di Luciano De Feo
Non credevo che fosse già tanto tardi. Ero uscito per respirare aria salmastra, e lungo il sentiero pietroso avevo incrociato la signora Benneth.
– Giorno, – dissi. Non ebbi risposta.
Qualcosa del suo viso mi aveva particolarmente impressionato.
Era pallida come le altre volte, gli angoli della bocca, piegati verso il basso, le conferivano un aspetto quasi disperato.
I suoi occhi non mentivano: aveva pianto!
– Mah, queste sono cose dell’altro mondo, – dissi tra me e me, e arrivai all’incrocio.
– Chissà, forse è in pena per il suo figlio maggiore?
Lucio, così si chiamava, era croce e delizia di tutta la Città. A volte anche io lo evitavo.
Passai davanti alla vetrina del Planet Driver, e mi affacciai per vedere chi c’era.
Gli idioti del villaggio!
Il solito Marius, vestito come il garzone del droghiere vicino casa mia, poi Paolo e Modheus, incollati ai computer, e Pascarella, uno dei gestori, che confabulava con Gennargentu.
Parlavano anche loro di Lucio!
Porca fessa, ma non aveva altro da fare Gennargentu, se non trattare a pesci in faccia suo cugino, studiando un modo per farlo rinchiudere in Manicomio?
Andai via, subito, per non rompergli la faccia a tutti e due!
Feci appena qualche passo, e Lucio era li! Dovette sentirmi arrivare, perché sbucò dal nulla, e si piazzò sul marciapiede.
Alto, esile, vestito di scuro, con due scarpe da ginnastica con lo strappo, perché il piede sinistro era ruotato lateralmente, come una vela pronta a spezzarsi!
Non avevo mai notato quella luce sinistra nei suoi occhi belli, color nocciola.
– Stanno parlando di me, non è vero?
– Non lo so, – dissi io, – non ho guardato dentro.
– Gennargentu sta pensando di farmi rinchiudere, non è così?
Non seppi rispondergli.
– Se lo prende nel di dietro, lui e i suoi avanzi di galera, – esplose, poi fece un gesto, verso il bar poco distante, e se ne andò.
E’ vero, ci somigliamo veramente, anche se i miei occhi sono blu elettrico, dono del mio patrigno … fuggito con la figliastra, e la cassa Depositi e Prestiti dell’Associazione Costruttori.
“Piccole stelle di luce al posto delle pupille!”
SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE
– Ciao – mi disse, qualche giorno dopo. Era sprofondato nell’erba del Parco Comunale. Si avvertiva un forte odore di menta e di erba tagliata da poco.
Mi avvicinai, badando a non cascare sulla leggera ingobbatura del terreno, e andai a sedermi poco distante da lui.
– Sapevo che saresti venuto, – aggiunse, coprendosi la bocca con la mano. Il vecchio cocker dal pelo cortissimo continuava a sonnecchiare accanto a lui.
Risi del suo modo buffo di rizzare le orecchie, facendole quasi roteare.
– Ciao Lucio, hallò Mustafa.
– Cosa ti porta fino al Parco, – disse lui, – l’odore pungente delle onde, o le splendide ragazze uscite dalla High School?
– Abbassa la voce, o ti farai sentire!
– Ok, va bene, taci anche tu, Mustafa, l’Uomo del KGB ci sorveglia.
– E dai, piantala!
Nel suo angolo appartato, fuori dal mondo, trascorreva anche intere giornate, leggendo i libri che si portava da casa, o ascoltando il verso degli uccelli, che andavano a posarsi sugli alberi.
– Bello, questo sole che sta per tramontare, – mi disse lui, aggiungendo: – Se vuoi acchiapparle, le sbarbine, ti consiglio di vestirti in modo più ricercato, meno naiff, e di portare un libro … magari te ne presto qualcuno dei miei.
– Non ho intenzione di vestirmi, per andare a CACCIA di selvaggina, cercavo proprio te. Non so come dirtelo, ma … che stavo dicendo? Cristo, mi fai confondere!
