DIALOGANDO CON IL TONTO (8)
di Giulio Toffoli
Pubblico subito in un nuovo post questa replica di Giulio Toffoli (e del Tonto) all’articolo «Trump e i Trumpini italiani» di Donato Salzarulo. È «in sintonia con il dibattito in corso» come mi scrive Giulio, ma ha una sua autonomia che va oltre il commento breve (come quelli miei o di Cristiana Fischer, Annamaria Locatelli e ora di Luca Ferrieri). Ciascuno sceglierà liberamente se inserire ulteriori commenti in questo post o nel precedente. Non è la prima volta che in Poliscritture singoli redattori abbiano opinioni divergenti o contrapposte; e mi pare giusto, come ho appena auspicato, che il chiarimento avvenga in pubblico «lealmente e fino in fondo». (E. A.)
Sono fermo davanti alla vetrina della Feltrinelli. E’ una visione abbastanza sconsolante, sono in mostra una serie di romanzi e romanzetti e nulla di particolarmente entusiasmante. Si salva il viso giocoso di Francesco Gabbani che ci offre la sua versione di Occidentali’s Karma. Almeno una ventata di ironia e un invito a ricordarci che non è molto che eravamo poco più che degli scimmioni.
Mi volto e vedo di fronte a me lo sguardo accigliato del Tonto. In genere è irridente e sovranamente disinteressato ad un mondo che gli appare sempre più distante. Vederlo accigliato mi spinge a chiedergli il motivo di tanta preoccupazione.
“Cosa vuoi – mi sussurra – viviamo in un vero e proprio manicomio e qualche volta non riesco a mantenere la dovuta calma. Ho letto un breve articolo di Donato Salzarulo (qui) e non mi ha proprio convinto. Certo il nostro amico è partito da un fattaccio, quello delle ragazze rom sequestrate, il 23 febbraio, in una specie di mondezzaio della Lidl a Follonica. Un vero fattaccio che ha dato sfogo a un certo mondo reazionario che vive intorno a noi e che abbiamo sempre avuto vicino anche quando pensavamo che le cose fossero diverse.
Mi sono chiesto però: è ragionevole partire da una pur triste pagina come quella per costruire una specie di esaltazione dell’ideologia del buonismo?”
“Non è che il tuo discorso – gli rispondo – mi sembri granché chiaro?”
“Allora diciamo così: ho preso un altro giorno, uno a caso, il 4 marzo, e sono andato a leggere le news. Mi sono trovato di fronte: al rogo del Gran Ghetto di Rignano, a un caso di uxoricidio piuttosto efferato, alla notizia dell’orfanotrofio cattolico irlandese dove sono state trovate delle fosse comuni che dovrebbero contenere, si presume, qualche cosa come 800 cadaveri di bambini sepolti lì, senza che nessuno lo sapesse, fra il 1930 e il 1960. Infine non poteva mancare l’ormai ultrasettantenne Jean Fonda che ci raccontasse: “Io violentata da bambina”.
E mi sono fermato alle notizie dell’ANSA senza indagare più a fondo”.
“Questo vuol forse dire semplicemente che quasi ogni giorno possiamo trovarci di fronte a un catalogo piuttosto ricco di efferatezze e miserie umane?”
“Sì, ma non solo, credo sia necessario guardare a questi avvenimenti con una certa attenzione critica altrimenti si cade proprio in quello che mi sembra l’errore ideologico in cui è finito Donato quando, partendo dai fatti di Follonica e dalle miserevoli reazioni di Salvini, che per altro non passa giorno che non ci ammorbi con una serie di sciocchezze, costruisce una specie di metafisica della condizione umana che ha il suo perno nell’affermazione: “stanno sdoganando i peggiori sentimenti della persona”.
Almeno a mio avviso si tratta di una generalizzazione pericolosa e nella sostanza falsa. Certo i cosiddetti social possano aver trasformato la chiacchiera da bar in una specie di bar universale ma ciò non dà a quelle parole un valore maggiore di quello che avevano prima. Forse una maggiore efficacia? Non credo … Semplicemente una maggiore esposizione per chi ha voglia di enfatizzare simili aberrazioni. Insomma siamo stati educati fin dalla nostra giovinezza al modello giornalistico dello “sbatti il mostro in prima pagina” al fine di generare reazioni più o meno viscerali da parte dell’opinione pubblica. Oggi il meccanismo è amplificato all’ennesima potenza ma proprio per la sua vastità anche parzialmente depotenziato. Ogni giorno una efferatezza sostituisce la precedente, ma ciò avviene non tanto perché il loro numero sia abnormemente cresciuto più semplicemente perché bisogna mantenere viva l’attenzione della gente e , mi scuserai, poterla manipolare”.
“In che senso?”
“Nel senso che – credo di poter dire – sia davvero paradossale partire da Follonica per giungere a realizzare un nesso fra ciò che è successo alla Lidl e Trump. Il rischio è di perdere la misura delle cose. Donato afferma infatti, dopo aver individuato in Trump, l’incarnazione di ogni male, che: “Trump è fascista”.
Sai che non mi piace l’uso impreciso di categorie che sono temporalmente e storicamente ben determinate. Trump sarebbe fascista perché “tale è la sua concezione del potere”, ovvero riferendo il parere di tale filosofa Butler: “agi(rebbe) come se avesse il potere esclusivo di decidere”.
Ora quale è la caratteristica del sistema presidenziale statunitense? Quella di porre nelle mani del presidente un potere amplissimo. Arthur Schlesinger Jr., consigliere e biografo di J.F. Kennedy, ebbe a suo tempo a scrivere che la peculiarità del potere negli USA è proprio legato al fatto che il presidente si trova a gestire una specie di potere “monarchico” pro tempore. D’altronde come ha gestito il potere il predecessore di Trump, il super lodato Obama, negli ultimi quattro anni, quando aveva ambo le camere a maggioranza repubblicana e perciò a lui avverse? Tramite una serie di decreti presidenziali che nei fatti potevano solo limitatamente essere discussi dalle camere.
Ciò che spaventa Donato è la nuova “radicalità” di Trump tanto che si affatica a trovare in Gramsci una specie di categoria che dovrebbe essere adeguata al caso, quella di: “sovversivismo delle classi dirigenti”. Ma è poi una diagnosi giusta? Quando mai le classi dirigenti non hanno utilizzato, nel momento della necessità lo strumento della sovversione. E poi cosa si intende per “sovversione”?
La storia degli USA dal 1945 in poi, sul secolo e mezzo precedente meglio il silenzio, è caratterizzata da un potere oligarchico che ha operato sempre al margine e spesso infischiandosene di ogni legge che non fosse il presunto superiore “interesse nazionale”.
Il problema è che Trump è diverso. E’ estraneo alla cerchia dei politicanti che costituiscono l’oligarchia dominante WASP. Questa differenza è mal tollerata. Non è politically correct, parla usando una retorica rude e non naturalmente ipocrita, va in giro con una cravatta rossa ed è stato sbattuto in prima pagina dal Time, estremo scandalo, con un grosso pugnone chiuso.
Insomma un personaggio poco affidabile, secondo i parametri del moralismo politico USA e probabilmente anche dell’opinione pubblica occidentale, o almeno di una parte di essa che con Donato si aspettava che: “il quotidiano esercizio della funzione di Presidente lo avrebbe reso più moderato”.
Insomma Trump è incorreggibile. Il problema sarebbe di vedere se i suoi predecessori siano stati poi dei modelli di virtù, di moderazione e di sapienza politica.
Mi consenti di non crederlo?”
“Certo – aggiungo – la storia degli USA negli ultimi settant’anni non è stata certo gestita da educande. Si tratta di una vera e propria vetrina del cinismo del potere. Dal generale Eisenhower in poi chi potremmo salvare? Difficile individuare uno che non sia responsabile di crimini efferati che in un’altra condizione sarebbero stati condannati come crimini contro l’umanità”.
“Ma – prosegue il Tonto – c’è qualche cosa di più. Infatti Donato afferma che: “Trump ha liberato il blocco sociale dei suoi ammiratori dai sensi di colpa, dalla vergogna di definirsi razzisti, maschilisti, antifemministi, intolleranti”. E’ poi vero? L’America di Nixon, di Reagan, dei Bush, ma in fondo anche quella di Clinton e Obama era forse diversa? Ho l’impressione che qui in Italia e soprattutto fra i nostri amici vi sia una vera e propria distorsione nella visione degli USA. Prendono quella che vedono nei film per l’America reale. Sembra che non abbiamo neppure mai visto un serial come Criminal minds che potrebbe fargli capire cosa è veramente quel paese-continente”.
