di Marisa Salabelle
«Canterò Bella Ciao in chiesa, alla fine della Messa, domenica prossima» aveva scritto Massimo Biancalani sul suo profilo Facebook. Il vescovo di Pistoia, Fausto Tardelli, lo aveva diffidato. Aveva diffuso una nota nella quale affermava che “in chiesa nelle celebrazioni liturgiche non si possono eseguire canti inadeguati alla liturgia, come del resto il buon senso dovrebbe già far capire”. Il prete però non ha voluto sentir ragioni e domenica scorsa, 24 novembre, al termine della liturgia, dopo il rituale “la messa è finita, andate in pace” ha intonato il canto partigiano, circondato da una trentina di fedeli.
Non l’avesse mai fatto! Le reazioni si sono sprecate. Immediato il tweet di Salvini: “Ricordate il prete toscano che vorrebbe portare tutta l’Africa in Italia? Oggi concertino ‘sardinante’ di ‘Bella Ciao’… a Messa! Tra un po’ lo vedremo a Sanremo! (Roba da matti!)”.
Il vescovo Tardelli, intervistato da Michael Cantarella per l’Avvenire, ha detto di provare grande amarezza per la disobbedienza del suo parroco. Bella Ciao, ha detto, è un bellissimo canto, ma è evidente a chiunque che non è un canto liturgico, pertanto non è appropriato cantarlo in chiesa. Massimo Gramellini ha dedicato la sua rubrica Il caffè sul Corriere della Sera a don Massimo, che, a suo dire, avrebbe iscritto Gesù Cristo al movimento delle sardine . Ha continuato, con dubbio sarcasmo, a criticare l’iniziativa del “parroco antileghista” affermando che chi cacciò i mercanti dal tempio non vi avrebbe accolto “certi cantanti”. Nemmeno Gramellini mette in discussione il valore del canto (ci mancherebbe) ma il contesto, assolutamente non adatto. Ancora più duri e sprezzanti i commenti di altri giornali, secondo i quali il canto in sé è da respingere in quanto “comunista”; Biancalani avrebbe “cercato di coinvolgere” i fedeli nella sua sconsiderata iniziativa, lanciata solo “per provocare”, “per attirare su di sé i riflettori” e “per fare politica”.
L’accusa di essere un provocatore non è nuova per Biancalani: è vero che lui usa i social per diffondere la sua attività e le sue convinzioni. È vero che qualche volta “ha provocato”: per esempio mettendo su Facebook la foto di un gruppo di ragazzi neri che si divertivano in piscina. Che scandalo!
Secondo molti, chi fa il bene deve farlo in silenzio, senza fare scalpore. Non sono del tutto d’accordo con questa affermazione. Certe volte infatti è necessario venire allo scoperto, “metterci la faccia”, come si dice. C’è un valore nella testimonianza. Ha senso anche andare in TV, se si vogliono far conoscere le proprie idee e le proprie iniziative o se si vuole denunciare qualcosa di sbagliato, di ingiusto.
Quanto a Bella Ciao, non è certo la prima volta che è stata cantata in chiesa, al pari di altri canti non liturgici, senza che nessuno si scandalizzasse.
Infine: a Pistoia, dopo i blitz delle forze dell’ordine e i bastoni messi tra le ruote alle attività di don Massimo durante lo scorso anno, ora tutto tace. Non c’è più il CAS a Vicofaro, il che vuol dire, tra l’altro, che la parrocchia non riceve sussidi dallo Stato per l’accoglienza ai migranti. Tutti sanno che tra canonica e chiesa ci dormono oltre 200 persone. Ma nessuno ha nulla da dire in proposito, o meglio, da dire sì, ma nessuno ritiene opportuno intervenire, perché, tutto sommato, il parroco ribelle fa un servizio alla città: sai quanti senzatetto ci sarebbero ai giardini pubblici o alla stazione, se veramente facessero sgombrare Vicofaro.
…come si fa a dividere l’anima in compartimenti stagni? Piena solidarietà a Massimo Biancalani