di Franco Nova
Nel Bosco di Sotto vivevano dieci fratelli, dieci atomi di idrogeno. Erano i primi della serie (atomica), gagliardi, cuor contento, compagnoni. Simpatizzavano con tutti, e tutti, o quasi, simpatizzavano con loro. Solo alcuni astiosi e biliosi atomi di plutonio e di stronzio (questi ultimi, dei veri “pezzi di m…”), del resto molto rari, erano invidiosi del loro carattere estroverso. L’eccezione non turbava minimamente i dieci fratelli, che conducevano una vita in piena armonia fra loro e con gli altri. Facevano lunghe passeggiate nel loro bosco e anche in quello di Mezzo e in quello di Sopra, incontravano amici, in specie gli azoto e i carbonio, e andavano spesso all’osteria a fare delle belle bevute; si accoppiavano talvolta ad atomi gentili e femminei – ad esempio i sodio e i potassio, raramente i più volgari e duri calcio – ed erano tranquilli, pur se non del tutto contenti. Qualche problema c’era e, malgrado fossero sempre insieme, più di una volta il senso di solitudine li assaliva. Inoltre, la vita passava, e ciò destava in loro un vago senso di insoddisfazione perché, in fondo, non assaporavano mai una pienezza di sentimenti e di trasporto.
Un giorno, uno di loro, staccatosi momentaneamente dai fratelli, intravide nel Bosco di Sopra un atomo assai particolare, mai visto prima; ci fece, tuttavia, poco caso. Lo disse comunque ai fratelli; e, quanto meno per curiosità, essi si informarono sul nuovo venuto. Seppero così che esso era, in realtà, una “lei” e aveva una sorella. Le due, senz’altro delle belle atome, si chiamavano ossigeno; abitavano nel bosco da tempo, ma per i casi strani della vita – e forse perché il Bosco di Sopra era il meno battuto dai fratelli idrogeno – non erano mai state incontrate prima da questi ultimi. Un giorno, infine, i dieci fratelli idrogeno conobbero le due sorelle ossigeno; il primo impatto non fu eclatante, anche se rimase confermata la singolarità delle sorelle, indubbiamente un po’ diverse dai normali abitanti dei tre boschi.
Giorno dopo giorno, questi incontri si ripeterono e, pian piano, nell’animo dei fratelli idrogeno, chi più chi meno, si fece strada uno strano sentimento. Avvertirono sempre più acutamente la loro solitudine, malgrado continuassero a stare insieme e si incontrassero spesso con i loro antichi compagni (gli azoto, i carbonio, ecc.). Essi si rendevano conto che le sorelle ossigeno possedevano qualità ben più notevoli delle loro altre conoscenze. La grazia delle due sorelle era inoltre indubbia, vi era qualcosa nel loro comportamento, nel loro animo come nell’aspetto esteriore, da cui risultava evidente la loro differenza rispetto ad ogni altro atomo incontrato fino ad allora dagli idrogeno, una differenza che fece sorgere in essi il sentimento profondo di una grave incompletezza in mancanza di un contatto meno esteriore con le ossigeno. Alla fine, non resistettero e chiesero ad esse di potersi loro accompagnare per sempre. Era una decisione grave, presa dopo tanti anni di vita spensierata e superficiale, una decisione tuttavia ormai ineludibile.
