Tabea Nineo, olio 70×70 2 settembre 2016
(dettagli in https://narratoriografico.wordpress.com/2016/09/03/volti-lavorati-e-due-donne/)
Tabea Nineo, olio 70×70 2 settembre 2016
(dettagli in https://narratoriografico.wordpress.com/2016/09/03/volti-lavorati-e-due-donne/)
Evviva! questa volta il colore alza il tono della narrazione – raccolta museale di frammenti d’esistenza.
Diventa graffitismo ( non l’ennesima corrente artistica, quella che fanno i ragazzi sul tessuto urbano) e scrittura per immagini. Ma se c’è colore ecco che si perdono certi connotati letterari ( vedi le interpretazioni senza fine che si sono fatte sul blog a proposito dei bianchi e neri). Bene bene bene.
che bel rosso! luminoso e chiaro, lo hai fatto tu o è già in tubetto? certo il giallo oro lo schiarisce e illumina, anche se quegli intervalli di giallo, o di gialli punteggiati, non mi piacciono troppo, non voglio capire perché (interiora…)
…in un primo momento nel dipinto ho visto le immagini di volti e donne che si riflettono, per un gioco della memoria, nelle acque calme di un laghetto infuocato dai raggi del mezzogiorno..in una seconda lettura, le macchie azzurro cineree hanno preso il sopravvento e mi sono sembrate delle buche dove sono precipitate figure tragiche, contornate da un drappo giallo rosso lacerato, in movimento…Chi lo muove, come un torero nella corrida, creando e disfacendo spazi di visioni, potrebbe essere il ragazzo bardato da torero sulla destra, oppure la donna al centro immobile, con la forza del pensiero…Solo una fantasia, d’accordo. Se Ennio ci vorrà dire…
… comunque, il fatto che i volti dipinti da Ennio siano spesso ridotti a sagome, e qui uno soltanto venga definito (l’uomo con baffi e coppola), mi rimanda al tema dell’incomunicabilità, o dello spaesamento che fino a ieri riguardava i nostri immigrati dal sud e oggi quelli nuovi. Il tema quindi sarebbe lo stesso di molte sue poesie; solo che in poesia tutto viene esplicitato, detto, mentre in pittura viene mostrato, rappresentato. Quando la pittura si sottrae al “mentale” per arrivare a (far)toccare l’emozione, bisogna che l’obiettivo venga messo al primo posto, e senza troppe discussioni. Fossi io, mi concentrerei su una/due figure, oppure su centomila.
Quel rosso e quel blu…mi piacciono tanto.
le figure come sempre mi portano alle toccanti poesie di Abate .
Anche se poeta e pittore litigano spesso, così dice lui.
APPUNTO 1
A questo quadro ad olio ho lavorato dal 17 agosto al 2 settembre.
Una prima versione significativa è questa del 20 agosto:
Poi sono arrivato a questa del 29 agosto:
E infine a quella definitiva del 2 settembre
Al di là delle alterazioni del colore (specie nella seconda versione) dovute al Samsung con cui ho fotografato, le variazioni più importanti nel passaggio dalla prima alla seconda versione sono queste:
– Sfondo: dal bianco sono passato ad un bianco rosato poi al giallo e poi al rosso, che alla fine domina più dei tre quarti dello sfondo e lascia trasparire in varie e irregolari zone (grattate con la spatola quando il colore rosso era ancora fresco) il giallo sottostante;
– Figure: nel passaggio dalla prima alla seconda versione ho eliminato: la figura in alto (una specie di volto con espansione ad “ala di pipistrello”); quella in alto a destra (un testa/maschera inclinata e con un occhio biancastro ); quella a destra in basso (una specie di testa di cavallo) trasformata in una sorta di volto di profilo con una “espansione bluastra” ( strana “capigliatura”?). Ho invece trasformato il tronco d’albero spoglio, lasciando la parte superiore collegata alla figurina femminile di spalle in una macchia bluastra e mutando la parte inferiore in una sorta di busto umano senza braccio e staccato però dalla testa dell’“uomo con la coppola”; e così pure il volto di profilo in basso, che da femminile è diventato maschile. Inoltre il colore rosso/arancione dei quattro volti della zona centrale (quasi contrapposti a coppie: due in alto e due in basso) è diventato mediante velature di bianco e azzurro e successivi raschiamenti con la spatola prevalentemente bianco/azzurrino molto “graffiato” (lavorato?). E ancora: la testa di giovane in alto a sinistra , anch’essa con una capigliatura fluente e una specie di nastro sulla fronte, da frontale è diventata di profilo, mentre quella sorta di avambraccio e mano, nella terza e ultima versione, è diventata – non saprei dire meglio – un qualcosa di carbonizzato che s’incastra in strani “geroglifici” giallastri. Quasi inalterate sono rimaste le due figurine femminili: la piccola centrale, che nella prima versione fluttuava nel bianco, s’è collegata ai rami secchi del tronco inclinato (quasi frutto?); il volto della grande in piedi a sinistra da frontale è divenuto anch’esso di profilo (come quello del giovane in alto a destra).
