di Ennio Abate
Che rapporto c’è fra l’io e il noi? Quali interferenze? Quando e perché si distanziano o si avvicinano? Cosa alimenta gli estremi a cui tendono: il solipsismo o la fusione/confusione (mistica, gregaria) nel noi (massa o élite)? Invece di un saggio, provo a offrire spunti per rispondere a tali domande selezionando alcuni appunti dalla mia ‘stanza da sbratto’ (= che riceve tutti gli oggetti ingombranti o di cui ci si serve di rado). [E.A.]
5 settembre
Si è eclissato. Penso che non condivida il mio impegno di riflessione su immigrati e comunismo.
Poesia. Un affacciarsi sull’abisso che s’è costruito negli anni tra il mio sentimento giovanile, che ho chiamato della *salernitudine* (io), e il crollo delle Torri gemelle (noi).
19 settembre
Per alcuni la critica alla sinistra si dovrebbe fare restando nella sinistra (nel pensiero di sinistra). Perché ogni pensiero che si ponesse fuori dal suo terreno tradizionale (lo fecero Gramsci e Lenin rispetto alla socialdemocrazia) significherebbe “andare a destra”? Rispetto di un tabù. Eternizzazione delle due categorie dei buoni e dei cattivi. (Eco, Il fascismo eterno). Lo schema sottostante (e non dichiarato) è: se non sei con noi, sei contro di noi; se non critichi la sinistra con le categorie della sinistra (sinistra ideale contro sinistra reale), sei di destra. E purtroppo lo ritrovi anche tra i più assatanati critici della sinistra: se non la critichi in assoluto, se non vuoi la sua totale estirpazione, sei un “buonista”.
K. sente esaurita la sua vena di scrittore. Per il tipo di vita isolata e bloccata che ora conduce. Per l’invecchiamento che vive in maniera deterministico-fatalistica. Gli parlo delle differenze in Poliscritture, per me irricomponibili. Gli chiedo: staresti con la sinistra da rifare o per andare oltre? Ha nostalgia di Berlinguer. Oggi spera al massimo in “una sinistra che facesse la sinistra”. Senza più grilli rivoluzionari. Realizzare delle buone riforme sarebbe già rivoluzione.
20 settembre
Premio Giorgi. Piccola delusione. Ho mandato l’inedito e più volte limato «Reliquario di gioventù». Neppure tra i finalisti.
21 settembre
Perché i rapporti diretti influenzano e prendono – (non necessariamente danno) – molto di più?
Da leggere, per non abbandonare il discorso in cui ti eri ricostruito dopo il primo “immigratorio” da SA a MI: Rancière, «Communists without Communism?», in «The Idea of Communism».
22 settembre
«Per Marx, difatti, la teoria è da un lato costruzione derivata (dal concreto all’astratto, con la priorità dello storico sul logico), dall’altro premessa di una reale comprensione dei fatti (dall’astratto al concreto; priorità conoscitiva del logico sullo storico). Per Korsch, invece, la teoria è l’immagine speculare della realtà, e questa si riduce a lotta di classe». (http://www.palermo-grad.com/karl-korsch.html)
In che rapporto stanno le mie quasi occasionali letture marxiste on line (Bellofiore su Korsh e Korsch sul Capitale) con il lavoro altrettanto episodico che faccio sul mio «Narratorio»? O con poesia, letteratura e Poliscritture? In «Narratorio» devi raccontare come arrivasti a Marx. (Come hai spiegato come sei arrivato a Fortini). E se e come questa conoscenza (approssimativa, mai da specialista) influisce sul ripensamento di quel che hai fatto (o pensato) nelle fasi precedenti della tua vita (a SA).
27 settembre
Ipsilon, Laboratorio Samizdat, Inoltre, Monte Analogo, Poliscritture. Ben cinque tentativi di “cooperare”. Ma sempre un attrito di fondo – fraterno o fratellastro? – con quelli che ritenevo (o, troppo sperando, volevo?) possibili collaboratori. Cosa di me, che sento però irrinunciabile, li respinge da me? (E viceversa).