Le sorelle rimasero un po’ perplesse. I dieci idrogeno erano per esse del tutto intercambiabili, nessuno in particolare le colpiva. D’altronde, pensare di poterli sopportare tutti insieme, essendo solo due, le turbava profondamente; esse anzi rifiutarono fin da subito una simile prospettiva. Proprio compiendo il massimo degli sforzi, decisero che ognuna poteva tutt’al più legarsi a due fratelli idrogeno. Lo dissero apertamente ai dieci e, non nutrendo speciali preferenze, scelsero in piena autonomia, e a loro insindacabile giudizio, quattro di essi, escludendo recisamente la possibilità di continuare a vedere gli altri, onde evitare ogni discussione e malumore. I quattro fortunati saltarono dalla gioia, dimenticarono anni e anni di intima fratellanza e seguirono le due sorelle pur consci della rottura che si produceva con il loro passato; la coscienza rimordeva loro un po’, ma ci passarono sopra e la misero infine a tacere. Le due accoppiate (attripplate) di due fratelli idrogeno ed una sorella ossigeno decisero di cambiare nome, di chiamarsi acqua, e di ritirarsi in alcuni graziosi alvei che solcavano il terreno del Bosco di Sopra. I maligni atomi di plutonio e stronzio (sempre più “pezzi di m…”), costantemente invidiosi della passata gioiosità e socievolezza dei fratelli idrogeno, si diedero da fare per favorire vieppiù la separazione tra i quattro fortunati e gli altri. Vennero assoldati anche degli atomi di piombo, robuste e pesanti guardie del corpo, per impedire ai sei fratelli rimasti “a secco” di mettere piede nel Bosco di Sopra.
Apriti cielo! I sei esclusi non potevano darsi pace. Un malevolo sentimento di rancore, che tese poi a divenire quasi odio, si insinuò nel loro animo; sia nei confronti dei loro stessi fratelli fortunati, sia, e decisamente di più, nei confronti delle due sorelle, considerate le vere responsabili delle loro sfortune e del loro dolore. La situazione si incancrenì. I sei fratelli divennero acidi, litigiosi; la loro compagnia non era ormai più un piacere per nessuno, sia nel Bosco di Sotto che in quello di Mezzo, mentre in quello di Sopra il loro accesso, come già detto, era proibito. Tentarono comunque di penetrarvi, non si sa se per ripristinare qualche contatto con i fratelli o invece per nuocere loro e alle loro compagne; si scontrarono sempre con l’inflessibile vigilanza degli atomi di piombo, duri, rozzi, impenetrabili ad ogni ragionamento e ad ogni pietà.
Un giorno, in preda ad un’ira tremenda, uno dei sei fratelli litigò aspramente con uno stronzio, e subitamente lo annientò. Nessuno, in realtà, se ne dolse, tanto poca era la stima di cui godevano gli stronzii nella comunità atomica dei due Boschi di Sotto e di Mezzo; tuttavia, si fu costretti a perseguire l’atomicida per una pura questione di legalità. Fu messa anche una taglia su di lui, e si stette sempre alle calcagna degli altri cinque fratelli nella speranza che essi conducessero al ricercato. Il risultato fu che, infine, i sei fratelli idrogeno si ricongiunsero e, amareggiati e ormai privi di speranze e prospettive per il futuro, divennero dei fuorilegge. Da allora, la comunità atomica dei Boschi di Sotto e di Mezzo fu messa sottosopra, anche perché essa, sempre pacifica e attraversata al massimo da pettegolezzi e malignità, non era attrezzata a mantenere il cosiddetto ordine pubblico. I sei idrogeni annientarono un bel po’ di atomi; purtroppo non solo gli stronzii ma anche i più gentili azoti, carbonii, fosfori, ecc. Essi riuscirono a penetrare qualche volta perfino nel Bosco di Sopra, a distruggere alcuni atomi di piombo, ma non riuscirono mai a giungere agli alvei dove trascorrevano la loro vita le due coppie (anzi triple) denominatesi acqua.
Passarono alcuni anni, in cui la situazione andò progressivamente deteriorandosi. Nessuno osava più uscire tranquillamente di casa. Tuttavia, anche i sei fratelli idrogeno erano in difficoltà; braccati, ormai isolati e rabbiosi, infelici e disperati. Infine, in preda a vero delirio e volontà distruttiva, quattro di essi si misero intorno alla cintura una gran quantità di candelotti esplosivi, si avvinghiarono strettamente fra loro e, al selvaggio grido di “Elio!”, si buttarono in un piccolo burrone al confine tra Bosco di Mezzo e Bosco di Sopra. L’esplosione fu enorme e distrusse parte dei due boschi, nei quali si sviluppò inoltre un devastante incendio che fece la sua parte. Anche alcuni degli alvei esistenti nel Bosco di Sopra furono pesantemente danneggiati dall’evento, ma le cronache dell’epoca non sono in grado di riferire se si trattasse di quelli in cui scorrevano le due coppie (triple) dette acqua, formate cioè dai quattro fratelli idrogeno fortunati e dalle due sorelle ossigeno. Delle due triple non si è più saputo nulla da allora; anzi, a dir la verità, le loro tracce si persero praticamente ancor prima, quando esse si ritirarono, all’apparenza felici, negli alvei del Bosco di Sopra, iperprotette dalle guardie del corpo, veri soldatini di piombo.
