di Franco Nova
Da molto tempo ormai Frisco era alla finestra osservando il cielo terso, stellato, senza Luna che disturbasse con il suo ambiguo chiarore la vista di quella silenziosa fissità. Frisco in effetti pensò che una Luna piena fa intravedere, con molte ombre e inganni, il paesaggio terrestre rendendolo più accattivante e dolce nel suo parziale e fluido nascondersi; la sua luminosità incerta cela invece gran parte di quel poco che l’occhio umano è in grado di scorgere quando si alza verso il cielo. Dopo questa non proprio profonda riflessione, Frisco si accinse a chiudere la finestra per ridarsi ai triti riti della sera in una casa come tante altre. In quel momento si accese verso nord, nella zona della polare, una luminosissima stella filante. Come sempre, Frisco fece un soprassalto, gridò “eccola”, e non riuscì a pensare alcun desiderio. La stella filava e non cessava di filare, non si spegneva con il solito guizzo improvviso.
Frisco pensò che era strano, in genere non riesci a dire nulla più che “eccola”, la maligna non ti permette di pensare e formulare il tuo desiderio. Invece, adesso continuava a brillare, quasi provocasse: esprimiti infine o ingenuo mortale, ti sfido a farlo. Certo che Frisco ne aveva di desideri; non tantissimi, ma uno in particolare, che tutta la sera aveva imbrigliato il suo cervello. Tuttavia, non si decideva, netta era la sensazione che non appena avesse iniziato a pensarlo, la stella avrebbe smesso di filare; e il cielo sarebbe tornato immoto, almeno per quanto vede l’occhio umano. In fondo, meglio lasciare quell’unico bagliore durare il più a lungo possibile, era di uno splendore mai visto, uno spettacolo unico che non si sarebbe ripetuto nella sua vita monotona.
Tuttavia, la stella non smetteva di filare e si accresceva la spinta a formulare quell’unico desiderio. Era però necessario ingannare la stella, che sembrava vigile, pronta allo scherzo di spegnersi non appena Frisco avesse fatto apparire nel cervello la prima sillaba del suo pensiero. La stella filava, sorniona, e Frisco pensava lo stratagemma per confondere la stella, farla durare un momento in più del tempo necessario a formulare il desiderio. Bisognava fingere, farla abboccare da un lato, mentre avrebbe poi svoltato nell’altro. Credé di averlo trovato: dire ad alta voce che si apprestava a formulare il suo desiderio, la stella avrebbe sorriso ironica al suo ingenuo tentativo di farle credere che l’avrebbe espresso così rumorosamente, e avrebbe così continuato a filare con l’intento di provocarlo ancora.
E allora lui, con minima esitazione, un improvviso colpo di tosse che ritardava l’uscita della voce, avrebbe silenziosamente, solo dentro di sé, espresso il suo desiderio, accarezzato tutta la sera. Aveva appena finito di rimuginare quel “brillante” progetto ingannatore che la stella si spense senza nemmeno un ultimo bagliore; così, seccamente, lasciando tutto in un buio fatto ancora più buio dal lungo apparire di quel bagliore. Frisco rimase interdetto, ma poi sorrise comunque, malgrado la delusione. Si rese conto di quanto ingenuo fosse stato; ingannare un stella filante, che proviene da quegli spazi in cui le religioni ficcano i loro Dei, era stata proprio un’idea peregrina. Gli Dei sono un’invenzione, ma quelle zone remote sono pur sempre abitate da intelligenze sovrastanti. E la stella filante ne era la prova.
Frisco, sempre sorridendo, chiuse definitivamente la finestra e rientrò nella casa, ancora più piccola e disadorna, ancora più solita del solito. Non era certo soddisfatto, ma almeno aveva ricevuto una lezione, gli sarebbe servita a rendersi meglio conto della potenza dei misteri celesti – non certo capirli – e a non tentare di confrontarsi con essi; non era possibile vincerli, renderli consentanei ai propri desideri. Misero e ridicolo lo stratagemma che aveva creduto di poter escogitare. Si sentì piccolo; un po’ svuotato, svogliato, torpido, ma non scontento che la stella filante avesse dimostrato come il potere annidato in luoghi lontani e sconosciuti non si faccia ingannare da un povero frisco come lui. Chissà dov’era tornata e se raccontava ad altre che uno stupido mortale aveva tentato di aggirare la sua volontà di non accettare desideri.
A questo punto si fermò: già, è vero, aveva a lungo accarezzato un desiderio da esprimere. Si concentrò, ma non lo ricordava più; sapeva che era importante, decisivo, ma non se ne rammentava. Veramente stupidi noi mortali, pensò, ci manca la capacità di comprendere e, adesso, anche quella di rimemorare. Si guardò attorno e il disadorno della casa gli apparve triste e deprivante. Beh, almeno a questo la stella filante era servita; adesso comunque vedeva meglio dove viveva. Sempre con gli occhi di uno sciocco mortale, in fondo peggio di prima, ma almeno più consapevole della miseria in cui era immersa la sua vita quotidiana.
