di Donato Salzarulo
Laura, la mia prima nipote, è diventata maggiorenne il 15 giugno di tre anni fa. Francesca, la sorella, lo è diventata il 9 dicembre di quest’anno. In tutte e due le occasioni mi è stato chiesto di scrivere qualche verso bene augurante. Ho provveduto, ma confesso di aver incontrato grandi difficoltà sia sotto il profilo del contenuto che della forma. Questo per dire che i testi partoriti, dopo molti tentativi, non mi soddisfano. Proprio per questo li sottopongo all’attenzione dei lettori. Vorrei ricevere osservazioni, annotazioni critiche. Vorrei capire cosa non va: la postura, lo sguardo, la scarsa immaginazione, la non entusiasmante poeticità del tema…È vero che, tutto sommato, sto parlando di un fatto privato, ma il tema (cosa augurare a un giovane che raggiunge la maggiore età in questo tempo carognesco) mi sembra tutt’altro che privato.
AUGURI, GRANDE LAURA!
Qualche mese fa, leggendo e
rileggendo il tuo tema
sulla «vita migliore» di Savic,
a un certo punto non ho avuto dubbi:
Laura sta dicendo addio all’infanzia,
sta mettendo la parola fine
sulla sua straordinaria adolescenza.
Mi dispiace tanto, ho pensato,
mi dispiace. E ti ho immaginata
immersa nella spirale di luce
della gioventù ed io più vecchio
irrimediabilmente più vecchio.
È stato un attimo. Poi
mi sono subito ripreso.
In verità i tuoi diciott’anni
li ho vissuti anch’io,
il tuo tempo è comune al mio
e, per quanto così diversi
e differenti – tu sei una splendida
donna ed io un nonno tardo-maturo –
devo confessarti che somigli molto
a me da giovane.
In fondo, coltivi gli stessi desideri:
studiare e trovare un buon lavoro,
incontrare il vero amore
e darsi da fare per vivere
in una società migliore.
Come fare? Beh, non lo so.
Per il vero amore, è quasi
impossibile consigliarti.
Giacché ci sono, però, ci provo.
Studia e lavora sempre sodo,
sulle tue labbra fai germogliare
più che puoi un sorriso.
Vestiti bene, truccati,
cattura il bambinone che più
ti piace (noi maschi
restiamo spesso bambinoni!…),
rassicuralo e pensa alla salute
che – non dimenticarlo! – è tutto.
Per il resto, come è fatto
il nostro prossimo lo sai:
troppa intelligenza
non la sopporta,
meglio una battuta
che un discorso sull’Analitica
Trascendentale. In fondo è un sollievo
apparire ogni tanto stupidi
o, addirittura, esserlo a tratti.
Non dare nulla per scontato
e non riempirti le orecchie di parole
altrui. Soprattutto se appaiono
seducenti e intonate. È la bocca
di un serpente che parla e chissà
quale mela vuole che addenti.
Niente superbia e tracotanza.
La conoscenza serve a risolvere
problemi. Tuoi e di noi tutti.
Procura anche piacere, soddisfazione,
il gusto del lavoro ben fatto,
la cura e la buona gestione
delle relazioni. Compresi i conflitti
che sono il sale della terra.
Ama, ma non temere di odiare
se il tuo nemico lo merita.
La strategia del soffrire è cristiana,
sovrumana. Noi figli di donna,
se è in gioco la nostra vita,
non ci neghiamo l’aggredire.
Come l’amare anche l’odiare
richiede un sapere, un’arte.
Individuare il nemico esige lena.
È fuori e dentro, non sempre
ha un volto, è indefinito, liquido
in mutamento. Tu lo senti
perché ti blocca, ti svia,
ti paralizza, ti prospetta falsi
bersagli, culti di falsi dei,
ti manda in vacca, ti deprime…
Leggere e studiare, ecco il consiglio.
Fallo sempre, fallo per l’intera vita.
Il mestiere non è facile e nessuno
può dire di coltivarlo a perfezione.
