SCRAP-BOOK. Come finirà la Grecia?

ercole

E’ difficile orientarsi nel dibattito  economico-politico attuale. Riporto gli stralci, per me più interessanti, di un’intervista a Riccardo Bellofiore, che ha il pregio di spiegare bene  il suo punto di vista: una soluzione “keynesiana” della crisi Grecia/Europa [E. A.]

La Grecia, l’Europa e la necessità di una nuova politica economica continentale in un’analisi di Riccardo Bellofiore
in Interviste
di Simone Casavecchia | 20 Febbraio 2015

Da http://www.forexinfo.it/La-Grecia-l-Europa-e-la-necessita

[…] Questa situazione della Grecia, sia chiaro, è andata a vantaggio di altri paesi europei: per esempio, delle banche francesi (e tedesche) che prestavano alla Grecia, o ancora delle imprese tedesche (o italiane) le quali, probabilmente in un oceano di corruzione, costruivano, che so, le autostrade o gli aeroporti; senza trascurare la spesa militare, di cui credo la Francia, ma non solo, abbia goduto non poco. Quando esplose la crisi greca, nel 2010, il peso del debito pubblico greco sul PIL era sì alto, ma certo molto più limitato di quel che è poi divenuto grazie alle politiche che hanno ammazzato la crescita, oltre che la società greca, facendo addirittura risorgere lo spettro del nazismo – è incredibile come questo aspetto venga sottovalutato; è una emergenza umanitaria e politica. A quell’epoca, paradossalmente, un condono del debito greco avrebbe avuto sì effetti seri (per il coinvolgimento delle banche estere e i possibili effetti domino), ma sarebbe stato comunque contenibile, visto il peso minuscolo che aveva la quota dei titoli pubblici greci sui “mercati europei”. Le cure della Troika hanno cambiato i due dati a cui facevo riferimento, facendo esplodere sia il rapporto debito pubblico/PIL sia la quota della Grecia nel mercato europeo dei titoli pubblico, grazie evidentemente anche alla dinamica per molto tempo elevata dei tassi di interesse caricati sul debito greco pregresso. Nel frattempo si è avuta una escalation dei prestiti di altri paesi (tra cui l’Italia) alla Grecia. E’ incredibile che si faccia finta di credere che, se una cura non funziona, si debba infliggere una dose più forte della stessa medicina (come è stato negli anni passati), o anche solo si creda che mantenere la stessa cura con dosi solo un po’ più moderate sarà sufficiente a cambiare lo stato del malato. Si deve cambiare drasticamente strada.

[…]
la rinegoziazione del debito non è forse l’unica reale soluzione per far fronte al problema di un debito pubblico che, nel caso greco, è ormai quasi unanimemente riconosciuto come inesigibile?

Certamente. Sarei anzi più radicale. In realtà sono convinto che Yanis Varoufakis dica due cose innegabili: che non puoi farti pagare da un morto; che comunque il debito greco non potrà essere mai ripagato davvero neanche in futuro. E ha anche ragione a dire che una via di uscita dalla crisi greca non può che stare dentro questa alternativa: bancarotta dentro l’euro; o sostanziale consolidamento del debito a bassissimi tassi di interesse sempre dentro l’euro (si deve ricordare che non vi sono legalmente margini per “espellere” un paese dalla moneta unica).

Il bello è che, a mio parere, tutti lo sanno. Adesso la Grecia ha bisogno di respirare, e ha bisogno di una frattura netta con le politiche di austerità. Per questo potrebbero esserci a breve concessioni da entrambi i lati (probabilmente le si sta trattando mentre scrivo). La Grecia è oggi molto più unita del fronte europeo, che è a mio parere divisa tra chi vuole dare una lezione alla Grecia perché ad altri non vengano strane idee (si veda per esempio l’atteggiamento dei governo spagnolo, irlandese e portoghese), o altri, come Draghi o la Merkel o Moscovici, che intendono tenere la Grecia dentro l’euro e sono di fatto disposti a trattare. Chi c’era testimonia di un atteggiamento della Merkel molto diverso da quella di Schauble; e Draghi sta rifinanziando la Grecia via circuito bancario.
[…]
Si deve tenere conto che la Grecia, in questa fase, ha un’arma che prima non aveva: il suo bilancio statale primario è in avanzo, quindi il coltello dalla parte del manico ce l’ha lei, non i creditori. Basta che il debito pregresso sia spostato in avanti, e al limite non venga mai pagato. Il punto chiave per tutti è poter pagare gli interessi, ridotti a livelli ragionevoli, e per questo bisogna innanzi tutto far ripartire la crescita. L’uscita dall’euro, che qualcuno ventila o desidera, non sarebbe una soluzione. Determinerebbe un gravissimo collasso subito, che può essere preceduto dalla, o seguire alla, dissoluzione del sistema bancario
[…]
Ma è altrettanto chiaro – e bisogna essere grati a Tsipras e Varoufakis per dirlo con altrettanta forza – che se uscire dall’euro va evitato, stare dentro l’euro così com’è significa solo dilazionare la morte, di qualche mese per la Grecia, e forse di qualche anno per tutti gli altri. Una cosa comunque deve essere chiara: la Grecia non si salva da sola.
[…]
Perché la Grecia si salvi, si deve salvare l’Europa. Occorrerebbe una espansione rapida di tutto il Centro-Nord in avanzo commerciale, e ci vorrebbe una spesa pubblica su scala europea finanziata su scala europea (Vittorio Valli quantificò anni fa la spesa pubblica sul PIL necessaria al 10% del PIL della eurozona, ora siamo all’1%, potremmo cominciare a collocarci almeno a metà, il 5%) Anche una piccola vittoria dei Greci in queste trattative (che ovviamente verrà attaccata come irrilevante, anzi peggio, una disfatta se non un tradimento, dai critici di sinistra, interni ed esterni alla Grecia) sarebbe significativa. Il fuoco deve estendersi al resto dell’eurozona, deve diventare un incendio: e questo richiede tempo, e muoversi in una giungla se non in una palude. Un cambiamento radicale su scala europea nascerà, se nascerà, da “riformisti” onesti come Tsipras o Varoufakis, attraverso tutta una serie di passaggi intermedi. Si deve pur cominciare. Per questo c’è chi vuole fermarli, costruendo sulla pelle di una uscita forzata della Grecia dall’euro un balzo in avanti dell’unione politica e federale (a cui non sono in linea di principio affatto contrario, non credo infatti a soluzioni nazionali di questa crisi; ma questo balzo verrebbe perseguito sotto un duro segno recessivo, e di ulteriore svuotamento della democrazia, nel pieno di una drammatizzazione estrema).
[…]
Come giudica le politiche e le regole economiche europee (in particolare fiscal compact e risanamento del debito pubblico), considerando gli effetti sociali che esse hanno prodotto, in un periodo prolungato di crisi economica?
Credo di avere già risposto. Queste regole di politica economica sono regole politiche, come lo erano i parametri del Trattato di Maastricht e poi il Patto di stabilità e sviluppo. Ma una volta in piedi, se a infrangerle non sono i paesi forti (come ha fatto due volte la Germania, con la Francia), queste leggi politiche divengono leggi oggettive, e vengono spacciate per naturali. Sono brandite da una parte della classe dirigente tedesca; ma ancor più, checché se ne dica, dal capitale, soprattutto finanziario, francese: è la Francia che ha guadagnato di più dall’Unione Monetaria Europea, ed è la Germania la cui forza oggi poggia su gambe estremamente fragili. Su scala europea, avremmo bisogno di una versione radicalizzata di quello che chiedeva Hyman Minsky, una prospettiva ben oltre il keynesismo così come lo abbiamo conosciuto: un New Deal di sinistra, fondato sulla socializzazione dell’economia: uno Stato che interviene in prima persona sulla composizione della produzione, decidendo cosa, come, quanto e per chi si produce, dunque che fornisce un big push, cioè uno stimolo alla domanda effettiva che sia anche contemporaneamente una politica dell’offerta, che la riqualifichi; una socializzazione della banca e della finanza (che non escluda i controlli di capitale su scala continentale, e nei casi di emergenza su scala locale), una socializzazione dell’occupazione, cioè lo Stato come occupatore diretto (in Italia avevamo avuto proposte del genere ai primi degli anni Cinquanta, come il Piano del Lavoro di Di Vittorio, o come l’esercito del lavoro di cui parlavano Ernesto Rossi e Paolo Sylos Labini). Ne abbiamo parlato con Laura Pennacchi introducendo in italiano un libro di Minsky, Combattere la povertà. Lavoro, non assistenza (Ediesse). E’ in realtà, questo, un discorso più generale per uscire dalla crisi, non credo ai cantori delle politiche di Obama, o che l’economia mondiale sia ormai in acque sicure: ma per noi, come per la Grecia, è condizione di vita o di morte. Perché ha ragione Varoufakis, dopo la Grecia ci siamo noi, e come nel 2011 ci vuole niente a rendere il nostro debito pubblico, in un battibaleno, prima illiquido, poi insostenibile. Più in generale, in Europa abbiamo bisogno di politiche espansive e riforme strutturali: ma che vadano in una direzione opposta a quella dell’austerità di destra.

In un’ottica non solo economica ma anche politica quali dovrebbero essere gli interventi più urgenti da perseguire, non solo a livello statale ma anche a livello comunitario per risolvere i problemi sociali che la crisi ha comportato (disoccupazione, calo dei consumi)?

Anche qui ho già risposto. Mi limito a segnalare che il discorso sull’Europa dovrebbe uscire dalla concentrazione (da tutte le parti) su bilancia commerciale, spesa pubblica, salari. Sono argomenti importanti, per carità. Ma bisognerebbe iniziare a ragionare su come è cambiata l’Europa dopo l’inizio degli anni Novanta, come risultato delle riforme nella finanza e come risultato della riunificazione tedesca. Abbiamo catene di produzione transnazionali; abbiamo una forte integrazione degli stati patrimoniali nell’universo del credito e della finanza; abbiamo una Europa del Sud divisa e che esporta nel Centro-Nord Europa beni di consumo, con elevata concorrenza dai cinesi; abbiamo una catena produttiva manifatturiera tedesca che si estende ad Est e nell’Italia del Nord; abbiamo diverse condizioni strutturali (gradi di monopolio delle imprese, dipendenza energetica, e così via). Non basta dunque una espansione della domanda in Germania per avere una ripresa in Europa. Ragionare in termini nazionali, anche solo guardare esclusivamente ai conti del commercio internazionale su questa dimensione, dice ormai relativamente poco.

