di Ennio Abate
Replico ai commenti lasciati da Cristiana Fischer sotto i post che ho dedicato a «Comunismo di F. Fortini» (qui, qui e qui). [E. A.]
1.
No, non credo si tratti di pignoleria ma semplicemente di anticomunismo quasi viscerale (che è per me il peggiore). I tuoi commenti svelano, infatti, molto del tuo atteggiamento verso Fortini, un autore che conosci poco, e il suo marxismo. Rigettano, infatti, in un sol colpo il concetto e la parola ‘comunismo’ e l’interpretazione che ne dà Fortini nell’articolo in questione. E hanno un intento preciso: sbarazzarsi dei problemi che quell’idea e quella storia (novecentesca) potrebbero ancora riportare a galla.
2.
Come hai scritto, a te «va bene la visione “materialista” complessiva di Ennio, nel senso che è largamente comune e condivisibile». Va bene anche «partire dalla analisi concreta della situazione concreta, cioè dalla nostra storicità nel capitalismo» o «accettare la nostra fragilità e mortalità », « svelare la servitù delle “cose dette spirituali”» eccetera. Ma soltanto per meglio liquidare ogni ulteriore interrogazione su una faccenda che, come altri, dai sepolta per sempre. Infatti, chiedi: «perché chiamare tutto ciò comunismo, anziché per esempio appello agli uomini di “buona volontà”». Fai, cioè, astutamente rifluire l’idea di comunismo in quella di cristianesimo. (Inciso: come fa un po’ anche Partesana, riconducendo il comunismo di Fortini al suo giovanile protestantesimo o alla Bibbia o al suo rinnegato ebraismo). Nella tua ottica le innegabili venature religiose e utopiche del Fortini giovane vengono scollegate dal pensiero, comunque novecentesco, di Bloch e fatte regredire al “millenarismo religioso”: «La forte carica utopica di Fortini […] affilia il comunismo al millenarismo religioso». Quanto di quelle sue venature religiose siano rimaste intatte e consistenti o si siano ridimensionate e trasformate dopo la sua adesione al marxismo è un problema che salti completamente.
3.
Sostenere, come fai, che, essendo oggi «la parola comunismo […] fortemente connotata» in senso negativo, non avrebbe senso «insistere sul nome» sembra a prima vista una osservazione giustificata. Perché, effettivamente, chi tenta ancora oggi di ragionare sia sull’idea che su quella storia si ritrova in estrema difficoltà. Con questi giri di luna populistici, liberaloidi e nazionalistico-patriottici prevalenti in Italia è impresa ardua e da marziani quella di riflettere – questo è il mio scopo! – su comunismo e storia del comunismo. Tanto più che da noi l’idea di comunismo, per il ruolo storico svolto dal PCI, è stata, specie nella seconda metà del Novecento, più teorizzata scolasticamente che praticata. Figuriamoci poi il ripensare entrambe le questioni in certi paesi – penso all’ex-Urss e agli ex- Paesi dell’Est, come si chiamavano una volta – dove si sono avute le tragiche esperienze di governo della società guidate da partiti che comunisti si dichiaravano. Ed è anche vero che dagli studi storici (penso a quelli che ho citato di P.P. Poggio) «emergono le mille facce del “comunismo” che, sia come metodo di lotta, sia come quadro di riferimento, non è unitario affatto».
4.
Eppure ritengo inaccettabile che persone colte, invece di discutere con il necessario rispetto i limiti effettivi che ci possono essere in questo scritto di Fortini, mirino esclusivamente a liquidarlo e a sbeffeggiarlo, presentandolo sbrigativamente come «un escamotage, per togliere al comunismo la sua reale asperità storica manifestata» (Fischer) o « una supercazzola paramistica» ( Buffagni). O, come fa Aguzzi, vedono nel comunismo esclusivamente una menzognera maschera per conquistare il potere alle spalle dei gonzi.
5.