“Per cui quando Donato afferma che grazie a Trump ora è possibile senza vergognarsene essere “caini e politicamente scorretti” tu non sei d’accordo”.
“Almeno per due motivi. Perché non mi piace abusare di miti per sovraccaricarli di significati che gli sono estranei. Parliamo di età della scienza poi siamo ancora imbevuti di una arcaica mitologia. E’ ormai dimostrato in modo scientificamente inoppugnabile che il conflitto fra Caino e Abele non è problema parentale ma una trascrizione mitologica di un conflitto fra due forme di società, d’un lato quella agricola dall’altro quella pastorale e ciò non ha nulla a che fare con il nostro tema. E poi quel politicamente scorretti non è forse un nostro marchio di fabbrica? E’ la sinistra che è ontologicamente “politicamente scorretta”, e che ora questa condizione ci venga espropriata dalla destra vorrebbe dire semplicemente che siamo definitivamente integrati nel gioco politico dell’establishment. A questo proprio non ci sto”.
“Ritornando dal cielo dei massimi problemi alla miseria del quotidiano, Donato affermava che al di là della responsabilità individuale vi è anche una responsabilità, diciamo così, politica legata a chi come Salvini amplifica questi fatti fondando su di essi il suo agire. Anche su questo non sei d’accordo?”
“Il problema, almeno dal mio punto di vista, è se fra l’azione dei giovani lavoratori del Lidl e le dichiarazioni di Salvini esista un nesso oggettivo. Ne siamo sicuri? Se ben ricordo un palestinese di qualche millennio fa ebbe a dire: “chi non ha colpe scagli la prima pietra”. Quella di quei giovani lavoratori è stata una sgradevole e grave stupidaggine enfatizzata dal fatto che viviamo in questa stolida età dei social. Un tempo il tutto si sarebbe risolto con un articolo sui giornali più o meno enfatizzato a seconda delle necessità della loro politica. Oggi quella mediazione è almeno in parte saltata e il tutto si svolge in tempo reale. Ma attenzione con la stessa rapidità un avvenimento è superato e reso obsoleto da uno nuovo che bisogna sbattere in prima pagina per mantenere alta la pressione sull’opinione pubblica”.
“Insomma quando Donato parla di una “cattiveria che c’è in noi” tu non sei d’accordo con questa sua diagnosi”.
“Mi sembra ancora una volta che si corra il rischio di finire in una “ontologia dell’essere sociale” che perde di vista la sua storicità. Gli esseri umani non sono né buoni né cattivi, ove queste due parole abbiano un senso. Sono un naturale coacervo di contraddizioni dove la più alta virtù può benissimo coniugarsi con la peggiore miseria. Siamo ben lontani da quella visione che ci è stata proposta dal grande Pico della Mirandola nella sua Epistola sulla dignità dell’uomo. Negare la nostra contraddittorietà è un grave errore, enfatizzarla è altrettanto sbagliato. Le paure sono reali, sono materialmente date e vanno riconosciute e comprese. La paura del “diverso” e dello “straniero” costituiscono una parte del nostro background profondo. Stigmatizzare, con un gesto di disprezzo intellettuale, queste paure è semplicemente inutile perché non modifica la realtà di un millimetro. Bisogna trovare le giuste strategie politiche e sociali per poter risolvere questi problemi; e il nostro ceto di governo, senza differenze di casacca, ha mostrato negli ultimi decenni una spiccata attitudine a non proporre soluzioni usando la strategia del rimandare a domani, lasciando che il peso delle contraddizioni cadesse sulle singole realtà di base generando disorientamento e conflitti. Il “buonismo” estremo della sinistra radicale ha mostrato i suoi naturali limiti in un difetto di origine ideologico che gli ha impedito e gli impedisce di comprendere le cause profonde dei conflitti che segnano la nostra società”.
“Insomma neppure la posizione che afferma esservi nel cosiddetto “buonismo” un valore fondato su pratiche di solidarietà e di lotta ti convince? … Non ti accontenti proprio mai!”
“Vedi non è un vezzo che mi spinge a dire pregiudizialmente no, è l’esito di un ragionamento che può anche essere sbagliato e che cercherò ora di articolarti.
Facile parlare di solidarietà, ma superata una prima fase di puro spirito umanitaristico rimane il grande problema del che fare. Come trovare una collocazione dello “straniero” o del “diverso” in una società che ha una sua identità, senza correre il doppio rischio di intaccare la libertà di chi viene ma anche senza togliere i diritti già acquisiti da chi costituisce una specifica comunità? La soluzione è tutt’altro che facile. Non nascondiamocelo. Il caso degli USA è proprio lì a insegnarcelo. L’integrazione crea contraddizioni esplosive ove non si trasformi in tragedia. Il caso Obama, che è stato tanto esaltato dalla sinistra radicale, sarebbe stato semplicemente classificato da uno come Malcolm X come l’esempio più lampante di un “negro bianco”. Mi dirai che molta acqua è passata da quegli anni … Ed è più facile vivere dei miti di un presidente nero che guardare in faccia la dura realtà”.
“Insomma tu derubricheresti il gesto dei due giovani di Follonica a una azione stupida, certamente inaccettabile ma che si iscrive nella naturale ambiguità dell’agire umano, dove rispetto dell’ordine sociale, dileggio e irrisione del diverso fanno parte dell’impasto umano che può insieme generare in altri casi invece solidarietà, attenzione e disponibilità nei confronti di chi ti è vicino?”
“Non ti è capitato forse di vedere casi del genere? Gente che compie gesti poco razionali e francamente disdicevoli o che altrettanto irrazionalmente compie gesti disperati di solidarietà umana?
Il problema politico, che è quello decisivo, è ben diverso e come la storia ci insegna, quando a delle contraddizioni non si propongono soluzioni ragionevoli, col tempo i processi tendono a generare crisi sempre più radicale. Vera e proprie realtà in cancrena. E’ con un tempo del genere che ci dobbiamo confrontare. Come dice non a torto Pierluigi Fagan: “Forse avremmo preferito vivere in un’epoca quieta e prevedibile in cui svolgere la nostra esistenza alla ricerca del miglior beneficio personale … ma non è andata così”; e di questo bisogna prendere atto.
E’ assolutamente pericoloso cercare di trovare facili scorciatoie di tipo psicologistico o peggio ancora psicoanalitico, come sembrerebbe suggerire Donato. Né Mussolini, né Hitler, né Stalin, inutile scandalizzarsi, sono mai stati malati mentali. Le loro azioni politiche sono state governate da una dura razionalità, quanto si vuole cinica e sanguinaria, ma richiamarsi a presunti “certificati di buona salute mentale” che qualcuno potrebbe rilasciare vuol dire semplicemente dimenticarsi delle terribili responsabilità della scienza medica nello sdoganare forme più o meno criminali di gestione del potere”.
“Allora e per concludere, – gli dico – visto che siamo davanti a questa vetrina da mezz’ora e non vorrei iniziassero a pensare che siamo dei brutti ceffi con qualche progetto più o meno criminale, ti chiedo: che fare in una realtà come quella in cui ci troviamo a vivere?”
“Abbiamo detto per decenni e ci riempiamo oggi più che mai la bocca – ha aggiunto il Tonto sorridente – di scienza e razionalità. Allora dismettiamo i miti e torniamo a parlare di politica nel senso forte della parola, torniamo a parlare di proprietà privata, di nuova organizzazione del lavoro e di riduzione delle forme di sfruttamento. Forse così, e solo così, troveremo probabilmente gli spazi per consentire una coesistenza di individui di diversa cultura e provenienza in una società che sia realmente plurale. Fino a che vivremo sotto il segno della proprietà privata, del primato del mercato e di una penuria indotta artificialmente, nulla verrà risolto. Sarà solo continuare in una lunga agonia, in una lotta per la sopravvivenza sotto il segno del capitale …”.
“Quella che hai descritto – gli rispondo mentre ci allontaniamo dalla Feltrinelli – altro non è se non quella società nuova che le generazioni del XX secolo hanno lungamente cercato di realizzare. La chiamavano comunismo, ma non è un problema di nome … ognuno può scegliere quello che più gli aggrada.
Mi hai convinto, in onore di coloro che solidalmente si uniranno per costituire questa nuova società andiamo a brindare. Noi manteniamo vigile per quel che possiamo la nostra attenzione critica …”.
:-), :-), :-).
Giulio Toffoli “Mi hai convinto, in onore di coloro che solidalmente si uniranno per costituire questa nuova società andiamo a brindare. Noi manteniamo vigile per quel che possiamo la nostra attenzione critica …”.