30 settembre
Victor Ehrenberg in un saggio assai noto, Sofocle e Pericle, apparso nel 1954, sostenne che l’Antigone di Sofocle rappresenta la rivendicazione dei valori umani in antitesi con le leggi positive dello Stato (di ogni Stato, parrebbe di capire). Ehremberg si poneva criticamente di fronte a un grandissimo interprete ottocentesco dell’Antigone, Hegel, il quale nelle Lezioni di estetica aveva visto nello scontro tra Antigone e il tiranno Creonte l’espressione della polarità tra la famiglia e lo Stato. Per chi lo ignori non è male ricordare che Antigone pullula di dibattiti politici: ad esempio quello tra Emone e Creonte, tutti centrati sui temi vitali della comunità (il potere personale, il controllo popolare, il consenso conformistico e coatto e così via). I cercatori della poesia “pura” hanno sempre arricciato il naso dinanzi a questo genere di interpretazioni. Ignari per lo più della natura intimamente e strutturalmente politica del teatro ateniese, fraintendono un teatro il cui strumento erano appunto le maschere prototipiche della tradizione mitologica.
Una messinscena dell’Antigone promossa da un gruppo femminista tedesco fu vietata subito dopo Stammhein (1977) [il riferimento è alla RAF e alla morte in carcere dei componenti del gruppo Baader Meinhof]. Il divieto della sepoltura che è al centro della tragedia sofoclea si offriva spontaneamente come parallelo della più oscura e tragica vicenda degli “anni di piombo”.
(https://ilcomunista23.blogspot.com/search?q=antigone)
Fake news. Memento. «Nella storia dell’industria della menzogna quale parte integrante dell’apparato industriale-militare dell’imperialismo il 1989 è un anno di svolta. Nicolae Ceausescu è ancora al potere in Romania. Come rovesciarlo? I mass media occidentali diffondono in modo massiccio tra la popolazione romena le informazioni e le immagini del «genocidio» consumato a Timișoara dalla polizia per l’appunto di Ceausescu.
Cos’era avvenuto in realtà? Avvalendosi dell’analisi di Debord relativa alla «società dello spettacolo», un illustre filosofo italiano (Giorgio Agamben) ha sintetizzato in modo magistrale la vicenda di cui qui si tratta:
«Per la prima volta nella storia dell’umanità, dei cadaveri appena sepolti o allineati sui tavoli delle morgues [degli obitori] sono stati dissepolti in fretta e torturati per simulare davanti alle telecamere il genocidio che doveva legittimare il nuovo regime. Ciò che tutto il mondo vedeva in diretta come la verità vera sugli schermi televisivi, era l’assoluta non-verità; e, benché la falsificazione fosse a tratti evidente, essa era tuttavia autentificata come vera dal sistema mondiale dei media, perché fosse chiaro che il vero non era ormai che un momento del movimento necessario del falso. Così verità e falsità diventavano indiscernibili e lo spettacolo si legittimava unicamente mediante lo spettacolo. Timisoara è, in questo senso, l’Auschwitz della società dello spettacolo: e come è stato detto che, dopo Auschwitz, è impossibile scrivere e pensare come prima, così, dopo Timisoara, non sarà più possibile guardare uno schermo televisivo nello stesso modo» (Agamben 1996, p. 67).
(https://ilcomunista23.blogspot.com/2017/09/lindustria-della-menzogna-quale-parte.html)
Lenin. Combattimento. “Per creare il socialismo, voi dite, occorre la civiltà. Benissimo. Perché dunque da noi non avremmo potuto creare innanzi tutto quelle premesse della civiltà che sono la cacciata dei grandi proprietari fondiari e la cacciata dei capitalisti russi per poi cominciare la marcia verso li socialismo? In quali libri avete letto che simili modificazioni di forma nello svolgimento storico ordinario sono inammissibili o impossibili? Napoleone, se ben ricordo, scrisse “On s’engage et puis… on voit”. Liberamente tradotto, ciò significa: “Prima bisogna impegnarsi in un combattimento serio e poi si vedrà”. Ed ecco che anche noi nell’ottobre 1917 ci siamo impegnati dapprima in un combattimento serio e soltanto dopo abbiamo visto taluni particolari dello sviluppo (dal punto di vista della storia mondiale, questi sono indubbiamente dei particolari), come la pace di Brest, o la Nuova politica economica, ecc.”
(https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/09/sulla-nostra-rivoluzione-vladimir-lenin.html#more)
Fagan su La Boetié.