Sull’uso del nome ‘comunismo’ ho già detto: così si è chiamato ieri, quando pareva una prospettiva politicamente valida; e quel nome va ancora usato oggi, quando pare prospettiva irrealistica. Perché quel nome non conteneva soltanto “ideologia” o un appello alle coscienze dei cosiddetti “uomini di buona volontà”. Ha indicato, invece, per decenni un preciso programma di lotta per milioni di lavoratori inseriti in precisi rapporti sociali di produzione e per i loro potenziali alleati (intellettuali, contadini, ecc.). Oggi la deindustrializzazione ha fatto scomparire quel tipo di lavoratori e i loro figli e nipoti si ritrovano in pratiche di lavoro e di vita mutate, ma ritengo ancora, come ho già scritto, che «è proprio quella connotazione apertamente *anticapitalistica* [della parola ‘comunismo’] che è irrinunciabile».
6.
Quanti dicono «che il capitalismo non sia più quello dei tempi di Marx, che ce ne siano diversi (da studiare, da capire nei loro funzionamenti concreti anche in parte inediti)» hanno in parte ragione. Non possono però sostenere che ci troviamo di fronte ad un capitalismo o a dei capitalismo mutati, sì, ma in meglio. Almeno per buona parte delle società. Possono insistere a parlare di una realtà nuova e sfuggente da riconoscere, da capire meglio o di più. Ma non possono affermare che sia giusto aderirvi, magari per migliorarla. Se si occupassero e analizzassero da vicino le condizioni di chi oggi sopravvive con il lavoro subordinato o addirittura senza lavoro, dovrebbero riconoscere che sono gravemente peggiorate e che qualsiasi che fare dovrebbe essere ripensato a partire da queste realtà.
7.
E allora quello che non si capisce è perché sbarazzarsi di quella idea di comunismo. Fosse pure diventata un semplice *calco* ormai svuotato dal suo corpo (sociale) che lo rendeva reale. O indicasse, al momento, soltanto una prospettiva vaghissima e non praticabile politicamente nell’immediato o chissà per quanti altri decenni. E, soprattutto, non si capisce perché assecondare quelli che, con cognizione ampia o abborracciata della teoria o delle teorie e della storia o delle storie del comunismo, la vogliono liquidare. Perché non sono in grado di indicare altre prospettive, che la potrebbero sostituire. Qual è l’eventuale vantaggio in più per chi abbandonasse la prima e aderisse al loro liquidazionismo? Una critica destruens del comunismo è accettabile, secondo me, soltanto se lo si sostituisce con altro. Se no è un invito romantico e ambiguo a andare *oltre* ma senza saper delinearne qualche tratto fondamentale innovativo e costruttivo, che non si riduca ad un adeguarsi all’esistente, cioè alla reale supremazia dei vincitori del comunismo.
8.
Perché dovremmo poi disfarci della *nostra storia* e di quella *prospettiva* sia pur sconfitta e ridurci a quella che tu, scimmiottando Lenin e stralciandola dalla sua visione marxista e comunista, chiami «analisi concreta» o «procedere e processare criticamente»? «L’analisi concreta della situazione concreta» ha un senso, se possediamo (vecchio o nuovo; più o meno esplicito; più o meno razionalmente fondato) un «criterio» non meramente occasionale e individualistico per praticarla. Né possiamo cambiare i connotati alla *nostra storia* o addomesticarne i lati tragici. Soprattutto non possiamo sbarazzarcene con un colpo di spugna magari non nominandola più, come tu suggerisci. E perciò in un commento ho chiesto: « Siamo stati o no comunisti (per qualche mese, per alcuni anni)? Quella storia è in qualche misura diventata nostra o no?». Adesso che essa – assumiamo l’ipotesi più estrema – sarebbe del tutto esaurita o è stata condannata (nei vari libri neri del comunismo), come succede alle concezioni del mondo degli sconfitti, ed è stata cinicamente deformata e resa quasi invisibile ai più, ripudiarla, rimuoverla, metterci una pietra sopra è la scelta peggiore. Le sue tracce, le sue «rovine» ci sono ancora ed è un dovere studiarle. Perché anche la semplice interrogazione su di essa di alcuni storici o di gruppi dispersi di epigoni dovrebbe interrompersi? Se, come scrivi nell’ultimo commento, Vladimiro Giacché « si impegna a tenere aperta la riflessione sul comunismo», perché non potrei farlo io o non dovrebbe farlo Poliscritture? Lui farebbe «analisi concreta» perché «l’ultimo libro è sul pensiero economico di Lenin nel governo» e valorizzerebbe «ciò che è stato». E gli altri che, invece, secondo te si limiterebbero a immaginare «“altro” che non si è dato», cioè un “possibile”, sarebbero soltanto degli sciocchi o degli imbroglioni o dei venduti o dei “paramistici”?
