Il video è ripreso dal profilo FB di Francesca Diano (https://www.facebook.com/francesca.diano.9)
Su Ernesto De Martino avevo proposto altri video: qui
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Su Ernesto De Martino avevo proposto altri video: qui
…dunque dunque, premetto che non mi addentrerò su quella parte per me indicibilemente struggente, che questo tipo di documenti (vedi anche De Seta e analoghi) fa emergere, peraltro come se fosse lontanissima, neppure di secoli ma di millenni da noi, quella civiltà “preistorica”, definitivamente perduta in un istante “liberatorio” ben poco democratico di settanta anni fa o poco più; momento dal quale la questione meridionale si è aggravata con il miraggio di un nord, a sua volta , dopo pochi istanti di una manciata di decenni, spolpato nel suo boom, come la storia ottocentesca del sud aveva gia dimostrato. Tutte le antiche civiltà legate alla terra o al fiume, alla lucania o all’estuario del po etc etc, spazzate via per progressi e invecchiamenti attivi tutti da ridere e intere ricchezze , industriali, strategiche o commerciali, depredate e spazzate via come le prime. Indicibile sconfitte parallele a beffa convergente….quindi, meglio che mi distraggo vedendo in questo post di Ennio, la volontà di mettere in relazione questo o simili archetipi di narrazione per contrasto, o rilievo, al precedente post . I personaggi “emersi”, qualche decennio dopo la truffa liberatoria , di un sud o di un nord, ma anche di un est (penso a certi villaggi in Bosnia o in Ucraina), quale racconto potevano fare degli uomini e degli spazi del sud se addirittura truccavano i dati fin dalla propria personale cronaca?
Penso ad esempio a un altro uomo del sud, con battaglie per la legalità, ben diverse da quelle simulate dell’eroe mediatico in questione. E, infatti, ben prima di essere ucciso, diceva a tutti noi che amore non ne avremmo avuto ( neppure dal caro robertino). Non è un caso che il nostro ino ino ino, ben diverso dal suo compaesano De Martino, s’invento di sana pianta una telefonata della mamma di Peppino Impastato , che mai gli telefonò . Così tanti altri trucchetti, e si sa, la credibilità è tutto e un narratore come il noto antropologo, di questo post, non aveva ombre .
Ciò che sembrano anfore e reperti, è così come è , senza scrittura ulteriore di mitico stile o estetica, e forze su forze a manipolare forme, spazi, riti, volti, vite. Finzione e autorazzismo banditi.
In pratica tutto il contrario di agenti filoimperiali, della funzione finzione massima di un racconto del sud , ma anche di un’intera colonia, punita, e da continuare a punire, anche grazie alle pseudo culture legalitarie dei paladini di azioni, racconti e informazioni alla don Ciotti terre libere show, o don Robertino gomorra boss show, o donna Gabanelli report show e libri su libri di libri su bandane, spaghetti, apicella, scandali, boss e mandolini di capi dei capi della repubblica delle banane riempita e ingozzata di mafie, servizi, crimini e paladini come solo l’impero del nuovo mondo desiderava fosse e fosse narrata.
..ah, dimenticato un ps, se Ennio ha pazienza e vuole, può inserirlo al precedente.
domandona: che male ti fa dentro vedere, a proposito di Lucania, come ti riducono i mitici sassi del suo noto capoluogo? E’ come e peggio di un botto che ti esplode in petto, però diverso da quello , guarda caso, tutto da vietare perché siamo democratici. Non ce ne può fregare di meno dei milioni di morti fatti dai botti di guerra, ma quelli così tipici del sud , no, proprio no, fanno male anche le bestie e allora vietiamoli! se non è facile vietare milioni di morti, accontentiamoci di vietare una decina di infortuni mortali da fuochi artificiali e proteggere i nostri canucci e gattini che ,poverini!, soffrono per certi rumoroni.
E, come un botto di guerra, ti vedi Matera , che culo!, capitale della cultura in europaaaaa ah ah ah , che soddisfazione! e poi , dopo gli auguri da quirinale hill, puoi vederla in tutta la sua nuova civiltà. Una bella movida e passa tutto.
…Ro, sono assolutamente d’accordo con te per i botti nostrani…Il documentario su terre di Lucania ci mostra una realtà “preistorica” se vuoi, ma dove uomini, animali, strumenti di lavoro e abitazioni sono frutti della terra, dell’acqua, dell’aria come possono essere le mele, le pere, i sedani, le carote…E forse che perciò non ci sia manifestazione di quell’intelligenza che sembra essere la caratteristica prettamente umana? Credo invece che ci sia e come, ma compenetrata nella natura, nei suoi ritmi, come nei suoi ostacoli e mimacce,ma anche nell’abbraccio collettivo di una comunità. Il documentario mi richiama in parte il film di Ermanno Olmi, “L’albero degli zoccoli”, per le molte affinità tra le due realtà contadine del sud e e del nord, anche se in quest’ultima l’ombra del padrone delle terre aggiunge disperazione e rende “disabitati” coloro che vi abitano…
Annamaria, forse non hai letto né le virgolette entro cui ho racchiuso un quid di notevolmente e preziosamente archeologico, né quanto di successivo indicavo come prezzo di un progresso , che ci siamo fatti spazzare via come la precedente civiltà ma più velocemente, visto che la prima era durata secoli rispetto alla seconda. Inoltre, avevo premesso che mi sarei dedicata ad un aspetto che poteva collegare questo documento a un tema precedente dedicato a un certo tipo di scrittura pseudo impegnata sul sud e non solo.Infine, ho precisato come le politiche filo imperiali dapprima hanno devastato il sud , dopodiché tutto é diventato sud, Germania compresa.
