Goytisolo e il suo tempo

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Intervista  di Alessandro Scuro a Francesco Luti

Questa intervista appare in seguito alla pubblicazione di alcuni interventi sull’opera di José Agustín Goytisolo del quale lei ha tradotto varie poesie, come ha fatto con i componimenti di altri poeti del ‘50 e delle generazioni successive. Che origine ha il suo interesse per la poesia e, nello specifico, per i summenzionati poeti?

Il mio interesse per la poesia spagnola è parallelo alla passione per la Spagna. È sbocciato intorno agli anni Novanta, quando ho avuto modo di soggiornarvi spesso, soprattutto a Barcellona e, in seguito, per un periodo prolungato di quasi un anno a Murcia. Una volta sul territorio, grazie alle persone che si occupavano di letteratura, ho potuto intraprendere letture mirate volte alla costruzione di un itinerario poetico che col passare degli anni ho integrato grazie al diretto contatto con gli autori. Anni dopo, quando mi sono deciso per una seconda laurea, ho potuto colmare certe lacune che avevo per questa iniziale impostazione da autodidatta.

La traduzione degli autori va di pari passo con la scoperta e la lettura a fondo di essi. Quando mi sono accorto che in Italia ci si era fermati ai Lorca e ai Machado, e che c’era bisogno di abbozzare almeno un quadro della poesia del secondo Novecento, ho iniziato a documentarmi per tradurre e presentare alcuni dei poeti di questa epoca prima su riviste, per poi raccoglierli in volume. Infine, in chiusura del primo decennio del Duemila, ho finalmente potuto presentare in blocco buona parte della poesia spagnola, a partire dagli anni Cinquanta fino alle soglie del nuovo secolo. Un quadro del tutto personale, naturalmente. Ogni silloge.

Che cosa unisce questi poeti e come giudica le classificazioni generazionali con le quali si è soliti frammentare la storia della poesia spagnola del Novecento? Sono un utile strumento per orientarsi nel panorama della lirica iberica o si corre il rischio di stigmatizzare l’opera di quei poeti, di relegarla entro i confini dell’epoca in cui hanno vissuto?

Considero il concetto di generazione come categoria letteraria criticabile e sempre riduttivo, ma si tratta di un male necessario. A parer mio è utile e non se ne può prescindere, sempre quando serva da integrazione alle nozioni raccolte, e si voglia presentare un panorama generale della poesia di un paese per meglio contestualizzarlo. Soprattutto quando si parla di poesia spagnola, dove i precedenti generazionali sono molti e pesanti da non poter far finta di niente. Il Novecento spagnolo è un universo vasto e il metodo generazionale continua a essere vigente nello studio e nell’insegnamento della poesia del dopoguerra, anche se alcuni specialisti adoperano la parola promoción invece che generación.

Accettandolo per comodità, ed io l’ho fatto, alcuni dei poeti da me antologizzati nel corso degli ultimi quindici anni, sono inquadrabili in generazioni. Se pensiamo a quella del Cinquanta, da cui parto nelle mie ricerche e traduzioni, è di fatto costituita da poeti tra loro amici e in continuo contatto e quindi attenti a definire di comune accordo le direttrici della loro poesia. Inevitabilmente i poeti che sono venuti dopo sono stati costretti a fare i conti con questa generazione, una generazione composta principalmente da due nuclei portanti che riguardano le due principali città spagnole: Barcellona e Madrid. Questi autori vengono ricompresi dalla storiografia letteraria nella cosiddetta promoción de los 50: Ángel González, José Manuel Caballero Bonald, José Ángel Valente, Francisco Brines e Claudio Rodríguez, per la capitale;  Carlos Barral, Jaime Gil de Biedma e José Agustín Goytisolo a Barcellona.

Sono diversi gli elementi che li accomunano, e tutti loro, proprio nel loro paese, sono stati antologizzati più volte, e ciò ha permesso di considerarli una generazione. Tra la fine degli anni Cinquanta e l’immediato inizio del Sessanta, antologie come quella di Josep Maria Castellet o di Leopoldo de Luis, per citarne due, sono state chiave in questo senso. Fondamentale risulta anche la spinta avuta da Carlos Bousoño, teorico e poeta di primissimo piano, e dal poeta José Hierro.

