DIALOGANDO CON IL TONTO (5)
Il Tonto e il pensionato (parte seconda)
di Giulio Toffoli
Era da qualche giorno che non vedevo il Tonto dopo che il 19 maggio c’era stata la manifestazione nazionale unitaria dei sindacati dei pensionati. Nella mia città si era vissuto un momento di particolare frenesia fra le giornate dedicate alle Mille Miglia e poi quella segnata dal passaggio della tappa del Giro e non avevamo avuto occasione di vederci.
Finita la kermesse degna della “società dello spettacolo” del mai troppo compianto Guy Debord e ritornato un attimo di calma avevo ripreso le mie abitudini sedendomi al solito tavolino del bar in piazza duomo, per godermi primi raggi di una primavera che faceva fatica a sbocciare.
Ero lì con un libro fra le mani quando vedo il Tonto che si avvicina e si accomoda accanto a me. Lo guardo, mi sembra che nonostante sia passato qualche giorno dal fatidico 19 maggio il suo volto sia ancora segnato dai postumi di una certa stanchezza.
“Sì, non dirmelo – inizia con voce stentorea – saresti l’ennesimo che mi ripete che sembro stanco e invecchiato. Forse devo prendere atto che non ho più il fisico di una volta e che certe fatiche sono superiori alle mie capacità … Poi rimane senza risposta la domanda se valga la pena partecipare a manifestazioni che non hanno nulla di una vera e propria agitazione, non fanno scattare niente e se devo essere onesto mi vien da aggiungere che in questo caso si potrebbe come estrema ironia aggiungere: “Ci voleva anche Pannella …”. Infatti cosa di più utile per oscurare un poco di più la nostra manifestazione della sua morte che ha coinciso con il momento di chiusura dei comizi. Infatti se si è andati a vedere giornali e media con occhio non di parte, ci si è resi ben conto che il decesso del leader radicale ha nei fatti reso rapidamente obsoleti i resoconti della nostra manifestazione che nel migliore dei casi sono passati nelle pagine interne dei giornali, se non in trafiletti quasi microscopici, e anche le notizie alle televisioni sono state in gran parte oscurate. Per non parlare dei nuovi media …”.
“Capitano incidenti di questo genere …- mi sono affrettato a dire – Mentre tu eri via io invece ho parlato con alcuni amici che hanno più o meno aspramente criticato il tuo approccio. Uno di essi ha affermato che si tratta di un facile modo di “ironizzare sulla piattaforma della manifestazione … forse perché non ci si rende conto (o non se ne ha la necessità materiale) che se solo qualcosa di quello che viene indicato trovasse applicazione normativa la condizione di vita quotidiana di molte persone cambierebbe da subito; magari di poco, ma qualcosa cambierebbe …” Un altro, convinto che le tue motivazioni critiche, che io ho cercato brevemente di sintetizzare, si basassero su presupposti non veri, mi ha scritto: “Io non credo che il compito del sindacato sia quello di fare la rivoluzione, ma in ogni caso, senza arrivare a tanto, per quale motivo un tentativo di modificare la realtà farebbe parte del libro dei sogni? Qual è invece la proposta alternativa? Stare a guardare la deriva in attesa che tornino i tempi politici per farle? Rispetto chi fa questa scelta ma non è la mia. Con questo non mi sottraggo e non sottraggo l’azione sindacale alla critica anche aspra e sono disponibile su questo a rimettere in discussione le mie convinzioni davanti ad altre argomentate opinioni. Con la derisione mi riesce più difficile…””.
“Guarda se in questo paese c’è una cosa che è proprio difficile accettare è l’ironia. Il nostro è e resta un paese profondamente cattolico. Un paese di musoni moralisti. Non mi è mai capitato dagli anni sessanta in poi di vedere qualcuno che si è impegnato nell’attività politica accettare di compiere un processo di “autocritica” basato su una sana ironia. Ironizzare sulle pecche degli altri è cosa che tutti sanno fare, ben più difficile vedere le proprie. Ho visto in questi decenni fra militanti dei vari movimenti della sinistra crearsi spaccature insanabili, esplodere odi, tenersi processi degni dell’inquisizione e amici carissimi diventare in pochi attimi acerrimi nemici. Mi è capitato perfino di trovarmi in una condizione simile a quella di oggi, di cercare di ironizzare senza prendere partito e scoprire di essere poi diventato l’avversario di entrambi i contendenti. Il tentativo di mostrare come le basi del conflitto fossero fragili e a loro modo ridicole mi è stato rivolto contro: ero io che non capivo la profonda pregnanza ideologica del contendere. Anni dopo sono diventati tutti, disintegratesi barriere ideologiche che sembravano insormontabili, professionisti del trasformismo.