Ma i migranti sono comunisti o possono diventarlo? Per quel che vedo vengono qui per partecipare a quella che loro percepiscono come un’orgia del benessere. Sfruttano le situazioni che i loro supporter locali gli elargiscono. Aprono attività commerciali approfittando di leggi a loro favore e le gestiscono con totale spregiudicatezza evadendo le tasse e ignorando le regole. Se non riescono o campano parassitariamente o delinquono. Vogliono far soldi, qualsiasi sia il modo, purché rapido. Sono individualisti, opportunisti. Insomma hanno una visione darwinista della società. Fanno gli apprendisti capitalisti, quelli della peggior specie.
Sembrerebbe un discorso che si colloca a parte ma non lo è, quanto di condivisibile c’è in esso, e non è poco, viene presentato come fosse lo sguardo acuto di un critico critico ma è in buona parte largamente diffuso in chi continua ad esercitarlo il pensiero critico. La lotta contro il capitalismo non solo è tuttora in corso ma si sta armando di contenuti nuovi, per questo l’episodio Lidl non va sottovalutato, la matrice sessista e quella razzista è stata ignorata mentre è su di esse che il pensiero critico antagonista può acquistare spazio.
APPUNTI
1.
« Fino a che vivremo sotto il segno della proprietà privata, del primato del mercato e di una penuria indotta artificialmente, nulla verrà risolto. Sarà solo continuare in una lunga agonia, in una lotta per la sopravvivenza sotto il segno del capitale …». Sento troppo determinismo in questa affermazione. Se «nulla verrà risolto» fino a che «vivremo sotto il segno etc.», che senso ha lottare o pensare a come lottare meglio? L’affermazione mi pare un calco della visione religiosa che promette la soluzione (il paradiso) solo nell’aldilà.
2.
Giulio [Toffoli] ridimensiona l’episodio che io pure ho tanto messo in primo piano ( come Donato) riducendolo a «fattaccio» a «triste pagina». Che rientra in pieno – ahi noi! – nel secolare « catalogo piuttosto ricco di efferatezze e miserie umane». Mi viene in mente il libro, che ho spesso citato, di Sofsky sulla violenza nella storia. E mi viene in mente la discussione che ho appena pubblicato sul rapporto tra poesia e orrore della storia. Posso io pretendere di abolire la violenza dalla storia? No. Ignoro forse che l’episodio di Follonica è uno solo (e neppure il più efferato) dei milioni di atti di oppressione spesso omicida che avvengono in tutto il pianeta? No. Ma a me pare inaccettabile non intervenire, non reagire – sul piano morale? sì, purtroppo *soltanto* sul piano morale – se mi capita di essere in qualche modo coinvolto (stavolta attraverso il video postato su FB, che mi ha per così dire raggiunto) in uno di questi minimi episodi di sopraffazione. Non cambia la situazione delle vittime. Non sono Nembo Kid per occuparmi degli altri milioni di vittime. Ma – mettiamola così – se mi capita di essere coinvolto, faccio quello che posso. Non chiedo medagliette. Non mi sento più giusto di chi fa una scelta diversa dalla mia. Faccio una cosa gratuita e stop. Per un attimo contrasto la tendenza più diffusa a sorvolare, a giustificare.
3.
Io pure in questi giorni ho ribadito in una breve nota per «Operai contro», il blog di alcuni amici, che me l’hanno chiesta una posizione, che non ritengo “buonista” , ma così rischia di essere classificata dai pedanti “cacciatori di buonismo”:
« Indipendentemente da come uno giudica i due dipendenti della Lidl e il loro complice, che ha ripreso con lo smartphone la donna e ha poi pubblicato (o fatto pubblicare) la scena su Facebook – incoscienti? sadici? razzisti? maschilisti? – il video, divenendo come si dice “virale” è diventato pure * politico*; e la sua forza simbolica è stata ingigantita – si pensi ad un cerino acceso in una polveriera – perché Facebook (e con maggiore immediatezza della TV e in genere dei mass media più tradizionali) è un potentissimo moltiplicatore soprattutto (se non esclusivamente) delle emozioni più immediate e viscerali. Mettete su Facebook un ragionamento e avrete si è no qualche decina di “like”. Mettete un video di sapore sadico e ne avrete decine di migliaia. Come ha scritto Renato Curcio in un interessante libretto, «L’egemonia digitale», «finire nel chiacchiericcio informe e anaffettivo di WhatsApp o di Facebook genera una dilatazione e uno sconfinamento repentino del contesto le cui conseguenze, su chi ne è vittima e oggetto, possono avere – e non di rado hanno – esiti pesanti» (pag. 60). E, in questo caso, a farne le spese sono sia la donna rom, ma anche i due dipendenti della Lidl, facilmente messi alla gogna come “mostri”
Ma la polveriera di cui ho detto non è rappresentata solo dalla comunicazione sui social (Facebook nel caso) ma pure dal clima psicologico sempre più “cattivista” che la crisi della globalizzazione sta alimentando. Esistono e si sono sempre più rafforzate forze politiche – la Lega in Italia, il Front National di Marine Le Pen in Francia e ora Trump negli USA – che, anche se non volessimo chiamarle *fasciste* (ma certe continuità ideologiche con quel passato ci sono), avallano e esaltano proprio le reazioni più istintive e di pelle, le passioni più basse, i pregiudizi più atavici, i rancori che si vanno accumulando negli strati sociali (operai ma anche ceto medio impoverito) più danneggiati dalla globalizzazione selvaggia. (Veloce ma indispensabile nota. Dicendo questo, non è che ritenga il PD o la UE o la precedente amministrazione Obama migliori di queste forze politiche, che ora paiono prevalere). In una discussione su questo caso che ho avuto sul profilo Facebook di un amico, siamo stati quasi seppelliti da frasi di questo tipo: « Ma smettiamola di fare i buonisti ….. non sono razzista ma…» ; «Buonisti di tutto il mondo unitevi, e poi tutti insieme… andatevene a fanculo» ; «la feccia viene tutta in Italia il paese dei balocchi per loro, grazie a tutti quelli che dicono poverini». L’uso ossessivo del termine «buonismo», usato come fosse un sasso da tirare indiscriminatamente in faccia a chiunque tenti di ragionare e non è disposto a dare addosso ai poveri, ai marginali, agli immigrati o – diciamo pure – anche a quanti ( i rom o una parte di loro) che non si adattano o non riescono ad adattarsi allo stile di vita standard oggi in Italia, è sintomo di questo clima sempre più irrespirabile. Sul termine “buonismo” si concentra oggi lo stesso odio che in passato si concentrò sui termini ‘socialismo’ e ‘comunismo’. Teniamone conto. ».
4.
Giulio ( ma non solo lui a quanto pare) a me pare sottovaluti troppe cose:
– quella «stupidaggine» dei due giovani lavoratori della Lidl che hanno «dato sfogo a un certo mondo reazionario che vive intorno a noi», se non viene contrastata, rafforza quel «mondo reazionario»;
– lo stesso rafforzamento si ha con le « miserevoli reazioni di Salvini, che per altro non passa giorno che non ci ammorbi con una serie di sciocchezze»;
– lo stesso rafforzamento opera Facebook, che come ho scritto sopra « è un potentissimo moltiplicatore soprattutto (se non esclusivamente) delle emozioni più immediate e viscerali»;
– se è vero che « un avvenimento è superato e reso obsoleto da uno nuovo che bisogna sbattere in prima pagina per mantenere alta la pressione sull’opinione pubblica», è anche vero che quello successivo va sempre nella stessa direzione; e così si forma una catena di eventi che ribadiscono in continuazione solo che il mondo fa schifo, non può essere né cambiato né ritoccato,che i prepotenti hanno sempre la meglio (almeno fino a quando non ci sarà il “comunismo”, che non si sa da dove scenderà su questa terra e quando); e rari sono gli avvenimenti di segno contrario, che vengono taciuti, magari dagli stessi che li compiono, visto che sono sempre più *invisibili*;
– la « naturale ambiguità dell’agire umano» è un dato reale, ma, come sapevano alcuni nostri antenati (non buonisti ma disposti a farsi “tentare dal bene”), è più facile e meno faticoso fare il male piuttosto che il bene; e cioè in questo «impasto umano» non è che spinte al bene e spinte al male siano alla pari, ma o prevalgono le prime o le seconde;
– a far prevalere le prime o le seconde sono le circostanze, le condizioni di tensione e, sì, a me pare, anche l’avallo, il rafforzamento “pedagogico” che viene dalle forze politiche, dalla potenza dei mezzi di persuasione o manipolazione di cui dispongono e anche da noi singolarmente presi se taciamo, lasciamo correre o attendiamo “l’occasione giusta”; e perciò, secondo me, anche se fra l’azione dei giovani lavoratori del Lidl e le dichiarazioni di Salvini non esistesse «un nesso oggettivo» dimostrato o dimostrabile, una «stupidaggine» ( per me, invece, un atto in cui comunque sono compresenti razzismo, maschilismo, classismo spiccioli: avrebbero chiuso in gabbia un italiano trovato a rovistare nel gabbiotto?) *in presenza di forze politiche come la Lega di Salvini, che l’avallano, la giustificano, la propongono indirettamente come “esempio da seguire”*, non è più una *semplice” stupidaggine. ( Come l’antisemitismo “tradizionale” nell’Europa fece un “salto di qualità” quando una forza politica nascente come quella del nazionalsocialismo di Hitler decise di “investirvi”.).
