di Ernesto Ponziani
con una Nota di Alberto Mari
49 rintocchi
La casa è vuota.
Numeri di telefono
si aggirano smarriti
sul foglio bianco.
Rintocchi isolati
nel bosco umido
di Magritte.
Piove.
Aria fredda
entra dalla finestra
disobbediente.
Insofferenza
nella notte torrida mi sono appiattito
verme lucido
sul terrazzo sotto le stelle sfocate
mi sono immaginato un corpo verde
e forte
come la mente vorrebbe
ma sono come quel vecchio divano
solitario
i cui cuscini scivolano sempre a terra
tutte le volte si apre un’oscura fenditura
e ogni volta
dopo averli sistemati odo un grugnito
come di insofferenza
I sensi di colpa
I sensi di colpa
hanno rovinato
intere generazioni
Genitori insofferenti
da genitori inadeguati
a genitori incapaci
Pigri
Patetici
Presuntuosi
Scambiano senso di colpa
con senso di responsabilità
per poter dire che – Fa bene –
Fa bene come il servizio militare
Come una delusione d’amore
Come una sberla ogni tanto
Tutte cose
che aiutano a crescere
L’età adulta
Il silenzio comincerà
scendendo le scale
passo dopo passo
per fermarsi sull’ultimo
gradino. Padrone
sull’asse delle ordinate.
Dalle finestre di nuovo chiuse
annoderà gli stanchi pensieri.
Niente più grida di gioia,
di richiamo, pianti inconsolabili.
Nessun rumore di piccoli passi
a rincorrere i miei. Niente più
porte socchiuse e coperte rimboccate
né gare a chi corre più forte.
Eccomi, son giunta.
Son l’età adulta.
Porto in dono
la sottile arte della finzione
l’arma letale dell’indifferenza
l’animo rancoroso del potere.
L’occhio di Dio
l’occhio di Dio
si poteva scorgere
al centro della parabola
sul tetto di fronte
il triangolo rosso fuoco
è rimasto lì
sino all’imbrunire
Mutazioni
Quando il cielo cadrà
non farà rumore. Solo
i ciechi potranno avvertire
l’insolita pressione
sulle palpebre glabre.
Spaesamento
Un sentiero attraversava i campi
che non ci sono più.
Nella luce caliginosa del mattino
il sentiero diventato stradone
è percorso come da antica abitudine
dai vecchi del paese.
Qualcuno manca all’appello.
Quando il sole sale alto
i camini di acciaio
brillano di luce propria.
L’alluminio dei serramenti
le ampie vetrate a specchio
feriscono gli occhi.
Conviene tornare in paese
– dice uno dei rimasti –
al fresco sotto ai platani
davanti alla chiesa.
Sempre che un’automobile
prima o poi conceda
l’uso delle strisce pedonali.
Arrivare in ritardo
Arrivare in ritardo
Perchè la strada
Che arzigogola
Tra le foglie cadute
Nel fitto del bosco
Merita
Un’andatura lenta
Gli ori nella pioggia
Poi.
Quando la terra su cui
cammino
sarà ancora mia,
il prezzo
una svendita,
le stagioni turbineranno
polline
rubato al sole.
La città saprà di nuovo.
E tu
ritornerai
come i problemi insoluti
insistente assillo
a vagabondare nelle mie notti
a fantasticare nelle mie orecchie
sorridendo
agli ori nella pioggia
Il valzer dei cocciuti pensieri
La casa è assorta.
Una pioggia discreta
scivola sui coppi lucidi.
Ultima fatica: il cesto
colmo di panni da stendere.
Profumati. Colorati.
Aperto lo stendino
la soffitta prende vita.
Forme morbide, umide
da annusare palpare
da disporre con ingegno
da fermare
con mollette variopinte.
Immagini prive di peso
danzano levitano
si compenetrano.
La geometria dell’estensione
perfettamente simmetrica
rimane l’unica sincera gratifica
in un giorno insignificante.
Ora la notte, diventata leggera,
potrà aggredire
gli ultimi cocciuti pensieri
riducendoli al silenzio.
