di Arnaldo Éderle
La banda suonava sommessa con qualche
strappo di trombone alla fine di ogni cinque
battute, ne veniva una marcia puntata
e lenta, come dicevo sommessa e scura
come il sole al crepuscolo.
Chi l’ascolta marcia lento e pensieroso
a testa bassa e col piede quasi strascicato
sull’asfalto come coloro che faticano
a camminare, ma va senza inciampi verso
il piccolo cimitero dove riposerà l’anima
del povero defunto.
Era zoppa questa marcia, sembrava di sentire
un battito di cuore stanco affaticato
pareva di sentirlo ansimare un po’
di vederlo che si allargava e si restringeva
ad ogni passo. Era zoppa questa funebre marcia
zoppa e inconcludente. Era zoppa:
una marcia zoppa, come dicevo. Ogni tanto
un soffiar di naso rompeva il silenzio musicale.
Ma chi sarà il morto il defunto il
non è più lo scomparso. Forse nella bara
non c’era nessuno o le spoglie d’un facsimile
una specie di intruso senza faccia un
piccolo piccolissimo uomo, o donna,
uno scherzo di cattivo gusto una
ragazzata.
Ma non è così, la cosa è molto seria
non è una burla.
Questa musica era zoppa
l’ho ascoltata alla radio qualche giorno
fa e m’è sembrata seria non sconclusionata
anzi seria seria, non so dire quanto
ma era davvero seria e piena di dolore
un dolore zoppo singhiozzante giusto come
il piede d’un povero zoppo che si trascina
franto sulla ghiaia e non si sa
quando arriverà a destinazione.
E’ una cosa che si sente e si immagina
così, come una ventola rotta senza
la forza di girare a regola. Ahimè, come
mi sento affranto per questo involontario
zoppicare, questa musica zoppa mi sembrava
un po’ ansante involontariamente ansante,
mi sembrava un presagio una avviso di povertà
di lugubre povertà, che forse colpirà
tutta la nostra specie tutta la nostra
comunità fra dieci o vent’anni e tutti
tutti saremo zoppi come questa musica
che sarà la nostra marcia funebre,
la nostra fine.
Forse era soltanto un brutto sogno.
Ma, chissà, speriamo… sennò saranno cazzi
aspri, e saremmo fregati come rane senza
più acqua o ragni senza ragnatele
o bufali senza più erba o terribili scrofe
prive di fango.
Zoppi lo siamo già – Forse basterebbe cambiare musica e chissà….
Ederle ha scelto un argomento molto interessante.
Questi versi:
“E’ una cosa che si sente e si immagina
così, come una ventola rotta senza
la forza di girare a regola. Ahimè, come
mi sento affranto per questo involontario
zoppicare, questa musica zoppa ”
mi hanno colpita particolarmente. E’ una bella poesia che non zoppica mai. Grazie e complimenti.
La poesia sarebbe bellissima se non fosse inficiata dalla parolaccia …
Mi scuso per la franchezza, ma ho sempre ritenuto che il linguaggio volgare ne distrugga la soavità ed i nobili sentimenti …
Ins. Gabry
Grazie Emilia, per il tuo solito primo commento. Grazie ancora. Arnaldo
… trovo che gli ultimi versi suonino come una salutare rivolta contro l’angoscia rassegnata di quel funerale strascicato e zoppo, di cui il poeta ci prospetta le terribili conseguenze ( mi richiama “Se questo è un uomo” di Primo Levi):
“…sennò saranno cazzi
aspri e saremmo fregati come rane senza
più acqua o ragni senza ragnatele
o bufali senza più erba
o terribili scrofe
prive di fango
Grazie Annamaria. Grazie. Arnaldo Ederle
Caro Arnaldo, che maledetta storia ci racconti, l’orrore della nostra animalità che in fine ci succhia l’acqua e ci riduce a fango. Annamaria ha colto bene secondo me che l’ultima strofa si oppone (si rivolta, scrive lei) al precedente funerale.
Ma, invettiva finale a parte, è il funerale che tu descrivi, un funerale senza nessuno nella bara, almeno fin che se ne può cantare lo svolgimento.
E vengo al canto, funebre davvero come un drappo viola e nero. Suoni cupi, gruppi nasali e nasali dentali, echi e ripetizioni, assonanze e consonanze e, come un nolente incedere, non versi metrici ma di piedi lunghi e lenti che si interrompono nella “musica zoppa”.
Al solito, sei bravissimo, il corrispondersi nella tua poesia di suono ritmo e senso è straordinario.
Cara Cristiana, è il tuo commento che è bellissimo! Come sempre cògli gli elementi più
importanti del poemetto , “funebre davvero come un drappo viola e nero”.
Ti ringrazio moltissimo e ti abbraccio con tanto calore. Tuo Arnaldo.