Ho intitolato il quadro senza troppo pensarci «Volti lavorati e due donne». E credo ora proprio tenendo conto del lungo processo di lavorazione del quadro che è stato intenso proprio sui volti maschili. Ma al momento non saprei dire di più sul senso complessivo del quadro.
Se rifletto invece sui commenti lasciati mi sento di dire che quelli di Locatelli, Fischer e Banfi sono molto soggettivi (specie le interpretazioni , queste sì abbastanza letterarie, di Annamaria) e li intasco e basta. Mentre quelli di Mayoor mi paiono molto interessanti per i problemi che mi pongono; e perciò brevemente replico:
– « se c’è colore ecco che si perdono certi connotati letterari»: dubito di avere avuto in mente letteratura o immagini letterarie quando ho dipinto questo quadro;
– Graffitismo? Ma è un quadro ad olio. E sono rimasto in questa forma (e dimensione) in gran parte “superata”, ben lontano dall’esperienza dei giovani graffittari. Scrittura per immagini? Direi innanzitutto immagini, figure. Al momento non vedo il legame con la scrittura (o le mie cose scritte).
– Sagome? Sì, per la nettezza con la quale le figure risaltano sullo sfondo in modi “primitivi” (bidimensionali) e fuori da qualsiasi cubo prospettico. Il rimando invece che fai ai temi della incomunicabilità o dello spaesamento non lo sento. Mentre, sì, ho pensato all’”uomo con la coppola” come figura meridionale e contadina e alla testa di profilo a destra in alto come a quella di uno “straniero” (nero?).
– « Quando la pittura si sottrae al “mentale”»? Boh, qui non mi pare. Mentali mi sembrano le simmetrie tra figure “a coppie” o che guardano rispettivamente o a destra (quattro) o a sinistra (quattro), ma tali simmetrie (e contrasti?) sono venute fuori nel corso della lavorazione. Me ne accorgo adesso. Non è che le ho predisposte prima. Non ho fatto nessun disegno, le figure sono nate *nel colore*.
già il colore!
come Matisse il mio pittore, ma forse non c’entra niente.
APPUNTO 2
(* PROVA. In direzione d’un discorso immagini/parole)
Se avessimo ancora occhi
Guarderemmo
In alto basso contro i vostri
Che non sono ancora spenti
E se corpi fuggiremmo
O come donne andremmo
Uomini fummo, e or siam
Fossili sagome di volti
In un’ambra di tramonto incastonati e d’oro
Parlate dubitate ritrovate
La musica dolorosa del vivere
Scioglietevi dalla storia che amputò noi
E contrappose giovane a straniero
Vecchio contadino a filosofo
Ripassatevi i mondi possibili
Uscite dal pallore della divina menzogna
Abbiate come noi coraggio nel morire
ma chi l’ha scritta?
A Ennio
Ti offro una mia interpretazione, che è frutto del “togliere” seguendo modalità compositive del tutto personali, ma forse guardando chissà che non ne nascano altre comprensioni, oppure meglio si rafforzino le tue certezze.
Credo però, e guarda che le ho buttate giù ora, in pochi minuti con photoshop, che ne guadagni il centro di attenzione.
Non chiedermi di spiegare perché sono contrario al sovraccarico di immagini ( a meno che non siano somma di lavoro significante, cioè funzionali a una visione-progetto come le volte di tanti templi ecc).
ciao
Forse però, anziché isolare alcune tue immagini con photoshop, avrei potuto inserire l’immagine che hai posto tu stesso a destra della testata Poliscritture, quell’angelo o figura danzante…
C’è un contrasto tra la cura quasi bizantina nella ricerca del colore (i rossi, i blu e i giallo-oro) e la stilizzazione delle figure che paiono galleggiare in universo (il nostro ?) a-spaziale e a-temporale. L’unico segno distintivo è l’uomo con la coppola. Forse l’Io dell’autore che tenacemente desidera salvarsi dalla dispersione in quel fluorescente liquido amniotico che stritola e non contiene?.
Mi ha fatto pensare ad una rappresentazione di frammenti in stile rupestre (la regressione nella quale ci troviamo?), pezzi di realtà che ‘sbalzano’ da uno sfondo che sembra espellerli più che far loro da contenitore.
Mayoor scrive: *Quando la pittura si sottrae al “mentale”* dovremmo chiarire meglio il senso di quel “mentale”, cioè se lo intendiamo come rappresentazione già verbalizzabile (“rappresentazione di parola” per dirla con Freud”, oppure racchiuso nel ‘concreto’ (“Rappresentazione di cosa”, sempre Freud), oppure nel ‘non ancora rappresentabile in simbolo o parola”.
Perché la pittura è già un “mentale”, magari rudimentale, ma lo è, come è accaduto con i disegni degli uomini primitivi o con i disegni dei bambini.
Ennio ci ha dato delle traduzioni verbalizzate sia attraverso la ‘storia’ della composizione (mi ha fatto pensare alle ‘decostruzioni’ di Picasso) e sia attraverso la forma poetica.
R.S.