Come un roditore
oggi che la primavera odorosa arriva
spalanco
tutte le finestre che mi rimangono
cosa farò
penso guardando scorrere i miei anni
rassicurato
da fisarmoniche da ascoltare
e cumuli
predisposti nei cassetti del tempo
Instabilità
è labile il confine
tra l’immaginare
e il vedere
chi immagina
può rimanere deluso
chi ha visto
non può più immaginare
La legge di Ohm
Braccia magre e lucide
Di uccello migratore
Sostengono sui cavi
L’invisibile processione
I locomotori viaggiano veloci
Fioche lampadine
Tessono trame poetiche
Georg Simon Ohm nasce a Erlangen nel 1789 terzo di sette fratelli quattro dei quali moriranno in tenera età. Di umili origini frequenta con scarso profitto l’università e solo tardivamente diviene professore di fisica sperimentale a Monaco dove muore due anni dopo nel 1854. Raggiunge la notorietà per i suoi studi sulle applicazioni della corrente elettrica basate su un approccio matematico. Prende il nome di “legge di Ohm” la formula che lega proporzionalmente la differenza di potenziale alla intensità della corrente.
La passione
Amava passare davanti alle mensole della libreria
e spingere sistematicamente uno dopo l’altro
tutti i libri fino a collocarli in fondo agli scomparti.
Ancora più divertente risultava il gioco nella casa del lago
dove alla sua portata erano collocati voluminosi libroni
e la serie delle enciclopedie. Se ne usciva sempre
con un libretto giallo del quale non ricordo l’autore.
Nonostante gli si cambiasse spesso posizione
riusciva sempre a ritrovarlo riprendendoselo.
Appena i libri venivano rimessi al loro posto
la scena si ripeteva identica con uguale soddisfazione.
Si può certo dire che già dalla prima infanzia
il libro fosse l’oggetto di gran lunga più presente
che come oggetto venisse concepito e usato.
Un oggetto destinato suo malgrado a scomparire
e a essere ammassato in campi di concentramento digitali.
La militanza
La militanza
un virus permanente
non si scalza
E più l’età avanza
più paghi pegno
con erratica costanza
Chiuso il legno
della stanza
dei tuoi allori
La militanza
non vien fuori
Mercanti
sono un Apollinaire
che vende la sua mercanzia
innervosito dai particolari
che non si notano
prima che venga scacciato
dal tempio, permettetemi
di rimettere i calzini
Naufragio
le idee galleggiavano pigre
spinte al largo
dalle vele della ragione
con le parole
a fare da salvagente
*Nota di Alberto Mari
Gli ori del lago
La poesia rarefatta e scandita di Ernesto Ponziani
Le poesie di Ernesto Ponziani accorrono come i pensieri e i numeri di una agenda notturna, sospesa in una stanza che si proietta nel paesaggio del natio lago di Lecco.
Sullo sfondo un tempo meteorologico, rintocchi affrettati che non riescono a voltare le pagine del tutto.
“Quel lago” famoso, si attacca a memorie distanti, trasparenze di paesaggi trascorsi.
Da Bellano a Milano, veglie intente, pronte a lasciarsi andare , a fantasticare e a scoprire gli “ori nella pioggia”.
In cinque anni, dal 2007 al 2012, si raggruppano Nebbia Vento e Altri Fatti, quasi un’antologia di poesie sparse e ritrovate che Ernesto ha raccolto in questo non lungo periodo appena sbocciato. *
Composizioni con versi essenziali, rapidi ”a capo”, uno stile che richiama un po’ quello di Jacques Prévert, mischiato a stralci in prosa, brevi richiami iterativi.
