di Alain Rivière
à nous le chemin de plus en plus étroit
réduit même à presque rien par les violences
les bombes les cadavres de chaque jour
comme devenus les seules marques du temps
partout peur du corps peur des poèmes
et une étrange condition de vivre morts
au point de faire rouler des têtes d’hommes
sur un terrain de football abandonné
est-ce notre solitude sans fin à jamais
prise encore par des hurlements de rage
mais nous nous rappelons de Rumi qui sut aller
avec un amant vers le sable et le soleil
cammino
a noi il cammino sempre più stretto
ridotto fin quasi a niente dalle violenze
dalle bombe e dai cadaveri di ogni giorno
come divenuti le sole impronte del tempo
ovunque paura del corpo paura di poesie
e una strana condizione di vivere morti
tanto da far rotolare teste di uomini
su un terreno di calcio abbandonato
forse è la solitudine senza fine per sempre
presa ancora da terribili urli di rabbia
ma noi ci ricordiamo di Rumi* che seppe andare
con un amante verso la sabbia e il sole
– traduzione Alessio Lalli
*
Rūmī ‹ruumìi›, Gialāl ad-Dīn. – Poeta mistico persiano (Balkh 1207 – Konya 1273), conosciuto anche come Mawlāna (“Nostro Signore”). Trascorse la maggior parte della vita a Konya, in Asia Minore, e fondò la confraternita religiosa dei Mawlawìyya (i “dervisci giranti” degli Europei). Il suo Dīwān, composto sotto l’influsso e nel nome del suo maestro, il mistico Shams-i Tabrīz, presenta contenuti e forme del tutto insoliti per la poesia classica persiana. Celebre è anche Mathnawī-i ma῾nawī (“Il poema spirituale”), opera di oltre 26.000 versi, di contenuto essenzialmente mistico, ma anche didattico e narrativo: è un commentario, o meglio una trasposizione mistica della spiritualità del Corano, pur non avendone la forma tecnica (è infatti opera di finissima liricità). Si ricorda, inoltre, Fīhi mā fīhi (“Vi è ciò che vi è”), opera in prosa che raccoglie i detti dell’autore.
(da Enciclopedia Treccani on line)
questa sì, che E’ poesia.
…trovo anch’io questa poesia molto bella, tersa e lucida nella sua visione dell’uomo di oggi, travolto dagli orrori che lui stesso compie, mosso dall’odio, con un assurdo capovolgimento di prospettiva: “Ovunque paura del corpo paura di poesie…”, come se loro, il corpo e la poesia, fossero i nostri nemici da temere. Solo negli ultimi due versi, ispirandosi al Maestro Rumi, il poeta ci addita il cammino “stretto” da ripercorrere per una umana salvezza, quello dell’amore e della natura…Non penso parli di evasione, ma di rigenerazione…
Senza nulla togliere alla bravura del traduttore, la poesia é veramente bella nella lingua originale. Tragica e purtroppo realistica l’immagine delle teste che rotolano sul campo di calcio abbandonato. Triste usanza dei tempi di Pinochet (ancor prima dell’abbraccio che il dittatore ricevette dall’allora pontefice. Ora Santo.)
Ubaldo de Robertis