di Alessandro Scuro
La rivoluzione annunciata da Isou non ebbe mai luogo e, ad oggi (visto il gruppo di persone al suo intorno non si è mai sciolto), la sua attività e quella dei suoi seguaci non si sono mai spinte oltre l’investigazione e lo sviluppo di pratiche estetiche inedite; le loro provocazioni non hanno mai saputo suscitare nessuno stravolgimento sostanziale nei comportamenti e nelle condizioni umane, trovando eco solo all’interno di una ristretta cerchia di affiliati e simpatizzanti. La ricerca di Isou si concentrò fin dal principio sull’elaborazione di metodo universalmente accessibile e infinitamente implementabile, che permettesse uno sviluppo illimitato e costantemente rinnovato della capacità umana di creare. Naturale che le sue prime sperimentazioni trovassero applicazione in ambito estetico, ma quelle primitive visioni abbozzate, quelle caotiche forme di espressione, non erano che l’avanguardia di un sistema pensiero inedito che, diffondendosi passo dopo passo, avrebbe saputo stravolgere le credenze e le abitudini umane fino a ridimensionare per intero l’esistenza stessa .
A partire dalla poesia e dalla musica, passando per ogni altra disciplina estetica, il cinema, l’economia politica o l’erotologia, Isou intendeva indagare i più disparati ambiti nei quali la conoscenza umana era stata suddivisa e frammentata, per ricondurli ad unica radice, per isolare la particella atomica, infinitesimale, l’elemento originario di ogni creazione, per sintetizzarlo in una pratica totalizzante ed universale che mettesse a disposizione di ognuno l’intero scibile, lo spettro delle possibilità umane e le prospettive illimitate delle rifrazioni da esse provocate, al servizio di un’immaginazione affamata e senza limiti. La forza necessaria allo slancio costantemente rinnovato, la propulsione atta al superamento continuo delle conoscenze e delle pratiche acquisite, derivava però da un’indagine volta a far emergere i pregiudizi e le cattive abitudini accumulate nei secoli, scavando per risalire all’origine di ogni conoscenza. Solo da lì, liberati dei fallimenti e delle limitazioni delle visioni precedenti, si poteva spiccare il salto creativo necessario ai cambiamenti epocali che Isou auspicava provocare a partire dalla scoperta e dall’applicazione sistematica di un arte totale.
Lo stravolgimento che le prime creazioni lettriste intendevano provocare, derivava da un senso di estraniamento generato dalla combinazione di elementi familiari, immaginari o inventati, apparentemente comprensibili, intuibili o suggerenti, associati in maniera inedita. La suggestione, la decodificazione e l’interpretazione veniva determinata, al di là delle intenzioni del suo “autore”, dall’immaginario e dalle suggestioni del “pubblico”, annullando ipoteticamente le distanze e rendendo chiunque un potenziale creatore. Mugolii, grugniti, grida, sussurri, schiocchi, pernacchie, fischi e qualsiasi altro rumore generabile e riproducibile dal corpo umano erano alla base della poesia lettrista, e la loro scrittura più evoluta, la metagrafia, si componeva di ogni alfabeto possibile ed immaginabile, di qualsiasi sistema di simboli esistente e ancora da inventare; una lingua primitiva, ante-babelica, necessaria ad un’umanità nuova per dare espressione a quel che ancora non ha nome.
Fu proprio in quei primi e frenetici anni di attività (dall’immediato dopoguerra ai primi anni Cinquanta), spesi nella ricerca di linguaggio appropriato alle ambizioni lettriste, che Isou espose le sue teorie politiche, complementari al suo discorso estetico. L’uomo imbruttito da una modernità avvilente e frustrante, non sarebbe ripiombato in uno stato di barbarie violenta e selvaggia, ma avrebbe dovuto abbandonare le convinzioni e le convenzioni della civiltà idolatrata. L’accesso ad una nuova era nella quale, spogliato dai miti e dalle false credenze del progresso, l’uomo avrebbe imparato a servirsi, in maniera sempre più disinvolta ed efficace, dell’insieme di tutte le conoscenze acquisite durante i millenni della sua storia, mettendole al servizio delle proprie esigenze, delle proprie passioni, delle ambizioni e di un’immaginazione smisurata, dipendeva perciò da un movimento regressivo, dal ritrovamento previo di una condizione quale quella dei primi uomini.