Dalle “Tracce”: “La notte è una brace lontana…” a “Rosso di sera”: “a difesa della sera/ ho tolto il tappo alla vagina…”, “I sensi di colpa fanno bene: come il servizio militare o una delusione d’amore …”Ogni tanto, qualche immedesimazione (“verme lucido” …“corpo verde”) e un raro animismo: “Eccomi, son giunta./ Son l’età adulta./ Porto in dono/ sottile arte della finzione/ l’arma letale della indifferenza…”
Frammenti di una realtà trascorsa, avvolti in visioni, racconti. (Una fabbrica vuota… “aprire al mattino/ sapendo che nessuno arriverà.“Un sentiero attraversava i campi/che non ci sono più…”Vita di una villa in vendita conclusa da una data definitiva. “Una strada che arzigogola…” Merita/ Un’andatura lenta.”)
I segni di un tempo pensato e sfuggente, oscillano tra eventi atmosferici, osservazioni di ore che passano, il giorno e la notte.
E a volte le soluzioni si capovolgono tra il paradosso e la soluzione ironica. Al confine di vedere e immaginare si può rimanere delusi:”chi ha visto/ non può più immaginare”. Emblematico questo “Naufragio”: “le idee galleggiavano pigre/ spinte al largo/delle vele della ragione/con le parole/a fare da salvagente”.
Non sfuggono a una lettura attenta e a un ascolto del vivo dei versi di Ponziani, un senso di provvisorietà nel cercare il motivo conduttore nei tanti brani sparsi da: “Niente da dire”, a “La Militanza”, a “ Rudi Ventura”, a “La Passione”… Una serie di rimandi, qualche impennata che centellina una poesia dopo l’altra, sequenze che talvolta appaiono come se fossero “buttate lì”.
Alberto Mari
* Nel frattempo ecco altre pubblicazioni: una delle cinque voci di“Sinergie centripete”, Giulio Perrone Editore, “Lei sa chi sono io ma io non so chi è lei”(2011), pubblicato in proprio, con una nota introduttiva di Giampiero Neri, “maestro” e altro “uomo di lago”.
Quanti anni ha, Ernesto Ponziani? Fossero poesie adolescenziali, come a me sembra, le difenderei a spada tratta: anche se le trovo creativamente esangui sarebbero comunque poesie promettenti. Il verso migliore:
oggi che la primavera odorosa arriva
spalanco
tutte le finestre che mi rimangono
sono poesie in cammino, avrebbe giovato una revisione, a volte si compiace per amicizia e affetto, ma in poesia l’assenza di critica non è mai positiva… temo. alcuni passaggi sono assai deboli, poesia d’impressione, descrittiva…
Questa caro Gilberto, mi fa proprio incazzare. INCAZZARE. È infantile. E tutto perché su fb hai letto i miei ringraziamenti educati e doverosi a due persone che stimo. C’è purtoppo in giro chi si sente in dovere professionale di dare pareri a casaccio senza approfondire. Nessuno mi ha mai dato nulla a nessuno ho mai chiesto niente.
La invito, se ha tempo e voglia, a rileggere. La mia adolescenza risale al paleolitico, come d’altronde avrebbe dovuto supporre riflettendo meglio sulla poesia della quale cita un verso come “il migliore”. Sono da sempre riluttante a dare spiegazioni sulla poesia mia e di chiunque. Ma sono convinto che la poesia che è poesia ha sempre più livelli di lettura. Le sembrano poesie adolescenziali: se significa che possono essere lette soprattutto da adolescenti, è un gran bel complimento. Creativamente esangui? Che significa? Poche parole? Poesie corte? Facili da comprendere? Ancora grazie del complimento.
Sì, chiarito l’equivoco sull’età, ad un altro livello di lettura percepisco l’immediatezza di alcune riflessioni e in qualche modo anche la freschezza del dettato. Dunque non si tratta di un ragazzo indolente ma di un adulto capace di riflettere anche sulle mollette dello stendino. Non è grande narrazione ma ci può stare. Abbiamo quasi la stessa età.
@mayoor
vede, lei mi sta simpatico. Perciò mi scusi se insisto un’ultima volta. Se ha tempo e voglia provi a rileggere le poesie così arriviamo al terzo livello. (Ho una teoria sul “terzo livello universale” ma qui non è la sede). Il mio sistema di lavoro è simile alla regia di un film. Parto da una idea (sensazione, osservazione stato d’animo) faccio infinite riprese e scelgo poi la migliore. C’è lo spettatore che si ferma agli attori. C’è quello che apprezza anche alcune scene e situazioni narranti del film. E c’e lo spettatore che riesce a penetrare nella macchina filmica: vede la fotografia, le luci le angolazioni della ripresa la tecnica cinematografica la colonna sonora.