5.
Sul Trump fascista o meno, farei degli approfondimenti. Ma noto una sorta di contraddizione tra sottolineare, come fa Giulio, da una parte l’eccezionale « potere “monarchico” pro tempore» che ha il presidente degli Stati Uniti (Trump oggi, ieri Obama, l’altro ieri i due Bush ecc.) e il ricordare che «la storia degli USA dal 1945 in poi, sul secolo e mezzo precedente meglio il silenzio, è caratterizzata da un potere oligarchico che ha operato sempre al margine e spesso infischiandosene di ogni legge che non fosse il presunto superiore “interesse nazionale» – il che dovrebbe rendere guardinghi e sospettosi *sempre* qualsiasi sia il presidente eletto, e dall’altra parte la concessione di credito o la “piccola soddisfazione” (?) che mi pare di cogliere quando insiste sulla « nuova “radicalità” di Trump» oppure sul fatto che sia «diverso», perché – toh, viene in mente Berlusconi! – è « estraneo alla cerchia dei politicanti che costituiscono l’oligarchia dominante WASP». E poi – qui, mi spiace, davvero scendiamo dal livello politico a quello estetizzante di quanti vedono in Trump quasi un “compagno” – « parla usando una retorica rude e non naturalmente ipocrita, va in giro con una cravatta rossa ed è stato sbattuto in prima pagina dal Time, estremo scandalo, con un grosso pugnone chiuso».
Ora che questa sua «differenza» faccia incazzare i WASP è una cosa, che a me davvero frega poco. Che possa invece essere presa in considerazione o addirittura “affascinare” anche chi vede che questa sua “differenza”, “radicalità”, “diversità” è messa in cima a quell’eccezionale « potere “monarchico” pro tempore» e al servizio *comunque* di « un potere oligarchico che ha operato sempre al margine e spesso infischiandosene di ogni legge che non fosse il presunto superiore “interesse nazionale”», mi fa pensare che dovremmo interrogarci di più su come ciascuno di noi *senta* la potenza dell’Autorità. ( E quindi un’occhiata a certe supposte «scorciatoie di tipo psicologistico o peggio ancora psicoanalitico» non sarebbe – per noi, non per Mussolini, Hitler, Stalin che dormono non so dove – del tutto sprecata.
Anche se sembrano cose lontane fra loro, la sensazione che ho provato leggendo Toffoli è la stessa che provo di fronte a molti discorsi documentati e competenti che si occupano di geopolitica. Sono ampiamente condivisibili, spesso hanno il valore che avevano le vecchie inchieste giornalistiche fatte seriamente (e in questo senso non sono d’accordo che la rete sia un bar allargato di siti e blog e questo spiega il panico e il sempre più frequente ricorso a tentativi di censura), ma alla fine della loro lettura mi chiedo quale possibile prassi indichino; perché in definitiva è questo che conta. Nel caso specifico di Toffoli, che ha il merito di affrontare alcune questioni assai importanti da un punto di vista antropologico prima che politico, mi soffermo solo su due argomenti, dando per scontata un’ampia condivisione. Che molti immigrati vengano qui per aderire a quello che vedono superficialmente come Occidente (consumismo, ecc.), ma se è per questo esistevano anche gli operai crumiri e reazionari. Il problema non è l’ontologia degli esseri sociali ma dei movimenti: a quelli che si ribellano a Rosarno non abbiamo nulla da dire e li lasciamo soli? Beh, se è così vinceranno le tendenze reazionarie interne al mondo dell’emigrazione, che ovviamente non è un soggetto sociale. La seconda questione, ancora più importante, riguarda i fatti di Follonica. Non possiamo a mio avviso guardarli come un esempio di cronaca efferata come tante, per un’evidenza a mio avviso vistosa ma che continua a sfuggire. Se i due ravanatori nella spazzatura fossero stati uomini e non donne, i due miserelli dipendenti non si sarebbero mai permessi un comportamento come quello tenuto perché le avrebbero prese di santa ragione o avrebbero addirittura ammiccato agli altri due maschi. La violenza maschile sulle donne è al primo posto in questa vicenda ma può esser anche una risorsa per la lotta anticapitalistica, se si guarda per esempio a quanto accadrà domani otto marzo.
…mi sembra giusto davanti ai fatti odierni, come Giulio Toffoli fa nelle sue considerazioni, considerare sempre la natura umana che è un impasto di sentimenti buoni e cattivi e la storia come una “macelleria” per il susseguirsi da sempre di orrori…altrettanto giusto studiare le dinamiche di un società globale basata sul capitalismo più sfrenato, che non può che generare sfruttamento e ingiustizie, e cercare di segnalare altre modalità di rapporti nel mondo lavorativo e sociale…Purtroppo però, dall’altra parte i vari Salvini, Trump, Le Pen non sono altrettanto gentleman a considerare l’ambiguità della natura umana, che ci accomuna, non vanno sul sottile: se sei diverso, sei inferiore, se sei “altro”, sei nemico…in tutti i modi da sopraffare (colonialismo, imperialismo) o eliminare (fascismo, nazismo). Così le cose oggi, come fu nel passato…Mi sembra allora giusto prendere posizione: noi non mostrifichiamo, però scegliamo…
…La confusione tra funzioni e uomini, che certo (pseudo)marxismo ha provocato, modificando impercettibilmente la struttura teorica marxiana, va criticata e superata non per innalzare alle stelle, fino ad isolarle, le funzioni e la scienza che le studia, ma solo per dotarsi degli strumenti (razionali) atti a rovesciare il concreto dominio – nelle sue forme storicamente determinate – di certi uomini (minoranza) su certi altri (maggioranza); dove però il problema non è solo quello di abbattere questo o quel gruppo di dominanti, ma di rovesciare quella particolare forma del dominio. L’antiumanesimo scientifico è dunque – perché lo deve essere e deve volerlo – al servizio dell’umanesimo politico.
Cosa hanno invece fatto e fanno gli operaisti (pur quando si cambiano denominazione, come ormai hanno fatto da molto tempo)? Inneggiano agli uomini nella loro caleidoscopica mescolanza, senza pensare alcuna struttura dei rapporti sociali né alcuna forma di riproduzione degli stessi. Hanno preparato un grande calderone in cui apparentemente, come può credere il non aduso al ragionamento, si trovano gli uomini, quelli veri, quelli che incontriamo ogni giorno. Ma non è così. Vi è invece il massimo disprezzo per gli uomini concreti, una forma di supposta “furbizia” elitaria per cui si sa che, nel capitalismo opulento, si formano strati di emarginati che sono l’equivalente del lumpenproletariat ottocentesco, o dei miserabili di Victor Hugo, solo in condizioni di vita imparagonabili – materialmente e mentalmente – a quelle di un tempo. Si è detto che gli operaisti sono politicamente dei soreliani, e filosoficamente dei nietzschiani. Non sta a me dirlo. Degli elitari lo sono però senz’altro, e pure dei mestatori che credono di manovrare imponenti masse, mentre possono influenzare solo alcuni nuclei di intellettuali – difficilmente di tradizione scientifica – e gruppi di nullatenenti e nullafacenti, che in una società meno ricca sarebbero soltanto al puro vagabondaggio o alla piccola criminalità; in più, hanno l’appoggio di quote di “buonisti di sinistra” per descrivere la cui mentalità è sempre meglio ricorrere all’arte, ad es. ai film di Buñuel (tipo Viridiana o Nazarin)….