Come Varoufakis, ero contro l’entrata nell’Unione, ma questo non significa essere per l’uscita oggi. Certo, come ho detto, stare nella moneta unica richiede altre politiche – politiche espansive della domanda, ma anche politiche industriali, del credito, strutturali. E richiede un fisco europeo uniforme e efficace, una spesa pubblica europea molto più elevata, trasferimenti dalle aree meno favorite alle aree più favorite, una politica salariale che avvicini la periferia al centro, uno Stato imprenditoriale e innovatore, un diverso mercato dei titoli (di nuovo, la proposta Varoufakis sugli eurobond può essere criticata, ma almeno vede il problema). E potrei continuare. Richiede una Europa unita, che come Roosevelt stia nell’asse Big Government, Big Bank, Big Labor (fu Roosevelt a far approvare la Legge Wagner che favorì il sindacato): e questo, come nel caso di Roosevelt, richiede una spinta sociale dal basso, e il pungolo di una crisi imminente, se no non ci sarà. Sono pessimista, purtroppo, sulla vittoria dei Greci nella sfida che hanno lanciato. E’ una sfida politica. Sta agli altri europei rispondere, ma non penso solo ai governi, anche alle forze sociali. A questo deve servire il tempo guadagnato. A parte in Spagna, con Podemos, non ci sono molti segnali in questo senso. Ma è questo il tempo. Se non ora, quando? Come si diceva una volta: hic Rhodus, hic salta.

39 pensieri su “SCRAP-BOOK. Come finirà la Grecia?

  1. …mi sembra che Riccardo Bellofiore additi, come soluzione della crisi della Grecia, ma in generale dell’Europa, la realizzazione di “…una Europa unita, che come Roosevelt stia nell’asse Big Government, Big Bank, Big Labor…e questo richiede…una spinta sociale dal basso, e il pungolo di una crisi imminente, se no non ci sarà”. Allora, se ho capito, bisogna attenderci un peggioramento della crisi, del tipo la grande depressione del ’29 perché si realizzi un coinvolgimento oltre che di tutti i governi anche delle forze sociali per una soluzione dei problemi?Ma siamo già messi tanto male…Dobbiamo per forza attendere la peste dopo la carestia per rimboccarci le maniche? Mi riferisco anche (o soprattutto)ai capi…

    1. @ Annamaria

      Non pensiamo al peggio altrimenti ci diranno che il pessimismo distrugge. Potremmo pensare invece che tutto andrà per il meglio, ma solo pensare,,,nessuno sa cosa ci stanno preparando, possiamo immaginarcelo e forse sognare, ma anche i sogni sono monitorati. Bene, da parte mia, oggi voglio dare fiducia all’Europa , e pensare che la Grecia ce la farà.
      L’Unione ha sempre fatto la forza, io ci credo.

  2. …”nessuno sa cosa ci stanno preparando” sì Emy, lo temo anch’io…noi marionette i cui fili sono mossi da molto lontano

  3. Prima della parte dell’articolo di Bellofiore che EA riporta, Belloofiore fa questa considerazione:
    “era inevitabile che a un “centro” dell’Europa (la Germania e i suoi “satelliti”) i cui profitti sono trainati dalle esportazioni nette positive corrisponda nella stessa Europa una corona di paesi con importazioni nette negative (tanto più che fino a tempi recentissimi la posizione commerciale esterna dell’eurozona era in sostanziale pareggio); così come è naturale che i primi esportino capitale, che in parte va ai secondi. Era parimenti inevitabile che per sostenere la crescita ci volessero disavanzi pubblici nei paesi con bilancia commerciale passiva”
    L’infernale meccanismo che lega l’economia della Germania e i paesi più deboli è dunque questo: esportazione di merci e di capitali (per favorire prestiti privati) da parte della Germania, importazione di merci in euro E NON PIU’ IN MARCHI e aumento dei debiti privati nei paesi deboli, con conseguente aumento del debito pubblico.
    Il risultato dello squilibrio delle bilance di pagamenti e dell’aumento del debito pubblico è sotto gli occhi di tutti.
    Non mi sembra possibile che si possa ottenere, per via politica, di “riequilibrare” un rapporto che è squilibrato, cioè asimmetrico, di fondo, e che non può che proseguire approfondendo le differenze. Questo ha rinforzato la Germania anche politicamente, e la guerra in Ucraina ne è la controprova.

    1. ciao Cristiana, scusa se non entro in merito specifico al post in modo piu completo….vi leggo sempre con piacere ma, per vari motivi, sono più visibile nel mio solito diario e meno in quelli altrui fra cui questo di Ennio. In una parola mi muovo fra lettori visibili e invisibili a seconda di determinate dinamiche che riducono la mia capacita di ascolto . Vado al punto da chiederti. Una parte di noi, sicuramente una minoranza ( più che irrivelante a fini meramente statistici) ha argomentato via via in precedenti puntate su analoghi temi che rendere “protagonista” uno Stato dentro un più ampio insieme di stati, ridotti a COLONIE dei veri e propri Uniti d’America, è fare paro paro il gioco di chi vuole stare ben nascosto e ben tutelato da tutta una serie di frottole , inganni , strategemmi e propagande che vedrebbero la mitica “europa” liberata e libera di autodeterminarsi, compresa la moneta fino alla contrattualizzazione dei debiti delle (sub ed ex) nazioni….Ovviamente nessuno toglie che la Germania ha sempre avuto un ruolo chiave, in un modo allora per il nuovo impero (con i prestiti alla Germania nazista) e in un altro adesso sempre con quello, sempre quello, ormai datato di quasi un secolo, chiamato Stati uniti d’America. E’ evidente che se io sono l’impero, considererò “CENTRALE” a tante strategie (militari, economiche, culturali etc etc) quella terra di mezzo fra me e l’est da me, che è l’EUROPA…è altrettanto evidente che dovrò far credere che ognuno è libero nel suo stato, perché solo i miei servi, ben addestrati e consapevoli di esserlo, sanno che i loro stati “natali” sono in mio totale più che dominio, più che ricatto e più che egemonia…è altrettanto necessario che più li balcanizzo, più arrivo al cuore del mio est, quindi mi papperò pezzo a pezzo, tutto ciò che sta fra me e “la russia” arrivando al trampolino di lancio piu immediato , dopo la serbia o la romania, in ucraina. Lo farò con la Polonia e la Germania? perfetto! Lo farò come con le mie linee di credito ai nazisti di Hitler? Certamente…e anzi di più, perché adesso ho un’immagine da perfetto democratico e quei boccaloni degli abitanti del pianeta non potranno mai pensare che nel duemila e rotti dopo cristo, li prendo per il culo alleandomi con i nazisti di Ucraina….farò in modo che per analoga storia, utile al mio potere e alle mie casse, tutta la grecia sia assaltata dal mio FMI, ma il cattivone sia sempre il teddesco crucco di Germania? Of course….non c’è problema, il mondo è un palcoscenico, a ognuno le sue parti…ho fatto credere con il reuccio di Ruby, che Merkel sia solo una lurida culona, vuoi che non riesca, con tutte le libertà che le concedo, a farle interpretare e dunque a far credere ai suoi spettatori di ogni colonia d’europa, che la colpa è tutta sua?

      ps
      forse occorre ricordare in questo contesto che sempre la sopraddetta minoranza del tutto risibile a cui appartengo, ha già espresso analoghe e piu precise argomentazioni sulla fuffa venduta da chi ha tutto l’interesse a far credere, sempre per la serie propagande, che è tutta colpa della finanza.

      Confondere gli strumenti, come sopra gli stati con le colonie, è fornire almeno un cosmo ma anche due e più di risate felici da parte di chi ha costruito questo marchingegno di propagande? secondo me sì.

  4. non so bene cosa dirti, ro, è che Bellofiore immaginava soluzioni politiche…
    ma giustamente tu fai rilevare che tutte sono state soluzioni politiche, il sostegno alla Germania nazista con i prestiti, e la formazione dell’Europa per interessa USA
    diciamo così: oggi, in questa situazione, quali soluzioni politiche sono possibili? quelle “sociali dal basso” a cui non crede Bellofiore? quali altre da quale bassofondo? sapere con chiarezza come sta la situazione sposta qualche forza?

    1. ..comprendo ciò che dici Cristiana, sul piano del “fare”, credo che nulla sia possibile dal basso a meno che si creda alle panzane dei vari che lo manovrano, anche facendogli credere che , dal voto in un modo e in un mondo che non c’è più, da internet in un altro e un altro ancora , come le fantomatiche rivoluzioni arabe, tu possa “occupare” qualcosa, da wall street a maidan etc etc. Le cose che riguardano i destini dei sudditi, da ovest a est, a sud o nord, sono state mosse sempre dall’alto e così è e amen. Niente amen invece, se parliamo di “forza”…pertanto, esclusa quella militare, con cui ti fanno secco, con o senza propagande sul terrore da stadio o da allah, da parigi a copenaghen passando per roma, l’unica forza che abbiamo, una volta aperti gli occhi e continuati a tenere sbarrati, è non spostare la stessa verso le braccia a mille e piu tentacoli delle false sirene di questa o quella libertà, di questo o quell’euro sì o euro no, di questo o quel basso, di questo o quell’intervento “umanitario”, di questa o quella rivoluzione a decrescita felice e e così via cantando, di ogni partitura e nota, in schizofrenia dodecafonica criminale del mitico entourage e controentourage, sistema e antisistema perfettamente uniti dallo stesso grande e gigantesco crimine.