Prendiamo ora la poesia che lei cita. Come si intitola? Perché? Li vede ora i panni che danzano svolazzando? Li assimila a dei folletti che scacciano i cocciuti pensieri in un vorticoso giro di valzer? Le mollette le sembrano ancora così importanti?
Mi stia bene.
@ Mayoor
Sì, è molto giovane, perciò gli ho spalancato “tutte le finestre che mi rimangono”.
Sono giovane rispetto ad Alberto. Questo voleva dire.
Mi piace molto questo modo di far poesia.
Le cose (oggetti) restano al loro posto dando le loro forme , i loro messaggi ,ai pensieri. Ci aiutano a vivere, a volte a sopravvivere.
Lo sguardo del poeta cattura e aiuta a capire il suo grande desiderio di essere dentro la sua poesia. Bravo ed essenziale. Lo stile leggero per argomenti su cui riflettere , non fa una piega e ci lascia la voglia di rileggere. Una forza , una gran bella partenza (vista la giovane età).
@ Ennio Abate & Emilia Banfi
Ma quanti anni avete voi 200 (ciascuno)? Per dire che una persona di 59,5 anni è “molto giovane”?
Sessantasei
Grazie. La giovane età è un poco invecchiata, però. E questo è il mio modo di fare poesia. Frutto di un lunghissimo lavoro che è iniziato proprio in giovane età. Se non fosse stato per Giampiero Neri, non sarrebe nemmeno mai uscito dai miei cassetti.
@ gilberto
” a volte si compiace per amicizia e affetto”.
Non mi pare. Qui si pubblica e si critica. Lo spazio commento serve a questo.
@ Ricotta
A me avevano parlato di Ernesto Ponziani come giovane poeta. E io non sono andato ad indagare. Non è così? Correggiamo il dato anagrafico, ritiriamo l’incoraggiamento generico e ragioniamo su queste sue poesie.
@ Ennio Abate
Leggo sul web “Ernesto Ponziani nasce il 26 novembre del 1956”.
Poesie di buona fattura, sintetiche e comprensibili. Si capisce molto dell’autore e del suo ambiente. Mi incuriosiscono alcune espressioni. In L’occhio di Dio, il triangolo rosso fuoco. Non ho mai visto in una parabola un simile effetto o figura. In Mutazioni, le palpebre glabre. Perché ce ne sono di pelose? In una mutazione sarebbero più appropriate in effetti. La legge di Ohm. Il riquadro su Ohm è dell’autore o del curatore? Forse il tributo l’avrebbe meritato più Volta (1800, invenzione della pila) come precursore, senza togliere nulla ai grandi meriti di Ohm (1827, enuncia la legge sulla resistenza elettrica). Nel riquadro su Ohm, per la precisione, bisognerebbe aggiungere alla fine “nei conduttori” in quanto solo in essi la relazione è proporzionale. In La passione, mi piace l’espressione “essere ammassato in campi di concentramento digitali.” Anch’io trovo molto più funzionale nell’uso il libro fisico. Il vero vantaggio di quello digitale è che appunto ne puoi “ammassare” milioni in spazi di pochi centimetri. Ad esempio nella sola directory di Scienze di 186 GB contenuta nel mio disco esterno da 1 TB da 3,5″ ho 80655 libri scientifici.
In Mercanti mi piacerebbe capire meglio il confronto con Apollinaire.
Comprensibili: torno sui vari livelli di lettura. L’occhio di Dio: Lei non ha a disposizione i miei tramonti. E’ comunque evidente al primo livello di lettura come Dio si sia trasformato in televisore. Palpebre glabre: è un rafforzativo. La mente va a un uomo completamente glabro, percio nudo nella sua misera insignificanza.
