GRANDE GUERRA: Cominciando dai morti (da Poliscritture FB)
di Ennio Abate
Il poeta Andrea Zanzotto visse nei luoghi dove avvenne uno dei tanti massacri della Prima guerra mondiale e su di essa molto rifletté. Una volta fece una proposta: realizzare «un libro come fondamento delle bibliotechine di famiglia, di scuola ecc.: un puro elenco di nomi e relative date, sessanta righe a caratteri piccoli e stretti per ogni pagina: sarebbero circa 10.000 pagine. Solo per una guerra, per un Paese, e tralasciando gli impazziti i feriti i mutilati».
Uno storico, riflettendo anch’egli sul numero delle vittime (sempre della Prima guerra mondiale) ha scritto: «In poco più di quattro anni, fra l’agosto del 1914 e il novembre 1918, muoiono nove milioni di persone, quasi tutte fra i venti e i trent’anni… Sono per la maggior parte europei: oltre due milioni di tedeschi, un milione e ottocentomila russi, quasi un milione e quattrocentomila francesi, più di un milione di austro-ungarici, ottocentomila turchi e britannici, seicentomila italiani, trecentomila serbi e rumeni. Sono quasi tutti maschi, in grandissima maggioranza contadini, per il resto operai, impiegati, studenti» (M. Flores).
Un altro storico, parlando in generale del Novecento, ha commentato: «Il secolo che abbiamo alle spalle è stato, dal punto di vista quantitativo, di gran lunga il più distruttivo dell’intera storia universale. In esso, ci dicono le statistiche, il numero dei morti a causa delle sue guerre devastanti è stato più del triplo di quello complessivo delle vittime di tutti i conflitti combattuti nei precedenti diciannove secoli che ci separano dall’inizio dell’era cristiana. Secondo i calcoli, per molti aspetti indiziari […], le vittime dei conflitti combattuti tra l’inizio del I e la fine del XIX secolo non avrebbe superato la cifra approssimativa di una quarantina di milioni. Secondo questa incerta statistica sarebbero stati circa 3 milioni e mezzo i morti nelle guerre combattute fino al 1500, saliti a 1 milione e mezzo nel XVI secolo, a 6 milioni nel XVII, a 7 milioni nel corso del Settecento (comprese le vittime dell’epoca della Rivoluzione francese) e infine – potenza del progresso! – a 19 milioni nel corso dell’Ottocento, compresi i morti della guerra civile americana e della guerra franco-prussiana (quelle in cui si contano i primi massacri di massa di tipo moderno). Saranno quasi 110 milioni le vittime delle guerre novecentesche: circa 80 milioni nelle due guerre mondiali; e poi quasi 25 milioni nella guerra di Corea e nei 1253 conflitti censiti tra il 1950 e il 1998 – in quel mezzo secolo che noi europei consideriamo il lungo “dopoguerra di pace” -, di cui ben 3 milioni e mezzo (più o meno quanti se ne erano contati nei primi 1500 anni) nella sola prima metà degli anni Novanta quando, dopo la caduta del muro di Berlino, si cantava la “fine della storia” e l’avvento della pace universale» (Marco Revelli).
Questi sono soltanto tre spunti per riflettere sullo spreco di vite umane che, specie a partire dalla Prima guerra mondiale, è diventato immenso; e getta un’ombra terribile su qualsiasi idea di progresso.
Si pensi a che cosa avrebbero potuto dare all’umanità quei milioni di uomini prevalentemente giovani, prima ostaggio e poi d eliminati in due guerre mondiali.
La raggiunta consapevolezza dell’inutilità delle guerre spinse a inserire nella Costituzione italiana il principio del «ripudio della guerra», senza eccezioni, quale strumento di attacco e di risoluzione delle controversie internazionali, riservandone la possibilità solo al caso, ovvio, di guerra difensiva qualora si venga direttamente attaccati da un nemico.
…spaventoso il calcolo delle vittime delle guerre, che va paurosamente moltiplicandosi nel tempo in ragione del “progresso”. E l’attuale situazione, avendo raggiunto l’apice del “progresso”, non ci lascia sperare niente di buono. Sembra che già siamo dentro alla terza (non dico altro) : sia per quello che già è sotto i nostri occhi in orrore, sia per quello che cova sotto le ceneri…ho sentito di un traffico di materiale radioattivo dai paesi dell’est al medio oriente, ma molto peggio, penso, quello che avviene nelle basi militari…Alla fine sarebbe più semplice fare il calcolo dei sopravvissuti…
Aumento demografico. Scienza e tecnica al servizio di industrie belliche sempre più raffinate e micidiali. Aumento esponenziale dei morti ammazzati. È un’equazione semplice.
