di Lorenzomonfreg
Colpisce in questi versi di un giovane poeta – tre flash su una Berlino amatodiata, vista da straniero che vi si aggira in veste di anonimo rimbaudiano fantasma – soprattutto il lessico convulso, rabbioso e a volte quasi sgraziato. Esso assorbe immagini e termini della vita consumistica di una grande metropoli e copre l’amarezza impotente di una memoria antagonista sconfitta. Che non trova pace né nel sesso né nel dileggio dei simboli del mercato e dei dominatori né nell’antico sogno anarchico di una città “liberata all’alba dai serpenti”. (E. A.]
Berlin nr.1
Il pezzo questo pezzaccio strano
Scioglie le colle postindustriali
Dalle nostre guance infedeli
Chiediamo agli sciamani violacei
Di curare le tue dita spezzate
Le tue spezzate dita berlinesi
Una truppa mangia lidl vola easy veste accaemme
Per il ballo di liquidazione del continente
La festa è sborrata è verniciata in Revaler
Più i corpi che si scopano di dosso il buio
Gli Ancheartisti, i Cervellinfuga e i Vostrifigli
Agitano palmi lisci e morbidi a condividere
Il mantenuto sostenuto evviva l’Innovazione
Mercato di immobili disoccupati
Così se la gioca il Parentariato disunito
Nell’umore grumoso del brodo coloniale
C’è una civiltà di servi appena riesplosa
Per depurare tutta Friedrichshain
Al bar dei tatuati si prega bigotti
Che i vecchi maestri siano ancora assassini
O che tutto sia oggi uno scherzo
Uno sbaglio prezioso rimasto nel tabacco
La voglia dei maremoti aumenta ogni crisi
Anche nell’acqua in ecstasy della Spree
Anche per i turisti fottuti ad Alexanderplatz
Anche nelle vene di chi odia per noia
Il sesso è solo per chi si spezza le mani
Il sesso è solo per chi ha paura ogni notte
È per te è per me che strappiamo via la gioia
Che la strappiamo via da questa cazzo di Storia
Berlin nr.2
Il lavavetri in Croce tra Warschauer e Karl Marx
Scomunicato incarcerato non protestante
Di Vostro Signore Sussidio
Il lavavetri insapona con microgranuli il parabrezza
Di un macchinario non stalinista cigolante
Carro di concentramento con marchio europeo
Sotto ai riflessi crepati dei palazzi ceramica
Con una parata dei più autorevoli criminali di pace
Il panzer sarà smantellato sezionato e bioriciclato
Verranno quindi estrapolati dei detonatori
Da sfruttare di giustezza per l’erosione dell’Est
Da brevettare liquidi per la necrosi dell’Ovest
Scompagna Merkel tu Intangibile
Mi ha raccontato un fisico prussiano finito male
Che dopo il telegiornale con il logo della felicità
Dopo quella felicità appesa all’Ottantanove
Lui si è messo subito a pulire telefoni
Come meglio lavoro nel cuore non più sezionato
Sì mi ha detto pulire telefoni
Non so che cosa volesse dire
Scompagna lo sappia lei con il suo calcolo
E con quello del suo Dio così efficiente
Nel pisciare in gola alle carcasse socialiste
Nello scongiurare tutte le gemme più insicure
Oltre Oberbaum hanno coperto scientifici il murale
Di un’Anarchia che fu concessa a gettone
L’hanno sopraffatto in una sola decisa nottata
Modello Tredici Agosto Sessantuno
L’hanno rivestito con un rapper che ammicca duro all’acquisto
Di giacche entusiaste con il cappuccio che brilla tech
Per non cascarci, per scippare, per vedere
Per nascere domani senza dirci cosa fare
Dobbiamo ora seguire la scia umida dell’Emme10
Dobbiamo ora braccarci fin dentro al secondo vagone
Il vagone con cui andiamo da te o da me
Berlin nr.3
Guardo gli Adulti che si stringono la carne a vicenda
Ricamati a quattro euro e novantanove
La commessa mi impacchetta gli occhi sexy
Ma io non so come indossarli
Frankfurter Allee e tutti ti comprano
Per candidarti tu sposa bambina
Al campionissimo Chief Executive Officer