Lascio a lei i peli nell’uovo della legge di Ohm. Di Apollinaire mi hanno affascinato alcools e l’accusa di avere rubato la Gioconda. Mi ci rispecchio. Il tempio è quello della poesia trasformato in mercato ove ognuno vende la propria merce incomprensibile perciò simile. Sono entrato a piedi nudi per rispetto ma me ne esco velocemente rimettendomi i miei calzini puzzolenti.
E’ impreciso, le parole si affidano troppo all’immaginazione del lettore ( senti chi parla, dirà qualcuno 🙂 )
Qui complica un’immagine irrilevante:
Numeri di telefono
si aggirano smarriti
sul foglio bianco.
Là, in Piove, scrive cavandosela con troppo poco: “disobbediente”.
“mi sono immaginato un corpo verde
e forte
come la mente vorrebbe”
… a parte quest’Io (compiacente), un minimo di introspezione farebbe capire perché la “mente”, tiranna, è solo un condizionamento tra i tanti: quasi sempre è la voce di un genitore.
A meno che Ponziani non voglia premeditatamente evitare il confronto con tutte le cause ( non tenta abili capovolgimenti: le evita proprio). Insomma, lo trovo pigro – “idee (che) galleggiavano pigre” – sdraiato com’è tra finestre ( chiuse e aperte) e divani coi cuscini cascanti.
Le “vele della ragione”, altro esempio, è da considerarsi blandamente una metafora, al punto che lo definirei un ghirigoro. Ogni volta l’esito sembra fortunoso, ma è perché gli riconosco questa – relativa – facilità alla metafora che il mio incoraggiamento resta. Ma purtroppo, ha già pubblicato… poi non lamentiamoci se gli accademici storcono il naso.
Ho capito. Lei ha appena letto il libro di Michele Serra “Gli sdraiati” e si è fatto condizionare dalla mia “giovane età”.
Le consiglio comunque di passare a qualcosa di meno impegnativo per il suo prossimo tomo.
@ Mayoor
“la “mente”, tiranna, è solo un condizionamento tra i tanti: quasi sempre è la voce di un genitore.”
Non vedo alcuna tirannia nella “mente”, anzi per me è l’unica facoltà che può elevarci. Non credo nelle filosofie, o meglio nelle mistiche, che la considerano un intralcio. Le ho conosciute. Servono solo a imbonitori per dominare gli altri. “voce di un genitore” quale scuola di psicanalisi è? Comunque non credo nella psicanalisi.
“Ma purtroppo, ha già pubblicato… poi non lamentiamoci se gli accademici storcono il naso.”
Gli accademici storcono sempre il naso eccetto che per le loro opere e quelle dei propri accoliti. Io me ne sono sempre fregato degli accademici.
I tuoi sono pregiudizi, Angelo. Non è una novità: la mente è tanto sublime che non passa giorno senza che qualche “normale” metta il figlio in lavatrice, o cose del genere…
@ Mayoor
Direi che questi atti sono commessi in assenza o carenza di mente.
…mi sembrano poesie sussurate nel dormiveglia, forse scritte nelle ore di insonnia..il fascino della sera e della notte, la pioggia e le nebbie, i colori sfocati delle immagini e dei ricordi, il loro sovrapporsi, come in “Spaesamento”, con alcuni improvvisi bagliori: le molette variopinte sullo stendino in una giornata grigia, gli ori della pioggia, l’occhio rosso a triangolo di dio (a proposito di più letture, mi è venuto in mente Marcovaldo e l’insegna pubblicitaria)…Trovo che siano poesie pigre, quasi sornione, come gatti dall’andatura lenta…
@ Annamaria Locatelli
Le rispondo, se posso, con un’altra mia poesia.
Bombò le chat
Il gatto Bòmbo si porta a spasso
le sue dispàri macchie da gradasso
di pelo grigio arruffato e fumé
per niente charmant si vous voulé.