Questa pulsione nuda [all’auto-assoggettamento] è ciò che urta, tanto che La Boétie nota che essa non ha neanche un nome, è una disgrazia, un vizio, anzi un vizio disgraziato ma poiché fa parte di noi (o di non tutti ma di molti di noi) come parte nera dell’anima, esso non è neanche riconosciuto ed ecco che dal momento che il francese lo ha invece tirato fuori, non si sa bene dove metterlo e come giudicarlo. Tutta la filosofia politica che sfida la forma di dominio del suo tempo, che sia anarchica, libertaria, socialista, comunista, anti-capitalista, femminista, anti-colonialista, anti-imperialista potrebbe girare a vuoto se non affronta questo “vizio disgraziato” in quanto non è la sua forma così o colì il solo problema, ma il motore interno che riproduce la soggezione, motore che – in parte – è dentro gli assoggettati.
(https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/09/leterno-ritorno-della-servitu.html#more)
2 ottobre
Salernitudine. L’anno decisivo (1960?) in cui, dopo l’iscrizione a Legge per imitazione passiva dei miei compagni di liceo a cui ero più legato, decisi di interrompere. Riconobbi, scrivendo e dipingendo, che potevo scrivere e dipingere.
Sogno. Come dopo un terremoto. Passavo tra gente in lutto. Camminavo su un terreno tutto ricoperto da scura e sbriciolata corteccia d’albero. Al cellulare (o nella mia mente) chiedevo (a…?): tu dove sei? Dammi notizie del luogo in cui ti trovi. (Laterale: cosa stanno facendo adesso i terremotati in Messico?)
3 ottobre
Se la poesia si debba fare avendo a mente la filosofia (Leopardi, Nietzsche) e saltando Marx (economia, materialità, bisogni sociali, storia).
11 ottobre
Per errore mi chiama al telefono. 84 anni. Collabora con cattolici “eretici”. Mi nomina i suoi seminari estivi al passo del Tonale. Mi viene in mente il prete-alpinista, don Claudio Bucciarelli, conosciuto ai campeggi dell’A.C. ad Acerno quand’ero ragazzo. Non l’ha conosciuto. Collabora con una testata on line. Gli chiedo di mandarmi ogni tanto qualcosa per Poliscritture.
Per fortuna. Ieri sera tornando in auto dal laboratorio di … Andavo troppo forte nella stradina che porta a casa di… e ho sfiorato con lo specchietto retrovisore il borsello di un vecchio che camminava sul lato destro. Urla sue. Mi fermo. Avrà la mia età. Mi scuso. Borbotta. Gli voglio offrire un caffè. Rifiuta. Lo saluto. Che culo. Poteva finir male.
18 ottobre
Pensiero (e corpo) mio che non ti ho pensato abbastanza.
19 ottobre
Ritrova la tua poesia, non stare dietro a quella degli altri.
21 ottobre
Esplorazioni su FB. Dai discorsi complimentosi sulla NOE che fanno ex amici su «L’Ombra della parola» a un discorso teorico sulla mondializzazione e la globalizzazione alle immagini esibizionistiche del culo della … Perché?
2 novembre
Narratorio (su SA). Comincio a lavorarci. L’abitudine consolidata di pensare il mio passato (chi-ero, con chi stavo, cosa volevo o credevo di volere) non viene meno, ma resta carsica; e dopo un po’ s’inceppa, soffocata dall’ansia di inseguire quello che capita attorno a me, oggi. Sento che non devo rinunciare a questo lavoro sulla memoria. Poche volte, però, i fatti o quel che leggo mi spingono a insistervi. Attendere una ragione forte o una spinta esterna per lavorarci con la stessa concentrazione e assiduità che dedico a Poliscritture? Ma non viene quasi mai. Uno scarto incolmabile tra quel “mio” passato e questo “nostro” presente? Finisco per leggere cose varie su FB e dare un’occhiata ai giovani. Fanno comunella tra loro e vanno per strade oramai diverse dalla mia (oggi il pezzo della Policastro su LPLC). Tra febbraio e agosto avevo ripreso per le corna il tema del comunismo (da Fortini), ma le reazioni dei “prossimi” sono state ostili. E allora ammutolisco, mi ritiro, mi passa anche la voglia di replicare con passione. Mi è capitato lo stesso per il convegno sul centenario della nascita di Fortini. Volevo scriverne, ho preso appunti, ma poi ho rinunciato. Su certe cose non voglio muovermi per dovere né a comando (che poi, nel mio caso, proprio non c’è). Mi dispongo con loro come faccio coi sogni. Devono venire, non si fanno a comando. E poi si di esse – Fortini compreso – mi accorgo di aver già scritto quello che avevo da scrivere. E tanto. E sia pur affannosamente, ma sotto spinte vere. Dovrei pubblicarle? So però che non sarò mai più in grado di sistemare tutto questo materiale accumulato nella forma più compiuta e sintetica che vorrei dargli. Resterà probabilmente così: disordinato, non rivisto. A volte ho la tentazione di pubblicarlo così com’è: a spezzoni e dove posso. In pratica sul Web, perché di editori non ne cerco neppure più. Poi mi ritraggo. Aspetto (la morte).