        1. …veramente potevi dare un senso vagamente più ampio , sia al falsi problema”euro si euro no”, sia ad aktri punti della conversazione, prendendo spunto da varie poste nel piatto…peccato ma …ma a un certo tipo di richiesta a latere di Emy, che si chiedeva dove fossi finita, forse abbiamo implicitamente risposto, ergo meglio che io perda, con piacere, il mio tempo limitandomi per lo più a leggervi che a scrivervi su ciò che penso leggendovi/ci

  5. avevo scritto: “le sirene dell’eurono le ascolto volentieri”, poi la frase è stata travasata in qualcosa di più “logico”
    il fatto è che in Italia solo la destra ha preso in mano questa bandiera e questo fa problema

    1. Cristiana cara…dopo tutto ciò che si é atrocemente mascherato sotto il nome e le bandiere di destra, sinistra, loro centri e case madri, pensi ancora di metterti dalla parte del signorino Pensiero, ragionando con questo paradigma? tale non domanda, credimi, solo per sbaglio o caso , é rivolta a te…il nostro non dialogo é la fantascienza di ogni minuto….ormai non siamo solo fritti o lessi da chi dispone delle nostre vite, ma da tutti coloro che pur conoscendo accademicamente la vita e le opere di questo o quell Orwell o Dick, e pur dicendo per ogni contingente un loro risvolto, non sanno più dare vivere elaborare riordinare praticamente questi giorni, questi nostri menzogne Spa o 1984, questi nostri anni con la loro vita, opere , simboli, linguaggi, preventivi , consuntivi, profezie, previsioni. E mentre la caverna ha vinto, e kubrick muore in giardino, é stato già scritto e detto e insegnato tutto, senza che nemmeno i più acculturati potessero avere veramente la fortuna delle proprie dotazioni, sensori inclusi. ..

  6. Purtroppo siamo quasi tutti costretti a giudicare il braccio di ferro tra UE e Grecia di Siryza sulla base di pochi dati reali e molte impressioni (spesso ingannevoli); ed i nostri discorsi scivolano quasi inavvertitamente su un piano (troppo) metaforico o di semplice lamentazione o di astratta scommessa.
    Nelle mie intenzioni – e non dico questo per complesso d’inferiorità o fiducia cieca negli “esperti” –
    gli stralci tratti dall’articolo di Bellofiore (o l’intero articolo linkato) dovevano servire a stare coi piedi per terra, a ragionare –se vogliamo – sulla base di altri ragionamenti [quelli di Bellofiore, appunto] che, anche se non fossero condivisibili in parte o in tutto, sono comunque più documentati dei nostri, attingendo a notizie a cui nella nostra vita quotidiana non abbiamo accesso.
    Se invece l’articolo proposto viene solo sfiorato o saltato, si finisce per dare la stura a divagazioni più o meno interessanti o per ribadire al massimo le proprie convinzioni di partenza: ad es. che gli USA predominano, la Germania ha un ruolo chiave, la colpa non è della finanza come si dice in giro, siamo delle colonie, ecc.). E senza aggiungere alla discussione e alla ricerca del che fare un’idea, un pensiero che non sia soltanto conferma della nostra impotenza.
    Chi, infatti, come ro – e lo dico senza acrimonia o fastidio – ritiene che « nulla sia possibile dal basso a meno che si creda alle panzane dei vari che lo manovrano», che «le cose che riguardano i destini dei sudditi, da ovest a est, a sud o nord, sono state mosse sempre dall’alto e così è e amen», che non ci dobbiamo fidare di nessuno e non cadere «verso le braccia a mille e più tentacoli delle false sirene di questa o quella libertà, di questo o quell’euro sì o euro no, di questo o quel basso, di questo o quell’intervento “umanitario”, di questa o quella rivoluzione a decrescita felice e così via cantando», che importanza può dare a un post come questo? E che sentimenti o pensieri trasmette ai suoi possibili interolutori?
    Depressi, sfiduciati, diffidenti, «fritti o lessi» lo siamo già fin troppo. Che senso ha ripetercelo? Nessuno.
    Bisogna ragionare per uscire da questa condizione non per intombarci nel nichilismo.

    1. Infatti l’articolo di Bellofiore si raccoglie intorno a due punti: 1) la dissimmetria economica su cui si è costituita l’area euro (di cui facilmente si possono indicare le prevedibili e infatti verificate conseguenze); 2) i collegamenti e le integrazioni -economiche- che si sono costituite, scrive Bellofiore: “Abbiamo catene di produzione transnazionali; abbiamo una forte integrazione degli stati patrimoniali nell’universo del credito e della finanza; abbiamo una Europa del Sud divisa e che esporta nel Centro-Nord Europa beni di consumo, con elevata concorrenza dai cinesi; abbiamo una catena produttiva manifatturiera tedesca che si estende ad Est e nell’Italia del Nord; abbiamo diverse condizioni strutturali (gradi di monopolio delle imprese, dipendenza energetica, e così via).”
      Mi sembra che, con questi due presupposti, Bellofiore stesso finisca in un’empasse, e lo scrive: occorrono “altre politiche” che richiedono una “sfida politica” ma “non ci sono molti segnali in questo senso”.
      Io vorrei avere una comprensione integrata del quadro internazionale e europeo in cui viviamo, vorrei poter collegare ciò che “si sa” della finanza con i rapporti, per esempio, tra stati uniti europa e russia, vorrei poter interpretare le guerre interne al mondo musulmano insieme con il ruolo della russia, vorrei poter comprendere meglio la politica che fa oggi il papa. Cerco di orientarmi ma è, più che faticoso, quasi impossibile per la genericità o superficialità politica delle informazioni a cui posso attingere.
      Mi sto chiedendo: se stessi vivendo nel ’37, ’38, ’39 dell’altro secolo, cosa riuscirei a capire di quello che sta succedendo (a parte detestare l’Asse)? Cosa potrei davvero capire, se stessi in mezzo a quegli anni, del vero senso dell’antisemitismo? lo considererei solo una questione di inciviltà e di disumanità, come è senso comune oggi? L’appoggio che i circoli finanziari americani e inglesi hanno dato a Hitler e Mussolini dieci anni prima, lo conoscerei? E quindi in che modo sarei stata travolta dal generico conservatorismo delle classi dominanti del mondo libero che hanno preso le distanze da Hitler solo dopo l’inizio della guerra? Insomma, il senso comune mi avrebbe appiattita e rimbecillita in una immobile cecità e beotaggine, come è avvenuto per la stragrande maggioranza dei popoli in quegli anni?
      Temo purtroppo che molti si trovino, oggi, rispetto alla “apparente” complessità della situazione mondiale, quasi nella stessa situazione, per la difficoltà di leggere i tratti portanti di quello che sta avvenendo.
      Si possono fare delle scelte, per esempio sull’euro, sulla religione, sulla politica di casa: ma sono scelte significative? Incidono realmente? Facile quindi cadere nelle condanne morali o nella rabbia, per impotenza.

    2. Da parte tua , caro Ennio , definire nichilista, il sempre analista delle cause e degli effetti, chiamando le cose come la ragione impone, é veramente altamente depistante. ..ma se tu ti accontenti di dare la tua analisi assegnando la colpa a questa Germania o questa finanza, é affar tuo con i tuoi strumenti ….dai con gli stessi del nichilista a random? Pazienza.

      1. @ rò

        A proposito di nichilismo. Ti passo una ciliegina letteraria colta a volo:

        […]a cambiare è la risposta, scettica e nichilistica. Non a caso lo stesso Montale definì le sue due fasi recto e verso di una stessa pagina poetica: se nelle prime raccolte l’io era in attesa di un miracolo che fosse in grado di rompere la catena della necessità e svelasse un senso (del quale le figure demoniche femminili erano mediatrici), in Satura il poeta non oppone più nessuna trascendenza allo stato di crisi e si limita a demistificare qualsiasi credenza o ideologia, compresa la sua precedente ricerca.
        […]
        Alla luce di quanto detto, la seconda maniera montaliana ci restituisce quel percorso di saturazione delle modalità lirico-tragiche che attraversa tutto il Novecento, e dal quale la satira rappresenta una via di fuga. Per caratterizzare questa nuova maniera, lo stesso Montale parlò di poesia inclusiva, una poesia cioè che non seleziona più elementi del reale, ma che lo abbraccia in tutta la sua molteplicità e “impoeticità” (cfr. Borio 2013). Non a caso, infatti, si è parlato di un diretto influsso dell’attività giornalistica dell’autore sulla sua poesia (A. Casadei 1992, pp. 67-91). Per esempio, un testo come Fine del ’68, apparso per la prima volta sul quotidiano «Il Corriere della Sera», ben ci mostra quest’intreccio tra cronaca, satira e, sul piano metaletterario, orizzontalità della letteratura:
        Ho contemplato dalla luna, o quasi,
        il modesto pianeta che contiene
        filosofia, teologia, politica,
        pornografia, letteratura, scienze
        palesi o arcane. Dentro c’è anche l’uomo,
        ed io tra questi. E tutto è molto strano.
        Tra poche ore sarà notte e l’anno
        finirà tra esplosioni di spumanti
        e di petardi. Forse di bombe o peggio,
        ma non qui dove sto. Se uno muore
        non importa a nessuno purché sia
        sconosciuto e lontano.
        Nella prima strofa alla letteratura, quindi alla poesia, non viene riconosciuto più alcun privilegio, associata sì a discipline gravi come filosofia e teologia, ma anche a un fenomeno tipico della modernità quale la pornografia. Nella seconda strofa, invece, ai fuochi d’artificio di fine anno si associano le bombe, «o peggio», di guerre lontane (il riferimento è al Vietnam) cui a nessuno importa, proprio perché guardate dalla Luna, e cioè, fuor di metafora, dalla televisione (con allusione allo sbarco dell’uomo sulla Luna dell’Apollo VIII).
        L’amarezza montaliana è dominata dalla sfiducia verso qualsiasi fede positiva (A un gesuita moderno) o ideologia politica. Ad esempio, la poesia Fanfara, che chiude la sezione Satura I, è un dissacrante attacco a qualsiasi forma di storicismo politico o positivismo scientifico; l’apertura è dedicata alla ridicolizzazione del materialismo storico:
        lo storicismo dialettico
        materialista
        autofago
        progressivo
        immanente
        irreversibile
        sempre dentro
        mai fuori
        mai fallibile
        fatto da noi
        non da estranei
        propalatori
        di fanfaluche credibili
        solo da pazzi

        (Da http://www.leparoleelecose.it/?p=17949#more-17949)

  7. @ Fischer

    «Insomma, il senso comune mi avrebbe appiattita e rimbecillita in una immobile cecità e beotaggine, come è avvenuto per la stragrande maggioranza dei popoli in quegli anni?
    Temo purtroppo che molti si trovino, oggi, rispetto alla “apparente” complessità della situazione mondiale, quasi nella stessa situazione, per la difficoltà di leggere i tratti portanti di quello che sta avvenendo. Si possono fare delle scelte, per esempio sull’euro, sulla religione, sulla politica di casa: ma sono scelte significative? Incidono realmente? Facile quindi cadere nelle condanne morali o nella rabbia, per impotenza.».

