di Arnaldo Éderle-Gabriel Garcìa Màrquez
Ecco cos’è l’amore: un grande compianto
fin dai tempi del colera in quel paese
nelle lande sudamericane
in una città tutta suono
di trombe e maracas musica
esuberante suonata con piccoli
timpani battuti con grandi mani nere
nella moltitudine di giovani e vecchi
scossi dai riverberi delle dita sulla pelle
dei tamburi.
Questa era l’America scura,
con fortissime braccia e pelli
bianche come il latte che illuminano
i tramonti e le albe come grandi lucciole.
E’ l’America dei Bolivar dei Chicanos
dei Villas delle baracche dei sontuosi
palazzi delle pampas incantatrici dei Borges
delle donne frizzanti e dei cavalieri mascherati.
Oh, quanti amori nascevano in quei luoghi
aperti alla vista, casti o sudici ma quasi sempre
privi di pudori, religiosi nell’anima e selvaggi
nei corpi come nello spirito delle bestie.
Occhi neri e mani ladre, nelle sere argentate
lunghe come i sospiri degli amanti, agili
come il puma, pronte a graffiare la pelle
delle belle donne e la luce delle stelle.
Fu lì che Florentino vide la prima volta
la fragile donna dei suoi cinquant’anni di attesa.
La vide nelle vie affollatissime della città
e l’amò a prima vista, bella come uno squarcio
di luna, sottile come una rondine dolce
come un sorso di rosolio, e se la tenne stretta
al suo cuore eterna come un lungo raggio
di sole a prima mattina.
Fu in quell’unica occasione che la sua persona
si propose quel soave legame che lo condusse
a una vita di contrastato e lunghissimo affetto,
che lo propose come l’amante più longevo
e in qualche modo fedele al suo doloroso
attendere.
Ma la fanciulla credeva al padre che la stimolò
a cedere alle lusinghe del medico che cancellò
il timore del colera che in quell’infausto
periodo della storia del paese produsse
il grande disastro.
Povera colombina. Abbandonò
la sua promessa a Florentino che subì
la sua condanna all’eterna rinuncia.
Passò il più lungo periodo della rinuncia
di Florentino.
Cento più cento più cento e poi ancora
cento erano i numeri che il giovane contava
sulle sue mani ogni volta che la fanciulla
gli appariva ravvicinata dal triste gaudio,
ravvivata dal lento numerare i temuti istanti
del suo vano ricordare. Centinaia di pecore
passavano davanti ai suoi occhi assonnati,
ma nulla poteva cancellare la sua beata immagine
nulla poteva riportare i suoi occhi
vicino ai suoi il suo inebetito sguardo
verso la sacralissima immagine di lei
ormai dimentica del primo amore.
Ora Florentino reggeva il suo ricordo
sempre con un maggior sforzo,
filtrava la sua carissima immagine
nei margini del suo ricordare come un miraggio
che a tratti scompariva dalla sua vista,
e da lì ripartiva la perdita del suo
triste filtro, l’ostacolo d’uno
smagliato ricordo che rattristava la sua anima
e distruggeva il suo cuore fino allo spasimo
della sua vecchia carne indurita
dall’assenza d’amore.
Che gli rimaneva da fare? La sua anima doleva
come un fuoco costretto alla cenere
le sue membra cercavano invano la sua
dolce carne, il suo casto sospiro
le sue labbra il miracolo del bacio.
Oh, quante notti e giorni con la bocca
arsa dalla sete di lei.
Poi il rimedio: seicento e più amorazzi
sparsi nelle strade e nelle scure
camere dei complici alberghi tra le braccia
di belle comprimarie compiacenti: Florentino
comparve nelle liste più pingui degli amorosi
della carne prostituita anche se spesso pura
e complice della sua solitudine.
Ma dopo cinquant’anni e nonostante
quell’enorme numero di seicento amori superficiali,
la fanciulla si staccò dal marito e tornò nella sua
città, nella culla del suo primo amore. Lì
finalmente si rividero.
Florentino le ricomparve
davanti agli occhi e le sue braccia,
le sue braccia lo riavvolsero e lo ristrinsero
nel suo amore, nel loro grande amore
come due esuli ricongiunti come due dolci
passeri dopo un lunghissimo volo tra le nuvole
del cielo e così rimasero fino alla fine
dei loro giorni.
Florentino un’ottantina d’anni, lei una settantina,
presero il battello che solcava il loro
fiume, e lì sopra ripresero ad amarsi come
prima e vissero la loro seconda esistenza
l’uno nelle braccia dell’altro
l’uno nell’amore dell’altro in quel sospiro
che fece dei due amanti la gloria
del mondo.