– Buon segno, si vede che stai benissimo.
– Sì, scherza pure, – dissi io.
– Perché? Sto esagerando, con le donne? Andiamo, non stiamo mica a casa mia, – e fece segno verso il suo palazzo, che si scorgeva appena, da laggiù.
– Li vedi, LORO? Stanno spiandoci?
Ci risiamo! Loro. Deve assolutamente farsi vedere da una specialista con le palle!
– Tu non li vedi, ma io sì. Sono ovunque, mescolati alla gente, nei portoni aperti a metà, dietro gli alberi! Che vadano a farsi fottere, – urlò, balzando in piedi.
– Ho il mio frammento genetico, QUA DENTRO, trapiantato nel DNA … vadano a fare in CULO! Dovranno ammazzarmi, ma allora il mio frammento si spezzerà in un miliardo di particelle. Ehj ghoul al nadierh! – e si fiondò verso il cancello aperto, sparendo tra i passanti.
***
Era la prima volta che lo vedevo parlare in quel modo. Incredibile! Sembrava un invasato, che urlava frasi senza senso, sconnesse. Tornai a casa depresso, e mi rinchiusi nella stanza, tuffandomi nel mio soffice materasso ortopedico.
Dovetti cadere in un sonno profondo, perché era già scuro, quando udii il telefonino squillare sul comodino.
– Sì?
– Scusami …
– Ma chi diavolo …?
Guardai la sveglia: segnava mezzanotte! Minchia. Avevo dormito più di dodici ore!
– Ci sei? Pronto …
Era la voce inconfondibile di Lucio.
– Vai, ti ascolto, Luciesku.
– Ho sbagliato, stamattina, al Parco. Ero fuori di me, mi dispiace.
– Fa niente … un attimo, – e mi infilai in fretta il maglioncino. Faceva fresco, a quell’ora.
– Pronto? – ripresi, ma non ebbi risposta. Strano.
– Ci sei?
– Sì, – mi rispose dopo qualche attimo. – Stavo verificando … senti, puoi aspettare un attimo … rimani in linea …
Quell’attimo divennero minuti, tanti! Presi al volo il pacchetto di Multifilter, e accesi l’ennesima sigaretta.
“E io sono quello che vuole smettere? Se se!”
– Stefano?
– Eccomi, non mi sono mosso di qua.
– Per quel fatto accaduto stamattina, dimentichiamolo, ok? Ero su di giri, colpa dello stress, di mio fratello Marco, di mia madre, sempre in ansia per me, mettiti qualcosa, Lucio, fa freddo … poi quel libro, Necronomicon …
– Che cosa? Il Necro che?
– Necronomicon, ma non te ne ho parlato? Scusa, proprio non ci sto con la testa! L’ho beccato l’altro giorno, su una bancarella, a tre euro. – Un affare! E non importa se le sue pagine sono sgualcite, e la copertina è consumata …
Questo è andato con la testa! Necronomicon. Se la memoria non mi ingannava, era una balla, attribuita a Lovecraft.
– Esatto, – mi disse lui, al telefonino. – Abdul Al Za Zedh, il sapiente! Era completamente pazzo, quando aveva trovato la chiave magica, per passare da una dimensione all’altra.
– No, Lucio, Al Za Zedh era partorito dalla mente malata di Lovecraft, come il Necronomicon, i mostri urlanti, la voce che sussurrava nelle tenebre … ho letto tutto, di lui …
– No, amico caro, tu hai saltato proprio la parte più drammatica! Ecco, aspetta, prendo il libro … dunque, vediamo, questo no … ecco, l’ho segnato in rosso! Parla di Baal Beth, il custode della parte Oscura dell’Universo Nigro … l’Arcano Demone Maledetto, il cui verso fa impazzire uomini e animali.
NOOOOO! Questo è completamente partito! E io che gli do corda, sperando in un miracolo. Che stronzo che sono!
