di Paolo Ottaviani
LA STANZA È ANCORA NUDA
Dentro il cassetto del mio comodino
c’è una foto di quando ero ragazzo,
un foglio di quaderno, un temperino…
ora ricordo… anche un piccolo mazzo
di stelle alpine e forse cinque biglie
smemorate del tempo in cui uno sprazzo
di cieche, febbrili ondemeraviglie
mi trasformò in un bimbo che ascoltava
l’ignoto e il mare dentro due conchiglie
giganti che mio padre mi donava…
La stanza è ancora nuda
e il rumore del mare
troppo vicino perché io m’illuda.
Ma è vero il dono che insegna ad amare.
Sul mio foglio aleggiavano
corvacci minacciosi che svolazzavano
già alti sopra il paterno
tetto e sul mio quaderno
s’avviava alla luce una poesia-
preghiera: non scendete, andate via!
UN RAGAZZO LUNARE
Sorride in hora mortis una madre.
È il tempo inquieto del dolce vagare.
Precipitano rondini leggiadre
contro l’azzurro d’acciaio del mare.
– È un po’ come morire – e sorridente
va in una luce incerta ad irrorare
di caldo sangue una radice ardente.
Nessuno in questo deserto s’inchina
a pregare e nessuno veemente
insulta il cielo sopra la collina.
Solo va pensieroso
un ragazzo lunare
e terrestre in cammino su un petroso
tratturo antico ove non può strappare
la carne del suo cuore
dalle rocce che il caso – o forse amore? –
in ogni angolo scaglia
senz’ordine o avvisaglia.
S’incurva sulla terra e sulla luna,
ritrova la sua luce in una cruna.
orrendo, orrendo, orrendo!!!!!!
LA STANZA E’ ANCORA NUDA:
è stata per me un vortice di emozioni e pensieri; emozioni che hanno toccato l’apice all’a capo, prima di “giganti”. Emozioni perché questa poesia si muove come un’onda, tra ottimismo e malinconia. Sale, e subito sprofonda:
(… uno sprazzo)
di cieche, febbrili ondemeraviglie
mi trasformò in un bimbo che ascoltava
l’ignoto e il mare dentro due conchiglie
giganti che mio padre mi donava…
Ma poi:
La stanza è ancora nuda
e il rumore del mare
troppo vicino perché io m’illuda.
Ma è vero il dono che insegna ad amare.
eccetera…
e qui scrivo eccetera perché secondo me ci sono delle lentezze… ma forse sono onde che si ritirano com’è naturale se arriva lo tsunami.
E poi giungere a quella assoluta meraviglia, anche se di un colpo al cuore:
non scendete, andate via!
Via Pascoliana alla psicanalisi?
No, è l’urlo di Munch!
…le comete di Paolo Ottaviani hanno una forma metrica rigorosissima che sembra voler disciplinare, imbrigliare un contenuto diversamente esplosivo, sia di dolore sia di incanto…a colpirmi in particolare sono gli ultimi versi della seconda cometa, dove il poeta sembra parlarci del suo modo di sentire e di fare poesia: il tempo s’è fermato su un antico tratturo per “un ragazzo lunare”, là si è svolto un dramma assoluto, quando il caso e l’amore gli hanno strappato pezzi vivi di cuore per scagliarli sulle rocce…ora il poeta, scrivendo, cerca invano di riprenderseli, ma “…ritrova la sua luce in una cruna”, la misura faticosa che si impone…
Poesia del dono e poesia del sentire i temi che colgo nelle due liriche, eppure quanto diventa difficile mostrare le due facce (qui, tra l’altro, espresse nei due generi, maschile e femminile) ed entrare nel mondo dei grandi, specie quando loro, gli adulti, appunto, smettono, insieme ai ricordi, le emozioni che da essi nascevano. Per questo, l’operazione di ‘recupero’ che Ottaviani fa consente a chi ascolta di sentire maggiormente in cosa consiste quella difficoltà: tornare a sé, senza rinnegare quanto abbiamo ricevuto.
Un dono. Di pochi, aggiungo.
“Ma è vero il dono che insegna ad amare” (Ottaviani)
GDL
In realtà confesso di non sentirmi all’altezza per poter formulare un commento, non dico critico ché non è questo il mio mestiere, ma nemmeno appropriato, da lettore: constato una scrittura complessa, sofisticatissima, che però sa arrivare. Dice degli esordi, dell’arrivo della poesia nella vita dell’autore; poesia come viaggio interiore, di dramma e magica solitudine. Stimo moltissimo Paolo Ottaviani, forse proprio perché non scrive con graffiante modernismo: il suo virtuosismo non prevarica il senso ma lo sostiene nell’imprevisto delle parole.
Altro a-capo prezioso:
…
Nessuno in questo deserto s’inchina
a pregare e nessuno veemente
insulta il cielo sopra la collina.
Ho riletto molte volte le poesie di Paolo Ottaviani, prova questa ,per me, che al di là dell’apparente fruibilità l’interpretazione non é semplice, la forma raffinata infatti racchiude un contenuto complesso ricco di sottintesi e rimandi così come deve essere in poesia,il dolore intenso e forse ancora compagno di un’infanzia quasi drammatica e quanto ho colto in questi testi che mi hanno suscitato emozione.
Maria Maddalena Monti
Ringrazio tutti i lettori che, anche occasionalmente, si sono però soffermati nella lettura di queste mie due comete. Un ringraziamento particolarmente affettuoso a Lucio Mayoor Tosi, Annamaria Locatelli, Giuseppina Di Leo e Maria Maddalena Monti che hanno voluto arricchire, con infinita bontà e intelligenza, – insieme a Socrate, si parva licet componere magnis, credo infatti che le due qualità viaggino sempre insieme – le mie poesie dei loro graditissimi commenti critici. Esprimo infine umana solidarietà per tutti coloro che si chiamano o hanno scelto di chiamarsi “pinelli”.