9.
Certo, questo atteggiamento di responsabilità di fronte alla storia dei comunisti può non essere condiviso da chi ad essa mai si sia avvicinato. Prendo atto, pertanto, di quanto dici e della tua personale estraneità, quando scrivi: «Credo di non essermi mai definita comunista perché temevo un mondo o una società che vuole e conosce il bene di tutti. Il bene di tutti gestito da una parte». Ma le tue obiezioni o convinzioni non impediranno ad altri di pensarci o di lavorare in quella direzione. Posso, perciò, riconoscere che oggi l’ipotesi comunista da programma politico di partiti organizzati si sia ridotta a una semplice idea kantiana, orientativa o regolativa o persino solo ad etica privata o amicale. E che non si possa con chiarezza individuare, tra gli odierni conflitti in corso, nessuna chiara «lotta per il comunismo», come scriveva Fortini nel 1989; e che non s’intravvede nessun soggetto sociale portatore di precise istanze comuniste o ricollegabili ai punti più alti e migliori delle esperienze comuniste del Novecento. Ma – insisto – perché questa idea, e soltanto essa, non dovrebbe più essere pensata e rielaborata? Perché – coscientemente o per adesione allo “spirito del tempo” – imporre o imporci questo tabù? E soprattutto perché, nella odierna confusione di idee, proteggere questa idea ci renderebbe dei retrogradi o dei servi sciocchi o impedirebbe di distinguere tra il vero nuovo e il falso nuovo o di orientare una sia pur approssimativa « analisi concreta della situazione concreta»?
10.
Ultimo appunto. Da dove nasce poi il tono sprezzante e offensivo delle tue critiche a Fortini che ti ha fatto scrivere:«L’argomentazione [ di Fortini] è una narrazione totale, basata su un’etica laica, una versione indebolita e altrettanto fideistica della teologia politica retta dall’amore universale. A essere brutale vale come il due di coppe quando briscola è spade. Non c’è da stupirsi se molti preferiscono le antiche riflessioni religiose piuttosto che il secolarismo smart del ‘900»? E che ti ha fatto poi arrivare alla conclusione drastica: «ritengo lo scritto di Fortini un testo di idee (per non cadere in una versione riduttiva della parola ideologico), con matrici riconoscibili ma poco utili, proprio in quanto riferite a un idealismo etico astratto»? Forse – ma è discorso che qui non sviluppo – dalla tua pretesa di avere un’idea migliore – quella del femminismo – che dovrebbe sostituire (o per te ha già sostituito) quella di comunismo. E qui per ora mi fermo.
M’intrufolo, suggerendo di leggere o ri il vecchio articolo di “Diario” che A. Berardinelli dedicò a Fortini (suo maestro). Poi ripubblicato in “Stili dell’estremismo”. Qui un pezzetto:
http://www.lafrusta.net/rec_berardinelli_stili_estremismo.html
AL VOLO
Si presti attenzione: il «noi» appartiene al passato, il «voi» al presente. Quel voi siamo noi, e appunto noi riguarda lo sparire e il disfarsi, oggi. La furia di dissolvimento evocata dai versi non è un puro dato biologico, né una ineluttabile deriva dell’Essere: piuttosto, è il non volere né immaginare altro destino che quello già scritto per noi da altri, dai padroni della storia, dimenticando il «bene» (parola in cui riecheggia ancora e nonostante tutto un elemento collettivo). Fermarsi, allora, vorrà dire – proviamo a leggere così – prestare ascolto («una volta per sempre») alle voci di cui parlava Benjamin, al futuro che non è stato e che talora è dato cogliere intorno a noi, nell’aria dove furono altri. Questo anche il senso del «difendeteci», in apparenza così dissonante in un autore per nulla indifeso come Fortini, anzi sempre e fino all’ultimo battagliero: per cui «Proteggete le nostre verità», l’ultimo verso della poesia, altrettanto straordinario nella sua orgogliosa umiltà, è un gesto da leggere in filigrana, sullo sfondo del lungo, zelante lavoro di cancellazione e manipolazione della memoria e delle coscienze svolto da chi ha scelto di far tacere ogni voce discorde, ogni segno di dissidenza, ed infine ogni verità (perché la verità è sempre di parte). Ma da dove, e da che tempo ci giunge il memento finale di Fortini, la sua richiesta di ascolto?
