Due poesie inedite

 

di Canio Mancuso

 

Addestramento sul lago

Ripetiamo i gesti delle anatre
il sonno scivola con noi
sull’acqua dal collo
al grasso delle piume
spruzza le ortensie
fino al nodo dei canneti.
La luce acquosa che ci rassicura
e i nostri voli da riva a riva
le indigestioni di molliche
lanciate da coppie svizzere.
Neanche la montagnola
accartocciata sul lago ci spaventa.

Dove sono i cacciatori?
Ci dicono: Restate qui, non emigrate.

La gentilezza dei cani da guardia:
i cartelli sussurrano attenti
i cani scodinzolano nasando
dai cancelli: alani incrociati
con orchidee, rottweiler morbidi
come camerieri invitano i ladri
in giardino ma i ladri fanno
anche loro la vita delle anatre.

Eh sì, le anatre…
Non imitatele, restate qui.
Dove sono i cacciatori? chiediamo.

Nessuno di noi riesce a vederli
nascosti dietro i canneti: i vecchi
che lucidano armi ammaccate
soffiando tra i denti di ceramica.
Ci aspettavano, ci dicono grazie:
le anatre non sono più tornate.
Ci pregano di restare, noi anatre
apprendiste, ci chiedono un po’
di sangue per le loro doppiette:
avranno le piume il becco la carne e
quello che resta del nostro sonno umano.

Il disordine dell’oncologa

Barcollare sui trampoli
per non incontrarvi: la vostra fede
mi disturba più della mia incertezza.
Tento un passo e mi incollo al muro
vi lancio biglietti dall’alto: Guarirete.
Alla fine del gioco cado a terra
se uno sguardo mi sfiora il piede.
Rompo i trampoli e scappo non fuggo
guardate il morso dell’orologio
sul mio avambraccio ho fretta sentite
questo odore rappreso nel camice
è il mio corpo fatto d’acqua e d’ansia.
Non ho tempo per rispondervi lo giuro
non sono gli occhi con le sclere
gialle e neppure le richieste
di ascolto a infastidirmi: sono
le vostre dita sulle mie spalle
i polpastrelli che mi lisciano
la manica per sapere – cosa? –
una domanda per favore una domanda
domande frecce che non mi raggiungono:
guardatemi scorro sul nastro
della corsia dietro la porta
c’è una risposta per ognuno di voi:
eccola in cambio dei vostri regali
(mille bottiglie e io non bevo il vino).
Le vostre attese gonfie e obbedienti
le maledico con un sorriso.

Ora tocca a voi: svuotatevi dei baci
svestitevi dei muscoli e dei gangli
ma fatelo in silenzio il bocca a bocca
con il respiro stacca le labbra.
Se credete al secondo tempo
della carne se avete investito
nel purgatorio e nelle stazioni
intermedie non disprezzate
la mia fede solitaria
io qui lavoro e prego con voi
e faccio penitenze in nome dei medici
che come me non ricordano i nomi
non preoccupatevi se cado un’altra volta
dov’è la porta? voi dove siete?

6 pensieri su “Due poesie inedite

  1. è un piacere ritrovare due nuove poesie di un autore del quale avevo parlato qualche tempo fa su Versante Ripido in occasione dell’uscita della sua raccolta ” Fiammiferi “.
    Vedo che lo spirito di ironia che trasudava dai versi di allora non è venuto meno in lui e fa piacere leggere che la leggera cattiveria con la quale ritrae i soggetti non è scomparsa .
    Mi auguro che gli altri titoli che andranno a comporre la sua prossima raccolta non smentiscano questa voce così fuori dal coro della poesia di oggi.

    1. Gentile Luigi, la ringrazio. Come ho detto a Paolo Polvani: l’ironia è rischiosa: è una granata pronta a esploderti in mano. Rischi di sembrare cinico, anche se nel cuore non lo sei; sembri incapace di pietà. Eppure io vorrei che la pietà dalle mie cose facesse capolino, qualche volta.

  2. Ho cercato in rete altre poesie di Canio Mancuso, ho letto Il nome e le altre tre comparse su Versante ripido, impostate su una narratività lineare in cui inserisce un motivo di fuga (“… trattandosi di alberi, sempre concentrici./Gli uccelli che ci stavano al riparo/erano veri uccelli…”), poi lo spostamento tematico effettuato decentra l’argomento impostato all’inizio e sposta del tutto altrove la poesia.
    Prevale la narratività a bozzetti anche nelle poesie presentate su Poliscritture due anni fa, mentre nelle due poesie qui ora mi appare la certezza che tutto sia cambiato: più nessuna linearità narrativa ma il fuoco è dislocato in luoghi diversi di una scena non definita, nessuna interpretazione compiuta da personaggi non precisati, nessuna trama filata. Chi sono le anatre e chi i cacciatori? Dove comincia l’umano, dove diventa animale, o pianta, in uno svoltare di campo e controcampo? (Anche se invero si comprende -se pure ho compreso…- che alcuni si addestrano nel verso delle anatre, e addestrano i cani, e i cacciatori anziani ed esperti seguono curiosi i nuovi apprendisti.)
    Anche la mastodontica oncologa immaginaria, che non regge le attese gonfie dei malati sui suoi trampoli sottili, passa avanti e indietro per corridoi e corsie, schivando mani che chiedono e si arresta nella preghiera e nella penitenza: è una storia senza alcun (lieto) fine.

    1. Condivido la sua analisi: sto cambiando pelle. Il mio primo librino aveva qualcosa di bozzettistico (è il suo limite), era ed è un lavoro limitato. Il secondo mi sembra più compiuto, ma devo liberarmi anche di quello. Ci provo.

  3. …trovo queste poesie di Canio Mancuso provocatorie, come pietre lanciate in uno stagno a muovere le acque del fondo, al di là di ciò che appare. Nella poesia “Addestramento sul lago”, si rappresenta una situazione mistificata dove vittime e carnefici, anatre e cacciatori, si prestano per una messinscena i cui nessuno è davvero innocente…
    Nella poesia “Il disordine dell’oncologa” si smonta il mito del buon medico di famiglia, sicuro di sè e rassicurante. L’oncologa, medico degli incurabili, che esce barcollando di scena, svela il suo volto umano in particolare negli ultimi versi: “…non preoccupatevi se cado un’altra volta/ dov’è la porta? Voi dove siete?”

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