Quelli del Cinquanta possono definirsi un gruppo generazionale anche perché nei loro versi ci sono elementi intimisti comuni, oltre a una certo vitalismo di fondo. Le loro domande senza risposta, i dubbi, la imposible propensión al mito, l’ironia, costituiscono la preoccupazione di questa generazione di poeti uniti anche dalla delicata situazione che stavano vivendo. Li accomunano anche dei punti di riferimento sociali e politici: appartengono a famiglie di estrazione borghese, nonostante al momento di rivisitare la loro esperienza di adolescenti lo considerino un elemento nefasto: la mala conciencia burguesa, appunto.

I primi articoli della rubrica sono stati dedicati al Juan de Mairena di Antonio Machado e alla sua poetica. Quale ruolo ha ricoperto la figura di Machado nella poesia di Goytisolo e dei suoi coetanei, e che significato ebbe l’omaggio al cimitero di Collioure nel 1959?

Un altro anello che li accomuna, oltre il concepire la poesia come modo e mezzo di conoscenza, è quello di prediligere poeti come Antonio Machado e Luis Cernuda (all’epoca in esilio). Il voler far ripartire, per così dire, la poesia spagnola dall’anniversario machadiano, è una netta presa di posizione e di coscienza di grande rilevanza. Si vedeva Machado come l’esempio e Collioure segna uno spartiacque fra ciò che era stato fino ad allora e ciò che si proponevano di intraprendere. Quasi subito nacquero collane e premi ispirati a questa volontà di cambio. La collana “Colliure” ne è l’esempio lampante. Lo stesso Carlos Barral, nel ricordare alcuni eventi da loro organizzati nell’immediato post-Collioure, dichiarò che, a partire da quell’incontro in terra francese, era evidente che fossero alla ricerca di un marchio generazionale nel quale riconoscersi e capace di offrirgli una certa visibilità.

Tre mesi dopo Collioure, ci furono le “Conversaciones Poéticas” di Formentor, e il “Primer Coloquio Internacional sobre novela”, e sarà proprio in quei giorni che la nuova generazione, con i suoi amici e collaboratori, riuscirà a stringere rapporti determinanti  con il mondo letterario ed editoriale italiano, relazioni che domineranno il decennio del Sessanta, di certo decisivo per la letteratura spagnola che puntava lo sguardo verso orizzonti nuovi.

Che influenza ebbero sulla loro poesia i canti dei poeti sociali?

Negli anni Cinquanta si consolida la cosiddetta poesia social, un’esperienza condizionata da urgenza per la situazione vissuta dal paese in pieno franchismo, e che muoveva da una concezione realista della letteratura implicante uno stretto legame con la storia. Di certo i poeti del Cinquanta risentono di questo “clima poetico”, e inevitabilmente – Goytisolo compreso – nelle loro prime raccolte si avverte l’ispirazione a questo genere di poesia che puntava a offrire una testimonianza critica dell’epoca, a farsi strumento di comunicazione per arrivare alle masse attraverso un tono narrativo e caratterizzato da uno stile semplice, colloquiale e accessibile a tutti. Ciononostante, la poesia sociale peccava di ovvietà e aveva le ore contate proprio nel momento in cui si doveva specchiare con la realtà e i suoi necessari mutamenti, soprattutto nella coscienza di quei giovani poeti che al tempo della guerra civile erano soltanto dei bambini. S’impone così il turno dei poeti nati tra il 1925 e il 1934, la cui formazione umana e culturale avviene nel difficile e doloroso dopoguerra, e che a partire dagli anni Cinquanta, apportano un’ondata fresca nella lirica spagnola puntando alla ricerca di un linguaggio che rompa con il dogmatismo della poesia sociale.

Negli anni più tardivi della sua vita Goytisolo ha continuato ad avere successo anche tra le giovani generazioni. Oltre al contributo decisivo delle versioni musicate delle sue poesie quali sono i fattori all’origine di questo interesse? In che modo è riuscito a rinnovare costantemente la sua poesia con il passare dei decenni?

Goytisolo era un uomo dallo sguardo sempre teso verso i giovani. Sia come uomo che come poeta. Ritengo che questa attitudine sia alla base del suo continuo rinnovarsi. L’avvicinare la sua poesia alla musica, un po’ come stava facendo in Brasile Vinicius de Moraes, contribuì in maniera determinante alla diffusione della sua poesia. Tutt’ora le sue parole risuonano persino tra i non addetti ai lavori. E questo è segno che la sua poesia sta sopravvivendo. Che può chiedere di più un poeta?