(DA L’appuntamento. Sull’eredità di Fortini
10 settembre 2017 Pubblicato da Le parole e le cose
di Luca Lenzini http://www.leparoleelecose.it/?p=28874
No, per favore! Berardinelli no:
http://www.backupoli.altervista.org/IMG/Su_Berardinelli.pdf
Non risponderò punto per punto, che sarebbe forse più facile da leggere in quanto si potrebbe procedere membro a membro. Ma mi richiederebbe molta più fatica, per un risultato che invece con una risposta globale – di contrapposizione sui fondamenti – si raggiunge lo stesso.
Farò appello alla tua intelligenza e a quella di chi legge per individuare i temi di fondo di due “visioni” non comunicabili tra loro.
Un solo appunto, sull’ultima parte della tua nota: perchè mai devi definire sprezzanti e offensive le mie critiche alla concezione di Fortini quale è estrapolabile dal testo sul comunismo? Spero invece che, da quanto segue, capirai come si tratti di critiche reali, pensate. O credi davvero che io mi metta a discutere con una verità (scadente, ça va sans dire) in tasca, ignorando il bel sole che splende fuori? Tu fai così? Neanche io.
Tu valuti troppo poco il richiamo che ho fatto a Giacché, che del comunismo storico in URSS si occupa, del disegno, delle realizzazioni, delle difficoltà, misurando idee, intenzioni e fattualità, realizzazioni.
La battaglia ideologica che ha accompagnato il comunismo reale, sia l’ideologia interna che quella periferica, ha comunque sempre condiviso il razionalismo che è tuttavia il pensiero del capitalismo. (L’analisi non è del solo Del Noce, ma è largamente diffusa, come ben sai.) Condivide tratti indimostrabili: come le magnifiche sorti, proiettate nell’indefinito magari… Condivide una idea di umanità come soggetto fin troppo unitario, trasparente, occidentale… nonostante tutte le “contraddizioni”, però moralmente superabili.
Questo aspetto ideologico del comunismo, presente nel testo di Fortini (che, come ho sempre dichiarato, conosco pochissimo), mi lascia indietro: nello scetticismo. Mi sembra, piuttosto, necessaria una filosofia radicalmente diversa, più vicina a ciascuno e alla relazione-comunità. Che non è neanche il “comune” astratto, identificato dalle lotte in giro per il mondo di soggetti moltitudinari di Negri… dove evaporano le persone reali.
La tua espressione “anticomunismo quasi viscerale (che è per me il peggiore)”, che indica, penso io, la visceralità con cui ti senti di dover reagire, non accetta la scissione che io compio tra comunismo-progetto con la sua realtà storica, e ideologia comunista. Proprio *questa* mi preoccupa, perchè nell’abbraccio di una -qualunque!- ideologia globale, riconosco la spaventosa oppressione di cui hanno dato testimonianze le chiese, cattolica, protestante… e insieme il comunismo.
Ma proprio tu nel commento separi il comunismo reale e “l’idea di comunismo”!
Invece un conto è fare un bilancio storico di 70 anni nell’URSS, analizzando -da storici- dove è stata sconfitta, dove ha sbagliato, se avrebbe potuto vincere, se… ecc, con un approccio di storia ucronica. Altro è dover fare a braccio di ferro con un’”idea di comunismo”, la tua -con quelli che tu identifichi come alleati ideali-, oppure con quella di un altro -che avrà padrini e madrine da un’altra parte.
Così, proprio la tua passione di storico, mi sembra rinchiudersi in una storia ideologica, con una idea imprecisa, e contesa da ben altre componenti, di comunismo.
Ennio, dove avrei fatto quel di cui mi accusi???