Ma lui le porta con gran dignità
e il suo mantello oscilla qua e la
con eleganza da viveur consumato
passetti brevi e sguardo assonnato
sotto la pioggia di un temporale
che tanto abbaia ma non fa male
…simpaticissimo il gatto Bombo, viveur e filosofo: “passetti brevi e sguardo assonnato”, lo vedrei bene fumando un sigaro, mentre ci guarda tra i goccioloni…
sig. Ponziani :
forse è difficile per molti rendersi conto di quanto sia arduo approdare alla ” sintesi” nelle immagini, quando si scrive poesia, e lei lo fa benissimo.
Ho apprezzato molto le sue spiegazioni, che ho condiviso, circa il ” montaggio ”
che lei opera con il suo lavoro.
Andare poi a cercare i dettagli di certe sue forme espressive, come hanno fatto alcuni, mi pare una questione fondamentalmente sbagliata, io credo che un autore ” lo si sente affine a noi , a ciò che pensiamo ” quando lo si legge, ed io ho sentito i suoi versi molto affini al mio modo di intendere la poesia.
Perciò le chiedo se cortesemente potrebbe farmi avere il titolo di questa raccolta e l’editore, onde potermela procurare, leggere con attenzione e, ammesso che la cosa le faccia piacere, farne una lettura ” semi-critica ” sul sito di poesia cui collaboro , che si chiama Versante Ripido, ove potrà andare per rendersi conto dei criteri di giudizio di un Carneade qualsiasi, quale mi ritengo.
Se invece ritiene possibile inviarmi il pdf di questi testi, la prego di chiedere ad Ennio Abate, che lo conosce, il mio indirizzo e mail, per farmelo avere.
Mi scuso per la ” sfacciataggine ” ma mi sembrava giusto esternarle anche il mio parere, e la mia solidarietà.
@ Luigi Paraboschi
“Andare poi a cercare i dettagli di certe sue forme espressive, come hanno fatto alcuni, mi pare una questione fondamentalmente sbagliata, io credo che un autore ” lo si sente affine a noi , a ciò che pensiamo ” quando lo si legge, ed io ho sentito i suoi versi molto affini al mio modo di intendere la poesia.”
Invece io considero completamente sbagliato questo solipsistico modo di intendere la poesia il cui sbocco è una totale anarchia per cui chiunque può presentare qualsiasi incomprensibile insensatezza ‘tanto la capisco io e i miei simili’. Qualsiasi opera, che si tratti di arte scritta, visuale o sonora, o di trattati scientifici, matematici, fisici et., deve accettare di confrontarsi con il giudizio altrui, va vivisezionata, ovvero analizzata nei minimi dettagli, messa in relazione con “l’ambiente” in cui è stata prodotta, con il contesto storico. Bisogna capire bene cose vuole esprimere l’autore, perché lo fa. Una critica seria non può permettersi di arrestarsi al livello zero dell’impressione personale. Individualmente ognuno è libero di farlo ma non chi pretende di essere un critico, di fare cultura. Per eseguire questo tipo di analisi però occorrerebbe sapere quanto più possibile dell’autore, degli ambiti in cui si muove, del suo percorso di vita e culturale. Purtroppo noto che spesso gli autori quando gli si richiedono certe precisazioni o ignorano le domande o rispondono con superficialità e persino con stizza. Forse si sentono dei sommi artisti che il comune mortale non può giudicare oppure soffrono della sindrome dell’incompreso.
@ Angelo Ricotta
Gentile Angelo,
mi sembra di avere risposto alla sua richiesta di precisazioni fatta sopra. Forse non l’ha letta? È ancora in tempo a farlo. Se non la soddisfa sono a sua disposizione. Per quello che mi riguarda, non soffro di nessua sindrome da incompreso. Mi offendono le illazioni gratuite questo si. Ma poi ognuno può dire peste e corna basta motivare. Per quello che riguarda il signor Paraboschi, a mio modesto giudizio, credo volesse dire altro da quello che lei ha inteso.
Mi stia bene.