Poi sulla funzione del sindacato si potrebbe disquisire all’infinito. Anche qui è davvero incredibile come si sia regrediti. Negli anni sessanta si era sviluppato un profondo dibattito sulla natura del sindacato e sul rischio che si trasformasse in un mero strumento del disegno del capitale. Oggi anche solo a far balenare un’idea del genere sembra si corra il rischio di cadere nell’eresia. Non si chiede certo al sindacato di essere rivoluzionario, ma fra questo ed essere una agenzia del governo ne passa …E’ davvero patetico quello che si sta ora palesando. Il governo chiama i sindacati a concertare, ma concertare cosa? … Quello che nei fatti il governo vuole concedere all’interno della sua strategia di consenso e visto che non può completamente delegittimare le strutture sindacali fa finta che siano compartecipi delle decisioni.
E non farmi arrabbiare, come se gli 80 euro fossero la soluzione dei problemi e non una forma di elemosina che dovrebbe offendere un sindacato espressione del mondo del lavoro.
Qui mi fermo aggiungendoti solo che si può notare come ben diversa sia la tempra dei sindacati paragonando l’azione dei francesi, che pur non sono certo rivoluzionari, contro il loro “job act” e quello che è stato fatto in Italia. Ma si potrebbe aggiungere che ancor meno si è fatto in Germania e che la concertazione subordinata è una caratteristica della attività sindacale del nuovo millennio in cui i sindacati sembrano ridotti a ombre di se stessi, ma ben incardinati nel gioco dei poteri”.
“Orca ma non ti fermi più … così diventa difficile dialogare …”
“Offrimi un buon pirlo e allora sarà tutto più facile …”
Ben sapendo che come al solito offrivo io mi sono piegato e ho ordinato un pirlo e il solito succo di arancia per l’astemio di professione, poi ho aggiunto:
“Altri hanno fatto notare come il nostro dialogare sia inadeguato ad affrontare “problemi seri e complessi come l’attuale crisi economico-sociale, la disoccupazione, i rapporti politici tra cittadini/ formazioni sociali intermedie (partiti, sindacati …) e Stato, strategie contro povertà ed emarginazione …”.
“Non so che dirti, certo i tuoi amici sono ben strani. Fino a prova contraria il dia-logos è stato e rimane uno dei modelli più usuali per affrontare i temi che riguardano l’umano e non solo quello, basti pensare al buon Galileo, non è suo un Dialogo sopra i due massimi sistemi che fece tanto baccano … Molte cose si potranno dire del nostro dialogare, che è insufficiente, non adeguatamente approfondito, criticarne forme e contenuti, ma non che è inadeguato. In più mi arrabbio abbastanza quando, con una qualche forma di supponenza, si afferma che quelli che si hanno di fronte sono “problemi seri e complessi” volendo dire che quelli che hanno dovuto affrontare le generazioni che ci hanno preceduto erano bazzecole. Si tratta di una forma pregiudizio, o forse meglio autogiustificazione, davvero insopportabile. Ogni generazione da quando l’uomo ha iniziato la sua avventura, almeno da quella che si è soliti definire la rivoluzione urbana in poi, ha avuto di fronte a sé delle sfide che ha dovuto affrontare, probabilmente di crescente complessità, ma sempre ardue da risolvere. Cosa ci permette di dire che quelle che abbiamo di fronte noi siano più complesse di quelle vissute dai nostri avi all’inizio del XX secolo nell’età dei padroni delle ferriere, o di quelle vissute dalle generazioni che hanno vissuto i primi decenni del XIX secolo?
Non vorrei che la parola “complessità” costituisse a sua volta un facile alibi … Non è che dietro questi ragionamenti si nasconde una semplice resa di fronte allo stato di cose presenti. Nel mondo “liquido” in cui nuotiamo come pesci morenti – ci si suggerisce – la realtà è tanto complessa che soluzione non v’è se non l’accettazione pura e semplice dell’agenda del capitale, della dittatura del mercato, della nostra riduzione a cose senza valore se non veri e propri pesi morti per il processo di valorizzazione del capitale”.