…molto bella questa fiaba di Franco Nova, mi sembra la versione astronomica di un’altra : “Il pescatore e il pesciolino d’oro” e dice molto sul’animo umano. Come a Frisco venga il pensiero giusto davanti alla magnifica sorpresa della stella filante “…meglio lasciare quell’unico bagliore durare il più a lungo possibile, era di uno splendore mai visto, uno spettacolo unico che non si sarebbe ripetuto nella sua vita monotona.”, ma poi voglia agganciare un suo desiderio, ricorrendo a una ingenua astuzia, non certo adeguata al mistero e alla bellezza di quell’incontro, così da perdere entrambi, stella e desiderio, e ritrovarsi più immiserito che mai…Che dire?Forse che non sappiamo ringraziare abbastanza di quello che la vita ci offre ed egoisticamente ci poniamo a tu per tu con la stella, che invece è di tutti…Grazie
nella mia pagina in facebook, l’ho presentata così:
“lo metto qui perché un qualsiasi lettore minimamente attento si accorge che si sta parlando di politica e di ideologia, di molte credenze del secolo scorso, in gran parte deluse; almeno quelle che erano veramente tese a rivoluzionare la società, invece degradata fino ad essere una vera stanza vuota e disadorna, pur se ricchissima di tutto ciò che piace agli ebeti. Frisco è un pover’uomo, ma non un ebete. Alla fine si scorda però qual era il desiderio accarezzato per tutta la sera; diciamo che molti lo hanno accarezzato per tutta o quasi la vita. ”
Però, è possibile leggerla in altre chiavi, come di solito avviene. Dipende anche dal contesto in cui è inserita.
…Franco Nova grazie per la spiegazione, che mi ha svelato i ruoli e il sottinteso politico e ideologico del racconto. Se però fosse ancora possibile considerarlo una fiaba che lascia aperta la possibilità di uno sviluppo diverso della nostra Storia, anche se collocato in un futuro lontano? In fondo noi viviamo un arco così breve di tempo… Frisco è rimasto affascinato dalla luminosa stella filante, una promessa di cambiamento della realtà che non sa cogliere, perché il suo stesso desiderio lo confonde di timori, non è ancora del tutto pronto, ma forse un giorno lui stesso, non più pover’uomo, riuscirà a convincerla ad entrare nella sua “stanza vuota e disadorna” e a inondarla di luce…
Il racconto mi ha anche richiamato un pensiero orientale sulla conoscenza, che non sarebbe basata sul dualismo soggetto oggetto, ma qualcosa di unitario…infatti la stella si accende quando lo sguardo di Frisco è trasparente e positivo, si spegne quando si fa inquinato…
ahi, ahi, temo che la mia lettura (di me stesso) abbia bloccato ogni commento di tipo filosofico-esistenziale. Comunque, ribadisco che le angolazioni di lettura di un qualsiasi scritto (non solo racconto o simile) sono sempre legate al vissuto di ognuno di noi. E dunque al momento particolare di questo “vissuto”, con le sue credenze e prese di posizione soggette a mutamenti.
“A questo punto si fermò: già, è vero, aveva a lungo accarezzato un desiderio da esprimere. Si concentrò, ma non lo ricordava più; sapeva che era importante, decisivo, ma non se ne rammentava. Veramente stupidi noi mortali, pensò, ci manca la capacità di comprendere e, adesso, anche quella di rimemorare”. ( Nova)
Tra la stella/dea e il Frisco/mortale io parteggio per il secondo. Non lo considero così stupido. Solo non gli perdonerei di aver dimenticato il suo desiderio lasciandosi distrarre dalla luminosissima stella filante. Conservandolo, coltivandolo, forse sarebbe stata addirittura la stella a invidiarlo un po’. Ma forse parlo così perché non mi hanno mai attirato le stelle.
a me piace molto il cielo stellato, ma in senso non metaforico. Da bambino (quando non c’era tutta la luminosità cittadina odierna) stavo sdraiato nell’erba rugiadosa del giardino e guardavo le stelle per almeno un’ora, con maree di lucciole tutt’intorno (all’epoca erano a sciami e sciami) e il canto ossessivo dei grilli. Una situazione estatica. Però mi sono subito comprato un libro di astronomia per ragazzi (di un certo Mentore Maggini) e mi sono studiato tutta la carta del cielo con le varie costellazioni e la scia della “via lattea” che seppi allora essere la galassia in cui siamo ficcati noi. Adesso ne so molto meno di allora e guardo troppo poco il cielo (sono anche un po’ metaforico in questo momento).