Certo che ho letto la sua risposta. Dopo la sua risposta non ho sollecitato altri chiarimenti anche su altre sue poesie in quanto ho capito che lei non era molto disponibile ad entrare in certi dettagli. Però riguardo i reticenti non pensavo a lei ma soprattutto ad altri, altrimenti l’avrei citata nome e cognome. Gli altri per ora non li cito perché non stiamo discutendo delle loro opere, ma appena ciò accadrà stia sicuro che non mancherò di dire la mia con chiarezza. Comunque la sua risposta è effettivamente incompleta ed esprime anche una certa sufficienza. Crede che io non capisca che ci sono più livelli di lettura in un’opera? Quando ho scritto “comprensibili” delle sue poesie lo intendevo come un gran complimento non come una diminutio. Per me le poesie devono essere comprese per poter essere apprezzate. Scrivo anch’io poesie e un po’ di mestiere ce l’ho pure io. E poi sono abbastanza vecchio e smaliziato per capire molto più di quanto certuni (quindi non lei particolarmente) sembrano supporre. Alla domanda cos’è il triangolo rosso fuoco non mi può rispondere “lei non ha a disposizione i miei tramonti”. Che ne sa lei dei miei tramonti? Su palpebre glabre quel che intendevo è che, per me, è formalmente inefficace. Non ho ancora capito perché si rispecchia in Apollinaire. Peli nell’uovo sulla legge di Ohm? Il mio professore mi avrebbe bocciato all’esame universitario se non avessi aggiunto “conduttori”! Infine rimango della mia idea su quel che intendeva Paraboschi.
@ Luigi Paraboschi
Caro Luigi,
la ringrazio per le sue parole di apprezzamento che fanno sempre piacere.
Le invierò in formato PDF la raccolta completa appena Ennio Abate mi darà il suo indirizzo mail
A presto, dunque.
Parlo scrivendo
e tu mi puoi capire.
La mia poesia
ti chiede di essere letta
e tu leggi ,come a scuola
il primo libro,come nella vita
il primo passo.
Dove andrai a finire,
lo so io,
e vorrei arrivarci con te.
Emi
@ Angelo Ricotta :
stralcio questo pensiero suo .
” Individualmente ognuno è libero di farlo ma non chi pretende di essere un critico, di fare cultura. ”
mi perdoni ma io non ho mai affermato di essere un critico, nè tanto meno di essere un poeta, lascio ad altri che sono in possesso di tali requisiti di esercitare il diritto di critica e di far poesia.
Io rivendico semplicemente il diritto di essere un lettore ed un appassionato di poesia, punto.
E in base a ciò mi scelgo gli autori che sono più consoni al mio modo di sentire e di affrontare la vita.
Senza voler mancare di rispetto per chi ci ospita, ho sempre affermato che ad esempio Franco Fortini è un poeta che non mi piace fino in fondo, e che gli preferisco, ad esempio, Vittorio Sereni, perchè è meno ” impegnato “, meno da ” lancia in resta a difesa della purezza ideologica ” e più crepuscolare, come io mi sento spesso scrivendo e pensando.
Devo per forza avere una laurea un letteratura per poter stilare un giudizio da lettore ?
A qualcuno piace Fortini, a me non piacciono tutte le sue poesie, gli ho sempre preferito Raboni. Era un reazionario Raboni, e un progressista Fortini ?
E allora ? qual è il problema ? Dobbiamo tutti avere fatto dei corsi di studi di pittura per dire se ci piacciono le installazioni di Hirst e se preferiamo un quadro de Kooning ?
Io credo che la poesia di Ponziani letta per intero, con calma, non sul computer, possa mostrarci l’animo di una persona che ha qualcosa da dire e che lo faccia in modo buono e soprattutto onesto, come deve essere per me la poesia ( almeno per un qualsiasi Lorenzo Tramaglino come me )
Grazie per il suo tempo.
Cordialità
In effetti alti e bassi; le migliori, quelle che più offrono immagini nel complesso meritevoli di memoria, son quelle brevi (“Mutazioni”, “La legge di Ohm”, secondo me); ci sono anche scorci di realtà non da poco, ma l’osservazione si ferma abbastanza in superficie: manca uno “scatto di reni”, che inchiodi il lettore.