    Io mi libererei innanzitutto da questo luogo comune, ampiamente diffuso in tempi di sconfitta, della «cecità e beotaggine» dei popoli o delle masse ( di ieri o di oggi).
    Ci sono periodi storici in cui né i popoli e le masse né le minoranze “illuminate”, “sveglie”, “pensanti” (o come volete definirle) sono in grado di agire o «fare delle scelte». E devono aspettare che si creino certe condizioni che permettano di riaggregarsi, darsi degli obiettivi, organizzarsi.
    Chi può stia sveglio. Chi può passi informazioni, riflessioni. E faccia pulizia nel proprioa passato, rielabori la storia da cui proviene.
    Ci sono molti – isolati o in piccoli gruppi – che operano in quest’ottica. Bellofiore era solo un esempio tra i tanti possibili. Sulle varie analisi politiche che circolano ciascuno ragioni nella maniera più precisa che gli riesce. Ed è per questo che le posizioni nichilistiche o le condanne morali o solo rabbiose e impotenti a me paiono soltanto una divagazione o una perdita di tempo.

    1. Naturalmente è così, ottimismo della volontà (e anche della ragione).
      Ma le domande che mi facevo, sull’appiattimento che induce il senso comune (erano domande col punto di domanda), mi derivano da riflessioni sugli anni intorno alla 2 guerra mondiale: che rapporti ci sono tra i destini, la parabola di vita, di singoli che hanno portato fino in fondo la loro sorte (ad esempio Simone Weil, o i combattenti russi sul fronte russo, o Benjamin Murmelstein per nominare le persone più diverse) e le ideologie, le parti, le scelte collettive, a disposizione, in cui era possibile schierarsi?
      Certo, Simone Weil scriveva a Londra per la resistenza francese, ma rispondeva a sé prima che ai committenti.
      Anche oggi occorre tenere presenti due piani: una certa irriducibile solitudine, e l’offerta di ideologie schemi schieramenti grandi visioni critiche dall’altra. Come collegare i due piani?
      Tu scrivi di “agire e fare delle scelte”, stare svegli in attesa di potersi riaggregare. Anche quello, ovviamente. Ma, prima, occorre ri-orientarsi, e quello mette di fronte a problemi individuali, etici prima ancora che politici. Il momento storico attuale è davvero particolare. (Questo è vero sempre, ma anche no, non c’è solo il semplice divenire, mutare. C’è anche rottura, salto, a volte, non sempre.)

  8. …in me si alternano il pessimismo e l’ “ottimismo della volontà”, che più che altro diventa un sogno per rimandare il momento di soccombere. Per quello c’è sempre tempo. Vi mando questa riflessione in poesiola (appartiene al primo)

    Lira o euro?
    Franco o marco?
    In realtà
    l’odierna moneta di scambio
    è l’odio zecchino
    e il vento se lo porta…
    Non conosce frontiere
    ed è seme
    per gramigna in campi di grano
    vuoi calato dall’alto
    per determinismo ormai certo
    vuoi generato
    da un cuore malato.
    Sulle gialle distese
    il pane
    è fiore di catrame

  9. A PROPOSITO DI ITALIA, CULTURA, CONSIDERAZIONE DELL’ITALIA ALL’ESTERO, ECC.
    STRALCIO DI UNO SCAMBIO DI OPINIONI SU FB CHE HA QUALCHE RELAZIONE CON LA DISCUSSIONE APERTASI IN QUESTO POST

    [Non avendo chiesto l’autorizzazione di citare per nome i miei interlocutori, li indico con una lettera generica. Importante è la posizione che esprimono...]

    X:
    ma perché abbiamo lasciato alla Germania quel ruolo di centralità che una volta, ma almeno fino agli anni Novanta del secolo scorso, era appannaggio dell’eredità di lungo corso dell’impero romano? Quale razza di coglioni ignoranti ha potuto lasciare che ci venisse usurpato questo ruolo creato da secoli di storia?

    Y:
    Beh non abbiamo lasciato …se lo sono preso quel ruolo . Tutto cambia e mi sembra che l’Italia sia un popolo veramente in decadenza ed in grande crisi . Quello che era … era cominciamo a renderci conto di quanto siamo in crisi e cerchiamo di migliorare !

    X:

    siamo un popolo demoralizzato da una guerra economica in cui siamo noi stessi a fornire le armi all’avversario. Riconosciamo che ci stanno facendo una guerra non dichiarata il cui obiettivo è sottometterci, renderci schiavi. E’ semplicemente l’attuazione del vecchio disegno hitleriano che non era affatto l’invenzione di Hitler, ma quello che il Nord del mondo, Germania in testa, sentiva come propria missione storica

    X:
    se vogliamo migliorare dovremo ripartire da Giordano Bruno: “Lo spaccio della bestia trionfante”

    Y:
    Credo che per migliorare dovremmo guardarci allo specchio .

    X:
    il nostro specchio è la nostra cultura millenaria: averla abbandonata a se stessa è l’unico motivo della nostra decadenza

    Y:
    Cerchiamo sempre un colpevole dei nostri fallimenti , siamo inclini a dare sempre le colpe agli altri , poco propensi all’autocritica , mai consapevoli delle nostre mancanze .

    Y:
    Tiriamo sempre fuori la nostra cultura millenaria … Guardiamo il presente per essere più forti nel futuro .

    Y:
    Guardiamo la nostra cultura e spesso ignoriamo le culture millenarie degli altri .

    Y:
    Guardiamo lo stato delle nostre scuole dei nostri ospedali il nostro senso civico i nostri uomini politici la nostra giustizia e non tiriamo fuori quelle 4 eccellenze per dimostrare quanto siamo bravi . Siamo il popolo dei Mennea, dove la maggioranza purtroppo non sa correre , ma si identifica nel singolo vincente o nel glorioso trapassato remoto .

    X:
    ma di quale cultura millenaria parli, Y, dei miti nordici di Wagner o della cultura di Goethe? Non mi sembra che la cultura di Goethe sia quella che prevale oggi in Europa. Del resto anche in Italia c’è una battaglia culturale, se la si vuole ammettere: perché il nostro provincialismo è frutto di incultura becera e televisiva, senza nemmeno un’infarinatura di conoscenza sia pure approssimativa della nostra cultura. Figuriamoci delle altre

    Y:
    Forse se sposti leggermente la visione del mondo potrai scoprire che non esistiamo solo noi con culture millenarie …

    X:
    e poi qui non si tratta di celebrare chissà quali fasti tramontati: si tratta di approfondire le motivazioni che sono alla base del comportamento umano in tutte le epoche. E poi guarda che per quanto mi riguarda ho dedicato la mia vita allo studio delle civiltà antiche, per lo più extra-europee. Qui semmai il problema è che la visione del mondo che ci si vorrebbe imporre è la negazione del passato tout court

    Y:
    Non ci sono problemi . I problemi ce li costruiamo noi che non accettiamo i cambiamenti perché non sappiamo accettare neanche i nostri cambiamenti . Noi siamo il frutto del nostro passato e siamo la base del nostro futuro . Non cerchiamo colpevoli siamo noi tutti gli artefici del nostro stato del nostro essere e del nostro divenire .

    X:
    ho troppo a lungo esercitato l’arte dell’enigma per non capire lo spirito di Alessandro di fronte al nodo di Gordio: quello che dico è anche per provocare una reazione; una contro spinta, se vogliamo, che sposti la questione su un altro terreno. In ogni caso è proprio in nome del dinamismo del divenire che ha senso impadronirsi di ogni dimensione del tempo. Il tempo ci domina (ed è questo il vero motivo di conflitto interiore), per questo bisogna divenirne signori

    Z:
    Sono in corso dei commenti su un autore francese che tratta del lavoro e di come reimpostarlo , ridefinirlo e finalmente amarlo

    Y:
    Forse è’ proprio il tempo il nodo di Gordio. Una nostra invenzione che ci lega . Un nodo da sciogliere e non da recidere. Attraverso i conflitti si attuano le mutazioni . Accettare di sciogliere i nodi senza tagliare risolve l’enigma interiore.

    X:
    il tempo è il segreto dell’enigma della Sfinge. Edipo, risolvendolo, arriva ad afferrarne il mistero, divenendo così egli stesso signore del tempo, signore del mutamento, e pervenendo così al dominio del regno. In questo modo, tuttavia, egli finisce per identificarsi con il tempo che tutto porta alla luce e a viverne in sé la legge che è quella per cui ogni cosa nasce e ritorna alla sua origine (la madre)

    Y:
    Tutto è illusorio, gli enigmi non hanno risposte ,non ci sono risposte alle domande ma solo altre domande . La luce porta anche le ombre e le ombre manifestano la luce . Ci identifichiamo inevitabilmente con la nostra mente che …mente . Non ci sono origini, tutto è’ fluido , senza fine e senza inizio .

    X:
    l’enigma si alimenta della nostra rimozione. Come dice lo Zen: una montagna prima è una montagna, poi non è più una montagna, infine è di nuovo una montagna

    Ennio Abate:
    Come uno spunto di discussione, che dovrebbe essere politica e ragionare sui rapporti di forza esistenti oggi ( e non solo tra Italia e Germania ma a livello mondiale), diventa astratta ( e un tantino fumosa…), ahi noi!

    Y:
    Per fortuna !

    X:
    mi pare per la verità difficile riuscire a orientare gli interventi su fb: ci rinuncio. Almeno dalle parole in libertà forse qualche chiarimento magari relativo alle proprie problematiche, qualcuno lo trova anche. Il mio spunto iniziale mi pare fosse abbastanza chiaro: l’idea di un’eredità storica che ancora pochi decenni or sono poneva l’Italia in una posizione di centralità (intesa come centralità culturale, non necessariamente economica, in ogni caso riconosciuta come tale)

    Ennio Abate:
    Scusi X, ma chi riconosceva questa “centralità culturale, non necessariamente economica” dell’Italia? Non è che sia stato il mito consolatorio dei gruppi dirigenti nazionali e nazionalistici che abbiamo avuto addosso dall’unificazione in poi; e valido per loro (e per noi seguaci, sudditi o popolo o masse) ma non certo per chi, da oltre confine, ci vedeva dall’alto della sua potenza economica e culturale realmente più centrale di questa nostra alquanto immaginaria e non certa paragonabile alla loro?

