di Arnaldo Éderle
Angela mia, mia piccola coccinella
tu che sei sempre lontana e vicina,
che mi pensi, così mi dici
sempre, che mi ami, che sei costante
mente vicina al mio debole
tormento, molto lieve e consolante
con la tua sola presenza
mia piccola coccinella dai puntini
neri su quel tuo manto rosso.bacio
Dimmi ancora
la tua missione così cara
il tuo bacio libero da scostanti
pensieri da grandi disappunti
da fiacchezze assurde e da
stupide contorsioni da brevi
desideri di morte.
Tu, mia coccinella rossa
mia breve pausa sorridente!
Oh, ti rivorrei sempre posata
sulla mia spalla a bisbigliarmi pagine
di alta poesia di sogni di brevi
assalti di gioia e di piccoli
gridi di assordante felicità
e di muti tratti di attesa di poche
lacrime di gaudio sparse qui sopra il
mio braccio.
Sì, sto qui a togliermi il bordo
nero delle mie unghie e intanto ti
mastico nella mia mente pigra
ti passo da un lato all’altro della
mia silente fame della tua santità
del tuo tenue fulgore della tua
pallida luce. Che raccontare
della tua statura della tua testa
delle tue spalle rotonde?
Me lo sto chiedendo, mi sembra di non
aver nulla da dire e invece
sono pieno di desideri di dolci
pensieri di grandi balzi di curiosità
di azioni di carezze di abbracci.
Oh, mia appuntata coccinella, mio
punto rosso, mie ali trasparenti
mia grande piccolezza
mio punto fermo. Adoro il tuo
silenzio la tua gracile immobilità.
Oh sì, ti amo mio spillo di grazia
mia affascinante maga del mezzogiorno!
Chi ti ha fatto sapeva della mia attesa
della mia trepidezza del mio tremore,
mi conosceva.
Oh, se potessi avvamparmi del tuo
rosso maculato. Mia gracile fanciulla
dal manto che ti copre tutta la persona.
Chi ti sprona a camminarmi sul collo
e sull’orecchio, dimmi, chi?
Forse il tuo mago sovrintendente
o il capo di tutte le coccinelle del
mondo? Senz’altro un coccinello
forzuto o un santo protettore un altro
che si cura di te, uno che t’invia
su questa terra brulla e cattiva
a omaggiare la poca bontà che vi abita
ogni giorno con maggior pena.
Mia cara adorabile coccinella vuoi tu
stare e riposare nel mio pugno chiuso
per pochi minuti? Ti piacerebbe?
Lo vorresti davvero? Ebbene, vieni
allora percorri il mio braccio e la mia
mano, infilati fra dito e dito. Già sento
le tue zampette solleticarmi il palmo
le tue ali delicate sfiorarmelo
sento la tua boccuccia
scivolare sulla mia pelle.
Mia angela mia pelle mio bel punto
rosso, quanto vi amo!
Il mondo gira attorno a noi come
una girandola e ci dice
“non ubriacatevi belle creature
voltatevi e piangete la vostra felicità
come una poca pioggia sopra le foglie
d’una quercia e siate felici
della vostra egregia funzione, voi
siete ciò che mai deve mancare
nelle regioni del mondo e sulle braccia
degli uomini.
Per questo siete nate, per questo”.
Un pianto , un bisogno d’amore e di tenerezze. Lacoccinella. il pensiero , il desiderio, i punti in cui il cuore batte forte o la leggermente nell’amare . Per un po’, ti prego coccinella, solo per un po’, fammi provare le tue ali, saprei dove posarmi.
Quant’è bella l’Altra coccinella.
mi colpisce in questo grazioso e profondo -articolato- poemetto: 1) nella 4 strofa il coccinello sovrintendente e il correlato “mio pugno chiuso”: conflitto di proprietà;
2) qualcosa manca nel “sentire”, perché non c’è chi parla (la coccinella “percorre, solletica e la boccuccia scivola sulla pelle”) ma nemmeno chi ascolti, perché c’ è un mondo impersonale che “ci dice” e quindi, pare, solo un mondo impersonale che ascolta, un mondo “che gira” e salva (o potrebbe forse salvare…) perché distribuisce le parti, per sempre?
apprezzo molto le poesie di A. Ederle, ma per la mia “ideologia”, anche la sua è trasparente!
Grazie alle mie due commentatrici, grazie davvero. Ma non capisco perché Cristina
lamenta un’assenza di chi parla e di chi ascolta, un “mondo impersonale”.
