di Arnaldo Éderle
E’ NOTTE
Chissà.
Chissà cosa salterà fuori da questi
Notturni, chissà. Ma…
Ma…? Io ci provo.
E’ scuro, le chiome degli alberi sembrano
ciuffi di oscurità,
le fronde disegnano arti infogliati
immobili, no, una leggerissima
brezza li scuote, anzi li accarezza
un poco.
Un poco li bacia, anzi li sfiora
con le sue labbra mute, sfiora le foglie
e le annusa.
L’oscurità invade e trattiene i giovani rami
quasi immoti, ma in attesa
di chissà quale mutamento. E’ notte
e il silenzio abbraccia tutto.
E’ notte.
TOMMASINA
Una macchia bianca affacciata alla
finestra di sopra mi chiama
con una mano, la sposta avanti e indietro.
Tra i ciuffi d’erba nera avanzo
fin sotto la finestra e guardo in su
ma vedo solo la lunga veste bianca i miei
occhi la guardano e mi trema il cuore.
IL SUO CORPO
Come sarà il suo corpo la sua anima,
ma io conosco le due cose, le ho guardate
tante volte e poi tante, oh sì
le conosco come i miei occhi, le ho
le ho guardate ancora e ancora, si sono
accesi gli occhi miei nella luce
della sua grande lampada
e io ero lì fermo, e in quella luce,
l’ammiravo estasiato estasiato.
IL CIELO
Blu, questa volta il cielo era proprio
blu, forse come quello di Klein, senza
la più piccola ombra nera, anzi bianca,
e poi c’era l’aria
che mi rinfrescava il capo, il freddo
della notte, e me lo rapiva là in cima
e un po’ di vento solo intorno
alla mia persona giungeva sereno e pieno
di quiete e le piante un po’ scricchiolavano
intorno a me fermo diritto e gracile come
una foglia verde.
UN UCCELLO
Era un passero piccolo sulla punta
di un albero quello che cinguettava
ad alta voce una piccola nenia accarezzante,
un piccolo passero e una piccola nenia
una straordinaria serenata dalla punta
secca dell’albero, che vagava nel bosco
e solleticava gli orecchi di me solo,
ai piedi dell’albero, fermo e diritto
senza muovere un dito.
IL LAGO
Splende la luna ciara sora Castel
Toblin, non me la ricordavo ma la sua
luce c’era e nel bosco poco filtrava,
per questo gli animali dormivano per questo
il cielo si stendeva di sopra come un
mantello. E le mie mani s’infilavano
nelle mie tasche
come dentro due nicchie.
STOCCAFISSO
Ero fermo ghiacciato
come uno stoccafisso piantato a terra
intorno il buio anch’egli fermo
come l’aria bruna, la cruna della mia
persona invasa dall’oscurità. Non so
cosa facessi veramente in quello stato,
forse annusavo l’aria forse mi piaceva
l’oscuro sembiante forse
il grave stato della mia persona,
che cercassi un diavolo?
Ma non c’era nemmeno l’odore
luciferino nessuno zolfo in giro.
Forse era solo la notte
e il suo svaporante profumo.
LA NOTTE
Che sia la notte senza sole
l’imbroglio che tradisce gli occhi
che non sbirciano più i minimi
i cespugli incolori del bordo delle strade?
La notte è un’imbrogliona, ti trattiene
nel suo buio e ti inganna ti considera
un povero folle e ti canzona.
La notte dei Notturni è una
romanticheria nulla più, forse
quella di Chopin era più seria,
anzi senz’altro, ma poi tutto finiva lì
e il sogno di quelle notti non
produceva che voli di varia
inconsolabile natura.
TUTTI RIMARREMO LI’
Ma alla fine tutti rimarremo lì
inchiodati come santi che pregano il blu-
notte di mantenerci nell’ombra,
come placidi stoccafissi a goderci
il sogno a goderci l’illusione come santi
in adorazione che forse un giorno,
un giorno,
il sogno diverrà realtà.
Proprio stamattina ho letto questa riflessione di Franco Fortini:
“La poesia deve proporsi la raffigurazione di oggetti (condizioni rapporti) non quella dei sentimenti. Quanto maggiore è il consenso sui fondamenti della commozione tanto più l’atto lirico è confermativo del sistema”.
Ora, io non sono un estremista e nemmeno più tanto affetto da ideologia, però questa frase di Fortini mi capita a fagiolo per dire quel che un po’ mi disturba nelle poesie di Arnaldo Ederle: non tanto la bella scrittura, il linguaggio chiaro e scarno di sofismi e la capacità di “rendere” quel che si sente e si vuole, tutte cose che apprezzo, solo non posso evitare di cogliere una certa sua premeditata volontà di commuovere; che forse è la sua principale caratteristica, solo che da lettore preferisco lasciare il sentimento e la commozione alle belle canzoni – parola e musica, non a caso come in questa pagina con Pollini che suona Chopin –. Penso che nessun poeta, quando scrive, si senta sicuro di piacere a tutti, ma forse Ederle è a questo che punta. E lo fa sul piano comune, del minimo che non può non piacere. Intendiamoci, non è una colpa, solo mi aspetterei dalle poesie che leggo qualcosa che illumini e porti qualche rischio in più.