In questi due passaggi del tuo commento :
– “Il “combattimento”, per esempio, mi appare un chiaro tema di morale comunista innestato sopra alla così detta “anticipazione”, che è tema blochiano sì ma che sospetto al Nostro sia arrivato più tramite l’etica protestante (e l’ebraismo, ma lo dico solo di soppiatto perché, se fosse vivo, Fortini mi spellerebbe vivo”;
– “Alla fine la definizione migliore di “comunismo” io l’ho trovata nel Fortini che cita Adorno che cita la Bibbia: “Date a tutti da mangiare e da vestire e il Regno dei cieli vi verrà dato in sovrappiù”.”
Ma è una mia interpretazione, non propriamente un’accusa.
Citi una sola frase di un commento privato (anzi un frammento di una frase) – che avevi il premesso di pubblicare solo esplicitando la sua informalità – sopra un singolo predicato di Fortini (“Il combattimento per il comunismo è già il comunismo”), aggiungendo, scorrettezza ancora più grave, una battuta finale della mia lettere che avevamo deciso, su tua richiesta tra l’altro, di eliminare. E da questo deduci che io riduco il comunismo di Fortini etc. etc.?
Ennio, datti una regolata, se vuoi discutere non si fa così.
@ Ezio Partesana
Sì, ho controllato. Hai ragione. Avevo proprio scritto : “Togliendo le ultime righe che iniziano con :”Che altro po…” le pubblicherei nello spazio commento sotto l’ultimo post” e invece ho poi pubblicato anche quella frase. Mi sono lasciato prendere la mano dal demone dell’analogia tra la posizione di Fischer e la tua. Me ne scuso senza esitazioni.
Ennio: «O, come fa Aguzzi, vedono nel comunismo esclusivamente una menzognera maschera per conquistare il potere alle spalle dei gonzi».
Poiché mi tiri in ballo, rispondo solo su questo punto (per rispondere a tutto bisognerebbe scrivere un grosso volume sulla storia del comunismo).
Non credo di avere mai detto e/o scritto ciò che tu mi attribuisci. Non è il «comunismo» ad essere «una menzognera maschera per conquistare il potere», ma solo le teorie di Marx, di Lenin e dei marxisti e leninisti di vario tipo. Il marxismo ha trasformato l’idea di comunismo, con la pretesa di farlo passare dall’utopia alla scienza, in una teoria per la conquista del potere rimandando al dopo la definizione del comunismo da costruire. Lo ha fatto in maniera tale da rendere inevitabile che quella conquista del potere produca non una società comunista ma una società totalitaria. Ancora prima di ogni esperienza pratica, prima del 1917, addirittura ancora vivente Marx, sono diversi i critici di Marx che avevano previsto lo sbocco – direi il fatale sbocco – totalitario. Basta rileggere le polemiche contro Marx degli anni 1848-1890, le critiche di parte democratica radicale (Mazzini), anarchica, socialista, liberale.
La discriminante fra il «comunismo buono» e il «comunismo anticomunista di Marx» è questa, a mio parere: se il comunismo è una libera scelta, una libera associazione fra persone libere e non si organizza come Stato autoritario che pretende di imporre una sua idea di comunismo a tutti, con la forza, allora il comunismo è un’idea rispettabile e chi la vive e pratica è persona / comunità del tutto rispettabile e ammirevole (in Italia ne conosco una, nei pressi di Grosseto, di circa un migliaio di abitanti, si chiama Nomadelfia, ed è comunista al cento per cento, basata sul comunismo evangelico e non su quello marxista). Se invece il comunismo non è una libera scelta ma l’imposizione, con la violenza, di uno Stato, non sarà mai un vero comunismo, ma semplicemente un regime di rapina, un capitalismo di stato oppressore dove una nomenclatura di privilegiati opprime la maggioranza della popolazione.