Neanche i migliori maestri.
Ma leggerli, pensare coi loro pensieri
e piano piano abbandonarli, dimmi,
cosa c’è di più interessante?
È una fortuna poter stare sulle spalle
di giganti. Vediamo orizzonti lontani,
voliamo per galassie, rinnoviamo
il dolce stile, accendiamo i nostri
fari, sogniamo il Paradiso e
la pace perpetua,
immergiamo i nostri neuroni
nel mare mentale degli angeli…
«Deh, bella donna, che a’ raggi d’amore
ti scaldi…». Procura felicità
la conoscenza? Leopardi pensava di no.
Io, meno drastico di lui, sostengo
che ne è precondizione.
Non capisco, infatti, come si possa
esser felici di “beata ignoranza”.
Senza conoscenza non ci è garantita
come specie neppure la sopravvivenza
Conosci il male qual è: la nostra
esistenza è gratuita e ci evolviamo
senza sapere dove andiamo,
adattandoci alle circostanze.
Il che non vuol dire che ogni
giorno non ci diamo dei fini
e non fissiamo obiettivi.
Sotto questo profilo, ti conosco,
sei una persona eccezionale.
La felicità è in questo nostro andare,
in questo ricco e imprevedibile
viaggio di cui, purtroppo, conosciamo
la meta. Tutt’altro che lieta.
Ma oggi non possiamo dar spazio
all’ombra. Oggi siamo
qui per festeggiare
la tua maggiore età, accompagnarti
in questo rito di passaggio
applaudirti e far da coro
alla tua ansia e felicità.
Auguri, grande Laura!
Di te continueranno a parlare
i maggiorenni futuri.
Maggio-giugno 2015
NOTA: Il Savic di cui si parla nel verso 3 è Nikola Savic, scrittore serbo, nato a Belgrado nel 1977. Con il romanzo autobiografico «Vita migliore» (Bompiani, 2014) si è aggiudicato la vittoria del talent letterario «Masterpiece» nel 2014
PER FRANCESCA
DICIOTTENNE
Ho avuto per anni sul tavolo
la foto d’una bimba il cui volto
faceva capolino alla finestra
di un castello.
Più tardi,
il celeste dei suoi occhi
mi ha sorriso dal riquadro
del calendario di un anno
mai finito.
In attesa molte volte all’uscita
della scuola, ho inseguito il volo
delle sue parole, lo sciabordio
sfuggente dell’onda che erode
lentamente lo scoglio.
Troppo bella per dirle di no,
troppo seducente per non cadere
nelle sue trappole innocenti.
Quante maestre ha incantato!…
Quanti professori ha neutralizzato!…
Figurarsi il nonno…
Ne ammira
soddisfatto il coraggio, la scorza
gaia, la viva intelligenza,
la piuma leggera, la tenerezza,
l’affettuosa socialità…
La conchiglia dell’infanzia alle spalle
e la tartaruga fanciulla, nelle
dune dell’adolescenza è cresciuta,
tra doveri e desideri, la stella
cometa della maggiore età:
il sogno di un’isola lieta,
di un valico, un rito di passaggio
alveare di nuove libertà:
poter uscire a piacere,
guidare la macchina, viaggiare,
fare di testa propria senza dover
dar conto ai genitori, firmarsi
il libretto, votare…Un lungo elenco,
una trama di azioni pronte
a prender forma sotto gli occhi.
Francesca lo sa: la maggiore età
non regala in un giorno una casa,
un lavoro e un conto in banca.
Indipendenza, autonomia e maturità
sono gusci di noce da riempire,
piante che crescono nel tempo.
Il chiarore non è dietro l’angolo.
Occorre lottare anche contro sé stessi,
tenere a bada le tenebre
che affliggono il cuore e la mente…
Sapere aude!…
Visto da qui, il valico giovanile
insieme ad alcune certezze
regala ansia e turbamenti.