– Ma io sto a discutere con te, quando là fuori, da qualche parte, c’è la Chiave D’Oro della Volta, per arrivare a un passo dal Signore!
– Ci pensi, – disse poi, – la Chiave Universale per fluttuare, indenne, da una Dimensione all’altra … e basta trafficare con zappa, trattori e mignotte da quattro soldi!
– Ascoltami, Lucio, tutto questo è un po’ patetico, non trovi? Tutta spazzatura inventata dagli scrittori per vendere copie, mentre il resto finirà nel macero.
– Va bene, – disse, e la sua voce tremava, – vuol dire che farò TUTTO da solo!!! Adesso esco, per non scoppiare. Stattene al calduccio, nel tuo letto, accanto ai libri di fantacazzo, io invece girerò per la città; ho già qualche indizio, mi basterà trovare l’ultimo tassello, perché il mosaico possa chiudersi.
– Ah, – aggiunse poi, – io so che tu ti sei fottuto quella mignotta della mia sorellastra. Au revoir, stronzo!
– Lucio! Lucio, rispondi, non fare pazzie … mi senti? Lucio, sei ancora lì?
La linea era caduta.
CAZZO DI UN BUDDA BAMBINO!!!
Tornai a sedere sul letto, con la sigaretta spenta tra le mie dita.
Cazzo cazzo cazzo!!!
Il respiro si fece affannoso … mi sentii avvolgere da un alone caldo, riposante, con un aroma forte, salmastro.
«Una enorme scogliera, sferzata da ondate ciclopiche, nere come il petrolio, disseminata di carcasse di animali enormi, misteriosi, mai visti prima.
Il mio sguardo scivolava verso gli archi mastodontici e le rovine di antichissime costruzioni. Alcune si scorgevano in lontananza, in cima alle montagne altissime.
La mia mente scivolava fra i ricordi di un antico passato, lasciatomi alle spalle, la cui storia – terribile! – andava dipanandosi, velocissima, tra vortici di ghiaccio che spazzavano ogni cosa!
Mani scheletriche toccavano il mio petto NUDO, disegnando col mio sangue mappe di cui si è perso il ricordo. Volti velati che disperatamente cercavano di afferrare dalle Paludi della Dimenticanza …»
… la mia memoria era un Computer, che ordinava Zeri e Uno, aggrappandosi all’ultimo relitto affiorante in superficie, tra i resti di un villaggio raso al suolo …
Cercavo disperatamente di ricordare …
Aprii gli occhi.
Avevo sognato … sotto l’Ulivo c’era Lucio, che sorrideva. Alberi spolverati di rosso si agitavano, mentre gli occhi, lentamente, si riaffacciavano sul lenzuolo, madido di sudore.
I dettagli della stanza si chiarirono in un succedersi di ombre e deboli chiarori; ero solo, in quel silenzio che non mi dispiaceva.
Il telefonino era la, accanto al cuscino. Lo spensi, e tornai a guardare dalla finestra della mia stanza.
Lucio era lì, ma allo stesso tempo era un sussurro tra i rami, in mezzo a quanto di verde era intuibile.
***
Le mie notti erano cupe, come il cielo ottobre.
RICORDAVO …
Milena, la sorellastra di Lucio, se n’era andata, un pomeriggio, mentre io la aspettavo al Bar Frodo.
Avevamo fatto l’amore in macchina, la sera prima, senza guardarci negli occhi. Non avevo mai desiderato quella donna, eppure la rimpiansi, quando bussai più e più volte alla SUA porta, prima di dichiararmi battuto.
Camminai a lungo, per la città deserta, a quell’ora della notte.
Beccai ancora Riccardo Boanerge, in macchina, mentre mandava messaggi … a lei?
Per essere incazzato, lo era, perché aveva un pacco di noccioline salate, che sgranocchiava, bevendo lunghe sorsate di Bourbon direttamente dalla bottiglia.