3 novembre
Non serve un Narratorio rivendicativo o vittimistico.
4 novembre
Su una bacheca di FB. Uno accennava all’articolo di Berardinelli su «Verifica dei poteri», che ieri avevo criticato. Copio – provocatoriamente – la mia critica tra i commenti di… Silenzio. Anche ieri, dopo le brevi repliche di… e…, ho fatto un discorso più approfondito, richiamandomi allo studio di Zinato del 2007 su Berardinelli. Nessuno l’ha ripreso. Questi, che oggi discutono dei temi che sono stati miei in anni passati, si muovono ad un livello di approssimazione pietoso, ma hanno sostegno e spinta dai loro legami d’amicizia intergenerazionale, da cui sono escluso. Me lo fanno sentire, consapevoli o meno, con il loro silenzio.
6 novembre
Incontro con… al bar Rivoli alla fermata Lanza a Milano. Sei patetico, mi dico dopo. Cerchi ancora un tuo critico d’appoggio? Ma se …è più stanco e sconfitto di te! Te lo dovresti trascinare tu.
Contro Pecoraro, Berardinelli. Odiare pacatamente quelli della mia generazione che sono “arrivati”.
9 novembre
Politica. Il difficile è immaginare i pensieri che si fanno quelli che credono in Trump, in Renzi, in Casa Pound.
Scopare il pavimento, lavarlo, stendere i panni, rifare i letti. Lavori casalinghi a cui mi abituò da ragazzo mia madre. Me li sono sempre assunto borbottando. Come esercizi spirituali degradati o di autodisciplina astratta. Il desiderio che soffoco è sempre quello romantico: fuggire (in deserti, nelle metropoli), ma resta più forte un attaccamento (terrestre?) alla materialità dei bisogni (più di quelli che mi stanno attorno che dei miei in fondo). E alla ritualità ripetitiva che la convivenza con loro m’impone. Il mio quotidiano reale è fatto anche di queste cose. Oggi le accetto come limiti invalicabili. Mi rimandano alla sconfitta (politica), all’invecchiamento (fisico), alla solitudine (psichica). E ai pensieri di morte. Questi si affollano di più quando sono solo o in preda alla stanchezza.
Fortini. Ho sempre apprezzato il punto di vista (onesto, piccolo borghese, non bieco ma problematico) da cui parlava. Bello il suo rifiuto di mettersi in quello grande borghese, illuminista, sprezzante degli “umiliati ed offesi”, che oggi è tornato in vista alla grande in tanti, che leggo sempre meno.
11 novembre
Sogno. Una madre rimprovera la figlia quattordicenne. Lei, stizzita, tira fuori da un armadietto di cucina i libri di grammatica, che la madre non riusciva a trovare. E se ne va arrabbiata. La vedo passare nell’atrio della casa di via… Con disperazione mi accorgo che è diventata una bambina di due anni. Anzi ancora più piccola. Perché si va a rifugiare in un altro armadietto a vetri pieno di libri.
12 novembre
Festa del Comitato 16 marzo, quello che a Cologno ha lottato (invano) contro la chiusura della Scuola d’italiano per stranieri e il Centro donne da parte dell’Amministrazione leghista. Bruttissima impressione. Pubblico vecchio e passivo. Interventi rituali. Ragionamenti semplificati e autoassolutori. Neppure un cenno problematico a quella che per me è stata una sconfitta. Ho poche speranze di spingerli a riflettere. Ora i “politici” si preparano alle elezioni [del 4 marzo 2018]. Lo stesso … mi è ostile. Già si era inalberato, quando avevo accennato a una possibile analogia del Comitato 16 marzo coi CUB del ’68-’69. Sembra non preoccuparsi del disfacimento del Comitato. Tanto lui ha il suo partitino “anticapitalista”.