Ma la poesia è tutto questo. Non ti pare? Arnaldo Ederle
E’ vero: “Angela mia … tu che sei sempre… che mi pensi, così mi dici/ sempre che mi ami, che sei costante” (con la mente)… “Dimmi ancora”…
E’ davvero semplice e meravigliosa!
Poi nelle altre quattro strofe la/le coccinelle sono presenza per chi scrive, solo chiede il poeta, e parla il mondo. (Del resto le coccinelle non parlano.)
Non imputo nulla alla poesia, non è possibile, data la sua dolcezza.
Individuo soltanto una cifra, un modo di relazionare delle persone tra loro, non è così? Tenero e grato, e…
Ecco io non scriverei di/a mio marito come fosse uno scarabeo verde e lucente, o un bombo che fertilizza. (Neanche che sembri una capra semita.)
Chiedo con serietà, e con tutto il piacere che la poesia di Ederle mi ha dato: su queste metafore sessuali, perché di questo si tratta, non varrebbe la pena di interrogarsi di più?
Forse sì, cara Cristiana. Arnaldo Ederle
…Quella coccinella viene da un altro mondo, non dal nostro, ha altri mandanti, è, diciamo, divina… per puro amore si accosta al poeta, all’umano e lo riempie di attenzioni, ricambiata: “Oh sì, ti amo mio spillo di grazia / mia affascinante maga del mezzogiorno!” Ma per quanto tempo ancora?: ” …uno che t’invia/ su questa terra brulla e cattiva/ a omaggiare la poca bontà che vi abita/ ogni giorno con maggior pena,,,”. Il poeta desidererebbe vedere la coccinella riposare per pochi minuti nel suo pugno chiuso…il pugno guerriero si fa nido di un universo di tenerezza: “…Già sento/ le tue zampette solleticarmi il palmo/le tue ali delicate sfiorarmelo/sento la tua boccuccia/ scivolare sulla mia pelle”…Il bacio merita una pausa, il punto…una parentesi di riservatezza. E all’incontro il mondo intero, questa volta il nostro, assiste con stupore, un capogiro del corpo e della mente, in una sorta di battesimo di lacrime. Finché può succedere…Ringrazio Arnoldo Ederle, la poesia è davvero molto bella…
Chissà se son queste le parole che ogni donna vorrebbe sentirsi dire, mentre rifà i letti, lava piatti, tende e pavimenti… chissà se in tutto questo non serva una voce che allieta, che le dica “sei mia” ( Ederle scrive MIA sedici volte in queste cinque poesie)… mentre “sto qui a togliermi il bordo
nero delle mie (mie!) unghie “.
Così, giusto per provocare.
a Mayoor:
non provochi…anche gli uomini lavano piatti, puliscono pavimenti , rifanno i letti,lavano tende…ad ugnuno/a la propria coccinella…e poi sai io non sono femminista.
Non banalizziamo, far lavare i piatti a qualche maschio non è proprio femminismo.
Vorrei che si prendesse in considerazione l’immaginario. E’ fantastico sentirsi dire sei mia, e farsi allietare da quella voce.
La poesia è vivissima tenera e fiduciosa. Apprezzo molto Ederle, già lo ho espresso in occasione della precedente poesia sul sito.
Mi chiedevo, e proponevo un po’ di riflessione sul perché tocchi soprattutto al sesso femminile di essere “animalizzato”, anche se con animali graziosi (ma sono meno domestiche Le magnifiche donne di Glencourt), dotato comunque di una carica “naturale” particolare, con una polarità natura-intelletto che distribuisce le parti tra i due sessi.
E’ un tratto così abituale che neppure viene rilevato, e io stessa, pur rilevandolo, non posso che essere affascinata e commossa dalla poesia.
E’ davvero così “normale”?
A Cristiana:
non mi riferivo al fatto che è femminismo “far” lavare i piatti agli uomini. Ho solamente detto che anche gli uomini lo fanno e spesso. E’ Quel “bordo nero delle mie unghie” che Mayoor ha voluto sottolineare che forse avrebbe potuto provocare…
Anche gli uomini possono essere “coccinelle” . Non sono molti…ma esistono, forse hanno voli diversi. tenerissimi, carissimi coccinelli, che si nascondono dietro ai voli dei calabroni.
