di Ennio Abate
Sia in riferimento ai posti sulla NOE (qui e qui) che alla discussione in corso tra me, Marina Massenz e Giorgio (qui) vorrei riportare l’attenzione su alcuni punti di un mio vecchio articolo del 2012 sui moltinpoesia. Ringrazio Claudio Accio Di Scalzo che mi ha suggerito questo post [E. A.]
1.
E’ crollata una chiara definizione dei confini della poesia, che è stata svalutata dal prevalere della società dello spettacolo e dalla TV
2.
La poesia, come dopo un’esplosione, sembra disseminata dappertutto: nelle canzoni, nei testi di amici e conoscenti, nei poeti pubblicati dai massimi e dai minimi editori, nelle plaquette autoedite, sul Web…
3.
Il fenomeno dell’essere molti in poesia […] è sotto gli occhi di tutti, ma rimosso, non pensato, poco indagato nei suoi aspetti ambivalenti, positivi e negativi.
4.
La critica tranne eccezioni, ha preferito affrontare la crisi della poesia (e di se stessa) tirando i remi in barca e vivendo di rendita, come fecero gli antichi mercanti borghesi che, durante il Seicento, nel periodo della rifeudalizzazione, diventarono proprietari fondiari e rinunciarono ai rischi.
5.
Il problema di cosa in tale produzione sia o non sia poesia (o se, non più dopo Auschwitz, ma dentro questa globalizzazione selvaggia, abbia ancora senso scrivere o fare poesia), non è stato neppure affrontato o non ha ottenuto ragionevoli risposte.
6.
L’essere molti in poesia è uno dei segni della crisi della poesia e non la soluzione già trovata.
7.
In molti dei moltiinpoesia è strabordante la coazione a partecipare, a pubblicare, a non aspettare, a non confrontarsi con gli altri, a cercare soprattutto amici di solito dal facile applauso
8.
Parafrasando il Fortini del «Non esiste un Petrarca per tutti», dobbiamo dire più decisamente che non esiste un Parnaso per i molti [e che esso non è surrogabile da] un Parnaso fai-da-te
9.
È come se fossero impraticabili le strade sia del ritorno ad un passato idealizzato sia della proiezione in un futuro delineato almeno in alcuni suoi contorni. Siamo in mezzo al guado.
10.
In poesia ci si aggrega e ci si divide, ci si confronta e ci si scontra anche nel voler essere pochi o molti a farla o a parlarne
11.
Il termine moltinpoesia contiene in sé una contraddizione. Essere molti in poesia è come voler essere molti in cima a un monte (magari il Parnaso) o voler abitare dentro un vetusto edificio, costruito secoli fa e pensato per soddisfare le esigenze di pochi (malgrado una secolare ideologia universalistica che va dal Convivio ai nostri giorni). Non è possibile. Già Fortini ammonì: non esiste il Petrarca per tutti. E coerentemente le avanguardie artistiche del primo Novecento, quando assaltarono la Casa della Poesia di allora, mirarono a distruggerla non ad abitarla. Sapevano bene che i molti non potevano starci e avevano bisogno d’altro. Mirarono a una rivoluzione, non a un cambio di proprietà.
12.
Essere molti in poesia è soprattutto essere laboratores di poesia (essere in laboratorio), più che oratores della Poesia sacerdotale o bellatores della Poesia d’avanguardia
13.
Essere molti in poesia è ricongiungere il fare poesia col fare critica
14.
Essere molti in poesia è rendere scorrevoli i rapporti tra livelli alti medi e bassi del fare poesia (o parapoesia o similpoesia)
15.
Essere molti in poesia è costruire una nuova estetica
16.
Essere molti in poesia è riusare criticamente ciò che è stato finora considerato poesia
17.
Essere molti in poesia e essere pochi in poesia sono ideologie della poesia.
Nota
Stralci da un mio articolo del 6 giugno 2012, UNA PREMESSA E OTTO TESI PER ESSERE (CRITICAMENTE) MOLTI IN POESIA: qui
I disegni sono di Tabea Nineo.
….secondo me, una tradizione di Moltinpoesia c’è sempre stata, non si poneva come “Le avanguardie artistiche del primo Novecento” intenzionate a dare l’assalto alla Casa (sacra) della Poesia, rivoluzionandone modalità e contenuti, ma molto più semplicemente e meno teoricamente raccoglieva istanze popolari che si esprimevano in ogni situazione di un percorso di vita: nascita (ninne-nanne, fiabe), amore (serenate e ballate), dolore e morte (romanze…), critica dello stato sociale attraverso recitazioni dissacranti ( es. Dario Fo) in occasione di fiere, carnevali, sollevazioni contadine…Credo che i Moltinpoesia si possano anche collocare in questo filone; sebbene l’accresciuta istruzione di massa permetta a molti anche un bagaglio di conoscenze sulla poesia classica moderna postmoderna, assurdo aspirare ad un Parnaso, ma il diritto di espressione non va censurato, solo le derive narcisistiche…Espressione di livello medio basso alto poco importa e anche in varie direzioni perchè, credo, a volte si arriva alla consapevolezza “critica” della realtà in atto, soggettiva e collettiva, dopo percorsi tortuosi e laboriosi, che passano attraverso più io aggrovigliati tutti da dipanare, con e senza l’aiuto della poesia. Mi sembra che Ennio Abate ci profili la possibilità di un “Moltinpoesia combattente”, come un traguardo, non un punto di partenza