Non per nulla, dopo cento anni di presunto comunismo reale più o meno imparentato con la tradizione marxista, la bella idea di comunismo coltivata per oltre duemila anni è associata, da un lato, a inenarrabili violenze e massacri, dall’altro, sul piano della previsione di che cosa sia una società comunista nelle sue articolazioni economiche, giuridiche, etiche, delle istituzioni politiche e così via, non è stato fatto un passo avanti. E se si volesse sinteticamente dire in che cosa consista il comunismo, si è costretti a rifarci alle poche e basilari definizioni vecchie di circa 2.400 anni. Tutto il resto, le pretese mille facce del comunismo, riguardano le mille facce, partitiche e statali, con cui il comunismo come lotta per il potere e come esercizio del potere si è manifestato nei 150 anni ultimi passati. Si tratta di varianti interne alla storia per il potere, alla storia nel suo aspetto solito. Non di storia del comunismo, se non a livello, in qualche caso, magari anche nel caso di Fortini, direi esistenziale e psicologico, di speranza, di aspirazione vaga e indefinita. Ciò ha prodotto molta letteratura, anche poesia, come tutte le forme di realtà producono, perché la letteratura è una produzione «omologa» (non analoga) [mi sembra che questo concetto ci sia anche in Fortini] alla produzione di ogni altro aspetto sociale, compresa la produzione economica dei mezzi di produzione e dei beni di consumo.
Ci si può poi dilungare su altre forme di «comunismo», sul sindacalismo comunista, sulla rivoluzione ecc. ecc. Ma il mio assunto di base non cambia. Il comunismo o è una scelta libera o non è; se è una scelta libera, l’unica rivoluzione di cui ha bisogno non è quella che conquista il potere, ma quella che permette il riconoscimento giuridico di comunità comuniste liberamente formatesi. In Occidente, quasi dappertutto, la possibilità di questo riconoscimento esiste (e se non esistesse si dovrebbe fare una campagna per ottenere questo diritto civile, di potersi autorganizzare in comunità libere secondo le proprie idee), ma non mi sembra che i tanti che si autodefiniscono comunisti siano stati e siano disposti ad approfittarne. Preferiscono discutere di comunismo, anziché vivere da comunisti.
Sono le stesse cose che hai detto nei tuoi precedenti commenti. Mi ripromettevo di replicare in dettaglio anche a te. Lo farò appena posso.
Però, però, caro Ennio… se l’impiego di un certo lessico può avere un valore denotativo che eccede l’apparentemente piano svolgimento dell’argomento, allora l’impiego di queste parole nella tua replica:
“anticomunismo quasi viscerale, sbarazzarsi, liquidando, astutamente, sbeffeggiarlo (io contra Fortini), scimmiottando Lenin, gli altri (secondo me) sarebbero soltanto degli sciocchi o degli imbroglioni o dei venduti o dei ‘paramistici’, tono sprezzante e offensivo delle critiche”
evidenzia un misto di fastidio, diminuzione, derisione, imputazioni inventate, poco consono a un piano di confronto. Senza contare la soffice minacciosa frase finale: E qui *per ora* mi fermo.
Bah!
Affatto piacevole.
“A mia difesa”.
Non credo sia un tema di grande interesse ma poiché tengo a commettere errori da solo, nel caso, e non con l’aiuto di altri, pubblico qui lo stralcio della lettera che inviai ad Abate e sulla quale si fonda la sua interpretazione – che è sbagliata – di un mio far “rifluire il comunismo nella tradizione cristiana”.
Ecco il pezzo: ” Il “combattimento”, per esempio, mi appare un chiaro tema di morale comunista innestato sopra alla così detta “anticipazione”, che è tema blochiano sì ma che sospetto al Nostro sia arrivato più tramite l’etica protestante (e l’ebraismo, ma lo dico solo di soppiatto perché, se fosse vivo, Foritini mi spellerebbe vivo) che non, come tu scrivi, come necessità di una ecologia della lotta”.
Ora, come abbia fatto Ennio a non leggere che il soggetto della frase è “l’anticipazione” e non il”comunismo”, non lo so. Poiché escludo sia in malafede posso solo attribuirlo a una lettura frettolosa e poco attenta, e spero sinceramente che il caso non si ripeta.
Un saluto a tutti,
Ezio Partesana
La mia interpretazione sarà «sbagliata», ma la frase della mail di Ezio, che ho sbagliato a pubblicare e me ne scuso ancora ma, ora che è pubblica, posso permettermi di tornare a citarla, dice :
“Alla fine la definizione migliore di “comunismo” io l’ho trovata nel Fortini che cita Adorno che cita la Bibbia: “Date a tutti da mangiare e da vestire e il Regno dei cieli vi verrà dato in sovrappiù”.”