GLG
http://www.conflittiestrategie.it/perfino-i-marxisti-ricomincino-a-pensare
…
Aggiornando cinematograficamente,visto il mio precedente su Daniel Blake,direi oggi, vi presento Tony Erdmann, pellicola da vedere almeno una volta ma anche due e più, e a maggior ragione se non si é fatta esperienza pratica del mondo ” Sociale” della produzione di merci (beni e o servizi) di questo insieme di capitalismi, che non sono nemmeno più quelli dei tempi di un comunismo mai iniziato, né sono quelli del capitalismo studiato da Marx. E, a questo punto dei dominati, Ultra o iper liberismo, quasi non rende… tant’è che, con buona pace tanto dei cattivisti quanto dei buonisti, il fatto “Lidl” diventa merce; come un cappotto reverse, i primi possono indossarla per una funzione mentre i secondi per quella diametralmente opposta, lasciando paradossalmente entrambi gli spalti, in trappola, dentro la stessa gabbia.
Dissolvenza…
Quando Ennio si ritrova ogni volta da solo , in un angolo posto dentro o addirittura fuori dalla gabbia (ideologica? cattolica? …?) , non c’è amico o “compagno” che tenga, é arrivato il momento della verità?…. Comunque sia è il momento di esporsi sulle guerre, non la prima o la seconda più note, però (e, aggiungo io, sui totalitarismi di fronte ai quali il fascismo e il nazismo erano dilettanti allo sbaraglio) …se ad esempio Donato S. avesse fatto camminate- testi, di denuncia sul premio nobel della pace , conferito orwellianamente, ai quei guerrafondai predatori di Obama e dell’ Europa, anche anche mi sarebbe credibile la sua ultima camminata dialogo con Ennio, ma invece no ….e tant’
é che, infatti , Ennio, sul tema guerre, e sulla relazione guerre e poeta, rimane solo ogni volta, solo almeno da quando lo conosco, ovvero dai tempi della Clinton e la guerra “democratica” per papparsi la Libia( in nome delle fregnacce chiamate liberazione compresa la nostra)….forse, senza neppure arrivare a desiderare strategie di ” lotta ” lontane dagli ” ismi” e dalle chiese per fedeli di ogni tipo e rosario, basterebbe iniziare a conoscere e disinnescare i meccanismi delle armi (merci) non convenzionali usate , almeno per quanto ci riguarda, contro le loro stesse colonie( d Europa), fra le quali armi, oltre le svariate in catalogo della strategia della tensione ( da 1.0 alle attuali innumerabili release), é stata inserita da tre decenni , l’ arma del ” migrante” …peraltro, se il cosiddetto ” buonista” volesse davvero sentirsi un uomo migliore rispetto a tutti gli altri ( cattivisti, o indifferenti etc ) o all’ approccio “freddo” scientifico, potrebbe scoprire in sé un dolore ben più incontenibile sulla violenza della Storia contro questo tipo di dominato? Scoprirebbe l ‘ uomo-bomba?,ergo milioni di uomini bomba su altri uomini parimenti dominati, tanto buonisti quanto cattivisti…tanto per l accoglienza( nelle diverse elemosine e baraccopoli) tanto contro, e, forse, vedrebbe le rispettive sbarre di una medesima gabbia ?
Forse occorre più tontagine 🙂
Caro Giulio, ti ringrazio per le osservazioni. Ecco, una mia prima replica per punti.
1.- L’IDEOLOGIA DEL BUONISMO
Secondo Toffoli, sarei partito da “una triste pagina” per costruire “una specie di esaltazione dell’ideologia del buonismo”
Il buonismo non è un’ideologia. E, per quanto mi riguarda, non l’ho esaltato. Se, però, devo scegliere tra il “buonismo” e il “cattivismo”, preferisco il buonismo. Tra Papa Francesco e Trump coi suoi corifei italiani ed europei, preferisco papa Francesco.
(A scanso di equivoci, non sono un credente.)
2. – LA VALUTAZIONE DEL “FATTACCIO”: ANNEGARLO NEL QUOTIDIANO CATALOGO DELLE EFFERATEZZE E MISERIE UMANE?…
«Ogni giorno possiamo trovarci di fronte a un catalogo piuttosto ricco di efferatezze e miserie umane…» dice Toffoli.
a) Vero. Ma ci sono “efferatezze e miserie umane” che diventano fatti politici più o meno virali. Altre che non lo diventano. Tanto per restare agli esempi di efferatezze elencate da Toffoli: la notizia del rogo del Gran Ghetto di Rignano e dei due migranti morti l’ho letta, in prima pagina con taglio centrale e a caratteri cubitali, sul “Manifesto”, anche il “Corriere” la metteva in prima pagina, ma in un angolo di spalla, in alto a destra; mentre “La Repubblica” la relegava all’interno, alle pagine 12-13. Dell’uxoricidio ho trovato traccia nel “Manifesto”, pag. 7 “La violenza maschile che non intende placarsi” (articolo di Alessandra Pigliaru, la stessa che aveva commentato la chiusura nel container delle due donne rom); non ho trovato nulla, invece, sul “Corriere” e su “La Repubblica”. Quanto alla fossa comune dell’orfanatrofio cattolico irlandese, l’ho trovata sul “Manifesto”, tra le “brevi e brevissime” a pag. 8, accanto a un servizio sulle elezioni in Irlanda; sul “Corriere” a pag. 15 in un trafiletto di taglio basso; su “Repubblica non ho visto nulla. Sugli abusi sessuali subiti da bambina da Jane Fonda “Il Manifesto” ha taciuto, il “Corriere” le ha dedicato una mezza colonna a pag. 23, “La Repubblica” sei righe, a pag. 53.
Non so quanto e quale rilievo abbiano avuto queste notizie sui social. Per quanto mi riguarda, osservo che “Il Manifesto” ha continuato a prestare molta attenzione al problema degli immigrati e a quello del femminicidio, mentre gli altri due giornali consultati risultano più oscillanti e discontinui. Il che mi fa propendere per continuare a comprarlo. È abbastanza in linea con la mia sensibilità culturale e le mie idee.
A distanza di tre giorni dal 4 marzo, la notizia del rogo di Rignano, a quanto pare doloso, torna con rilievo sulle pagine dei giornali. Non sarebbe male che qualcuno/a di Poliscritture approfondisse la questione e contrastasse i sentimenti di indifferenza, se non di disprezzo e odio nei confronti di questi lavoratori stagionali. Lo fai tu, Giulio?…
b) Comunque, tornando all’episodio che ha dato origine a questa nostra discussione, sul “Manifesto” di sabato 4 marzo, Sarantis Thanopulos, membro ordinario con funzioni di training della Società Psicanalitica Italiana, riflette sulla vicenda nella sua rubrica “Verità nascoste” e ne sottolinea, innanzi tutto, la politicità con Matteo Salvini che si è precipitato a promettere assistenza legale ai due giovani schernitori. Proprio per questo, secondo Thanapulos, «in un paese democratico, consapevole della forza delle sue istituzioni, di fronte ad una crisi di valori di cui la “bravata” dei due razzisti è un sintomo inequivocabile, il presidente della Repubblica avrebbe dovuto parlare a voce alta. Avvertire tutti che la democrazia non è un regime clientelare molle e compiacente, ma una forza ferma e temibile per i suoi nemici. Assistiamo, invece, al silenzio pavido delle istituzioni e delle forze politiche, preoccupate di non contraddire i sentimenti di xenofobia che si diffondono a macchia d’olio nella popolazione. La viltà assurta ad arte politica è un’infezione terribile e, a lungo andare, mortale per la democrazia.»
Il problema è proprio questo: dobbiamo o no combattere e contraddire i sentimenti di xenofobia che si diffondono a macchia d’olio nella popolazione? Dobbiamo o no combattere e contraddire leader come Salvini e forze politiche come la Lega che aizzano questi sentimenti?…Le osservazioni di Toffoli non mi aiutano a capire né se farlo, né come farlo.
c) Quanto all’interpretazione psicanalitica che pure è stata affacciata nel mio articolo – rispetto a cui, ne dichiaro chiaramente l’insufficienza – Thanapulos scrive: «Nella società degli adulti la crudeltà segnala uno svuotamento di umanità già compiuto. La disumanizzazione di sé usa la figura della “scimmia” con due fini convergenti anche se formalmente opposti. Da una parte il soggetto disumanizzato la proietta consapevolmente sull’altro come sinonimo di sub-umanità, per collocarlo in posizione di inferiorità, nell’ambito di gerarchie brutalmente, biologicamente determinate. Dall’altra si identifica inconsciamente con la sua potenta animalità, per conferire alla propria distruttiva a-vitalità la qualità di una forza naturale. Ciò che negli abusanti delle nomadi e nei loro “mandanti morali” resta sano, va in cerca di una opposizione/punizione che fermi il processo disumanizzante. È giusto e necessario fermarli in tempo, senza tentennamenti.»