Il cielo era limpido, costellato di stelle che sembravano d’argento. C’era Orione, che spuntava dietro il Castello che, dalla collina, dominava la vallata, allungandosi fino al mare.
Madonne e Padreterni erano sempre di casa, fra i gruppetti di ragazzi travestiti da rasta, che battevano le mani e prendevano a pugni le saracinesche chiuse.
“Razza di cavernicoli!”, mormorai sottovoce, e tagliai per un vicolo, che sbucava in Via Duomo.
Nessuno. Neanche l’ombra di un nottambulo, con cui scambiare qualche battuta.
Sui muri diroccati delle case, ovviamente OCCUPATE, c’era il solito murale.
La MONTAGNA ULULANTE … dominava un Inferno Dantesco, popolato di Diavoli, Zombie e Veneri Venusiane, con la cosiddetta ben in vista.
“Strano”, dissi, procedendo fino al termine. I Fauni stavano un po’ indietro, davanti a una rozza Bottega Da Oste Gaudenziano: suonavano cembali, tamburelli e ossa umane!
E davanti al popolino, che avanzava dal basso, c’era lui, Lucio!
LUCIO?
… Lucio Tarquinio Scarpa, il Comandante Supremo delle Armate Romano Ispaniche!
LONGA VITA LUCII LONGA VITA POPULI LONGA VITA DIABOLI
Il Diavolo, nelle vesti di Andromeda Procellaria, aveva il volto inconfondibile di Fabiana!
– No, non è possibile. Ancora tu, vipera cornuta …
Il cuore riprese a battere più forte, rischiando di sfondare la gabbia toracica.
Con quanto fiato avevo in corpo, urlai, correndo all’impazzata, fino alla spiaggetta dell’Aurora, dove c’erano coppie seminude che facevano l’amore.
Caddi disteso sulla sabbia bagnata. Piccoli spruzzi di mare si aprivano intorno alla testa, proseguendo qua e là, come minuscole ninfe o demoni che ghignavano, ghignavano, senza pietà, senza …
***
Qualche tempo dopo, ricevetti una cartolina. Era sua, e proveniva da Hayti.
Sul verso c’era scritto:
<<DOMINA SU TUTTI IL SETTIMO Genito del Re Scorpio. Saluti da LUCIO che ha già praticato il VOODOO come Baron Samedì>>
Attaccato all’angolo destro, con lo scotch, c’era anche una strana moneta antica, di rame: raffigurava il Re Scorpio.
ANCORA LUI
LUCIO!
Cazzo! La storia non avrà mai fine.
…in questo racconto, Luciano De Feo mette in scena due fratellastri che si inseguono e si respingono: “la storia non avrà mai fine”, pensa il narratore…Entrambi vivono, con modalità diverse, più nella sfera onirica che in quella reale. Da letture frenetiche o da sogni senza tempo, a tutte le ore del giorno, riesumano dalla palude della memoria brandelli di storia ancestrale, si confrontano con un’istanza di ritorno a stili primitivi di vita, tra mare spiagge e antiche costruzioni in disfacimento, ma poi non meno sono irretiti nel tecnologico in un gorgo caotico…La natura e il diabolico si intrecciano in una matassa aggrovigliata. C’è il modo di dipanarla? E se si trattasse dei due emisferi del nostro cervello?
Sarabanda nel percorso e incertezze sul sé che si presenta e sfugge. Forse il colore degli occhi aiuta a distinguere, pensa il sogno lucido. Sudore e lenzuola sul corpo, durante una leggera risalita dagli anfratti di Morfeo, dalle comunicazioni in sogno a quelle col telefono.
Inseguimenti, incontri, pulsione sessuale, scene di film, ma un generale e crescente clima di minacce e persecuzioni. È questo senso del pericolo, forse, che viene tradotto negli scenari fantasy, aperti, marini e montani – niente più città, auto, strade, bar, parco urbano- antichi e rovinosi, di figli solitari come Marlowe, con Padreterni e Madonne.