E per me se non fa « rifluire il comunismo nella tradizione cristiana» in una zona abbastanza ad essa prossima lo riporta.
Comunque, è il centenario della nascita di Fortini, ho mandato la mia riflessione su questo suo testo a una trentina di amici, e mi aspettavo qualche commento. Ezio ha risposto e lo ringrazio. Gli altri silenzio. Su LE PAROLE E LE COSE, sotto il post « L’appuntamento. Sull’eredità di Fortini» firmato da Luca Lenzini (http://www.leparoleelecose.it/?p=28874), compaiono solo tre striminziti commenti. E uno – emblematico – recita: « Io mi accorgo ora che, dovendo, non saprei proprio che dire su Fortini». Proprio come per il comunismo.
Anche qui sei scorretto; ma che ti succede Ennio, quale furia ti ha preso per leggere gli scritti degli amici in questo modo?
Pubblico il passaggio integrale: “Che altro posso dirti nei tempi stretti del mio tempo biografico? Alla fine la definizione migliore di “comunismo” io l’ho trovata nel Fortini che cita Adorno che cita la Bibbia: “Date a tutti da mangiare e da vestire e il Regno dei cieli vi verrà dato in sovrappiù”.
Ora, senza mettere in piazza la mia vita privata e quel che mi toglie tempo al momento (che però tu conosci, avendotene io accennato), è così difficile intuire che la mia amara chiusa è più un lamento sul fatto che non si riesca a dire nulla di meglio che non una risoluzione del comunismo nel cristianesimo? Oppure Fortini e Adorno sono, erano, anche loro due che risolvevano il comunismo nel cristianesimo?
Sebbene semiclandestini circolano abbastanza miei scritti, credo, e interventi pubblici, per dismettere la ipotesi che io voglia ricondurre il comunismo a qualche vaga radice cristiana. Se tu hai bisogno, per sostenere le tue tesi, di confermare a ogni costo questa infondata interpretazione, non posso che ripeterti: che ti ha preso?
Ezio Partesana
Non ho nessuna furia contro di te o altri/e. Semplicemente da quella frase io ho ricavato e ricavo questa mia impressione. Sarà sbagliata, lo ripeto. E smentita indubbiamente da altri tuoi scritti.
Mi spiace ora ancor di più avere tirato dentro il tuo nome in un discorso rivolto a Cristiana Fischer.
Che “Fortini e Adorno sono, erano, anche loro due che risolvevano il comunismo nel cristianesimo?”. E’ questione o critica che non mi pare da trascurare. Le accuse in tal senso ( ricordo da Timpanaro) andrebbero valutate e discusse. E se avessi tempo e più preparazione filosofica lo farei. Comunque, non ho nessun “bisogno” di sostenere questa tesi. Anzi ho sempre cercato di contrastarla. Anche adesso che *mi pare* – divento sempre più prudente, mannaggia! – di intravvederla nel discorso di Cristiana.
Non intendo sostenere che il comunismo si possa risolvere, sciogliere, nel cristianesimo. Ma che nelle due disposizioni a pensare la storia operi un effetto di padronanza, che assicura una visione unitaria e legiferante.
E’ poco? Niente affatto, se la cultura occidentale ha quasi dominato il mondo intero con il capitalismo, e ha avuto come partner antagonista il comunismo.
Che cosa resta fuori, o che cosa vuole uscire da questo “ordine” universale?