Si getta così un’ombra terribile non solo “su qualsiasi idea di progresso” ma sulla natura stessa degli uomini.
Il dato essenziale infatti non è il pur impressionante, smisuratamente crescente numero delle vittime, da migliaia per il gladio a milioni per l’atomica.
È l’imperturbabile – immodificabile? – continuum di violenza omicida. E, di fronte a questo terrificante continuum, l’impotenza quasi assoluta della “cultura”. Voglio ancora sperare “quasi”.
Il calcolo dei morti nelle guerre di tutte le epoche è obbligatoriamente impreciso; per quanto alcuni storici si siano specializzati in questa contabilità (e ci sono diversi siti dedicati a questo tragico aspetto della storia umana), i dati a cui si arriva sono solo indicativi e generali. Più esatti per le guerre dei secoli XIX, XX e XXI, molto meno per le guerre antiche. Tuttavia i dati riportati da Ennio Abate mi sembrano sottovalutati, se riferiti non ai soli combattenti, ma anche a tutti i morti per cause dirette di guerra. Ad esempio la conquista della Gallia da parte di Cesare sembra che causasse quasi un milione di morti, fra combattenti, donne, vecchi e bambini al seguito dei combattenti e uccisi direttamente e donne, vecchi e bambini morti nell’incendio di villaggi, quindi a causa diretta della guerra. Anche un altro criminale del mondo antico, Alessandro il Macedone detto il Grande, causò direttamente la morte di un numero incalcolabile di persone, considerando i soldati caduti nelle battaglie ma anche tutte le persone, di età e condizione varia, uccise negli incendi di numerose città e in stragi di rappresaglia.
Il numero dei morti a causa di guerre segue un ben triste aumento progressivo proprio in rapporto al “progresso” di due aspetti del più generale “progresso” dell’umanità: quello dell’aumento della popolazione mondiale e quello della tecnologia delle armi e degli eserciti. Se con un calcolo non semplice se ne volesse calcolare una “media ponderata”, tenendo conto della popolazione e della capacità di “morti al minuto” delle armi delle varie epoche, dovremmo concludere che le guerre antiche, probabilmente, causarono mediamente più morti di quelle moderne, mentre nel corso degli ultimi decenni (dalla Seconda guerra mondiale in poi) sono probabilmente cresciuti i morti dovuti non a guerre in senso classico, ma a genocidi, pulizie etniche e a vari altri tipi di soppressione di massa dei nemici (compresi i nemici politici).
Va tuttavia notato che nonostante le guerre e le stragi di vario tipo, la popolazione umana, il cui numero totale, nei periodi antichi, oscillava fra diminuzioni e aumenti, nel periodo moderno (dalla seconda metà del Settecento in poi) ha fatto registrare solo la tendenza alla crescita. Mentre le guerre antiche creavano vuoti che desertificavano intere regioni per molti decenni, in quelle moderne i vuoti, per quanto ampi (massacri di ogni tipo ed epidemie), sono stati colmati con una rapidità incredibile. E questo è pure un dato storico tipico degli ultimi secoli, del tutto sconosciuto precedentemente.
Un altro dato tipico del Novecento è il grande sviluppo della tecnica, che, da strumento in mano all’uomo, si è fatta apparato di dominio dell’uomo. Già da un ventennio alcuni filosofi hanno qualificato l’uomo come “pastore della tecnica”, ormai dipendente in tutto da essa. Per altri il “potere della tecnica” è già subentrato, da decenni, al “potere del capitale”. Ciò sembra che, in relazione alle guerre, lo sviluppo tecnico porti a un minore numero di morti, ma a un più completo controllo dei vivi. Chi vivrà a media e lunga distanza assisterà a novità non sempre piacevoli.
Si comincia a parlare molto di morti: della guerra (con la spagnola che ne ammazzò anche più) e della gente non combattente ma tirata in mezzo.
La bella poesia di Queneau oggi sul sito di FB non parla di guerra, e nemmeno di morti collaterali, ma di morte individuale (e che altro?).
I casi sono due: o noi che ne parliamo abbiamo un’età che inclina, o ci si prepara inconsciamente a un’epoca -già iniziata- di guerre generalizzate anche se, per noi europei, a bassa intensità.
Mi permetto di astrattamente (per carità, dio mi scampi!) chiedere: meditazioni, memento mori, o solo sdegno?
…Cristiana, non sono convinta che la guerra per l’Europa rimarrà molto a lungo una voce ( o un urlo) che viene da lontano e a bassa intensità, anzi già si aggira e neanche tanto in sordina…se lontano o vicino perde comunque d’importanza, sono arrivati da noi i migranti respinti dalle guerre e il memento mori del tempo di pace perde di significato, si muore e basta…
@ Annamaria
…è terribilmente vero