    X:
    mi pare invece che esistesse proprio all’estero una considerazione dell’Italia, frutto certamente del suo passato storico e artistico e molto meno di meriti della modernità. In ogni caso la supponenza economica di Paesi che stanno oggi apparentemente meglio dipende di sicuro da migliori capacità organizzative, ma non corrisponde di certo a pari qualità individuali di cui sappiamo dare ancora prove, mi pare, tutto sommato significative: anche nel campo della ricerca. Risultati a volte non da poco se si tiene conto degli investimenti limitatissimi che lo Stato dedica a questo settore

    X:
    comunque anche il destino di un’Italia necessariamente periferica e irrilevante è un mito: un mito rovesciato utilizzando le lenti dell’esterofilia, tipiche anche queste di un certo provincialismo (e tra l’altro di un provincialismo di certe classi non proprio popolari del Paese)

    Y:
    L’ Italia e’periferica in tutto (economia , arti, musica, industria , ricerca etc) e come sopra ho già detto, si salva con il genio individuale di pochi . Chiaro che non può detenere una centralità nella odierna cultura europea che si basa non sul singolo ma sul collettivo. Non accorgersi di questo è’ guardare il dito che indica la luna . Siamo ai confini dell’Impero! Solo la consapevolezza di essere ai confini può avvicinarci al centro.

    Ennio Abate:
    @ Y. Il “genio individuale di pochi” non *salva* l’Italia, ma si adegua o sviluppa in un contesto che oltrepassa la nazione d’origine (mondiale o occidentale in genere e quindi sotto egemonia statunitense). E spesso ai danni dell’Italia. Marchionne docet. Ma non è il solo. (Del resto, fossimo pure consapevoli d’essere “ai confini dell’Impero”, non ci avvicina affatto al “centro”. Ammesso che questo debba essere l’obiettivo).

    @ X. Ricorderà Berenson. Mi dica che cosa aveva a che fare con l’Italia (intesa come nazione) il suo culto per il Rinascimento (impropriamente etichettato come italiano). Non è esterofilia riflettere con occhi non abbagliati da nostalgie senza fondamento sui reali rapporti di forza inestricabilmente politico-economico-culturali, che non corrispondono più a quelli di 50 o cent’anni fa. Resto, comunque, scettico verso la riproposizione di un qualsiasi “orgoglio nazionale”. fosse pure soltanto culturale. E politicamente refrattario a certe idee o miti “sovranisti” o di recupero della propria “sovranità” che circolano oggi. I loro fautori mi fanno pensare ad adulti panciuti e imbolsiti che sognano il tempo in cui erano snelli e aitanti. No, un vero ‘noi’ non lo costruirei né guardando all’estero (europeismo, americanismo) né soffiando sulle ceneri del mito nazionale. Quale ‘noi’ allora? Al momento non so rispondere a questa domanda che ritengo cruciale.

    [Segue… spero]

  10. SEGNALAZIONE.
    ED ECCO COME UN ALTRO MIO INTERLOCUTORE SU FB (CHE LASCIO SEMPRE ANONIMO) SI PONE IL PROBLEMA TREMENDO DEL CHE FARE.

    – Sono turbato, sgomento, confuso.
    – Incazzarsi, mai?

    (Altan)

    E noi cosa possiamo fare? Vediamo. Possiamo far finta di niente, votare per inerzia per chi abbiamo sempre votato prendendoci in giro con scuse arzigogole e fuori dal tempo, credere a quello che abbiamo sempre creduto, seguire i pifferai magici, sognare di rifugiarci in campagna a coltivare le carote o in montagna a mungere le mucche. Oppure possiamo sperare in un intervento divino in extremis. Ma la cruda realtà è questa. Faccia mente locale chi ha figli o nipoti. O anche solo chi ha a cuore l’Umanità. Guardate che se anche facciamo finta di non vedere, loro non scherzano. Noi possiamo anche pensare di nasconderci, ma sono loro che verranno a stanarci.
    Mezzo milione di bambini iracheni morti solo per l’embargo seguito alla Guerra del Golfo non sono uno scherzo. Le migliaia di civili uccisi dai droni americani non sono uno scherzo. Le migliaia di civili uccisi in Libia e in Siria non sono uno scherzo. Vivevano in pace fino a un momento prima. Nessuno si aspettava l’orrore che sarebbe successo. Nessuno pensava che i propri figli, le proprie figlie, i padri, le madri, sarebbero stati uccisi da lì a poco. I Libici pensavano a quanto era bella l’Italia per farci se potevano un viaggetto e i Siriani erano contenti di non avere più la censura sui media e Internet e avere invece un turismo occidentale crescente e ospitalmente accolto. Ma l’Impero è andato a stanarli e a massacrarli. Le migliaia di civili uccisi in Ucraina non sono uno scherzo. Sapevano di avere dei problemi, come in altri paesi, ma non pensavano nemmeno lontanamente che in pochi mesi avrebbero avuto una sanguinosa guerra civile. Ma l’Impero è andato a stanarli. I nazisti a Kiev con le svastiche non sono uno scherzo, sono reali. I tagliagole islamisti in Medioriente e in Africa non sono uno scherzo, sono reali. Hiroshima e Nagasaki non sono stati degli scherzi. Queste cose avvengono, queste cose si fanno.

    1. a EA: di quanto scrivono i tuoi interlocutori su FB riprendo due punti
      1 l’eredità storica di cui parla X: è importante farcene consapevoli, così come delle capacità di molti singoli, per reagire al rifiuto e alla derisione nei confronti della cultura e della scuola degli ultimi vent’anni (ma il processo è iniziato prima, per svuotare il 68) non per vacuo orgoglio nazionale, ma per darci forza con una tradizione culturale che è l’altro aspetto della ricca mescolanza di popoli del nostro paese
      2 chiedo all’interlocutore del tuo secondo post se quell’unico Impero che ha stanato e massacrato vari popoli e nazioni è per caso quel collegamento tra Ur Lodges aristocratiche e circuiti militari di cui si racconta nel libro Massoni, giunto in pochi mesi alla 4 edizione, mi pare.

      1. @ Fischer

        1. L’eredità storica di cui parla X a me pare un mito confuso e revanchista.

        2. No, l’interlocutore del secondo post ha i piedi per terra e si riferisce col termine ‘Impero’ agli USA.

  11. @Ennio :

    estrapolo questa parte di un tuo intervento

    “Chi può stia sveglio. Chi può passi informazioni, riflessioni.
    E faccia pulizia nel proprio passato, rielabori la storia da cui proviene. ”

    e mi sento sommerso dal mio solito globale scetticismo che non mi lascia più credere, fiducioso come un tempo che ” ogni marcia comincia con un piccolo passo “.
    Se poi osservo ove la marcia ha condotto il paese del ” grande timoniere” avvezzo ad attraversare fiumi a nuoto, come altri nostrani attraversano stretti di Messina, provo una grande pena interiore per tutte le ” palle ” con le quali ci viene propinata l’informazione.
    E’ vero, l’informazione aiuta, ma quale informazione è utile e quale no?
    Ognuno di noi si sceglie le sue fonti e là va ad abbeverarsi, anche parte coloro che hanno scelto Tzipras lo stanno già contestando, perchè le informazioni che egli ha passato al suo elettorato erano in parte ” false ” come in gran parte erano falsificati i bilanci della Grecia ai quali però a tutti faceva comodo credere per bombarla di armi, di auto, e di crediti facili, tranne poi ora mandare le cambiali all’incasso, e quindi a conti fatti forse Tzipras dovrebbe avere il coraggio di dire ” ragazzi, non c’è più ” trippa per i gatti “, noi non potremo mai pagare il debito con voi, non fateci finanziamenti supplementari perche buona parte di questi tornano subito nelle vostre casse per pagare parte degli interessi al F.M.I, e pochi servono per i fini che io ho elencato in campagna elettorale.

    Occorre il coraggio di dichiarare bancarotta, piantarla con questa colossale generalizzata illusione dell’Euro, e ognuno torni a fare i conti con quanto ha in tasca, e come diceva il vecchio e biasimato allora da noi giovani, Nenni ” chi ha più filo tesserà più tela ” e la tela qui in Europa la tesse ancora la Germania sotto l’usbergo Usa.
    Questo Syriza dovrà dire, e lo dovranno fare anche altri giovani ” Cesari ” nostrani perchè Bruto è sempre in giro con il pugnale sguainato, per nuove Idi di marzo, e per sostituirlo a seconda delle convenienze.
    Ieri pareva che bisognasse invadere la Siria, perchè Assad era un criminale che assassinava il suo popolo, oggi bisogna tenerselo buono perchè altrimenti l’ISIS la occuperebbe completamente, ieri l’IRAN era “il regno del Male ” a sentire la Bush dinasty, oggi occorre chiudere un occhio perché ci stiamo rendendo conto che non si può inimicarselo del tutto altrimenti anche l’Iraq va a puttane più di quanto non ce lo abbiano già mandato gli americani.
    Non occorre che prosegua sulla bontà della informazione, di parte o meno, perchè ormai alla nostra età ne abbiamo lette di tutti i colori ed ognuno che la fornisce porta il carico ove ha disposto il suo padrone, perchè i padroni sono sempre pochi, i soliti, e sono sempre più forti.

    Coraggio, amico caro, scusa il tono confidenziale che uso pur non conoscendoti direttamente, ma ti rendi conto ? stanno riaprendo le indagini sul delitto Moro, avvenuto nell’anno 1978, quindi……. quante ne abbiamo sentito di palle ?
    E sull’Oro di Dongo, pensi che sia sia detto tutto ?
    O su chi diede il via per l’esecuzione di Mussolini ?
    E i black friars bridge, Calvi e C ?
    Ma si potrebbe continuare, quindi ti chiedo scusa, io mi accontento di quel poco che non so, e affido la nostra sopravvivenza alla Misericordia di Chi sai.
    Grazie per l ‘ospitalità e di nuovo le mie scuse per la mia banalità.