Penso che questa sia più scelta dell’autore, che incapacità; anche se la musicalità (o l’antimusicalità) del verso non è, di solito, elevata.
Come hanno scritto altri, forse delle riletture, delle meditazioni su quanto scritto avrebbero giovato. Poesie un po’ acerbe, insomma.
APPUNTI
1.
Cosa colgo in queste poesie? Un sottile animismo ( la finestra «disobbediente», il vecchio divano che manda «un grugnito/come d’insofferenza»). Non mancano punte surrealiste, ma sempre contenute, disciplinate, concise. Così pure l’uso parco delle metafore («agli ori nella pioggia», «vele della ragione»). Un linguaggio, dunque, che non si discosta da quello quotidiano e comune (non mi riferisco ai mass media) e si muove su temi del vissuto privato/pubblico osservato con simpatia e arguzia («Sempre che un’automobile/ prima o poi conceda/ l’uso delle strisce pedonali).
Un intento (ad es. in «Sensi di colpa» o «L’età adulta») didattico, ironico, riflessivo, discreto (d’impronta pariniana?) che non si fa mai critica urgente o gridata o “civile” («Un oggetto destinato suo malgrado a scomparire/ e a essere ammassato in campi di concentramento digitali»).
2. Sì, in certi attacchi («l’occhio di Dio/ si poteva scorgere») o nel descrittivismo pacato e quasi prosastico sento molto la lezione di Giampiero Neri. Ponziani si tiene anche lui (almeno in poesia, nei commenti mi pare un po’ più pepato!) in un atteggiamento rispettoso e distaccato verso ciò che osserva. E tiene a bada le implicazioni emotive o oniriche. (Non mancano – ben celate come in Neri – implicazioni metafisiche).
3.
C’è forte il senso della ripetizione, della lentezza, delle abitudini consolidate (vedi, ad es., in «La passione» l’uso ritmico dell’imperfetto: amava, risultava.. se ne usciva…riusciva sempre. Talvolta cede alla ricerca della rima facile («La militanza») o della battuta che vuole attirare simpatia («permettetemi/ di rimettere i calzini»).
4. Sull’accusa di “adolescentismo”. Ci rifletterei. Non perché siano poesie «creativamente esangui» o «corte» o «facili da comprendere» o scritte da un adolescente, ma perché, con la scelta di tale forma concisa e la fedeltà alla « sensazione» o all’«osservazione stato d’animo», è inevitabile una certa *reticenza da poeta*; e vengono espunti o mascherati le dimensioni storico-sociali dell’esperienza. (Vedi l’amaro scherzo ancora de «La militanza»).
@ ennio abate
Molto interessanti i suoi appunti.
Rispondo principalmente al punto 3 dove mi rivolge alcune osservazioni meno “benevole”.
a) La rima facile di “La militanza”. Vede, io scrivo a orecchio. Non so se ho l’orecchio assoluto, ma prima di mettere in cascina una poesia, la leggo e rileggo ad alta voce. Questo avviene dopo che il “montaggio” della pellicola poetica è stato ultimato. Possono passare degli anni. Se mi suona bene la ritengo ultimata. Scrivo raramente in rima preferendo il verso libero.Se poi le rime che approvo siano rime “facili” mi interessa meno.
b) La battuta che vuole attirare simpatia. Non mi ritengo un “piacione”. Amo però chiudere le mie poesie con versi sibillini, carichi di ironico distacco, versi che rimandino a una rilettura. Come se si chiudesse un discorso a metà con un forte colpo di tosse. Può trovare questa “tecnica” nella quasi totalità delle mie composizioni. È una chiusura circolare, che rimanda al titolo che per me è il più delle volte molto importante. Giampiero Neri dice che il titolo aggiunge e mai toglie. Ovviamente un titolo ben studiato. I miei calzini non hanno lo scopo di attirare simpatie, ma di rimandare al titolo e a una rilettura. Perché mai dovrei rimettermi i calzini? E perché me li sono tolti? E se li rimetto è per fare cosa?
Grazie per l’attenzione e buona notte.