…nella poesia di Ennio i versi: “Uomini fummo, e or siam/ Fossili sagome di volti/ In un’ambra di tramonto incastonati d’oro” mi ricordano le parole di Pier Delle Vigne, trasformato in arbusto nella valle dei suicidi: “Uomini fummo, e or siam fatti sterpi…” Mi sembra di notare delle analogie: in entrambe le situazioni descritte a parlare sono i morti, ma nella poesia di Ennio non sono neanche sterpi, che sanguinano ancora, ma fossili carbonizzati, come il tronco d’albero reciso…In entrambe, i morti invitano i vivi a rivedere in qualche modo la Storia, ovvero i fatti senza farsi ingannare: “Scioglietevi dalla storia che amputò noi/ E contrappose giovane a straniero/ Vecchio contadino a filosofo/ Ripassatevi i mondi possibili/ Uscite dal pallore della divina menzogna…” Come un invito a trovare il coraggio per ricomporre una devastante scissione…una sorta di suicidio
Si, son quelli di Dante. Ho dimenticato di metterli in corsivo. Correggo.
Che senso hanno i passaggi, in un quadro? (Si sa che sotto certi quadri c’è un altro quadro, la Tempesta di Giorgione per esempio). Qui Ennio rappresenta, ferma, 3 momenti nella delineazione del suo quadro.
Tre passaggi nel colore di sfondo dal bianco al giallo al rosso. Ma il terzo colore, il rosso, non pare così definitivo se viene grattato per lasciare emergere il giallo.
Il blu, prima appena accennato nella parte alta del quadro, si espande: “Inoltre il colore rosso/arancione … è diventato mediante velature di bianco e azzurro e successivi raschiamenti con la spatola prevalentemente bianco/azzurrino molto ‘graffiato’ (lavorato?).”
Lavorato/graffiato, insieme a figure eliminate. Gli elementi eliminati sono due volti più un animale e un tronco, viene eliminato il naturalismo: quei personaggi non appartenevano a, non erano personaggi di, quel quadro?
Entra qualcosa di carbonizzato, e i geroglifici, e intanto le due figur*ine* femminili restano quasi inalterate, ma il volto frontale diviene di profilo. Ennio dice infatti che il lungo processo di lavorazione è stato intenso proprio sui volti maschili “ma al momento non saprei dire di più sul senso complessivo del quadro”.
Perciò chiedo quando è stata scritta la poesia: alla fine del quadro? E’ una lettura, un commento, o piuttosto un accompagnamento?
Se devo commentare i tre quadri insieme, vedrei questa evoluzione “logica”: da un equilibrio naturalistico del primo; a un espressionismo del secondo: quei blu raschiati sono allucinati fantasmi; a un realismo decorativo del terzo: il rosso vivo controbilancia i volti più identificati, e insieme alleggerisce la loro pregnanza in un contesto festoso, ma forse anche grandguignolesco, cioè il rosso è pur sempre sangue. “Fossili sagome di volti/In un’ambra di tramonto incastonati e d’oro … Uscite dal pallore della divina menzogna//Abbiate come noi coraggio nel morire”.
Altro capitolo sarebbe identificare i “passaggi” quando si scrive una poesia. In che durata si scrive? Per lo più io scrivo in un tempo breve e di seguito. Se invece occorre del tempo per concludere, per lo più diventa un'”altra” poesia. Logica dello scrivere nel tempo, e del dipingere o disegnare nel tempo.
Poi la decisione di quando il lavoro è finito: è un finito diverso, quando il lavoro è stato continuo o invece ha avuto delle traversie?
Rispondo solo a queste domande (“quando è stata scritta la poesia: alla fine del quadro? E’ una lettura, un commento, o piuttosto un accompagnamento?”), ritenendo le altre legittimi tentativi d’interpretazione di Cristiana che segue suoi interrogativi , a cui deve rispondere lei stessa:
– stamattina verso le 10;
– ovviamente alla fine del quadro;
– come autolettura, autocommento, mia interpretazione, in vesti non più di pittore (Tabea Nineo) ma di chi *legge* il quadro (Ennio Abate) con suoi pensieri, che si fanno parole e non più immagini; e, dunque, come ho detto, vorrebbe sviluppare – per tentativi ed errori (” PROVA”!) – il discorso accennato con Mayoor (e Paolo Ottaviani) su “Poliscritture FB” sul rapporto immagini/parole.
Le “altre domande” erano inviti a ulteriori dialoghi, partendo da quell’idea di “passaggi” che tu stesso avevi chiarito il 5 alle 23.33.
Va bene. Ma il dialogo cresce non solo facendo domande ma anche tentando di dare noi stessi risposte (provvisorie e correggibili) alle domande…
È così, infatti ho usato l’idea di passaggi per “leggere” le tue tre immagini, e ho avanzato qualche ipotesi per la scrittura, chiedendo ad altri come funziona per loro.
“abbiate come noi coraggio nelmorire” Fortini?
dal giovane al vecchio
accompagna il colore
sulla strada del coraggio
o dell’avventura?
Donne abbiate
nel scendere molto rispetto
la vita non è una sola
non è quella che ci aspettavamo
un’altra volta un altro colore
saprà ancora di voi.