A me pare di capire questo: che non “restiamo umani”, stando zitti o rubricando come “sciocchezze” le iniziative politiche di Salvini. Si rimane umani opponendosi a questa disumanità-animalità inconscia, disapprovandola e “punendola” culturalmente e socialmente. Mi dispiace che Toffoli non avverta questo bisogno e un po’ come il Tonto rimane “accigliato”, “irridente e sovranamente disinteressato ad un mondo che gli appare sempre più distante”.
3.- LA METAFISICA DELLA CONDIZIONE UMANA
Secondo Toffoli costruirei «una specie di metafisica della condizione umana che ha il suo perno nell’affermazione: “stanno sdoganando i peggiori sentimenti della persona”.»
Non sto costruendo nessuna “metafisica della condizione umana”. Sono semplicemente consapevole del fatto che l’individualismo (filosofico e metodologico) aiuta poco a comprendere i comportamenti delle persone. Esiste indubbiamente una “responsabilità individuale”. Ma, come dicevo nell’articolo, le scelte del singolo ricevono approvazioni o disapprovazioni dai gruppi sociali, dalle forze politiche, culturali
4. – “SBATTI IL MOSTRO IN PRIMA PAGINA”
Scrive Toffoli: «Siamo stati educati fin dalla nostra giovinezza al modello giornalistico dello “sbatti il mostro in prima pagina” al fine di generare reazioni più o meno viscerali da parte dell’opinione pubblica. Oggi il meccanismo è amplificato all’ennesima potenza ma proprio per la sua vastità anche parzialmente depotenziato. Ogni giorno una efferatezza sostituisce la precedente, ma ciò avviene non tanto perché il loro numero sia abnormemente cresciuto più semplicemente perché bisogna mantenere viva l’attenzione della gente e , mi scuserai, poterla manipolare”.
a) Nessun giornalista ha “sbattuto il mostro in prima pagina”. Gli schernitori si sono costruiti autonomamente il video e l’hanno diffuso in Rete. Ad enfatizzare una tale aberrazione sono stati loro stessi. Se non fossero stati consapevoli della buona accoglienza che avrebbero ricevuto sui social e da gente come Salvini, sono sicuro che non l’avrebbero fatto…
Non ho dubbi che ci sia un rapporto tra le buone/cattive azioni dei singoli e l’approvazione/disapprovazione del coro sociale (o, se preferisci, del gruppo sociale e culturale di riferimento). Chi ha grosso modo la mia età ricorda quanta comprensione sociale (e giustificazione) ci fosse, fino alla fine degli anni Sessanta, per il colpevole di un “delitto d’onore”…
b) Quanto alla manipolazione della gente da parte dei mass-media, in questa occasione non si è voluto manipolare un bel nulla. La stampa ha giocato, per così dire, di rimessa.
5.- TRUMP FASCISTA E “SOVVERSIVO”
Per Toffoli sarebbe «davvero paradossale partire da Follonica per giungere a realizzare un nesso fra ciò che è successo alla Lidl e Trump. Il rischio è di perdere la misura delle cose. Donato afferma infatti, dopo aver individuato in Trump, l’incarnazione di ogni male, che: “Trump è fascista”.»
a) Sarebbe stupido pensare che fra Trump e l’episodio di Follonica ci sia un nesso causale. Non è stato Trump ad ordinare ai tre giovani di rinchiudere le donne rom nel gabbiotto, di farne un video e postarlo in Rete. Non è stato neanche Salvini. Ma i leader, specialmente se carismatici, sono tali se hanno seguaci ed imitatori. L’imitazione è la prima forma di apprendimento. Trump e Salvini non predicano nel deserto, ma nel “villaggio globale”. I signori suddetti saranno pure nazionalisti e antiglobalisti, ma la prima forma di globalizzazione è data proprio dal flusso informativo- comunicativo che copre ininterrottamente il pianeta. Se il messaggio che arriva ai clienti-elettori è l’istigazione all’odio di immigrati, emarginati ed ultimi della Terra, c’è poco da meravigliarsi se i fans-imitatori eseguono.
b) Non ho detto che Trump è l’incarnazione di ogni male. Ho detto che è un fascista per la sua concezione del potere e lo ribadisco. Del potere, infatti, si possono avere diverse concezioni. Quella di Trump sicuramente non è democratica. Nella migliore delle ipotesi, è autoritaria e reazionaria. Avere una certa “concezione” del potere, non significa poterla facilmente praticare. Questo, perché, il Presidente degli Stati Uniti non è, comunque, al centro del potere americano. L’anatra è sempre zoppa. L’esperienza di Obama dimostra proprio questo.
Scrive Toffoli e su questo punto sono d’accordo con lui: «La storia degli USA dal 1945 in poi, sul secolo e mezzo precedente meglio il silenzio, è caratterizzata da un potere oligarchico che ha operato sempre al margine e spesso infischiandosene di ogni legge che non fosse il presunto superiore “interesse nazionale”.» Gli USA come Repubblica degli oligarchi e delle lobby.
c) Quanto al “sovversivismo” di Trump, se non vogliamo scomodare Gramsci, leggiamo attentamente cosa dice il suo consigliere più influente (secondo molti, un vero presidente-ombra), Steve Bannon. A chi è spaventato dall’instabilità nella quale sono precipitati gli USA dal 20 gennaio, quest’uomo di estrema destra ha spiegato: «Il clima non migliorerà, anzi andrà peggio ogni giorno perché i media globalisti e corporativi si oppongono in modo categorico all’agenda nazionalista di Trump. Se pensate di potervi riprendere il vostro Paese senza combattere, fate un errore madornale: sarà scontro continuo.» I nemici, oltre alla stampa, sono le strutture dello Stato regolatore, ma non solo: «Vogliamo demolire lo Stato amministrativo. Se guardate chi sono i ministri scelti da Trump, capite che sono lì per una ragione: demolire» (Corriere della Sera, 27 febbraio, pag. 13)
6. – MA TRUMP RAPPRESENTA O NO UNA DISCONTINUITÀ? RAPPRESENTA O NO UNA ROTTURA DEL “SISTEMA LIBERALE” AMERICANO? RAPPRESENTA O NO UN TENTATIVO DI SOSTITUIRE QUEL SISTEMA CON UN “REGIME NAZIONAL-POPULISTA”?
Toffoli oscilla tra l’innamoramento per la “diversità”, “l’estraneità alla cerchia dei politicanti” l’anomalia, la differenza, la retorica rude, la poca affidabilità di Trump e l’annegamento di questi suoi tratti nella “vetrina del cinismo del potere” dei suoi predecessori che non sono stato certo “dei modelli di virtù, di moderazione e di sapienza politica”.
Mi sembra che si limiti l’analisi di Trump ad un problema di “stile”. Non è un problema di “stile”, ma di contenuti. Qual è il progetto politico di Trump? Quale visione ha della società?…
«E’ estraneo alla cerchia dei politicanti che costituiscono l’oligarchia dominante WASP.»
Toffoli sbaglia: Trump non è estraneo all’oligarchia dominante. È un membro di questa oligarchia WASP (bianco, anglosassone e protestante).
7.- CAINO E ABELE
Toffoli: «Il conflitto fra Caino e Abele non è problema parentale ma una trascrizione mitologica di un conflitto fra due forme di società, d’un lato quella agricola dall’altro quella pastorale e ciò non ha nulla a che fare con il nostro tema».
a) Lo so. Riuso il mito per smascherare chi predica ogni giorno “radici cristiane” e si comporta da Caino. Del resto, qual è il nostro tema? Non è proprio quello della lotta fra diverse forme di società? La società che vogliono i Caini è quella che esclude, che costruisce muri, che deve fondarsi sulla supremazia della razza bianca, su programmi economici riassumibili in: «taglio alle tasse per gli industriali, taglio all’assistenza medica per i più poveri, taglio agli investimenti per le scuole pubbliche, taglio alla conservazione e difesa del territorio, nuovi e favolosi investimenti per l’esercito, favoritismi per le scuole private, disprezzo per le preoccupazioni ambientaliste, per le donne e la loro professionalità…» (Dacia Maraini, Corsera del 7/3/2017), ecc. La società per cui lottano gli Abeli è molto diversa: basata su una democrazia reale e radicale, inclusiva, solidale, con tassazione progressiva, con l’assistenza medica per tutti, con investimenti nelle scuole pubbliche, ecc.