* Ma per non “sbagliare” ancora aggiungo:
SEGNALAZIONE
Franco Fortini 1917-2017
Eventi per il centenario
(DA http://www.ospiteingrato.unisi.it/franco-fortini-1917-2017eventi-per-il-centenario/#more-3152)
2 AGOSTO 2017 DI REDAZIONE OSPITE INGRATO ONLINE·
RIEPILOGO DEGLI EVENTI
Convegni e incontri già svolti
Memoria del futuro
Leggere Franco Fortini a cento anni dalla nascita
27 febbraio, Biblioteca delle Oblate, Via dell’Oriuolo, 24
con Luca Lenzini
23 marzo, Biblioteca Pietro Thouar, Piazza Tasso, 3
con Stefano Giovannuzzi
6 aprile, Biblioteca Mario Luzi, Via Ugo Schiff, 8
con Stefano Carrai
20 aprile, BiblioteCaNova Isolotto, Via Chiusi, 4/3 A
con Paolo Maccari
4 maggio, Biblioteca Villa Bandini, Via di Ripoli, 118
con Caterina Verbaro
Logo Regione Toscana web
18 maggio, Biblioteca Filippo Buonarroti, Viale Guidoni, 188
con Giacomo Trinci
Attraverso Fortini. Poesia, educazione, mondo
Giornata di studio sul poeta e saggista Franco Fortini
in occasione del centenario della nascita (1917-2017)
9 maggio 2017, Università degli Studi di Roma Tre
(video del convegno reperibili su Vimeo)
Dall’altra riva: Fortini e Sereni
10 maggio, Università di Losanna
Il secolo di Franco Fortini. Conversazioni nel centenario della nascita
19-20 maggio, Università Cardinale Stefan Wyszyński di Varsavia, Istituto di cultura italiana
Convegni e incontri in programma per i prossimi mesi
Fortini e gli anni 68
2 ottobre, Brescia, Fondazione Micheletti
Fortini e le istituzioni letterarie
25 ottobre, Università degli Studi di Milano, 25 ottobre
Franco Fortini: leggere e scrivere poesia
26-27 ottobre, Università degli Studi di Torino, 26-27 ottobre
I. Scrivere poesia, II. Leggere poesia
In conclusione: Tavola rotonda: l’eredità fortiniana nella poesia contemporanea
«Traducendo…» Convegno internazionale di studi su Franco Fortini e la traduzione
2-4 novembre, Università degli Studi di Siena – Università per stranieri di Siena
I. Fortini traduttore, II. Tradurre Fortini, III. Fortini e la traduzione
«…un intellettuale, un letterato, dunque un niente». Eredità di Franco Fortini
7 novembre, Università di Urbino
Fortini 17. Per Franco Fortini nel centenario della nascita
11-12 dicembre, Università degli Studi di Padova
I. Traduzione, II. Poesia, III. Critica, IV. Parole chiave
..ritornando a F. Fortini, secondo me, le sue riflessioni sul comunismo non sono affatto qualcosa di “semplice”, ma una sintesi di pensiero sofferta e conquistata dopo lunghe e travagliate vicissitudini di vita. Una sintesi aperta alla speranza nell’essere umano, soprattutto quello che verrà, senza nascondersi i limiti invalicabili, le difficoltà, i fallimenti passati e presenti…La sua formazione è certo passata attraverso il cristianesimo, di cui manteneva memoria e adesione in molti valori, ma se esso, il cristianesimo, ha potuto tranquillamente convivere con il capitalismo, sostenendolo, come poteva F. Fortini anticapitalista farne il suo centro?
@ Fischer
Mi sento ancora di replicarti su un solo punto. Perché trovo «sprezzanti e offensive» le tue critiche al testo di Fortini? Ma proprio perché abbiamo « due “visioni”» contrapposte delle cose. Non so se proprio « non comunicabili tra loro», perché è certo che ci comunichiamo una certa ostilità che non può non venire fuori in questa o quella frase o battuta. Anche quando si tratta di «critiche reali, pensate», nelle quali il tasso di ideologia o le spinte aggressive sono tenute più sotto controllo. Quanto sia assoluta o relativa si chiarirà col tempo.
La mia espressione «anticomunismo quasi viscerale (che è per me il peggiore)» svela certamente e in parte la mia «visceralità», che è poi rigetto di un tipo di razionalità che *vivo* come élitaria, signorile, prona alla realpolitik, “specialistica” e autoritaria.
Per il resto tutti scommettiamo su una qualche verità ( anche se diciamo di non averla «in tasca»). É in questa ricerca che si annida l’ideologico che permane anche negli “anti-ideologi” o negli a- ideologici. Ci sarà, dunque, sicuramente un « aspetto ideologico del comunismo» anche nel testo di Fortini. Ma si tratterebbe di stabilire quanta ce né e quanto del suo pensiero ad essa si sottrae.
Comunque quel che avevo di meditato da dire l’ho scritto. Replicare ancora quando le nostre posizioni sono così distanti non ha senso. Tocca ora ad altri affrontare i temi che io e te abbiamo proposto, se ne hanno voglia.