Gli umani si sfracellano contro il neon
È la pazzia caramellata è la fine ovunque
Oppure no oppure no
È la gioia è la gioia dappertutto
Gioia che infanga ogni occhio o ferita o carezza
Ogni pezzo d’atomo ancora invenduto
Da fare noi un falò delle nostre stesse casse
Toraciche di scelgo e di voglio e di spero
Noi stanare un cielo così certo così sbirro
E questo gelo che non vuole passare al nemico
Dico scannarci di luci dico scannarci di sole
Dico lasciare tutti i negozi a ronzare gialli
Dico lasciarli senza sosta dico lasciarli vivi
Dico lasciare un deserto di elettrodi e progetti
Dico lasciare tutto divelto e reietto e pronto a sbocciare
Dico l’amore dico l’amore
Dico scatenare tutti e chi sta così male
Dico chi sta messo a feto e chi trema
Mentre bacia la figa della morte
Dico che strano pezzaccio dico che strano
Dico ecco la scelta che assalta la Città
Dico la Città sarà liberata all’alba dai serpenti
Dico attenzione dico attenzione
Berlino è invasa è scopata d’amore
La mordono le vipere dei sogni di tutti
(di Lorenzomonfreg)
Nota
Sono nato nel 1982 a Firenze. Sono cresciuto prima in Germania e poi in Liguria. Mi sono laureato in Storia Contemporanea a Genova. Ho lavorato per cinque anni a Berlino, come manager nelle strategie dei contenuti web.
Nel 2014 ho pubblicato l’e-book di poesia digitale “La Lingua Bastarda”(GoWare). Dal 2015 ho scelto di lavorare come content specialist freelance. Scrivo sul mio blog lorenzomonfreg.com
“a volte quasi sgraziato” sì, ma un lessico che volendo si può rabberciare; di sicuro da non rendere più bello, che sarebbe un delitto. Per me bene benissimo, queste poesie: mi sono piaciute molto perché Lorenzo riesce a mantenersi imprevedibile, anche nella denuncia al consumismo, che pure maneggia con destrezza e famigliarità. Nè mancano invenzioni
“Noi stanare un cielo così certo così sbirro”
“È per te è per me che strappiamo via la gioia
Che la strappiamo via da questa cazzo di Storia”
Anche questo ho notato
“… un rapper che ammicca duro all’acquisto
Di giacche entusiaste con il cappuccio che brilla tech”
perché magari fuori dall’ambiente non si sa ma non sono pochi ad aver capito che si può fare molta grana facendo i migliori della classe. Gli altri si sa, si mantengono puri nel furore.
…una poesia davvero esplosiva: “…Da fare noi un falò delle nostre stesse casse/Toraciche di scelgo e di voglio e di spero/Noi stanare un cielo così certo così sbirro /E questo gelo che non vuole passare al nemico…”, dove si dibatte la vitalità cinica e gioiosa di un giovane consapevolissimo alle prese con una città-calamita, come Berlino: lì sono confluiti gli orrori di un recente passato, l’illusione di un cuore spezzato che ritrova la sua unità, sino al più recente “…umore brumoso del brodo coloniale..”, in cui confluiscono servi sottomessi e speranzosi di condividere quel pieno luccicante di vuoti…In ognuna delle tre poesie, mi sembra di vedere uno slancio di fuga da parte del poeta: nella prima è impersonato, credo, da una coppia di amanti alla ricerca di un loro spazio d’amore, nella seconda, da un lavavetri e da “un fisico prussiano finito male”, che si escludono da ogni gioco di adattamento o di potere, nella terza si ripone la speranza nella serpeggiante anarchia…
Bella questa solita rabbia giovanile , ma in questo caso il Poeta che sa sezionare, scomporre, districare , denunciare senza cadere nel monotono. Dare spazio alla gioia infine, resta sempre la più grande meta. Quanto sei bravo! Grazie Ennio.
Grazie per i vostri pensieri. Sono incontri preziosi.
Lorenzo
Mi sento di dirti , che l’incontro con i giovani è sempre prezioso direi preziosissimo.