So distinguere un liberal come Obama da un nazional-populista come Trump. Per me non sono tutti uguali. Ma così come non mi sono innamorato del primo, non mi innamorerò del secondo. Per me stanno dall’altra parte, dentro quella fascia di popolazione da spremere se gli Abeli non vogliono destinarsi al destino mitico che li vuole uccisi dai Caini.
Qual è la situazione del mondo?…I dati sono questi: sulla Terra siamo più di sette miliardi. Il 10% di questa popolazione (700 milioni) controlla l’86% del capitale disponibile. L’1% detiene da solo il 46% (100 milioni). Il 40% della popolazione (2 miliardi e 800 milioni) si azzanna intorno al 14% del capitale. Il rimanente 50% non ha nulla. Non sa come deve fare per arrivare alla sera. Se questi sono i dati, qualsiasi persona di buon senso capisce che i soldi si possono prendere soltanto dalle casse di chi ce l’ha. Trump –sicuramente più di Obama – appartiene per me a quell’1% della popolazione che detiene il 46% del capitale. Troppo. C’è una lotta da fare: togliere a quell’1% e a quell’altro 9% almeno la metà del capitale e redistribuirla al resto della popolazione. Non è un programma “comunista”. Non è una modifica dei rapporti sociali e di produzione. È una lotta riformista per redistribuire il reddito. Ma oggi mi accontenterei di questo.
Ecco, cosa si può fare, caro Giulio. Innanzi tutto, avere sempre in testa questi dati. Poi cercare i nostri miliardari, il 10% della nostra popolazione che partecipa all’affare del secolo, alla lotta di classe vinta dai ricchi, smascherarli, sbattere loro in faccia che non possono continuare così, costringerli a cambiare. I disoccupati, i lavoratori in nero così come i lavoratori del Ghetto di Rignano dovrebbero diventare nostri alleati. La loro richiesta di “vita migliore” non potrà essere soddisfatta da Trump (e Salvini e Grillo), perché questi signori non pongono al centro dei loro programma il “togliere ai ricchi per dare ai poveri”, ma la “guerra tra i poveri e ai poveri”. Finché non comprendiamo (e non facciamo comprendere) queste cose semplici, non andiamo da nessuna parte.
COME L’ORRORE DIVENTA QUOTIDIANO E SI TRASFORMANO ESSERI UMANI IN NON-PERSONE
Sul “Manifesto” di domenica 12 marzo, Alessandro Dal Lago commenta l’episodio del senzatetto di Palermo, arso vivo non si sa se per ritorsione o vendetta.
Dopo aver fatto notare che “episodi simili non sono infrequenti”, scrive: «Cercare di bruciare un senzatetto o pestarlo a sangue, gettare molotov contro un campo Rom o un dormitorio di migranti, aggredire insomma chi non è considerato uno normale, ma un insetto o un disturbo da eliminare, è tipico di certo neo-nazismo.» Il fenomeno trova sostegno in una certa opinione pubblica e in un coro che rischia di generalizzarsi.
«Prendete il caso delle donne Rom di Follonica – scrive, a questo punto, Dal Lago – rinchiuse da due addetti di un supermercato nella gabbia dei rifiuti. Salvini offre solidarietà e sostegno legale ai due responsabili. Era solo uno scherzo, come no. E ora lo scherzo finisce in un corteo di Carnevale. Una donna si maschera da “Rom in gabbia” e un uomo da dipendente del supermercato, dicono le cronache. Commento della sindaca leghista di Cecina: “Maschera di carnevale ieri a Cascina! A me fa ridere!!! A carnevale ogni scherzo vale! Se siete tristi e di sinistra, peggio per voi!”
Ma non è la sola ad avere un singolare senso dell’umorismo. Salta fuori l’avvocato dei due mattacchioni di Follonica e sostiene che nel video non c’è una sola parola di razzismo e che comunque dovrebbe essere ritirato dalla rete perché era destinato a un gruppo chiuso. I due hanno rinchiuso le Rom tra i rifiuti e poi le hanno filmate per far divertire gli amici. Dove sarà mai il reato, dove sarà mai lo scandalo?
L’assassino di Palermo, quali che siano state le sue motivazioni, non si è curato della telecamera di sorveglianza del sito. Può essere stupidità, certo. Ma può anche essere la convinzione che il suo gesto non sia così impopolare. Un paio di anni fa, ci fu un attentato contro un campo Rom a Padova. Ed ecco uno dei commenti online: “Dopo tante brutte notizie finalmente una notizia che trova il consenso dei lettori”
E così di scherzo in scherzo, di aggressione in aggressione, di rogo in rogo, l’orrore diventa quotidiano, abituale e quindi accettabile. Significa che una linea è stata tracciata tra il mondo del “noi” e quegli altri che non esistono, non sono esseri umani e quindi si possono irridere, sequestrare e al limite cospargere di benzina.»
ANCORA SULL’IMMIGRAZIONE.
STRALCI DAI GIORNALI DEL DISCORSO DI EMMA BONINO AL LINGOTTO DI TORINO (ASSEMBLEA DEL PD). CHI VUOLE PUO’ ASCOLTARLO SU “RADIO RADICALE” O SU YOU TUBE.
DA “L’UNITA’”
Premesse a parte, il suo discorso è centrato sulla necessità di integrare gli immigrati, anche quell’esercito di 500mila persone irregolari che si sono accumulate negli anni nel nostro paese, e a cui affidiamo le “nostre cose più care” come i parenti anziani. “C’e un tema che accomuna interessi e valori – sottolinea Bonino – ed è il tema dell’immigrazione e dell’Europa. Una immigrazione ordinata è nel nostro interesse”.
Bonino ricorda il valore dell’economia degli immigrati, 6 milioni in Italia pari all’8% del Pil, contribuenti che pagano la pensione a 640mila italiani, oltre che 805mila studenti senza i quali 35mila classi chiuderebbero e migliaia di professori sarebbero senza lavoro. “Dobbiamo programmare 160mila nuovi ingressi all’anno per i prossimi dieci anni – dice Bonino – Ce lo vogliamo mettere in testa?”.
La leader radicale, poi, si dice non entusiasta degli ultimi decreti sul tema, li definisce “parziali” perché non affrontano il tema dell’integrazione. Ribadisce il no alla moltiplicazione dei Cie, “nè si possono rimandare tutti indietro”. La “Bossi-Fini” va superata, aggiunge: “Il reato di clandestinità è una stupidaggine”. “Bisogna pensare all’integrazione a partire dal lavoro e dai canali regolari con cui queste persone possono lavorare”. Cita Mandela: “Se ci sono moscerini nello stagno, non serve il fucile, occorre bonificare lo stagno”, quindi ricreare un percorso legale di integrazione, “prosciugare gli stereotipi e i pregiudizi”.
Poi l’annuncio: in primavera, insieme a un’ampia rete di sindaci e le più importanti organizzazioni impegnate da anni sul fronte dell’immigrazione, “lanceremo un’iniziativa popolare per proporre una legge che superi la Bossi-Fini”.
Infine, ci tiene a sottolineare l’enorme pressione demografica di un giardino d’infanzia in esplosione come l’Africa su un continente vecchio e in declino demografico come l’Europa. “Non crediate che dopo l’estate tutto torni come prima”, ammonisce.
Da “LA REPUBBLICA”
“Per cambiare il racconto sugli immigrati, per smascherare la grande bugia: sono l’8 per cento della popolazione italiana; il 60 per cento delle domande di asilo sono respinte; gli immigrati producono ricchezza per 100 miliardi l’anno. E sono 500mila gli irregolari, e 80mila le badanti irregolari alle quali affidiamo quel che abbiamo di più caro: i nostri vecchi”.
Impastato di umori e di sofferenza, l’immigrazione è un tema terribile che Emma considera una risorsa. Probabilmente ci vuole un grande patto di civiltà perché diventi storia. E sicuramente non può esserci Partito democratico che non ospiti, come tutti i partiti riformisti del mondo, la sinistra che dà voce agli interessi più deboli, ai diritti sociali più “clandestini”, ai diritti individuali negati.
DA “TORINO OGGI”
“Senza i figli degli immigrati avremmo 35mila classi in meno e 78mila insegnanti senza lavoro.Dobbiamo avere il coraggio di dire questo, forte e chiaro”.
Lo ha detto Emma Bonino, una delle ospiti più applaudite alla convention del Lingotto organizzata da Matteo Renzi.
La Bonino, nel suo intervento dal palco di sabato mattina, ha affrontato quello che è uno dei nodi cruciali della nostra epoca: l’immigrazione.
