel Lucini assume forme di una limpidezza icastica.
Se il dire del poeta si concede calcolate oscillazioni ritmiche, che su un piano semantico vanno dagli estremi della denuncia civile e della rabbia (“… una rabbia che ribolle / a polle d’aria in superficie”) a un’introspezione accorata e dolente, l’immagine che cadenza con dolcezza il lungo respiro della silloge è quella, aperta e trasversale, di un “infinito cielo” (reale e metafisico au même temps) che il poeta ci mostra lontanissimo e immanente. Immanenza, ecco, e trascendenza. Una delle chiavi di lettura dell’ispirazione del Lucini potrebbe proprio ricercarsi in quest’antinomia letale che va dalla trascendenza di un cielo muto, di un “dio / abbandonato da suo padre e sua madre”, all’immanenza furibonda di una natura (non solo umana) che riemerge instancabile dallo sfondo dei versi – e dei giorni – per farsi di volta in volta modello (di lentezza e docilità, in luce e vento), simbolo, principio e fine, suprema fucina di metafore nonché fonte di sempre nuove ispirazioni. In questo contesto, pur qui solo rapidamente accennato, non si può non intuire un percorso (a strappi, a pause, a scarti) nel verseggiare dolente del Lucini di Krisis. Incombente, su tutto, la “crisi” – nel doppio senso etimologico con cui gioca il titolo della silloge. Crisi, certo, della poesia (“Scende oggi / dalle alture un silenzio ancor più stranito…”), ma anche profondissimo “disagio della civiltà” (“A Severomorks / la mente ha il colore del blu e del nero, / prua impiantata nella sabbia d’un fondale / non sa che pensare”), che si traduce per il poeta in un’ossessiva assenza di risposte alla “domanda incolore che opprime”. E tuttavia il Lucini non si chiama fuori e pur dalla “periferia” delle cose (inevitabile e diremmo necessaria condizione dell’essere poeti) avverte violentissima l’urgenza di modulare, “coi pugni serrati dentro la gola” quella “altra voce” che sola permetterebbe al “vento perenne”, a quel “lamento… / così potente da sollevare / il mondo tutto al ritmo di un verso”, di trovare scampo in una nuova epifania.
Ma anche altri, e convergenti, sono, e in trasparenza, i nodi intorno ai quali ondeggia e reiteratamente si aggroviglia la vena del poeta. C’è il tema del “risveglio”, inteso ora come varco di coscienza aperto dal contatto con la natura (“Ti risveglia improvvisa l’aria dell’autunno…”, da Ocra; “E il vento ci risveglia battendo alle finestre…”, dalla splendida Marzo), ora come sorta di monito sordo, o imperativo etico che, “traendo seco una deriva di dolore”, ritorna ciclicamente per esortarci instancabile all’ascolto (“Se vai nella natura in questo vento in questa luce / ascolta quella voce che dentro ci tormenta…”) di quell’urlo delle cose “che nasce da un abisso”, di quella simbiosi impossibile, di quelle lacerantissime lacrimae rerum che nel pianto di quel “dio abbandonato” tanto magistralmente evocano e stigmatizzano, in inespugnabile malinconia, la furiosa desolazione della condizione umana.
L’uomo di Lucini è in effetti un uomo “abbandonato” a un isolamento inappellabile, “nel collettivo rito che ci attorce / uni e ci divisa a piacimento”, fatto della stessa irrequietezza del vento (“Ma tu hai cuore di vento e pensiero / che scruta altri mondi e ti scempi…”), assediato da un’angoscia che “il centro / del [suo] amore maciulla”. Un uomo consumato (“Vedi come il fuoco divora fino all’osso / la linfa nostra…”), disperso, frammentato e ogni volta ricomposto in una lucidissima coscienza del dolore, inchiodato alla tavola del “sordido banchetto” di un passato mitizzato ma pur sempre irrisolto (“… che vale / dire quello che fummo…”) e rivolto a un futuro denso di presagi infausti, in cui “… le sconvolte stagioni / ogni orrore menano, mali striscianti…”. Un uomo, colpevole e innocente al mismo tiempo, che inutilmente tende “braccia / nere a invocare pietà / o vendetta, all’occhio del cielo”… E mentre quello stesso “cielo ritrema d’un sole / non più buono”, l’uomo e il poeta (ricongiunti e scissi in vertiginosa alternanza, secondo le aritmie calcolate del verso – e la “cardiopatia dilatativa” del pianeta), si ergono in una sfida impossibile, ma non per questo meno necessaria, contro la lucente incognita dell’esserci – e le sue piaghe – e nel segno di una inestinguibile tensione etica si affannano, arrancano, denunciano questo divenire oscuro del mondo, “… come se una meta / avesse qualcuno indicata / ma lontana”. E tuttavia, proprio in quella lontananza (che precisa à la fois il senso dell’impotenza e quello della rivolta), in quella “sera” – della vita e della ragione, che ritorna come un refrain, “come una tregua tra il vivere e il morire” e non a caso, provocatoriamente, sigla la raccolta – è concessa al poeta una pausa dalla “pena usata”, e gli succede di poter ancora a volte permettersi di “vivere per vivere”, ubriacandosi “d’un cielo, / sereno tra foglia e foglia” – in quell’annullamento dell’Io, in quella regressione a uno strato di pre- (o di post-) coscienza, in quella fusione con la natura tanto più impossibile quanto più invocata e necessaria… La vicenda esistenziale dell’uomo e del poeta si precisa allora, in questa sua fedeltà disperata alla luce e al vento contrapposti agli abissi patetici e arroganti dell’onnipotenza umana (Severomorsk), come un viaggio immobile al centro delle cose: ossessionato da un agire (im)possibile, anche il verso del Lucini si irradia verso un orizzonte di volta in volta “mesto e sereno” o turbato dalle “sconvolte stagioni” di un “vivere scontento”, ritto come un “condottiero balbuziente” contro lo spettro desertificante della morte – questo “grande male [che] ci sta dinnanzi / appena oltre l’uscio del tramonto”. Ed è proprio quello della morte (e delle sembianze che di volta in volta metaforicamente assume – nelle fitte evocazioni della vecchiaia, della stanchezza, della sconfitta, del nonsenso) il tema che si intravede cristallino, e cristallino e opaco a tratti appare in filigrana, lungo il compiuto articolarsi delle strofe: nelle efficaci metafore dei tramonti, in queste sere gementi, cariche di presagi e di “rimossi” e solo così raramente portatrici di “foscoliana” pace che ritornano, in coazione a ripetere, nella silloge. Una morte intesa come emblema ultimo e definitivo, come epilogo austero di questo “risibile niente” che invoca vibrando la sua legittima resurrezione nel naufragio metafisico che lo attornia, “incredulo davanti al suo peccato”…
Ecco allora che il poeta non ha scelta: condannato a “vivere [suo] malgrado”, così come a morire, non può che continuare ad alzare (e abbassare) la voce, ferito dall’orrore, scandalizzato dalla ubris di cui, sin ninguna verguenza, si ammanta “l’uomo tecnologico” – e poi commosso e indomito, seppur immerso nel dolore di cui vede pregna la creazione.
