di Anna Maria Curci
Avvistamenti
In bilico su toni e fenditure
cerca il prodigio il varco quotidiano
senza i sipari i tuoni e le tribune.
Tu prova a decifrare
linee forme colori.
Della sciarada resta
l’anelito, l’attesa.
Jeanne, Johanna, Giovanna
«Par mon Martin!» soffiava
– era fuoco o bivacco? –
sugli altri copricapo la pulzella.
Dal pascolo al patibolo è un salto,
dietro le tende cifra la menzogna
e batte i denti.
«Ne avessimo da noi!»,
mormorava il nemico.
Di sante folli,
di candide sgobbone da incendiare?
C’è via di scampo dal fumo perenne
o resta il bivio di falso autorizzato
e prosa da scudieri?
Traducendo Sic transit gloria mundi di Czechowski [1]
Lo struggimento mi lascio alle spalle,
percorro la mia strada nella storia.
La lama che mi pende sulla testa
non separa colpevoli e innocenti,
l’alba del giorno una sollevazione
contro speranze dalla voce querula.
Tutto è già stato detto? Non lo so.
Più degli omissis temo le omissioni,
le sommosse mancate contro l’inanità.
Controrepliche
I
Era ambulante nonno,
il padre di mio padre.
Con le pezze di stoffa
traversava i calanchi.
Serbo la discendenza
come viva memoria
sudato testimone
della lampada accesa.
II
Dal dicastero di distorte case
con sua trombetta chiama Barbariccia,
espelle verde bile e i suoi cascami.
L’inferno è qui, confermerebbe Dante.
III
Confusa inciampa
– crimine e vilipendio –
misericordia.
Huis clos
Mal destro condotto
sbarra strada all’ascolto,
annoda e strozza ingenui
dispacci con l’esterno.
C’è un tempo di usci chiusi,
uno di porte aperte.
A metà strada indosso
bizzarro giustacuore.
in memoria
tutto sgomenta
nel giorno del distacco
da voci care
una diceva
“poesia salva la vita”
e non capivi
il fondo doppio
della frase amuleto
e del sorriso
di nuovo sfugge
balenata d’incanto
significanza
Traducendo Rose Ausländer [2]
Una chiusa che sbarra
e i cordiali saluti
lanciati come sfida
all’offerta di aiuto
Keine Delikatessen
si diceva in poesia
E se il ghiaccio ci morde
tu Rose io straniera
ricerco la tua strada
tendo l’orecchio al canto
Il canto di Ischitella
Nella sera che lenta
scendeva i gradini
netta di note
carica di sorte
modulò la voce.
E fu canto
e fu romanza.
Prodigio capovolta tatto udito.
Pareti bianche incavate di grigio.
Liscio di luce si inchinò agli scuri.
Riso d’amore non è mai peccato.
Note
[1] Vedi anche https://poetarumsilva.com/2015/04/17/heinz-czechowski-sic-transit-gloria-mundi/comment-page-1/
[2] Vedi anche https://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2010/04/05/la-parola-terra-materna-rose-auslander/
Anna Maria Curci è nata a Roma, dove vive e insegna lingua e letteratura tedesca. Suoi testi sono apparsi in riviste, in antologie e su lit-blog. Con Fabio Michieli condivide il ruolo di caporedattore del blog letterario “Poetarum Silva”; è nella redazione della rivista trimestrale “Periferie” e del sito “Ticonzero”, dove cura la rubrica letteraria aperiodica “Il cielo indiviso”. Ha pubblicato in rete traduzioni da testi di diversi autori, prevalentemente di lingua tedesca. Sono pubblicate in volume dalla casa editrice Del Vecchio sue traduzioni di poesie da: Lutz Seiler, La domenica pensavo a Dio / Sonntags dachte ich an Gott (2012), del romanzo Johanna di Felicitas Hoppe (2014), di poesie da: Hilde Domin, Il coltello che ricorda (2016). Sue sono le raccolte di poesia: Inciampi e marcapiano (LietoColle 2011), Nuove nomenclature e altre poesie (L’arcolaio 2015).
Catturare una immagine, cristallizzarla, esaltare l’emozione estetica dell’istante, dare importanza al ‘non detto’ più che al dichiarato nei suoi versi brevi, la Curci forse si è educata all’atmosfera di Basho, ha guardato anche al verso laconico del Sinisgalli di ‘Vidi le Muse’ e di ‘Mosche in bottiglia’, ma ricorda mi pare anche la grande lezione di Marianne Moore, la sua cifra per la quale Italo Calvino la inserì in una delle sue Lezioni Americane, l’esattezza.
Un dato che cozza e/o stride con il mio gusto è la proliferazione degli aggettivi qualificativi i quali sono sempre una debolezza dei poeti, una forma di insicurezza per cui lo stesso Charles Simic dichiarò nitidamente che per ogni aggettivo che un poeta usa almeno altri 3 o 4 sono in agguato… Prontissimi a richiedere asilo politico nei versi dello stesso poeta. Poesia, questa della Curci, che cade nello spirito del tempo, un tempo nel quale qualcuno seppe dirci che l’ultima apparizione del mito è stata il comunismo, l’ultima perdita del mito la scomparsa dell’idea di comunismo, rimarrebbero l’utopia e la speranza, ma la speranza tace, e l’utopia è muta…
GR