Ma perché svilire queste conquiste?…
Perché irridere il desiderio ardente
di guadagnarsi la propria verità?…
Amo la sua brama di rendersi
adulta, amo i suoi sogni,
la forza che scatenano, amo
la sua tenacia, il miracolo di una vita
che si fa racconto e continua a farmi
capolino dalla finestra di un castello.
Sta lavorando bene Francesca.
Sta facendo ciò che deve fare:
dare linfa fresca a verità rinsecchite,
scoprirne di nuove, rinverdire il paesaggio,
continuare con curiosità e intelligenza
la sua avventura, il suo viaggio vitale.
Nei suoi occhi cresce un mondo,
un oceano profondo e inesplorato,
un bagliore solare intermittente,
una fonte perenne di potenza
e smarrimento.
Auguri di cuore
per questo felice momento.
9 dicembre 2018
Caro Donato, chiedi aiuto a chi commenta perché i “testi partoriti, dopo molti tentativi, non mi soddisfano”, ma leggendo la tua introduzione ho annotato subito che il tuo problema di “cosa augurare a un giovane che raggiunge la maggiore età in questo tempo carognesco”, forse si scioglierebbe un po’ se lo affrontassi nei termini di “cosa augurare a una giovane”.
Metti le mani avanti: “in verità i tuoi diciott’anni/li ho vissuti anch’io” (e come può non essere vero?) e anche “somigli molto/ a me da giovane./In fondo, coltivi gli stessi desideri”.
Ma confrontiamoli uno a uno, i desideri, se i tuoi di nonno e quelli della nipote siano commensurabili. “Trovare il vero amore” è quasi un’epitome di avere studiato e trovato un buon lavoro. Ma se per trovare il vero amore occorre vestirsi bene, truccarsi e aspettarsi il bambinone… bè, a me verrebbero i brividi. Un bambinone? o un uomo alla mia altezza di ragionamenti e sentimenti? E siccome tu dai per scontato che voi maschi restate spesso bambinoni, la povera Laura dovrà rassegnarsi a trovare persone adulte come lei… dove? tra le amiche donne? (così successe qualche decennio fa, in effetti).
E sii saggia, niente superbia, ascoltare e imparare, gestire la quotidianità, fare la tara ai serpenti ingannatori, e riconoscere i nemici.
Nemici che animano la civiltà da quando esistono società gerarchicamente organizzate per ottenere un plusprodotto: lo sai che le donne sono arrivate a capire proprio “questo”, che l’organizzazione gerarchica è maschile?
Bene. Si deve anche supporre, a questo punto, che Laura non abbia angosce, non abbia problemi metafisici, non abbia quell’oscuro impulso vitale che forse la spinge a dare la vita, a rischiare tutto, lavoro, studio, futuro, certezze, per… mettere al mondo il mondo. Non a tutte succede questo (a me è successo) ma d’altra parte qui da noi è la popolazione che si estingue. Poco male, arrivano popoli che fanno principalmente quello?
Non stai, Donato, prescindendo (senza allegria) da un nostro essere corpi e corpi differenti?
Di Francesca bambina non taci tutto l’incanto: “il coraggio, la scorza/gaia, la viva intelligenza,/la piuma leggera, la tenerezza,/l’affettuosa socialità”, e così direi io della mia nipotina. Ma di lei vedi anche “un oceano profondo e inesplorato,/un bagliore solare intermittente,/una fonte perenne di potenza/e smarrimento”. E se concludi con un augurio, è solo “per *questo* felice momento”.
Un’inquietudine ti ha raggiunto, di cui in effetti le donne oggi sono portatrici. E’ sufficiente incoraggiare a “tenere a bada le tenebre/che affliggono il cuore e la mente”, lottando anche contro se stessi e riparando nel sapere? E come mai, a questa giovane fanciulla combattente non consigli l’amore che tutto in sé riassume?
Hai polarizzato le due giovani in due differenti figure, e sicuramente saranno ragazze di diverso temperamento. Il loro essere ugualmente donne emerge dalle tue *parole di affetto* da nonno, ma il ritratto di Francesca potrebbe anche essere quello di un bel bambino poi giovanotto, mentre Laura è femmina perché deve prepararsi a prendersi cura di… un bambinone.