  12. @ Luigi (Paraboschi)

    Fra il nichilismo di rò e il tuo scetticismo globale è difficile trovare una via d’uscita, ma tento lo stesso di ragionare, evitando pure le tardive e inutili stilettate alle nostre passate speranze (l’accenno al Grande Timoniere paragonato al Grillo italiota è davvero ingiusto…).

    Primo. Possiamo ancora riflettere seriamente sulla storia. Basta non cedere a una sua visione semplificata che la riduce alla scoperta penosa che ci sono state proprinate soltanto “palle”(su chi diede il via per l’esecuzione di Mussolini, sull’oro di Dongo, sull’uccisione di Moro, sulle false armi di distruzione di massa viste da Bush in Irak.. fino alle recenti notizie sulle dichiarazioni di Netanyahu: http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=116452&typeb=0&-Israele-menti-sull-atomica-iraniana–Ecco-i-documenti-segreti-del-Mossad).
    Il fatto che le “palle” vengano alla luce non muta i rapporti di forza tra chi domina e chi resiste, ma indica che la storia non è finita e può riservare sorprese.

    Secondo. Dalla cattiva informazione (e spesso anche dalla non migliore controinformazione) non caviamo nulla di incoraggiante. Eppure anche in quella melma ci sono spunti e dati che, ripuliti, possono continuare a farci riflettere. Che è sempre meglio, secondo me, che rintanarsi nel nichilismo e nello scetticismo globale.

    Terzo. Sì, «i padroni sono sempre pochi, i soliti, e sono sempre più forti» ( di questo “noi” che è tutto da definire in tempi di crisi). Ma litigano tra di loro, qualcosa gli può sfuggire di mano, qualche varco forse si potrebbe aprire…

    Quarto. Sul braccio di ferro Germania/Grecia. Tu sostieni la tesi dell’uscita dall’euro («Occorre il coraggio di dichiarare bancarotta, piantarla con questa colossale generalizzata illusione dell’Euro, e ognuno torni a fare i conti con quanto ha in tasca». Riecheggi, mi pare di capire, la posizione di Bagnai («Questa opportunità è il default e l’uscita dall’Eurozona, che permetterebbe alla Grecia di cominciare a correggere gli errori passati e a mettere la sua economia su un percorso di ripresa e di crescita sostenibile. A quel punto, la UE dovrebbe saggiamente comportarsi di conseguenza, smantellando l’unione monetaria e garantendo riduzioni del debito alle economie più depresse. Solo allora gli ideali sui quali l’UE è stata fondata potranno essere realizzati». Cfr. intero articolo: http://goofynomics.blogspot.it/2015/02/le-conseguenze-economiche-della-grecia.html).
    Io un po’ diffido di Bagnai, un po’ non ho le competenze economiche per giudicare la sua proposta nel merito. E resto perciò molto attento alle obiezioni di varie voci che:

    1. fanno notare una coincidenza sospetta tra le posizioni di Bagnai e il capo dell’IFO:

    Roma, 21 feb. (askanews) – Per l’economista, Hans-Verner Sinn, responsabile del principale istituto tedesco di ricerca economica (Ifo), la Grecia non ha futuro nell’euro e dovrebbe uscirne. Tanto che la proroga degli aiuti finanziari non risolverà i suoi problemi strutturali, anzi restando nella moneta unica rischia di aggravarli. Lo riporta l’agenzia di stampa Dpa. “Altro denaro è solo un paliativo per la Grecia e non ne aiuta la guarigione. Il paese sta diventando troppo caro a causa dell’euro mentre invece ha bisogno di essere a buon mercato per riconquistare competitività. C’è solo una via praticabile uscire dall’euro e svalutare la dracma”, ha spiegato Sinn.

    2. mostrano quanto sia fluttuante e incerta la situazione (il NO della Troika rimarrà NO e Alba Dorata potrebbe avere nuovamente spazio d’intervento);

    3. vogliono utilizzare l’uscita dall’euro solo come una minaccia, perché secondo alcuni (ad es. l’economista Brancaccio) il successo o il fallimento di un ritorno alla moneta nazionale dipenderebbero dalla capacità o meno della Grecia di rilanciare la domanda e la produzione interna tenendo in equilibrio il saldo delle importazioni e delle esportazioni verso l’estero»;

    4. ricordano che in Grecia la crisi ha già distrutto una parte importante della base produttiva del paese;

    5. suggeriscono o auspicano un’alleanza della Grecia con potenze o stati extraeuropei;

    6. fanno notare che la Germania il 12 febbraio aveva rifiutato sdegnosamente la prima lettera greca perche’ troppo vaga. e alla fine hanno dovuto accettare una lettera, quella del 24, ancora molto vaga,e in cui i cedimenti sono comunque accompagnati da clausole ambigue. quindi se la germania voleva una resa aperta non l’ha ottenuta;

    7. temono che la partita resti aperta nel senso che il ventaglio delle possibilità è ampio e ritengono possibile anche l’ipotesi politica del golpe bianco paventata da Halevi nei primi interventi sul caso greco di questi mesi.

    Quinto. Direi di continuare a muoverci su due piani: – l’analisi del reale attraversando per quel che riusciamo la nebbia che l’avvolge; – il controllo anche del nostro atteggiamento da ricercatori o degli occhiali che inforchiamo abitualmente. Se in partenza scegliamo lenti “nichiliste” o “scettiche” ( virgoletto per indicare l’approssimazione dei termini), pregiudichiamo la stessa analisi. Un atteggiamento non neutro, ma relativamente distaccato è forse ancora possibile a noi che non annaspiamo in situazioni di guerra o nella lotta quotidiana per la sopravvivenza in cui sono ricacciati tanti nostri simili.

    1. …ciao Ennio io non assegno né congelo in un ‘etichetta o in una scuola, il sacco o il barattolo, pieno o vuoto, di alcun essere mio simile in quanto bipede, pensante o azzerato nei suoi circuiti emotivi-intellettivi-senti/mentali.pertanto, con identica metrica, pretendo il rispetto motivato dal fatto che non voglio che mi si legga come un sacco a proprio piacimento. Ho chiesto , argomentando, nel caso specifico, se fosse ancora adeguato alla propria sopravvivenza, credere alle fandonie della propaganda ( tanto del sistema quanto di una parte programmata dal primo, dell anti sistema).dopodiché ho perimetrato il camio possibile di una forza attivabile dal basso…e così via. Va bene che faccio sempre comodo, in qualsiasi situazione di semi rapporto umano, per dare addosso al solito capro o capra, però continuare a ripetere questa o quella etichetta, é un’offesa sia al rispetto dell altro che sale intelligenza. …peraltro da una parte desiderata da te o altri per uscire da certi labirinti, e poi negata, manipolata e azzerata con questa o quella eliminazione dell altro che ne propone una parte, un vestito o uno strumento per salvaguardarla nei panni di coloro che proprio a te e tuoi simili starebbero a cuore.a questo punto forse solo in teoria? ciao

      1. @ rò

        L'”etichetta” (meglio: il tentativo di definire la posizione dell’interlocutore da me usata) non ha nulla di offensivo. E poi il procedimento è reciproco e lo usiamo tutti. Anche tu puoi etichettarmi (e lo fai già, spesso indirettamente). Più che soffermarsi su questo, sarebbe meglio entrare nel merito delle cose dette.

        1. …appunto , é nel merito delle cose da me dette fin dal primo intervento rivolto a Cristiana, non personalizzando, che non ho sentito un argomento che, senza pro o contro bipolare, ne scandagliasse almeno uno dei miei.Continuare con il tormentone di un nostro presunto e/ o latente conflitto, non aiuta nessuno e, peraltro, é una modalità tua , non di altri né questione di etichette

      2. …non penso che si possa parlare di nichilismo e di scetticismo globale nei confronti di chi, Ro e Luigi, ama la poesia e la musica e si interessa di quanto ancora di autentico esiste nell’uomo, senza chiudere gli occhi davanti alla realtà…Devo dire che sono piuttosto io ad avere una certa resistenza ad entrare in merito a situazioni politiche così ingarbugliate, dove non mi è chiaro niente: la realtà si confonde con la fantascienza e diventa fantapolitica (vedi i Massoni citati da Cristiana)… Comunque vivo in questo mondo e tutte le informazioni che solitamente Ennio( lo ringrazio) ci sottopone sulla situazione attuale, in questo caso la Grecia, e sui vari punti di vista, spesso manipolati dai mass-madia, mi interessa e seguo il dibattito per arrivare a una mia opinione, che in genere non è ottimista…

  13. Da tempo seguo Bagnai che critica Varoufakis perché vuole restare nell’euro, ma non so se questo permette di parlare di “coincidenza sospetta” con il capo dell’IFO.
    In effetti Halevi scrive che, secondo Varoufakis ” Mica devi uscire, nessuno ti obbliga ad uscire e loro non ti possono cacciare. Questo non lo capiscono coloro che parlano di ‘Grexit’, e nemmeno i Tedeschi che dicono: ah allora te ne vai. Nessuno può cacciare la Grecia, nessuno può cacciare nessun paese dalla zona euro. Quindi Yanis dice: va bene, se loro non vogliono accettare dei compromessi noi dichiariamo il default stando nella zona euro, vediamo un po’ che succede”.
    Prima la politica, quindi. Viva!
    Bagnai, è vero, ha scritto spesso che forse sarà la Germania a uscire dall’euro per prima, lasciando gli stati deboli legati in un “euro del sud”, con i danni del caso già da lui illustrati ad abundantiam.
    Ma perché preme perché sia l’Italia a uscire quanto prima dall’euro? Insomma la “coincidenza sospetta” non mi persuade molto.