20 novembre
Visita a … Parla sempre con un tono concitato e inceppandosi. Le accenno alla ricerca di un alloggio per la senegalese con figlia, di cui in questi giorni mi ha chiesto… Subito mi dice di no. E mi racconta delle brutte esperienze con stranieri vissute da sue amiche: una è stata derubata; un’altra aggredita per strada ed è però riuscita a liberarsi dando un calcio nelle palle all’assalitore. Lei stessa teme di girare per strada di sera. Sulla questione dei migranti echeggia la propaganda della Lega. Aggiunge: i padroni hanno bisogno di manodopera, di schiavi. Il Papa? Li accogliesse lui. Si telefona ogni giorno con un’amica. É ossessionata dal ricordo della vicina di casa, che viveva da sola e fu ritrovata morta dopo giorni, dopo che gli inquilini del pianerottolo avevano sentito per le scale uno strano odore di cavoli.
28 novembre
Sogno. Una riunione di intellettuali. Alcuni coi piedi nudi e distesi. Li muovevano in vari modi. Era un linguaggio che io non conoscevo.
Gli unici veri anarchici sono stati sempre i padroni. Gli altri degli imitatori.
29 novembre
Leggo la presentazione di Josif Brodskij a Nadezda Mandel’stam, «L ’epoca e i lupi». Preparati a sentire uno che liquida la rivoluzione russa e sostiene la stessa tesi della Serena Vitale: i grandi poeti vennero prima della rivoluzione e non furono costruiti manco un poco nella/dalla rivoluzione. Il talento precede (e fa a meno?) della storia, sostiene Brodskij. Qualcosa di esaltato nel suo modo di pensare che mi irrita.
6 dicembre
Hanno visto il mio corpo nudo quante persone?
Dalla finestra che dà su un parco poco frequentato. Sul viale vedo passare tra il fogliame prima il signore che ho incrociato tante volte. Basso, magro, il bianco dei capelli, il soprabito blu. E poi, lentissimo, il suo vecchio cane lupo. Suppongo sia quasi cieco. Segue l’uomo affidandosi all’olfatto?
12 dicembre
Sogno (al pomeriggio). Casa di .. Al buio. Gattini che entrano e devo scacciar fuori, socchiudendo la porta. Voci dall’interno. C’è qualcuno? Mi precipito a segnalare la mia presenza. (Come se la casa non fosse mia). … che esce dalla doccia, il volto illuminato ed io che dico fra me e me: che bella anche lei. Tiro fuori della cartamoneta per scegliere i 100 euro che voglio darle come regalo di Natale. Non le trovo più. Forse le hanno prese dei giovani. Mi sento goffo e anelante nel fare queste cose.
Tutti i sogni sono o spunti di poesie o di narratorio. Ma la forma che gli do trascrivendoli subito, quando al risveglio non scompaiono di botto, è provvisoria, impacciata. M’immagino un possibile lettore di questi appunti: è sempre poco amichevole, è sempre più estraneo al mio mondo.
17 dicembre
Sto io pure
nella lingua vostra.
Con meno aggettivi.
Provvisoriamente.
20 dicembre
A Berardinelli ed ex compagni belli. Si possa o non si possa mai più fare il comunismo, solo rovistando tra le rovine di quella visione del mondo (antica, moderna con Marx, ora traballante o sfuggente) gente come noi, costretta a condurre la propria vita *sotto padrone*, può non sottomettersi del tutto ai signori. E combatterli. Però, l’antipatia per il loro cinismo non mi basta. So che qualcosa è saltato. Irreparabilmente. Se no, da dove il sentimento di non contare nulla? Sfuggire alla voglia di esibire il tuo no, dunque.
21 dicembre
Poeti e studiosi più giovani di me mi sopravanzano e fanno meglio di me. (E non solo perché dispongono di sostegni organizzativi a me mancanti).
Non ho alcun accesso a canali di comunicazione influenti. Cosa e come scrivere. allora, in quelli limitati e poco influenti di cui dispongo? Non rimproverare altri di ridursi al circuito amicale. Vi siamo costretti (quasi tutti).
Titolo da svolgere: studiare da vecchi.
24 dicembre
…ormai sulla sedia a rotelle. “Lo devi sostenere e i piedi vanno per conto loro… si, è lucido, ma è come avere il corpo che ti è diventato una carcassa… guarda la televisione… non riesce a parlare… quando la moglie va a fare la spesa al supermercato se lo porta dietro e lui l’aspetta seduto su una poltrona…”.
Era seduta al bar che mi aspettava. Io fuori, pensando che non fosse ancora arrivata. Mi parla del fulmine caduto proprio davanti la sua casa isolata, saltati scaldabagno e corrente elettrica. E un parafulmine? Troppo costoso.