…la coccinella nella poesia, secondo me, potrebbe rappresentare sia l’ideale femminile del poeta, come la sua dimensione femminile. La vede punteggiare di rosso il suo corpo, spalle, braccia, mani e la sua mente…C’è quasi un tacito invito a crescere di misura: “tu, mia coccinella rossa/ mia breve pausa sorridente” e ancora “mie ali trasparenti/ mia grande piccolezza/ mio punto fermo…”. Mi sembra piuttosto una poesia femminista…Far salire la coccinella sulla spalla, lungo il braccio e poi nel pugno chiuso, che nella tradizione “virile” solitamente impugna le armi o si prepara alla lotta, come masticarla nella mente mi sembra un omaggio alla dimensione femminile, forse un invito a creare un equilibrio tra le due forze(Tao) . La coccinella può essere la stessa ispirazione poetica, non proprio alla maniera del dolce stil novo, anche se la chiama “Angela mia”, perché coinvolge l’anima e il corpo in una grande unità emotiva…
@ Annamaria
Mi associo al tuo pensiero
…”Chi ti ha fatto sapeva della mia attesa
della mia trepidezza del mio tremore,
mi conosceva”
Svelamento.
masssì, un po’ di gentilezza, un po’ di sensibilità, un po’ di affettuosità, ben vengano in questi mesi, giorni, anni di oscurità permanente, di guerre, di decapitazioni, di omicidi, di crisi dalla quale non si esce, da uomini-soli-al-comando ( povero il mio Coppi della mia gioventù , povero angelo bianco celeste, quali tardi epigoni ti hanno trovato per ricordarti !!! ).
finalmente un po’ di tenerezza, di apertura all’altra persona, di voglia di capriole, di cazzeggio frivolo magari, ma rilassante, di ” facciamo finta che tu sei…. e che io sono ,” ah, bei tempi, quelli della gioventù !!! ), insomma, tutti schiacciamo i pappataci, insetti fastidiosi, ma semrpe insetti come le coccinelle., eppure……
Quando si dice la fortuna di essere dotati di un bel lato B, nella vita, anche per gli insetti.
Ad ogni modo, una gradevole e tenera poesia, lo riconosco.
lasciamo pure perdere che alcuni coccinelli non siano tanto buoni:
” il tuo mago sovrintendente
o il capo di tutte le coccinelle del
mondo? Senz’altro un coccinello
forzuto o un santo protettore”
quindi qui noi si sarebbe tutti coccinelli e coccinelle, con un dio non tanto buono:
“… uno che t’invia
su questa terra brulla e cattiva
a omaggiare la poca bontà che vi abita
ogni giorno con maggior pena”
e, se si vuole, si parte dalla coccinella-donna, per risalire al coccinello dio un po’ brutale…
e non è tutto in fila? in coerenza? sentimenti umani e teneri, da parte di un uomo verso una-o più-donne, tenerezza di accenti, universo proiettato in maggiori dimensioni coccinellesche, ritorno all’armonia del tao (etimologicamente come odòs, la via, sostiene Semerano)
miodio, mi detesto per dire queste cattiverie di una poesia così amorevole!
In tutta la tenerezza di questa poesia , io trovo nascosto, ben nascosto, forse dietro al calabrone, un forte tormento.
In questa gara con l’emozione, Ederle se la cava piuttosto bene. Bisogna considerare che l’emozione è nemica della creatività, è vita che sopravanza le parole riportandole a quel poco che possono. Il pensiero illuminante, mi pare l’unico, sancisce la fine della celebrazione ( oh quanto spesso manca la capacità di celebrare quel che ciascuno considera importante nella vita):
…
voltatevi e piangete la vostra felicità
come una poca pioggia sopra le foglie
d’una quercia e siate felici
della vostra egregia funzione, voi
siete ciò che mai deve mancare
nelle regioni del mondo e sulle braccia
degli uomini.
Per questo siete nate, per questo”.
Il fatto che Ederle assegni un’ “egregia funzione” un po’ mi sconcerta, come verso intendo; ma qui si tenta con il linguaggio di tradurre dall’amore qualcosa di comprensibile. E siamo d’accordo.
…sì Emy penso anch’io che tenerezza e tormento siano due facce della stessa medaglia…il dualismo c’è anche dentro ognuno di noi (Cristiana:”mi odio, mi detesto per dire queste cattiverie…”)e il Tao, la via, potrebbe aiutare a sciogliere i contrasti(via significa sentiero da percorrere, non che siamo arrivate-i)…nella poesia tutto è espresso in dualismo: la coccinella è tenera ma il suo mago è “forzuto” (forse), il poeta presenta il pugno chiuso ma invoca la tenerezza della coccinella…Alla conclusione il poeta chiama la coccinella “mia angela mia pelle…” lei non cessa di esserle vicina : c’è un’attrattiva d’amore reciproca…che rabbia per i capi, se noi andiamo d’accordo…
no, non mi odio, miodio… (e detestarsi fa allegria!)