“Non applauditemi adesso, che magari quello che vi dico non vi piacerà”, ha esordito ironica. “Sono sempre stata molto critica con la direzione del partito”, ha aggiunto, spiegando che sui temi “dei diritti civili e dei diritti umani non c’è mai stato un minimo di interesse”.
“Abbiate più coraggio – ha proseguito Bonino – se c’è un tema dove i nostri interessi coincidono con i valori è il tema dell’immigrazione e dell’Europa. Noi sentiamo falsità da mattina a sera, che ci vengono propinate”.
“Ma la verità – ha ribadito – è che l’immigrazione, ordinata, è nel nostro interesse. I sei milioni di immigrati nel nostro paese, ecco, noi di loro abbiamo bisogno. Troviamo il coraggio di dirlo. Producono l’8 percento del Pil, sono contribuenti netti, nel 2014 hanno pagato le pensioni di 640mila italiani e hanno anche inventato delle imprese scoprendo delle nicchie che gli italiani non volevano aprire”.
“Siamo un continente vecchio – ha concluso – che invecchia sempre di più, siamo il più ricco e anche in declino democratico. A 300 chilometri c’è un’esplosione demografica. Dobbiamo imparare a tenerne conto, dell’Africa”.
APOLOGIA DI REATO E LIBERTÀ DI PAROLA
Sempre sul rapporto fra parole e comportamenti di certi leader (nella fattispecie Matteo Salvini) e suoi seguaci e/o imitatori, dopo l’episodio del ristoratore di Lodi che, reagendo a un tentativo di furto nel suo locale, ha sparato ai ladri, uccidendone uno alle spalle, Sarantis Thanopulos sul “Manifesto” del 18 marzo 2017 scrive:
«Matteo Salvini, che della legge se ne sbatte allegramente – visto che gli è, altrettanto allegramente, concesso – è di un altro avviso. Per lui la giustizia si amministra in piazza nei suoi comizi. Uccidere un ladro disarmato, che non costituisce un pericolo per la nostra vita, è, secondo il codice penale leghista, “legittima difesa”. Un’impresa encomiabile, non un atto legalmente punibile.
Le affermazioni di Salvini (che si è fatto fotografare trionfante con il ristoratore dopo l’omicidio) non sono un’interpretazione palesemente fallace della legge: si costituiscono come apologia di reato, rappresentano un’istigazione all’omicidio indiscriminato, a una pena di morte amministrata personalmente nei confronti di chi minaccia la nostra proprietà privata. Solo se si tratta di un immigrato, questo va da sé.
Se l’Italia fosse ancora un paese di “diritto”, nel senso nobile del termine, come ci compiacciamo pensare, uno come il capo della Lega non dovrebbe essere a piede libero. Invece, va indisturbato in giro a lanciare provocazioni sempre più gravi, in virtù della “libertà di parola”, che applicata al suo caso diventa un guscio vuoto. Le parole in libertà mirate a creare uno stato emotivo di massa che agisce come forza prevaricatrice, creando sopraffazione, nulla hanno in comune con la libertà d’espressione. Sono strumenti di manipolazione che minano l’ordinamento democratico e dovrebbero essere sanzionati con tutto il rigore necessario.
Di tutte le cose che giacciono sotto il cielo, la cosa più pericolosa è la stupidità umana. È di natura emotiva, non si misura con il Q.I. Insegue l’ottundimento del sentimento d’incertezza e abolisce le variazioni dell’esperienza. Il suo obiettivo è la stabilità psichica in se stessa, la semplificazione assoluta del vivere. Il realismo ne è la vittima più illustre.
Rivendicare il diritto di difesa personale con le armi, serve solo a affermare il potere del più spregiudicato, che capita essere il più pazzo. Pensare di poter fermare il processo di globalizzazione alle soglie delle proprie case, invece di cercare di governarlo, serve solo a farsi travolgere.
La coltivazione di stupidità non rientra nella libertà d’espressione perché sfocia inevitabilmente nell’attacco ai diritti umani fondamentali (la differenza, la parità e la fraternità). Fa parte della stupidità umana pensare che le consultazioni elettorali e persino i sondaggi d’opinione possano contraddire i diritti fondamentali, come se il traffico su un ponte potesse fare a meno dei pilastri che lo sorreggono. È viltà verso la stupidità umana rifugiarsi nello spirito di tolleranza: un modo sicuro per esserne sommersi. Combatterla – prima che diventi tsunami – è previdenza (meglio della divina provvidenza).»
Forse chi legge l’articolo di Sarantis Thanopulos pensa già di suo che “Le parole in libertà mirate a creare uno stato emotivo di massa che agisce come forza prevaricatrice, creando sopraffazione, nulla hanno in comune con la libertà d’espressione. Sono strumenti di manipolazione che minano l’ordinamento democratico e dovrebbero essere sanzionati con tutto il rigore necessario”.
Forse pensa anche che le affermazioni di Salvini sono “apologia di reato … istigazione all’omicidio indiscriminato … se si tratta di un immigrato, questo va da sè”. Perciò “se l’Italia fosse ancora un paese di ‘diritto’, nel senso nobile del termine, come ci compiacciamo pensare, uno come il capo della Lega non dovrebbe essere a piede libero”.
Per me queste sono affermazioni gravi, la catena: parole in libertà-strumento di manipolazione-apologia di reato-condanna, è forzata, detto altrimenti: fin dove arriva la libertà di espressione prima di attentare all’ordine democratico?
E a che punto smettiamo lo “spirito di tolleranza” verso la “stupidità”, dato che essa, coltivata, “sfocia inevitabilmente nell’attacco ai diritti umani fondamentali (la differenza, la parità e la fraternità)”?
Accoppiare galera e azione politica non va bene in nessun caso.
Ma, si può obiettare, è azione politica quella di Salvini?
Credo di sì, è azione politica che suggestiona, che spinge verso l’individualismo fai da te in materia di sicurezza, verso il localismo, verso un comunitarismo gretto e intransigente.
Ma la sicurezza *manca*! Sul territorio, nella sanità, nei trasporti, nel lavoro, nella politica. A gennaio in Abruzzo 21 morti per la non praticabilità, causa neve, di strade che erano *già* rovinate. (Chissà come fanno in Alto Adige!) Il globalismo ha indebolito i bilanci statali, il welfare è assottigliato, lo stato offre meno protezione, meno pattuglie, meno vigili del fuoco. I capitali scorrazzano e travolgono le strutture sociali, ognuno si ritrova sempre più solo e isolato, di fronte alla mancanza di lavoro, alla soppressione di un ospedale, al furto di risorse del territorio. L’individualismo non lo crea Salvini, lui sottolinea quello che c’è già. La coesione sociale non l’ha rotta lui, anche se di quella rottura si nutre.
E’ vero che “di scherzo in scherzo, di aggressione in aggressione, di rogo in rogo, l’orrore diventa quotidiano, abituale e quindi accettabile. Significa che una linea è stata tracciata tra il mondo del ‘noi’ e quegli altri che non esistono, non sono esseri umani”, scrive Dal Lago, ma: è stata tracciata o si sta ancora tracciando? Occorre politicamente bonificare il terreno su cui l’orrore quotidiano prospera, e non circoscriversi alle condanne, sarebbe uno scambiare gli effetti per le cause.
“Ma, si può obiettare, è azione politica quella di Salvini? Credo di sì, è azione politica che suggestiona, che spinge verso l’individualismo fai da te in materia di sicurezza, verso il localismo, verso un comunitarismo gretto e intransigente. […]Occorre politicamente bonificare il terreno su cui l’orrore quotidiano prospera, e non circoscriversi alle condanne, sarebbe uno scambiare gli effetti per le cause”. (Fischer)
Ma l’azione politica (di sicuro) di Salvini bonifica “il terreno su cui l’orrore quotidiano prospera”? Se sì, diventiamo tutti delle Lega, votiamola, iscriviamoci ad essa. Se no, combattiamola (questo fa Dal Lago) perché impedisce di trovare una soluzione decente e civile.
Scusa, Ennio, rileggi: dove mai trovi scritto che l’azione politica di Salvini bonifica il terreno eccetera? Non è chiaro che sostengo proprio il contrario?
@ Fischer
Rileggi anche tu. Non ti ho attribuito simpatie per la Lega. Ho posto la questione in termini ipotetici: se…
Se sì… se no… ho cercato di individuare anche una strada che non si limiti a circoscriversi alla condanna, è troppo poco invece sembra bastare.
Quale? Io non la vedo. Ma lascia la parola ad altri.