Le uniche, sporadiche, notizie che ancora pervengono sono quelle relative ai due fratelli idrogeno che non seguirono gli altri quattro nella loro disperata, ed “esplosiva”, iniziativa. Essi, soli e ormai indeboliti da tante vicissitudini, hanno smesso le loro scorribande e i loro delitti. Di fatto, sono stati perdonati dalla comunità atomica, ma perché ormai istupiditi, torpidi, innocui. Continuano a sedere ai piedi di qualche tronco marcio nel Bosco di Sotto, chiedendo l’elemosina persino agli atomi di stronzio, con grave lesione della loro dignità, ormai buttata alle ortiche. Sembra che essi mormorino frasi sconnesse, senza più senso alcuno. C’è chi sostiene di aver captato talvolta un suono che sembrava assomigliare alla parola “ossigeno”; i più però affermano, convinti, che essi sono ormai così svaniti da non ricordare più né i fratelli fortunati né le un tempo concupite sorelle ossigeno.
Difficile trarre la morale da questa triste vicenda. Chi sono i più colpevoli? Le sorelle ossigeno, che scelsero senza tanto sentimento in base alla sola volontà di affermare l’assolutezza e l’indiscutibilità della loro decisione? O i sei fratelli idrogeno esclusi che si lasciarono andare alla delusione irrazionale e al rancore distruttivo? Forse i meno innocenti sono i quattro fratelli idrogeno prescelti, che non intesero altro che il loro piacere, senza valutare quali eventi disastrosi potessero originarsi dalla loro accettazione dell’immotivata scelta delle due sorelle. E’ però lecito chiedere a qualcuno di non seguire il proprio contento, ciò che lo può rendere felice? La sentenza è un po’ troppo ardua, in effetti; la emetta chi se ne sente in grado.
”Forse i meno innocenti sono i quattro fratelli idrogeno prescelti, che non intesero altro che il loro piacere, senza valutare quali eventi disastrosi potessero originarsi dalla loro accettazione dell’immotivata scelta delle due sorelle”, scrive Nova nelle conclusioni.
No, non sono i quattro della fusione nucleare, che pure hanno dato origine al sole (“e le altre stelle”), quindi sono responsabili, diciamo così, universali, di tutto ciò che è.
No, sono i quattro che si sono uniti alle due (doppie) sorelle, e hanno dato origine all’acqua, “multo utile et humile et pretiosa et casta” (Cantico delle creature), e quindi alla vita, tra cui quella umana (e alla bomba a idrogeno).
Un’altra cosa che mi ha colpita, oltre a questo pessimismo ultraleopardiano, è però la sessuazione degli elementi. L’idrogeno è maschio, è singolo. E’ anche amareggiato, acido, rancoroso, rabbioso infelice e disperato, alla fine istupidito, torpido e perfino innocuo. Altri elementi maschili non se la passano meglio, maligni, invidiosi, ecc.
Le sorelle ossigeno invece sono due tra loro e due in se stesse. Quanto della sessuazione è nostra proiezione? Anche sodio e potassio sono “gentili e femminei”: forse perchè sono metalli teneri duttili malleabili e hanno un’elevata reattività?