E questa sua voce – più viva che mai – riemerge potente dal buio del reale per frantumare la scorza del lirismo e risuonare come un fiato, un gemito, un lamento e via in crescendo fino all’urlo, al grido, al botto che ci scuote – in questo secolo di naufraghi che finisce in mare, a picco, come “l’ultimo volo del Concorde”…
© La proprietà letteraria del testo è di Chiara Berlinzani, che la cede con affetto all’antico amico Mario e alla sua amata Marina Marchiori
Un sentito grazie a Chiara Berlinzani e ancora un abbraccio alla Sig.ra Marina .
leopoldo attolico –
Subito dopo l’intervento di Marina, mi è venuto in mente che si potrebbe organizzare un “Open Day” a Piateda, se fosse possibile con l’aiuto delle istituzioni di questo paese. Insomma una giornata dedicata a Gianmario Lucini che potrebbe vedere una serie di momenti importanti : una riflessione sull’opera del poeta basata anche su una serie di vive testimonianze, insieme alla lettura di poesie di Lucini, esposizione di banchetti con i libri da lui pubblicati (immensa varietà) riviste, fotocopie, documenti.. legami con le più svariate realtà etc… insieme ad una eventuale mostra biografica. Per fare tutto ciò ci vorrebbe molto tempo e molto lavoro ma credo che l’idea potrebbe assumere forme diverse, allargata o ridimensionata a secondo delle necessità. Bisognerebbe ascoltare il parere della gentile Marina e saper anche se le istituzioni di Piateda siano propense a realizzare tale iniziativa. Mi rendo anche conto che per organizzare tutto questo ci vuole molto lavoro per mettere assieme le persone, le cose e tutte le forze necessarie, ma si potrebbe tentare. Va da sé che ogni idea può potenzialmente essere interessante e utile vedi quella di Marcella Corsi.
sì, Enzo, bisogna farlo vivere nei modi che possiamo. a me piacerebbe che le sue idee e quello che ha prodotto raggiungessero anche persone che non l’hanno conosciuto.
per la presentazione di Keffiyeh, se riuscirò a organizzarla a Roma, vorrei un luogo non frequentato in specifico da poeti, che ogni poeta antologizzato presente portasse copia di uno scritto di Gianmario (possibilmente in tema) e dopo averlo letto lo inserisse in una copia dell’antologia da vendere, e che ognuno si impegnasse a portare con sé alla presentazione qualcuno che di Gianmario Lucini non sa proprio nulla…
cara Marina
non mi do’ pace di apprendere solo ora, dopo mesi, questa tristissima notizia.
Non mi do’ pace di come si possa perdere un amico e non accorgesene che mesi dopo.
Forse non ti ricorderai di una mia lontana visita a Piateda, dove mi ospitaste, più che amabilmente, a pranzo, per un premio Turoldo. Io me ne ricordo e mi ricorderò sempre della pulizia dei sentimenti e della rarissima onestà intellettuale di Gianmario.
Spero che la commozione che mi prende in questo momento tu possa averla già un po’ temperata nei mesi. Ti sono vicino per la perdita. O per questa tua temporanea solitudine. Un abbraccio imperdonabilmente tardivo. Sperando che questo mio messaggio in qualche modo arrivi. Forse sarà tardi per le cose pratiche, ma ti prego non farti problemi se c’è qualcosa. La mia mail è alfredorienzi@libero.it ed abito a Torino
Caro Alfredo, ti ho risposto con email prima di rileggere la tua lettera su Polscritture. Mi sono riletta assieme alla tua lettera anche tutte le testimonianze, e anche le mie filippiche e appelli di aiuto, che non ricordavo. Per cui, se mi sono un po’ ripetuta nella mia email ti prego di scusarmi. Ho gradito molto la tua lettera, e spero di rivederti qui a Piateda o in altre città, in occasione di eventi che si organizzeranno per proseguire l’opera di Gianmario.
Ora devo scrivere anche a Enzo Giarmoleo.
Intanto ti saluto, con affetto.