In che modo secondo lei l’attività di traduttore di Goytisolo ha influito, se così è stato, nella sua opera di autore? Quanto hanno invece pesato nella sua attività di scrittore l’esperienza autobiografica, i diversi mestieri esercitati per vivere e la quotidianità di una città come Barcellona?

Il Goytisolo traduttore va di pari passo col Goytisolo poeta. Riguardo al suo instancabile lavoro di italianista e promotore di poeti italiani contemporanei, sin dalla fine del Cinquanta, si era impegnato a tradurre (e pubblicare) dapprima in riviste, poi in volume, Salvatore Quasimodo e Cesare Pavese. Grazie all’amicizia e ai consigli di Dario Puccini, l’ispanista Goytisolo poté occuparsi con continuità di letteratura italiana. Durante gli anni Sessanta tradusse poesie del suo amico Pasolini, di Bodini, Roversi, Scotellaro e Cardarelli. È inevitabile che quando si sceglie e si traduce poeti a noi vicini, un qualcosa di loro resti per imprimersi. Goytisolo non a caso sceglieva poeti molto legati al loro tempo, e che a lui interessavano soprattutto per il loro aderire alla realtà.

Goytisolo fu segnato dalla morte della madre in tenera età, e ciò lo condizionò fino all’ultimo giorno. Tutta la sua opera è legata a quell’evento. Ogni parola, perfino l’ultimo suo gesto, ha dovuto fare i conti con la morte della giovane madre. I mestieri, la vitalità di Goytisolo in ognuna delle sue molteplici attività, sono trasposti e respirano nei suoi versi. Goytisolo era un poeta in action, se mi si consente il termine…

Quale valore attribuiva Goytisolo alla sua poesia e quale funzione si può attribuire al poeta nella società odierna? In tempi di ignominia come questi esiste ancora chi legge una poesia o ascolta una canzone?

Non saprei dire esattamente quale fosse questo valore. Come poeta era la poesia, e solo la poesia, il suo mezzo per esprimersi, e come detto poc’anzi, si considerava, ed era, un uomo molto attento a ciò che lo circondava e profondamente immerso nella realtà del proprio tempo. Anche per questo soffriva di certi momenti di tristezza e angustia.

Per quanto mi riguarda, continuo a pensare la poesia necessaria al vivere. La poesia e la vera musica, entrambe possono ancora riuscire a toccarci certi nervi, a smuovere certi nostri sentimenti nascosti, inutilizzati. Li abbiamo, ma non sappiamo di averli, o non ce ne ricordiamo. E allora poesia e musica vengono a soccorrerci. Poesia e musica restano tra le poche cose capaci di suscitare i sentimenti: naturalmente, soltanto la vera e la grande poesia, così come la musica.

Nota

luti

Francesco Luti (Firenze, 1970) è autore di romanzi e traduttore di diversi poeti spagnoli del Novecento. Ha curato, per le edizioni Polistampa, le antologie di molti autori della generación del 50 come José Agustín Goytisolo, Carlos Barral, José Manuel Caballero Bonald e Ángel González, tra gli altri. Ha inoltre curato per Vallecchi l’antologia Poesia spagnola del secondo Novecento. Come narratore, nel 2013 ha pubblicato il romanzo La goccia che scava (Nicomp), dove Goytisolo è tra i protagonisti. Ne La goccia, tra le altre cose, si ricostruisce la vicenda del gruppo dei poeti di Barcellona negli anni in cui si formarono una coscienza antifranchista.

 

1 pensiero su “Goytisolo e il suo tempo

  1. …i poeti spagnoli del Cinquanta ritrovandosi nel 1959 a Collioure sulla tomba di Antonio Machado mentre hanno espresso la loro predilezione per questo poeta, hanno compiuto anche un gesto coraggioso, ponendosi apertamente in una posizione ostile al regime franchista; nello stesso tempo, hanno consolidato la loro amicizia all’interno del gruppo e chiarito, in una sorta di unità di intenti, le basi della loro poetica.
    Mi chiedevo quanto spazio c’è nei loro testi dedicato alla tradizione popolare, cioè quella fatta rivivere da Antonio Machado in versione Juan de Mairena…Sarebbe bello leggere sul blog qualche loro poesia o canzone…

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