Ecco alcuni versi a sostegno di quanto vado dicendo:
ma vedo solo la lunga veste bianca i miei
occhi la guardano e mi trema il cuore.
*
e io ero lì fermo, e in quella luce,
l’ammiravo estasiato estasiato.
*
intorno a me fermo diritto e gracile come
una foglia verde.
*
Forse era solo la notte
e il suo svaporante profumo.
*
e il sogno di quelle notti non
produceva che voli di varia
inconsolabile natura.
*
a goderci l’illusione come santi
in adorazione che forse un giorno,
un giorno,
il sogno diverrà realtà.
Ho invece molto apprezzato la prima poesia, “E’notte”. Quella ripetizione in chiusura:
e il silenzio abbraccia tutto.
E’ notte.
Certo, è sempre facile parlare.
Proprio oggi ho finito di scrivere una poesia che trovo commovente. Mi scuso con Ederle se approfitto di questo spazio:
QUI SI PERDE ANCHE L’UDITO
Scrivo sempre in questa piazza. E’ sempre domenica, quella di tanti anni fa. Mio nonno col cellulare in mano, mia nonna già in piedi prima dell’alba. Coi capelli biondi che non ha mai avuto. Le mucche di Courbet voltate, che ti mostrano il sedere. Il cagnetto di Velasquez. Nella stalla, tutto quel fango e le rappresaglie dei tedeschi. La Bianchina familiare con il cellophane sui sedili.
Tutta la vita in un nanosecondo.
Eppure si tratta soltanto di questo bozzolo di ragno, con dentro la preda mummificata. La tristezza senza parole e immagine. Lo sforzo di un ragazzo invecchiato nel tentare di stare al mondo, nel mondo. Invece che stare sempre sulle nuvole. Già la morte sta bussando alla porta. Come minimo mi arriverà una multa per non aver pagato la precedente.
Sto qui, dove nulla si muove.
Come un Arcangelo, un grande Deva, aspettando che qualcuno si faccia avanti per potergli menare anch’io. Ma un filo del tuo sangue di luce è entrato in me. Me ne sto rendendo conto solo adesso. Il senso dell’abbandono è evidente, cirri di polvere da fare spavento. Ma se non è triste un golfino azzurro coi bottoni, come può esserlo una casa?
Rifletto qui un raggio di luce del tramonto, quattro ciuffi di tabacco e la sentinella che sta di guardia al bosco. Vorrei essere un intruso.
MAYOOR – SET 2017
…La poesia di A. Ederle, a passi felpati e trasognati, a volte forse troppo insistiti, immette nella dimensione del blu, del silenzio e della solitudine della notte, lasciando aparta la porta del mistero tra sacro e profano, tra santi e demoni…
La tua, Mayoor, è cosi’ atemporale e frazionata, quasi a sbranarsi le sue stesse immagini, che non riesce ad immettersi se non in una sensazione di angoscia propria solitamente di chi nella realtà non entra neanche come intruso : “Vorrei essere un intruso”…Ma con incursioni di autotenerezza: “Ma se non è triste un golfino azzurro coi bottoni, come puo’ esserlo una casa?” Singolare
Singolare…
https://youtu.be/-KF6QSs9jTI
Caro Lucio Mayoor Tosi, la ringrazio del bel completo commento, e anche della critica.
La partecipazione nelle mie composizioni è autentica. Mi spiace che a lei non vada
a fagiolo, ma non posso farci nulla. Sono fatto così. La saluto affettuosamente.
Arnaldo Ederle. Ah, dimenticavo. La sua poesia mi piace, mi sembra davvero autentico
lo spirito con cui è scritta. Complimenti. A.E.
Grazie. Sì, come poeti siamo diversi.
Cara Cristiana, com’è che non mi scrivi niente? Non ti piacciono i miei Notturni?
Beh, non importa. Ti abbraccio. Arnaldo
Che sia la notte senza sole
l’imbroglio che tradisce gli occhi.
La notte è un’imbrogliona, ti trattiene
nel suo buio e ti inganna ti considera
un povero folle e ti canzona.
La notte dei Notturni è una
romanticheria nulla più
e il sogno di quelle notti non
produceva che voli di varia
inconsolabile natura,
e un po’ di vento solo intorno
alla mia persona giungeva sereno e pieno
di quiete e le piante un po’ scricchiolavano
intorno a me fermo diritto e gracile come
una foglia verde.
Ecco il Notturno che mi è piaciuto, caro Arnaldo.
Grazie, cara Cristiana. E’ più che sufficiente. Un abbraccio. Arnaldo