In occasione dell’incontro dedicato agli anni Settanta, che si terrà il 12 aprile prossimo alla Casa in Movimento di Cologno, pubblico un breve testo del mio “narratorio” e alcune immagini di volantini ciclostilati in quegli anni e recuperati tra le mie carte. Sono, a rileggerli e a rivederli oggi, rozzi nella grafica e estremistici e approssimativi nel linguaggio , ma dicono tuttavia la passione e la voglia di cambiamento che si respirava non soltanto “on the road” ma anche nelle piccole fabbriche, nelle scuole (ricordarsi che allora c’erano i doppi turni) e nei quartieri della “città dormitorio”. [E. A.]
Samizdat il primo volantino a Colognom lo scrisse il 5 marzo del 1969. Poche settimane prima avevano cominciato a riunirsi nel sottoscala di un bar di Via Kennedy lui ed alcuni giovani operai che lavoravano nelle piccole fabbriche. Li aveva conosciuti per caso, in strada, davanti ad un altro bar di Corso Roma.
E così era nato il gruppo Operai e Studenti di Cologno Monzese. Si riunirono qualche volta anche nel salone della cooperativa familiare, che allora stava in Piazza Castello, dove poi sorgerà la sede della Banca Cariplo poi Intesa,ma dovettero cancellare dal volantino l’indicazione di quel posto perché qualcuno aveva rimproverato il gestore della cooperativa e aveva sparso la voce che si trattava di un gruppetto di fascisti.
Il volantino annunciava la nascita del gruppo e l’intenzione di parlare dell’esperienza degli operai delle fabbriche di Cologno. Samizdat aveva raccolto le lamentele di Elmo Ingranata e Gravinesi della Bravetti, di Campagnola della Panigalli, di La Morte che lavorava da un artigiano, di Giorgio Benatti e Claudio Diolini della Siae e di Berto e Vincenzo Martinelli della Manuli di Brugherio, fabbrica che stava proprio al confine di Cologno. Si lamentavano di dover obbedire ai guardiani, di non poter decidere nulla. Usò il termine «noi operai». Parlò di «soggezione», di «soprusi» e «violazioni dei diritti». Contrappose la massa degli operai alla minoranza dei padroni, che aveva dalla sua parte «potenti alleati». E li elencava: parlamentari, polizia, Chiesa, ingegneri, medici della Mutua, sindacati, preti, burocrati dei sindacati e dei partiti. Che – diceva – aiutavano a prolungare quella soggezione degli operai anche fuori dalla fabbrica. E se la prendeva con le elezioni, la stampa, la scuola. Società e fabbrica – scriveva – erano due facce della stessa medaglia. Erano organizzate per permettere alla classe dei capitalisti di controllare la massa dei lavoratori. Parlava mezzo anarchico e mezzo marxista il volantino. E annunciava anche il programma de gruppo. O almeno i desideri e le speranze di Samizdat e dei suoi nuovi amici: collegarsi con altri lavoratori. E anche con i «non operai» (in pratica gli studenti), ma a patto che aiutassero la classe operaia «coi fatti e con le idee» (svelando così un certo sospetto nei loro confronti) e volessero «imparare a discutere e a decidere collettivamente» (cosa sentita quanto mai complicata).
Un volantino più breve ma con gli stessi concetti e in un linguaggio un po’ legnoso avevano distribuito alla Manuli.
(da E. A., Narratorio, inedito)
- Volantino del 5 marzo 1969
1.1. Volantino 5 marzo 1969, retro
2. Volantino 25 aprile (forse del 1970)
2.1. Volantino 25 aprile (forse 1970), retro
3. Copertina Bollettino del Comitato Scuola (1972)
4. Volantino di denuncia sulla scuola (30 marzo 1973)
4.1. Volantino di denuncia sulla scuola (30 marzo 1973), retro
5. Copertina Bollettino sul lavoro di quartiere (1973 circa)
6. Volantino manifestazione a favore del Vietnam ( 7 marzo 1973)
7. Bozza volantino per 1°maggio (1974 circa)