Hai condensato in questi due ritratti le giovani donne di oggi? Manca la maternità, e manca l’ascolto attento della loro inquietudine. Gli auguri che fai tendono a “coprire”. Forse è nella speranza che evitino i dolori dell’età adulta, ma non è possibile, lo sai.
Tenendo per buone le osservazioni di Cristiana Fischer e cambiando piano di lettura, direi che la forza delle due poesie è la serietà, e che la debolezza è ugualmente la serietà. Manca l’ironia e l’autoironia. E come è possibile fare oggi poesia augurale senza un po’ di ironia, di gioco di parole, di complicità scherzosa? Senza la leggerezza estrema, anche formale, anche nel gioco del verso a “basso registro”, che basta a esprimere il sentimento comunicando però, anche, che l’augurio è una foglia gettata al vento e del cui destino non si sa nulla e non se n’è padroni in nessun modo? Senza la leggerezza e l’ironia / autoironia e il gioco l’augurio tende a diventare consiglio, magari anche un po’ predica, tende ad elevarsi all’etica dei momenti seri e gonfi di pensiero e di sentimento. Così si cade immancabilmente in frasi e parole che si ripetono da secoli. E ciò si sente, anche nel tentativo di dare loro forma nuova. Credo che oggi sia possibile fare autentica poesia augurale solo se si esprime la parte tragica dell’augurio e della volontà di profezia che in esso si ripone.
Io, per gioco e complicità amicale, pratico molto la poesia augurale, ma sono convinto che, più che all’autentica poesia, questo genere appartenga all’esercizio proprio del verseggiare d’occasione e il suo scopo e valore si esaurisce nel momento stesso della lettura. Poi, come una fotografia privata, può conservarsi solo come ricordo personale.
Del resto, anche leggendo l’analoga poesia augurale dei secoli passati, raramente questo tipo di poesia si è elevato all’altezza della produzione migliore dei loro autori e molto più spesso non è uscita dalle “raccolte”, le famigerate raccolte!, della poesia in onore di, in ricordo di, per questo e quest’altro di ecc. Un genere di rilievo più per il costume e la sociabilità (familiare, amicale, sociale) che per il valore letterario ed estetico.
La mia non vuole essere, e non è, una critica. Credo molto nell’utilità della poesia augurale. Vuole solo indicare qual è – a mio parere – il suo confine.
DA POLISCRITTURE FB
Caro Donato, come stai? Ho piacere di leggerti dopo tanto tempo! Ma cosa vuoi sapere? Sul contenuto dei tuoi testi penso il meglio, a parte un eccesso di sentimentalismo secondo la mia opinione. Sulla forma avrei parecchio da ridire ma non mi sembrano argomenti da pagina pubblica. Se vuoi, possiamo sentirci via mail… Un abbraccio. Marina
…secondo me, le due poesie scritte da Donato, che vivamente saluto, sono molto diverse per ispirazione. La prima, dedicata alla nipote Laura al compimento della sua maggiore età, non mi sembra una poesia semplicemente augurale -che in genere viene letta davanti a un discreto o vasto pubblico, per suscitare consenso e applausi- bensi’ una lettera seria rivolta alla persona Laura, testimoni una ristretta cerchia di familiari. Si legge una storia pregressa e sottintesa molto intensa tra la nipote e il nonno poeta il quale si identifica con la giovane, che ammira molto e a cui dischiude i segreti della sua saggezza raggiunti nel tempo…Si’, forse si sente piu’ palpitare l’animo di Donato e il suo grande desiderio di fornire alla nipote gli strumenti di conoscenza e di prudenza per essere un giorno realizzata e felice, mentre la giovane donna resta in ombra…Il suggerimento poi,in amore, di evitare le trappole dei seduttori, ma di preferire a loro “I bambinoni”, piu’ affidabili, sembra un riferimento autoironico a se stesso all’età della nipote…O piuttosto un messaggio specifico che cercava l’occasione, il compleanno, per essere recapitato?…Comunque la poesia ci fa entrare in un rapporto profondo tra persone di generazione diversa, da sviluppare nel tempo…