    Su Megachip c’è un articolo di F.M.Toscano su Draghi massone: curioso!
    Toscano è legato a Magaldi, nel suo libro, Massoni, si parla di Merkel e Putin nella stessa loggia, dei collegamenti di questa loggia con quelle conservatrici americane che sostengono la candidatura di Jeb Bush alle prossime elezioni, e perfino di Al Baghdadi collegato (come fu Bin Laden) alle stesse logge, nel progetto di creare disordine mondiale per favorire una governance autoritaria e militare.
    Ah, l’analisi del reale!
    Buono, neanche io voglio arrendermi allo scetticismo e al nichilismo, faccio solo fatica a capire qual è il (troppo) reale da analizzare. (Perdona l’amara ironia, però…)

  14. @ rò

    «é nel merito delle cose da me dette fin dal primo intervento rivolto a Cristiana, non personalizzando, che non ho sentito un argomento che, senza pro o contro bipolare, ne scandagliasse almeno uno dei miei» (rò)

    Cara rò,
    sta bene: mi sono riletto tutti gli interventi di questo post e ti rispondo in modo analitico.

    Tu hai sostenuto che:

    1. Viviamo in Stati che sono colonie degli USA e, pare d’intendere, ne siamo complici:
    «rendere “protagonista” uno Stato dentro un più ampio insieme di stati, ridotti a COLONIE dei veri e propri Uniti d’America, è fare paro paro il gioco di chi vuole stare ben nascosto e ben tutelato da tutta una serie di frottole, inganni, stratagemmi e propagande che vedrebbero la mitica “europa” liberata e libera di autodeterminarsi, compresa la moneta fino alla contrattualizzazione dei debiti delle (sub ed ex) nazioni…».

    2. La Germania ha un ruolo chiave in Europa:
    « nessuno toglie che la Germania ha sempre avuto un ruolo chiave, in un modo allora per il nuovo impero (con i prestiti alla Germania nazista) e in un altro adesso sempre con quello, sempre quello, ormai datato di quasi un secolo, chiamato Stati uniti d’America».

    3. L’Europa, (a causa dei suoi governi del tutto succubi), è oggetto privilegiato della strategia aggressiva statunitense:
    «se io sono l’impero, considererò “CENTRALE” a tante strategie (militari, economiche, culturali etc etc) quella terra di mezzo fra me e l’est da me, che è l’EUROPA»;

    4. La “balcanizzazione” dell’Europa serve ad attaccare la Russia (di Putin):
    « più li balcanizzo [«i miei servi», gli Stati dell’Europa], più arrivo al cuore del mio est, quindi mi papperò pezzo a pezzo, tutto ciò che sta fra me e “la russia” arrivando al trampolino di lancio piu immediato , dopo la serbia o la romania, in ucraina».

    5. La democrazia è maschera ingannevole che nasconde alleanze e atti politici inaccettabili e dannosi:
    « farò in modo che per analoga storia, utile al mio potere e alle mie casse, tutta la grecia sia assaltata dal mio FMI, ma il cattivone sia sempre il teddesco crucco di Germania? Of course». Che però tutti (tranne pochi “illuminati”?) sopportano, essendo – diciamo così – ingenui e creduloni:
    «perché adesso ho un’immagine da perfetto democratico e quei boccaloni degli abitanti del pianeta non potranno mai pensare che nel duemila e rotti dopo cristo, li prendo per il culo alleandomi con i nazisti di Ucraina».

    È bene dire che questa tua visione semplifica un’analisi ben più articolata e ragionata che si legge negli scritti di G. La Grassa e in vari interventi del sito Conflitti e Strategie.
    Negli scritti di La Grassa (specie in quelli teorici, meno in quelli di polemica spicciola) trovo ottimi spunti di riflessione, tant’è vero che ho pubblicato un post sul suo libro in uscita, «Navigare a vista». Eppure mantengo dubbi e riserve sia verso la sua ipotesi di recupero della sovranità nazionale in funzione anti-USA sia verso la sua lettura critica della storia del marxismo. Questa sua visione, scientifica e oggettivizzante com’è, a me pare riduca quella storia alla sola sua “corrente fredda”, amputandone o espellendone quella “calda” e finendo, al momento della indispensabile proposta sul che fare, in un privilegiamento assoluto del ruolo delle élite. Nei tuoi commenti, però, questi spunti inclinano troppo verso una visione che a me pare – lo ripeto e non è un’offesa ! – nichilista.

    Quando, comunque, hai espresso la tua posizione nel primo commento, almeno io e Cristiana Fischer ti abbiamo risposto. Non forse come ti aspettavi, ma – io coi miei modi e lei coi suoi – l’abbiamo fatto.
    Fischer, infatti, ha tentato di farti notare che almeno «Bellofiore immaginava soluzioni politiche». Non le vedeva, cioè, nel tuo intervento. E si chiedeva:« oggi, in questa situazione, quali soluzioni politiche sono possibili? quelle “sociali dal basso” a cui non crede Bellofiore? quali altre da quale bassofondo? sapere con chiarezza come sta la situazione sposta qualche forza?».
    Tu hai immediatamente ribadito: «sul piano del “fare”, credo che nulla sia possibile dal basso». Squalifichi qualsiasi tentativo si faccia o si possa fare a partire da questa condizione (che è poi – cosa non trascurabile – la “nostra”.
    E, infatti, hai scritto con tono quasi beffardo: « a meno che si creda alle panzane dei vari che lo manovrano [il basso] , anche facendogli credere che, dal voto in un modo e in un mondo che non c’è più, da internet in un altro e un altro ancora, come le fantomatiche rivoluzioni arabe, tu possa “occupare” qualcosa, da wall street a maidan etc etc». Anzi hai anche ribadito (e qui riconosco la coincidenza con il pensiero di La Grassa): la politica la fanno le élite («Le cose che riguardano i destini dei sudditi, da ovest a est, a sud o nord, sono state mosse sempre dall’alto e così è e amen»).
    Da quest’ottica non ha alcun senso indagare da vicino tutte quelle forme, diciamo pure di ambiguissima resistenza che si sono manifestate in Grecia e nei sommovimenti (repressi) in Tunisia e in Egitto.
    Insomma nessun’alternativa è possibile “dal basso”. Vane, dunque, sono tutte le forme di resistenza o di rivolta. Anche perché – lo dici tu stessa – forza non ne abbiamo («se parliamo di “forza”…pertanto, esclusa quella militare, con cui ti fanno secco, con o senza propagande sul terrore da stadio o da allah, da parigi a copenaghen passando per roma»).
    E allora che cosa resta?
    In sostanza il non illudersi mai, il non bere quello che ci vogliono far bere (ricordi gli apoti di Prezzolini?), il chiamarsi fuori. Una sorta di secessione interiore o morale; e, credo (perché anche tu campi col tuo lavoro, se non sbaglio) un’obbedienza formale nella vita quotidiana compensata (in parte) con il mugugno fra amici o sul Web. E spesso soprattutto contro chi si agita o vorrebbe protestare, perché tutti sarebbero indistintamente “falsi profeti” e strumentalizzatori di proteste che nascono in una condizione che non si può mutare.
    Infatti, scrivi: «l’unica forza che abbiamo, una volta aperti gli occhi e continuati a tenere sbarrati, è non spostare la stessa verso le braccia a mille e più tentacoli delle false sirene di questa o quella libertà, di questo o quell’euro sì o euro no, di questo o quel basso, di questo o quell’intervento “umanitario”, di questa o quella rivoluzione a decrescita felice e così via cantando».

    Anche quando Fischer ha notato che « in Italia solo la destra ha preso in mano questa bandiera [= l’uscita dall’euro] e questo fa problema», hai con una domanda retorica e sempre un po’ beffarda («dopo tutto ciò che si é atrocemente mascherato sotto il nome e le bandiere di destra, sinistra, loro centri e case madri, pensi ancora di metterti dalla parte del signorino Pensiero, ragionando con questo paradigma?») che il problema da lei posto è del tutto irrilevante o inesistente. Per concludere che noi – noi chi? questo non è chiaro – «siamo [non] solo fritti o lessi da chi dispone delle nostre vite», ma anche da chiunque si sforzi ancora di pensare. Dagli intellettuali direi io, semplificando e ricavando tale termine dalle tue troppo insistenti metafore («ma da tutti coloro che pur conoscendo accademicamente la vita e le opere di questo o quell’ Orwell o Dick, e pur dicendo per ogni contingente un loro risvolto, non sanno più dare vivere elaborare riordinare praticamente questi giorni, questi nostri menzogne Spa o 1984»). E che, dunque: «la caverna [= la barbarie] ha vinto, e kubrick muore in giardino, é stato già scritto e detto e insegnato tutto».

    Ora dimmi tu (o mi dica Annamaria Locatelli…) se il termine ‘nichilismo’ da me usato in risposta ai tuoi interventi non sia appropriato. Mi accusi di non averti risposto. Invece l’ho fatto, rifiutando appunto questo tuo nichilismo. Ti pare offensiva la mia definizione? Ma vedi che tu non accogli neppure il semplice tentativo di vedere se la situazione non sia così catastrofica come sembra a te; e se, come ancora scrive Fischer, si possa rimediare almeno alla «difficoltà di leggere i tratti portanti di quello che sta avvenendo».
    Per te questa difficoltà sembra non esistere, perché unica e assodata è la verità e perché tu sola chiameresti «le cose come la ragione impone». Ma sei sicura che sia ragione la spinta che ti porta a dire: ««la caverna ha vinto, e kubrick muore in giardino, é stato già scritto e detto e insegnato tutto»?

    Viviamo in tempi tristissimi e orrendi, ma di fronte alla divaricazione che c’è stata tra la corrente calda del marxismo e quella fredda insisto a pensare che, invece di ossificarsi in una di esse, si debba progettare una ricomposizione di entrambe. Ma a partire da ciò che riusciamo a intendere di questo caos storico.

  15. Pubblico il commento di un amico conosciuto su FB al quale ho chiesto un parere su questo post:

    Mi chiedi un commento sulla Grecia partendo dall’intervista a Riccardo Bellofiore.
    Cosa posso dirti? Un’intervista difficilmente esaurisce il problema e del resto, questo della Grecia è particolarmente complesso. L’intervista di per sè contiene tutta la gamma delle considerazioni che si possono fare sull’argomento: alcune superflue, altre logiche, altre ancora, a mio avviso, irrazionali, e utopistiche.
    E’ superfluo ricordare che dei debiti greci hanno beneficiato Stati o banche francesi e tedesche: in campo internazionale ciascuno segue il proprio interesse. Purtroppo? Sarà, ma è così! E la colpa è di chi subisce e si adegua. In campo internazionale non esiste il “bon ton” ma solo rapporti di forza. . E’ logica la considerazione che la Grecia non si salva da sola, ma la possibilità che possa ricorrere in via normale alla “beneficenza” internazionale, è utopistica, a meno che non si creino le condizioni “politiche” per un piano Marshall a fondo perduto. Ma qui c’è il timore che poi altri paesi, tra cui l’Italia, possa ricorrervi.