(E però, sono tutti nomi maschili! Poco male, siamo ancora abituate a sentire del “marito del giudice Mariolina XY”, o che “il ministro Z ha partorito”.)
be’ non riuscivo a trovare atomi con nome femminile. Ho attribuito la sessuazione abbastanza a caso, salvo che per gli stronzii (che possono essere maschi e femmine) e per l’ossigeno, perché è quello che serve al respiro di tutti gli esseri viventi (mi sembra almeno; in ogni caso la quasi totalità sicuramente). Quanto alle colpe non le ho attribuite pensando ai composti cui gli atomi davano vita (solo nel caso di 4 idrogeni e due ossigeni); semplicemente dove poteva trovarsi la responsabilità maggiore. In chi ha deciso, quasi gettando i dadi, quelli con cui accoppiarsi; in chi ha provato profondo rancore per essere escluso (sintomo di ambizione un po’ elevata) o in chi ha dimenticato ogni fratellanza, ogni responsabilità verso coloro con cui aveva passato tutta l’infanzia, adolescenza e gran parte della giovinezza per inseguire il proprio piacere? Ma era solo piacere? Ho scritto che i fratelli erano stanchi di quella vita di fratellanza un po’ da compagnoni, a far baldoria, ma con un senso di solitudine crescente. Direi che è inutile cercare colpe. E’ andata così, dieci idrogeni per accoppiarsi bene dovevano trovare 5 “sorelle”. Non c’erano, che ci si può fare; madre natura ha voluto così. Cioè il caso, in definitiva.
a dir la verità, direi che gli stronzii, così come i guardiani di piombo, erano maschi. In effetti non avevo pensato alla “tenerezza” e “reattività di” sodio e potassio. E’ venuta così, però direi abbastanza bene.
…”direi che è inutile cercare colpe”, sono d’accordo…gli atomi di idrogeno ci rappresentano bene, colti come sono da un gran desiderio di completezza, non bastando più a se stessi, cercano di accoppiarsi con gli atomi di ossigeno, ma sembra che la felicità sia destinata a pochi (mi viene in mente il mito dell’unico pomo lanciato dalla dea discordia alle tre dee…) e vissuta in maniera appartata per non suscitare quell’invidia e quel rancore in grado di scatenate la violenza distruttiva e autodistruttiva oppure una miserevole depressione…Che potremmo in parte risolvere i nostri problemi ragionando su cosa sia la felicità? Se ci possa essere una formula di felicità a disposizione di tutti?
Non credo che Nova abbia scritto di colpe individuali o collettive. L’ultimo capoverso del racconto propone sì il quesito morale: chi è più responsabile, ma mi sembra che la “vera” domanda sia: a cosa noi umani possiamo dare la colpa di questo nostro esistere?
Forse alla Natura (per usare il nome di Leopardi) e ai suoi processi generativi, di fusione per esempio, che noi imitando trasformiamo in un’arma terribile? Oppure ai “modi naturali” in cui avviene l’associarsi o il combattersi tra umani (la scelta incomprensibile delle sorelle ossigeno, l’egoismo dei quattro fratelli idrogeno scelti, la rabbia di altri quattro fra gli esclusi).
E non è possibile stabilire una relazione biunivoca di somiglianza tra gli elementi e noi esseri umani, individuali o sociali. Intanto perchè gli atomi chiamati in causa sotto forma di elementi chimici sono prodotto di un alto grado di astrazione e insieme di personificazione (non ne so molto ma gli elementi in natura non esistono liberi, bensì in composti, e neanche tanto puri). La “colpa” quindi è solo nelle nostre idee, e proiettata.
Piuttosto è la trama sottostante ad atomi e elementi che occorre cogliere nel racconto. Lo ho definito ultraleopardiano, perchè è sì un materialismo integrale, la Natura è -per noi- caso, colpo di dadi (qui oltre Leopardi), e individualmente alla fine spesso solitudine e inerzia. (Leopardi alla fine della vita… si abboffava, mi pare di ricordare.)
Ma è secondo me ultraleopardiano perchè non c’è alcun accenno alla solidarietà della conoscenza, alla utilità della critica, alla pietà per la sorte comune.