25 dicembre
Di tutte le parole disponibili nel dizionario (e che in minima parte usiamo) quali sono quelle che possono essere ancora “appiccicate” (in modo quasi esatto o meno approssimativo) alla “cosa” che abbiamo di fronte (o ci pare di sentire, etc.)?
31 dicembre
É ammalato di diabete ma non riesce a evitare i dolci dannosi per la sua salute. Ricordi del periodo di guerra. La fame. Rubare le fave al contadino. Le fughe. Rifugiatisi in un ovile in mezzo ad un gregge di pecore. Sapessi in che condizioni. I tedeschi avevano fatto saltare tutte le case del paesino per rappresaglia. Perché partigiani comunisti avevano tolto le micce alle bombe che i tedeschi avevano messo il giorno prima per distruggere un ponte. Quando passa all’oggi comincia a prendersela con gli immigrati. Devono starsene in Africa nei loro paesi. Inutili i raffronti con la condizione degli immigrati degli anni ’50-’60. (E pensare che lui stesso è stato in Germania e ha lavorato in condizioni durissime prima in una fabbrica di piastrelle, poi in un pastificio).
“Pensiero mio che non ti ho pensato abbastanza”
Grande come al solito…
Nella breve introduzione agli appunti, il rapporto tra io e noi ha lasciato un tema più vecchio “questo ‘noi’ erede di una sinistra sbriciolata, confusa e balbettante che faticosamente cerca di ridefinirsi”.
L’io noi è mantenuto in opposizione, in questi termini:
1. rapporto tra due “entità“, ontologicamente fondate, che si distanziano o si avvicinano;
2. o, estremizzata in versione patologica, opposizione tra solipsismo e con-fusione in noi massa o noi élite (forse agita dalla mistica, o dal gregarismo).
Ma, ecco l’intenzione narrativa: nel montaggio un décalage di registro, dalla impostazione riflessiva agli appunti, definiti “ingombranti”, come materiale grezzo, eppure definitivo. Utilizzati “di rado”: a tempo perso? Come i sogni riferiti?
Negli appunti soprattutto rapporti tra io e tu. Di io con me stesso. Difficoltà esposte nelle relazioni (letterarie) tra i “pari”. La quotidianità fastidiosa (la riassumo solo con i sostantivi impiegati): “materialità, ritualità, limiti, reale-quotidiano, sconfitta, invecchiamento, solitudine, pensieri-di-morte”.
Io non vivo in città, vivo in isolamento con mio marito in un bosco in collina. Che appunti scriverei? Invece scrivo (discuto, apprezzo: mostro attaccamento) ad altre e altri. Considerando che, come diceva Carla Lonzi, è già politica.
…nella narrazione di Ennio mi colpiscono i pensieri ” laterali” “…cosa stanno facendo adesso i terremotati in Messico?”, cioè quelle domande o osservazioni che avvicinano, allontanano, completano una visione che passa dall’io al noi e viceversa…in uno sforzo, sempre in qualche modo sconfitto, di integrazione della realtà nel mandato morale, teorico quanto pratico…pensieri e sogni spesso sfilacciati, ma con una loro profonda convinzione e con il coraggio di esprimersi nella fragilità, come il vecchio cane cieco che ancora segue il suo amico uomo dall’odorato…
” come il vecchio cane cieco che ancora segue il suo amico uomo dall’odorato…” (Locatelli)
Questo il suo *antenato* anni ’70:
Un cane
inatteso un cane proprio un cane
sbandando percorso
emerge nella nebbia
fioco animale di smarrite generazioni
rassegnato agli asfalti
condannato a fidarsi mi segue
mi sopravanzava
per una impossibile caccia
lo raggiungo
va avanti s’illude di fiutare
di svolgere la sua natura
ma non suggerisce più ira o amarezza
qui tranquillo sotto portici luridi
spietati di spazio
è il possesso della desolazione
( da E.A. Samizdat Colognom, 1983)
“…qui tranquillo sotto portici luridi/ spietati di spazio…”, quel vecchio cane sembra spaventato dall’enormità di quello spazio, che allontana “ira o amarezza”, cioè la voglia di lottare, in un senso di incompiutezza e di debolezza…Eppure, credo, “i passati” non passano davvero se, come quel cane, si ha la fortuna di aver trovato anche un solo testimone