Nella seconda poesia dedicata a Francesca, il poeta esprime l’affetto e l’ammirazione per la nipote attraverso immagini belle e seducenti. Nei sui confronti Donato sembra aver realizzato un coinvolgimento emotivo piu’ sereno, pur non sottraendosi dal fornire “raccomandazioni” sulle responsabilità che certe libertà raggiunte con la maggiore età comportano…Nella poesia si legge una certa leggerezza augurale: “Nei suoi occhi cresce un mondo…” con gli entusiasmi e le inquietudini di ogni giovane donna, leggerezza che si coniuga bene con la profondità dell’affetto di un nonno che in realtà non puo’ nulla sul futuro dei propri cari…
Vorrei ringraziare l’autore per questa poesia che sottolinea l’importanza del rapporto nonni-nipoti e in particolar modo la cura di queste relazioni. Il valore dell’età matura e della saggezza in un mondo in cui domina il giovanilismo e la rottamazione delle passate generazioni, sono altri elementi importanti che mi sembra di poter cogliere nei versi. Laura e Francesca chi sono? Non solo le nipoti del poeta ma due figure emblematiche nella storia della letteratura che in modo diverso sembrano dirci la stessa cosa: senza amore per la cultura e senza legame fra le generazioni, senza legame fra passato e futuro non c’è libertà. Credo ci sia anche molta ironia fra le righe, leggerezza, desiderio di portare ad un livello più universale il sogno di coltivare uno sguardo nuovo fondato sulla forza dell’umanesimo, sulla forza delle relazioni, la necessità di aprire gli occhi sul mondo e sulle condanne del mondo. Come le Muse ispiratrici dei poeti Laura e Francesca diventano depositarie della memoria e del sapere di una generazione e cantano il desiderio del poeta di vivere nel futuro, nella memoria delle nipoti e di noi lettori. Grazie anche per l’immagine molto significativa
Indagherei di più l’aspetto esistenziale del rapporto vecchio/fanciulla. Forse perché ho in mente “La novella del buon vecchio e della bella fanciulla” di Italo Svevo.
Che è leggibile e scaricabile a questo link:
http://ww2.bibliotecaitaliana.it/xtf/view?docId=bibit000566/bibit000566.xml&doc.view=print&chunk.id=0&toc.depth=1&toc.id=0
Ringrazio le persone intervenute. Con le loro osservazioni e i loro commenti mi hanno aiutato a capire meglio i punti di forza e alcune debolezze di questi testi.
I punti di forza mi sembrano due: a) la maggiore età anagrafica non coincide con la maturità (indipendenza, autonomia, ecc.) b) si diventa maggiorenni quando si esce dal proprio stato di minorità (ripresa del principio illuministico del “rischiaramento”).
Le debolezze sono tante: Cristiana ne coglie alcune (indubbiamente i testi non sono sorretti da una visione femminista) e così anche Luciano (i versi per Francesca sono indubbiamente più seriosi di quelli per Laura), ma non mi sembra che manchi del tutto l’ironia e l’auto-ironia.
Quanto al “sentimentalismo” imputato a questi versi da Marina, francamente non lo vedo. Ripeto: in queste due occasioni potrei dire di aver puntato più sulla ragione che sul sentimento.
Sono quasi del tutto d’accordo coi commenti di Annamaria e di Giulia.
Quanto ad Ennio, ho letto la novella (che non conoscevo) di Svevo, ma non vedo, ad una prima lettura, collegamenti con questi due testi. È vero che un vecchio sta augurando buona vita a due fanciulle diciottenni, ma si tratta di un nonno e di due nipoti. Il tema prevalente non è quello del rapporto giovani-vecchi, ma quello del che significa raggiungere la maggiore età (maturità) oggi e delle modalità migliori (ammesso che ve ne siano) per raggiungerla.