@ ro
Non volevo attizzare nessun orgoglio meridionalistico né dare la stura alla solita lamentazione sull’ « istante “liberatorio” ben poco democratico di settanta anni fa o poco più» o sulla fine del «miraggio» del Nord. Né offrirti ulteriore occasione per denigrare Saviano (o don Ciotti o la Gabanelli o i “materani-europeisti”).
Se questi nomi fossero di *nemici*, diciamolo pure. Ma facendo seguire critiche precise e argomentate. Non pettegolezzi né la solita, delirante “ammucchiata”, che comincia dal «caro robertino» e arriva all’«impero», burattinaio e Leviatano invincibile.
Chi così straparla dove starebbe? Cosa l’avrebbe preservato/a dalla Peste?
« Fra quelli dei nemici scrivi anche il tuo nome», suggeriva Fortini. Proprio per evitare di chiamarsi comodamente – mosche cocchiere – fuori dalla storia.
@ Locatelli
Farei più attenzione a non fermarci al nostalgismo da albero degli zoccoli. Tempo fa (nel 2013) eravamo incappati nello stesso problema parlando di Rocco Scotellaro in due post ( qui:
https://moltinpoesia.wordpress.com/2013/06/18/ennio-abate-scotellaro-fortini-e-i-moltinpoesia-doggi-davanti-agli-orrori-della-storia/
e qui:
https://moltinpoesia.wordpress.com/2013/06/21/ennio-abateancora-su-scotellaro-fortini-etcetera-appunti/).
E dal secondo stralcio questa mia risposta a ro:
Ennio Abate
25 giugno 2013 alle 19:40
@ rò
Il medium-blog permette qui solo un surrogato della vera, autentica, «interminabile» comunicazione, possibile una volta in un «mondo perduto» persino tra persone socialmente o culturalmente collocate “in basso” e ora non più in questo insopportabile « ambiente paludoso di menzogne, inganni e reality» che ci aggredisce e spinge ad aggredire?
Questa è la parte dolente e sconsolata che afferro dal tuo discorso.
Ora quest’analisi ha dalla sua evidenze empiriche e ragioni fondate. Ma non dice tutto, non ci condanna all’immobilità o ad un continuo atteggiamento difensivo-aggressivo- guardingo, che impedisce di raccogliere ed alimentare proprio quei “messaggi in bottiglia”, quegli spunti di “verità” che possono trovarsi perfino sul blog o sul Web. E che spesso non raccogliamo né alimentiamo proprio perché convinti che «il medium è il messaggio» e nulla è possibile contro la falsa democrazia del Web.
È allora è quasi inevitabile guardare a un «mondo perduto», dove esistevano le condizioni elementari per riconoscersi, parlarsi, capirsi, lottare, amare, etc.
Mi chiedo però quando mai anche in quel «mondo perduto» non si è faticato per cercare di capirsi e non si è dovuto affrontare paure, pregiudizi, superstizioni, fantasmi. O quando mai il linguaggio non sia stato opaco e non abbia costretto quelli che vogliono usarlo per dire verità a un doloroso braccio di ferro linguistico-politico, spesso sanguinoso, con quelli che la vogliono nascondere o manipolarla per conservare e accrescere il loro dominio.
Ho, come detto in altro commento, proprio oggi visto per la prima volta il documentario in sei puntate su Rocco Scotellaro, quello associato al link segnalato da Marcella Corsi. Se potessimo analizzarlo assieme in una sorta di mini-seminario (magari virtuale), avremmo occasione di cogliere anche lì, in quel «mondo perduto» lontanissimo da quello “cetomedista” d’oggi, la presenza di menzogne, inganni, approssimazioni, che sopraffecero anche il povero Rocco Scotellaro, finito come si sa in carcere e solo da morto “santificato”.
Insomma, i condizionamenti ci sono, oggi più raffinati di ieri, ma, non lasciamoci intimidire e soprattutto non rinunciamo a ragionare, dire verità, “fare gruppo” anche su un blog.
Resta, credo, l’esigenza di ripensare in modo non passivo i problemi irrisolti o aggravatisi.
PrendilI come pettegolezzi, prendili come più e meglio ritieni, la tua velocità di lingua o linguaggio merita sicuramente tutti gli interlocutori che più desideri…
🙂
Quando nel 1984 intervistai Amelia Rosselli, mi parlò a lungo di Rocco Scotellaro, suo amico. Io conoscevo solo il suo nome, nessuno scritto.
Lei mi trasmise l’idea di un’amicizia di alto livello morale, intellettuale e politico, in cui lui ebbe una funzione di mentore e lei, più giovane, fu incoraggiata e educata. Certo Rosselli era incapace di sentimenti nostalgici tipo albero degli zoccoli, il piano fondante del loro rapporto era quello morale, ma lei mi disse anche che apprezzava molto la poesia di lui.
…del sud la mia nonna materna mi aveva parlato a lungo della sua terra di briganti e pescatori, le sue narrazioni sembravano riguardare leggende più che fatti reali: era della classe 1870…mentre quella paterna del nord riferiva dei suoi frequenti spostamenti da una cascina all’altra, intorno a San Martino, con seguito di marito e figli numerosi e pochi mobili su un carro, come braccianti contadini…non c’era proprio nostalgia in questi suoi racconti. I riti, pagani o cristiani, erano presenti, come nel documentario sulla Lucania, in entrambe le culture…