Detestarsi fa allegria! E’ vero ti dà la possibilità di toglierti la maschera! Io ci provo ogni tanto….me la tolgo…me la metto…me la ritolgo….me la rimetto – Sì sì c’è da ridere, perché soffrire?
…Cristiana, miodio ti fa sentire nel giusto, perciò puoi detestarti con allegria? Divertente e interessante…Torno a considerare l’ultima poesiadi Arnaldo Ederle, perché vi trovo anch’io, come Mayoor, una sorta di riflessione finale del poeta, ma non riesco a capirla bene per via del cambio dei pronomi: “Il mondo gira intorno a noi come/una girandola e ci dice”, perciò sembra che il mondo si rivolga al poeta, e alle donne e agli uomini in generale, ma poi “non ubriacatevi belle creature/ voltatevi e piangete la vostra felicità…” e sembra un monito rivolto solo alle coccinelle…a meno che le ultime non siano incorporate, una parte necessariamente infima, purtroppo, del nostro essere umani oggi, data la lunga serie di eventi “…oscurità permanente, guerre…” elencate da Luigi Paraboschi…Vedi come la tenerezza deve quasi vergognarsi di esistere…
no, non mi fa sentire nel giusto, esclamo e chiamo a testimonianza, lasciando aperta la contraddizione: mi detesto a dire cattiverie perché la poesia mi ha coinvolta ecc.
certo che qui per Ederle, mi pare, coccinelle siamo tutti, donne uomini e dio, coccinelle infinitesime e amorevoli
ma notavo, ieri, che prima coccinella coinvolta era una creatura femminile a cui si rivolgeva l’autore, che poi passava a parlare di sé, e poi parlava il mondo, e, rilevavo, lo spunto, l’avvio, era (ancora!) una figura femminile naturizzata (in coccinella)
…scusa Cristiana, nelle contraddizioni ci siamo tutti. Mi interessa il tuo discorso su come spesso ricorriamo alla natura-animali, fiori, piante- per rappresentarci o rappresentare
“una figura femminile naturalizzata (in coccinella)”, per sentirci protetti (animali totem) o per proteggere, per non averne paura, per imitarne il coraggio … qualche giorno fa ho letto una poesia di Franco Fortini che mi è molto piaciuta: anche qui (come nella poesia di Ederle) gli animali, secondo me, sono chiamati ad aiutarci nell’esplorare parti di noi stessi nascoste (spero non sia esagerato come intervento):
La sera si fa sera
La sera si fa sera,
Tu non avrai compagni.
Ed allora verrà
La faina da te
Per metterti paura,
Ma non prender paura,
Prendila per sorella.
La faina conosce
E l’ordine dei fiumi
E i fondali dei guadi
E ti farà passare
senza che tu t’anneghi
E poi ti condurrà
Fino alle fonti fredde
Perché tu ti rinfreschi
Dai polsi fino ai gomiti
Dei brividi di morte.
Anche comparirà
Davanti a te il lupo
Per metterti paura.
Ma non prender paura
Prendilo per fratello.
Perché il lupo conosce
E l’ordine dei boschi
E il senso dei sentieri
E t’accompagnerà
Per la via più leggera
Verso un alto giardino
Dove la luce è quieta.
Il tuo posto è laggiù,
Dove vivere è bello
Dov’è il campo di dalie
La collina dei giuochi.
E laggiù è il tuo cuore
SEGNALAZIONE. PER NON DIMENTICARE LE COCCINELLE REALI
Ogni altra vita. Storia di italiani non illustri
di Paolo Di Stefano
http://www.leparoleelecose.it/?p=17805#more-17805
Rosa “nell’ultima innocente notte” diventa l’Altra Coccinella o forse e putroppo nonostante tutto ha sempre desiderato di esserlo.
Ennio, grazie.
Non ho mai letto un omaggio alla poesia/coccinella così lieve, spiritoso e così “vero” come questo di Ederle.
Affascinante anche il rapporto del poeta con il suo oggetto/soggetto d’amore, che scruta ed è scrutato fra i vari punti e contrappunti (ora rossi, ora neri).
E lo sguardo/coccinella che fa da pendant visivo a questa danza non è da meno.
Magico!
R.S.