Per sovvertire l’ordine delle cose e stabilire un sistema di valori e pratiche inedite era necessario raggiungere il punto precedente a quello in cui un’idea su tutte si era accaparrata ogni futuro, confinando ogni altra possibilità entro i limiti dell’innocua fantasia.
Le visioni profetiche, il tono apocalittico, l’atteggiamento sfrontato e l’aura messianica contenute nelle parole di Isou richiamano in vari aspetti Fourier, al quale l’accomunano d’altronde insuccessi ed incomprensione. Entrambi inoltre, per quanto propulsori di idee che avrebbero dovuto proiettare l’umanità in un futuro di meraviglie superlative ed inusitate, si sono dimostrati inadeguati alle epoche durante le quali vissero, e ancor più rispetto a quelle successive. Se i dubbi mossi potevano venir presi in considerazione, arcaiche arretrate ed inappetibili apparivano le soluzioni proposte. La società prettamente agricola di Fourier doveva apparire come un’impresa decisamente strampalata e poco redditizia agli eventuali finanziatori della sua impresa, che per tutta la vita tento di attrarre; apparentemente incomprensibile appare invece, da parte di Isou, il rifiuto delle tecnologie che andavano via via introducendosi in ambito artistico, e che nuove, immense prospettive avrebbero potuto offrire all’applicazione delle sue idee, in merito all’espressione di un arte totale; ed egli restò ancorato, nonostante le intenzioni e le innovazioni sperimentate, a forme di espressione “tradizionali” (poesia pittura, cinema).
Questa indifferenza, questo rifiuto di ogni compromesso con la realtà dei fatti, per quanto cocciuto, megalomane e ottuso, è il principio stesso delle loro convinzioni. Il ripudio di adattarsi al proprio tempo, di adeguarsi all’evidenza del ciclico e costante successo reazionario, che soffoca e riduce a presenza carnascialesca o diabolica ogni tentativo di sovversione al suo interno, va inteso in merito all’appello con cui Isou convocò il «Meeting dei falliti» e alle personalità invitate alla manifestazione. Isou raduna gli inutili, gli incapaci, i pezzenti e gli oziosi, tutti coloro, insomma, che a niente servono e che in nessun modo intendono servire uno stato di cose che ostacola la loro libertà di pensiero e esclusid’azione. Inclassificabili, per reddito o condizione, razza o genere, credenza o provenienza, gli esterni sono gli scarti del sistema imperante, i suoi esuli: gli esclusi, gli esiliati, gli evasi. La gioventù, innanzitutto, i diseredati, i ribelli, i disadattati, gli insoddisfatti ed i disillusi per necessità, per provocazione, o per un’innata e irrefrenabile, curiosità si spingono a cercare al di fuori della logica del permesso e del sensato, altre esistenze possibili.
Inteso così, quello che appare come una rivisitazione nostalgica, un sentimento di rimpianto per i tempi andati, o la mania di un bastian contrario impenitente, diventa uno strumento per indagare la tanto celebrata attualità. Ci si chieda, ad esempio, chi sono gli esterni del nostro tempo, quali le loro ragioni e i loro diritti, le loro aspirazioni e le loro abilità, quale la loro forza ed i suoi sbocchi; ma non si contino tra le gocce dell’ondata populista che, con ingenua sorpresa, ci ha appena travolti. Le loro voci silenziose e silenziate, non si esprimono in voti, non ne hanno il diritto o non lo esercitano. Al di là del menefreghismo, dell’irresponsabilità e dell’irriconoscenza, oltre alle ragioni ( si può osare dire talvolta “forzate”) del voto, bisognerebbe forse iniziare analizzare in dettaglio anche quelle del non-voto, poiché solo così possono emergere i limiti della democrazia attuale, solo a partire da lì è possibile indagare nuove possibilità, esplorare senza timore oltre uno stato di cose che traballa sempre di più sulle proprie giustificazioni.