    Cosa intende Bellofiore per “New Deal” di sinistra fondato sulla socializzazione dell’economia? C’è un esplicito riferimento al libro di Minsky su come combattere la povertà, ma Minsky parla in particolare del problema americano, non di un paese ai limiti della bancarotta. In cosa consisterebbe la “socializzazione dell’economia” in Grecia? In quali settori investirebbe lo Stato? Dove troverebbe i finanziamenti? A quali tassi di interesse? A chi venderebbe?
    Purtroppo non vedo, personalmente, vie d’uscita. La soluzione corretta sarebbe quella di realizzare un’Europa realmente unita con trasferimenti adeguati verso i paesi che “strutturalmente”, non sono in grado di sostenersi a livelli dignitosi nell’ambito della “Comunità” allargata. Questa strada è stata vincente negli USA ad es. per risolvere il problema degli Appalacchi o dell’Alabama, ma, in Europa, al momento è pura utopia. Uscendo dall’Euro la Grecia ritornerebbe ad una situazione economica di sopravvivenza e la povertà non sarebbe eliminata, anzi! Però, per assurdo, tornando alla civiltà della bicicletta potrebbero esserci meno squilibri. (Del resto il mondo si sta avviando verso questa soluzione: da una parte l’alta tecnologia e dall’altra la bicicletta).
    La via “politica” perseguibile dalla Grecia, potrebbe essere quella di cercare di far valere una sua posizione geopolitica nell’ambito del Mediterraneo ma con la crisi russa questa soluzione le è in gran parte preclusa. Sai cosa vedo? La Grecia potrebbe ricevere finanziamenti Usa sostituendo o affiancando la Turchia (che manifesta incertezze) quale base preferenziale per le basi Nato. Tsipras ha manifestato l’intenzione di eliminare le basi straniere, ma non potrebbe essere questa l’arma? Vedremo.
    Insomma il problema Grecia non è facilmente risolvibile e non viene certo risolto con i recenti provvedimenti. Purtroppo dobbiamo pure dire che non esiste un metodo, una prassi, un percorso che possa condurre ad una soluzione tranquilla. Infine, diciamolo, gli USA preferiscono certamente un’Europa divisa ma non è colpa degli USA se la divisione permane.

  16. @ Ennio

    finalmente un commento di qualcuno che guarda i fatti con sano pragmatismo !

    ottima l’intuizione circa la possibilità che la Grecia sostituisca la Turchia per l’America, inolt re potrebbe essere la carta vincente per Tzipras la minaccia di rivolgersi alla Russia per risanare la situazione economica del Paese, ma di certo il programma ” sociale ” del partito che ha vinto le elezioni, sta già andando a farsi benedire.
    alla fine, come sostengo sempre io, il capitale ha sempre la meglio e la vince su tutto, inutile iludersi.

    Grazie

    1. @ Paraboschi

      Certamente passare dai fumi dell’ideologia al sano (?) pragmatismo fa un bell’effetto. Ma se la conclusione è che “il capitale ha sempre la meglio e la vince su tutto”, bisognerà riconoscere anche che questa è proprio la posizione nichilista: applaude il Cancro vincitore e sbeffeggia i tentativi dei medici ( buoni o cattivi) per estirparlo. Prosit.

  17. @ Ennio

    scusami se torno sulla tua risposta, ma io non applaudo al “Cancro vincitore ” come tu lo chiami, io constato un dato di fatto oggettivo e non credo alla massoneria, al Bildeberg alle congiure dei ” poteri forti ” alle conferenza segrete di Davos o a tutte le baggianate varie alle quali i cosidetti ” medici “” alla Tzipras & Co come tu li chiami fanno appello per curare il Cancro.
    Però, con gli anni sono addivenuto a questa rassegnata conclusione : le esperienze di fottere ( pardon ) il capitale non mi sembra abbiano prodotto altro risultato che la Corea del Nord e Cuba, non dei veri e propri esempi di società giusta, e quindi poichè sono convinto che neppure al Capitale convenga a lungo una “società in bicicletta ed una ad alta tecnologia” come accenna il tuo intelligente interlocutre di F.B.( visto che mi sembra controproducente anche per i Capitalisti produrre beni se poi dietro c’è un’economia che non li consuma per mancanza di reddito ), e poichè credo che nel nostro mondo nessuno, neppure i migliori Medici sarebbero felici di rinunciare a quel poco o tanto benessere che il Capitale lascia parzialmente godere anche ad essi, sono altresi convinto che lo sblocco di questa stasi avverrà prima o poi e tutto resterà “tel quel”.
    Ricorderai anche tu le tricoteuses che sferruzzavano ai piedi della ghigliottina, convinte che il mondo dopo quelle decapitazioni sarebbe cambiato, e tu sai meglio di me cosa è successo dopo.
    Sì, lo ammetto, ho creduto nella socialdemocrazia e ci credo ancora ( oltre che nelle poesie d’amore ….))) ……però se scritte bene.
    E’ sempre un piacere incontrarsi e scontrarsi con un interlocutore al tuo livello.
    perciò, accetto il tuo ” prosit ” come augurio per un mondo a venire che sarà di certo meno ingiusto di quello di adesso, ma al sol dell’avvenire io non credo più da tempo.
    Un caro saluto

    1. Al mio paese dicono: ” I sciuri a gan semper ul curtel dala part del manich”
      (I ricchi hanno sempre il coltello dalla parte del manico)…
      Non spesso ma qualcuno qualche volta è riuscito a girarlo, ma ci vuole oltre che intelligenza , molta furbizia e spesso chi è molto intelligente è scarsamente furbo- e comunque nell’azione ci si ferisce e fermare il sangue non è facile.

  18. @ Luigi (Paraboschi)

    È proprio la «rassegnata conclusione» che è nichilista. Le lotte anticapitaliste di un secolo e più sono fallite, ma non sono certo riducibili – se la storia non viene letta solo in superficie – agli aborti della Corea del Nord e di Cuba.
    La storia del Novecento richiede letture nuove, approfondite e fuori dagli schemi, studi. (Vedi come minimo, ad es., il libro di Rita Di Leo, «L’esperimento profano». Cfr qui: http://www.marx21.it/storia-teoria-e-scienza/storia/1570-urss-il-continente-scomparso.html# e qui: http://www.cespi-ong.org/wp-content/uploads/2013/01/di-leo-recensione-carpinelli.pdf).
    Che ce ne facciamo delle battute liquidatorie? Non siamo al bar.
    E poi dobbiamo sapere che non conta molto cosa noi singolarmente e reattivamente crediamo, supponiamo o sentiamo. Se non sapremo misurare le nostre credenze e supposizioni e i nostri sentimenti con i dati della realtà che è possibile acquisire soltanto attraverso la fatica dell’analisi scientifica o storica ( la poesia d’oggi non la metto perché poche volte sta addosso alla realtà), diverremo vecchietti inaciditi e nostalgici: chi della socialdemocrazia, chi del comunismo, chi del cristianesimo.

    @ Emilia (Banfi)

    Il problema è che il sapere ricavabile dal tuo paese è del tutto inadeguato a capire cosa succede oggi nel mondo. E il guaio è che stiamo dentro le bufere del mondo. E non si ragiona coi proverbi del nostro paese che in fin dei conti esaltano solo la rassegnazione. E il dialetto non la rende più bella.
    Altri sono i linguaggi coi quali dobbiamo misurarci. Ad esempio questo che pone le cose in altro modo:
    “Il tempo del capi­tale è infatti il tempo della ripe­ti­zione osses­siva e demo­niaca, che ripro­pone nel pre­sente, senza novità e dif­fe­renze, il pas­sato. È il tempo che spe­gne l’irrompere e l’accendersi dell’emozionale, del nuovo, del vitale, per­ché nella sua logica elea­tica d’insistenza sul sem­pre eguale, del pro­fitto e della sua osses­sione quan­ti­ta­tiva, l’eracliteo è solo appa­renza, il domani eguale all’oggi e l’oggi eguale allo ieri. È il tempo, in que­sta ripe­ti­zione dell’identico, della for­clu­sione delle emo­zioni, dell’impossibilità cioè del forte sen­tire e della costri­zione appunto a una vita di super­fi­cie, senza pro­fon­dità emo­tiva. Si tratta allora per tutti coloro che resi­stono e s’oppongono a que­sta vita anaf­fet­tiva, ridotta alla ripro­du­zione mesta e melan­co­nica della pro­pria sog­get­ti­vità ammi­ni­strata da altri, di gene­rare insor­genze, brecce, sospen­sioni del dive­nire”.

  19. …Cose preziose

    Destini preconfezionati e ingessati
    per tutti i gusti
    confezioni-dono
    per anniversari e compleanni
    suppellettili e soprammobili
    di pregio
    tuta militare all’ultimo grido
    gessato per quadro manager
    lustrini abito mini per fanciulle cubo
    bulletto: dolcetto o scherzetto?
    cervelli fluttuanti- fiori senza stelo
    frutti rancidi
    dell’orto del nonno
    cave cave cave
    per cemento…
    Stagione di saldi
    affrettatevi

  20. Uno non vale uno

    Lascio talvolta qualche briciola di pane
    alla fame degli uccelli nel giardino
    per alleviare la vita ai pettirossi
    e ai passeri di grondaia, ma scopro
    con disappunto che le gazze e i colombacci
    la fanno da padroni e s’abbuffano
    alle spalle dei più piccoli e degli onesti,

    sbugiardando così quelli che ci raccontano
    che in democrazia un voto vale per un voto,
    e scordano i milioni di arroganti
    che facendo e disfacendo le sorti
    e i destini ignorano che il male è dentro noi.

    Ma se osservi la mela che cade a terra
    solo quando è ben matura sai che c’è una regola
    che ne determina il tonfo : il nostro
    tempo umano che muta, falcia e ci conduce
    dentro la trasformazione da frutto a concime,
    da uomo a spirito nel quale l’uno sarà unico

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