Visto che si era fermato mi sono permesso di aggiungere:
“Infine un ultimo amico ha aperto un nuovo fronte. Ha fatto notare che il sindacato ha svolto e svolge una funzione di sussidiarietà e infinite sono le persone che si rivolgono alle sedi sindacali, dove nella maggior parte dei casi vengono accolte con cortesia e alla fine escono ringraziando perché il servizio che viene loro offerto è utile e spesso anzi fondamentale per difendere diritti offesi e svolgere un lavoro di supplenza di fronte alle infinite manchevolezze dello stato. Ciò ha inoltre posto il problema dei cosiddetti – e cito letteralmente- aiuti umanitari in senso lato (da quello minimale costituito dall’elemosina a quello dei soccorsi internazionali) antico e, nel tempo attuale, con aspetti sempre più concreti …”.
“Ma che dire… sulla funzione sussidiaria del sindacato forse quello che si può dire è che è cresciuta fino a esplodere … basti pensare all’attività legata alla compilazione della dichiarazione dei redditi. Anche su questo terreno si potrebbe molto discutere … sulla strana logica per cui l’assistenza si trasforma da attività collaterale a centrale e sembra perfino che l’intera macchina giri intorno a quel perno. La farraginosità delle norme fa ogni tanto sorgere il dubbio – pensar male è peccato ma quasi sempre ci si azzecca – che dietro vi sia una complicità fra la macchina statale e quella che almeno formalmente dovrebbe costituire la sua controparte … Ma visto che non vogliamo peccare continuiamo a pensare che siano casi fortuiti … Per il tema più ampio degli aiuti umanitari e della trasformazione dei sindacati in onlus o forse più esattamente sul problema della crescita di una vera e propria giungla di onlus che svolgono una attività di elemosina molto si potrebbe dire, ma io ho finito il pirlo e mi attendono a casa …
Se ne avremo occasione ne parleremo in un prossimo futuro”.
L’ho visto alzarsi e fatti quattro passi montare senza fretta sulla sua bicicletta, lasciandomi con il solito conto da pagare.
…che gli anziani non siano sufficientemente tutelati, a parte quelli delle pensioni d’oro, che non si possano concedere cure adeguate mi sembra dimostrato da un fatto inconfutabile: il calo della speranza di vita…L’altro fenomeno correlato è il calo della natalità…Qui volevo aprire una parentesi su una categoria di persone ancora più trascurata degli anziani, riferendo il titolo un articolo di Dario di Vico comparso sul Corriere della Sera oggi, che purtroppo non riesco a riportare: “Le nuove disuguaglianze. L’ultimo tabù degli italiani. I minori non votano e quindi non pesano e la politica tutela di più gli anziani. In Italia vivono 1.1 milioni di bambini in povertà assoluta, 2 milioni considerando la povertà relativa…”. A proposito qualche anno fa fu avanzata una proposta molto interessante: dare il voto ai bambini, tramite un genitore…Non certo per potenziare consumi inutili, ma indici di buona vivibilità
Oddìo, quanto a tutele non mi pare che in Italia una classe sociale stia meglio di un’altra: i meccanismi di salvaguardia sono stati sfasciati e questo ha colpito tutti indifferentemente.
Quanto all’idea che i genitori possano votare per i figli (e perché no per gli embrioni, se la moglie fosse incinta, potrebbe obiettare un cattolico doc?), mi vengono i brividi. Il rincoglionimento generale è tale, che ci si ritroverebbe con un moltiplicatore di voti per i vari Berlusconi, Bersani e compagnia briscola. Alla faccia della tutela verso i minori…
…non è proprio quello che intendevo dire…la proposta a cui mi riferisco può essere considerata provocatoria, ma rende l’idea. Se sei giovane oggi hai un reddito molto precario o inesistente, se sei in età adulta la variazione di redditi è impressionante, se sei vecchio nella media hai un reddito basso o modesto, fatte le eccezioni…mentre se sei un bambino non disponi di un tuo reddito e se i genitori non intervengono perché nelle categorie di disagio, chi ti aiuta e ti rappresenta? Forse occorrerebbe introdurre un reddito di base che, tra i senza reddito, comprenda i minori… In Svizzera questa proposta sarà oggetto di un referendum