Appunti di Ennio Abate
1.
Parto dalle mie impressioni dirette. Cosa vedo al primo impatto in questi quattro quadri di Mary Blindflowers?
2.
“La casa delle bambole” si presenta come uno spazio-teatrino dalla prospettiva elementare, con linee di fuga incerte, non geometriche. Figure sovrapposte, che definirei filamentose, lo occupano. In primo piano s’impone una “bambola”. È senza volto. Ha un grande petto senza seni e un accenno di capigliatura svolazzante. Sì, è vagamente femminile. Il suo corpo perde consistenza verso il basso. Colpiscono i fianchi mingherlini e le gambe che s’assottigliano – ancora un filamento – e terminano in un minuscolo e rudimentale piedino. Un braccio (a sinistra per chi guarda), sempre rudimentale, è parallelo al corpo, come a riposo. L’altro è teso a formare un angolo retto. Entrambi sostengono qualcosa di (ancora!) filamentoso. Le mani sono moncherini. A destra e a sinistra della “bambola” due teste animalesche in rosso. Sono vagamente cavalline, molto elementari e incomplete. Di traverso altre figure bluastre, sempre filamentose, ma oblique e più mosse della “bambola”. E poi altre ancora: forme quasi vegetali, gialline o biancastre. Sembrano grandi petali irregolari che partono da un glomerulo concentrico o spiraliforme. In basso un mucchietto di altri glomeruli o matassine o cerchietti concentrici. Indovino a un certo punto due figurine che paiono robot o macchinette. I colori sono stesi puri (alla Matisse) e riempiono le forme chiuse. Tutte le figure – ammassate e sovrapposte – sono sospese. Sembrano galleggiare. O potrei dire anche che sono precariamente appese? Non c’è confusione in questo spazio-teatrino, perché le forme sono rigorosamente chiuse e distinte. Prevale la sovrapposizione e, a tratti, l’intersecarsi delle forme. Il tutto mi trasmette un sentimento complesso: di capricciosità, staticità, estraneità.
3.
In “Madre e figlio in guerra” trovo tre elementi fondamentali: – la “madre”: una figura tentacolare, che giganteggia, invadendo quasi tutto lo spazio rettangolare del quadro, con le sue articolazioni (“braccia” e “gambe”), ora raggrinzite in moncherini, ora mostruosamente prolungate, piegate, accasciate; – il “figlio”: un feto-sgorbietto giallino, informe, ambiguamente catturato o sostenuto in una specie di morsa dai tentacoli della “madre” in quel punto che allude a un “braccio” o alla “testa” di lei; – quattro rozze linee (una orizzontale lunga, una perpendicolare, due in diagonale), che s’incrociano e sono punteggiate dalle stellette scure di un filo spinato; e, dunque, rimandano ad un immaginario di prigionia o di guerre. La linea, che costruisce la figura “materna” delimitando il suo “corpo” verdastro, è continua, greve, pesante. Il fondale è di un verde giallino sporcato e sfumato. Graffiti di stellette più leggere lo rendono più mosso. Il sentimento che ne traggo è di desolazione e di scomposta disperazione.
4.
In “Cervelli in fuga” ho intravisto intuitivamente una “testa” e un “tronco” di corpo e, dentro la “testa”, un ammasso verdastro, che parrebbe alludere a un “cervello”. Ad imporsi al mio occhio in modo quasi brutale sono le linee di color marrone o rosso e di vario spessore: irregolari, marcate, rudimentali. Ora sono concentriche e chiuse. Ora vanno disperdendosi e sfumando. Ora, da sinuose, improvvisamente proseguono in segmenti lineari di varia lunghezza e in direzioni impreviste. Negli spazi interni alle linee più marcate s’insinuano zone di colore sporcato, graffiti leggeri (qualche cerchietto), piccole macchie di colore colato. Il quadro promana per me passione coatta e disordinata.
5.
In “Relazioni accidentali”, su un prevalente sfondo azzurro sporco e compatto riesco ad indovinare una sorta di “catasta”di linee spesse, biancastre e irregolari. Spesso ai bordi sono sporcate da colore (sempre bianco) che cola a caso o da altro colore arancione schiarito. Sulla destra sta una figura vagamente antropomorfica con gambe lunghissime e senza braccia. Si può intuire la sua schematica testa e forse un seno. Sulla sinistra una forma vagamente circolare, con tre grosse macchie nere irregolari: potrebbe alludere a un teschio. Nella parte bassa del quadro ancora una minuscola forma antropomorfica arancione a gambe divaricate; e altri segni circolari o concentrici. Provo un sentimento opprimente. Come davanti a forme che si liquefano, che diventano informi.
6.
I quattro quadri sono frammenti di un discorso grafico-pittorico, della cui complessità mi sono reso conto visitando sia pur velocemente la galleria on line dell’autrice (qui). Ma va detto subito che la sua attività pittorica, iniziata appena quattro anni fa e in modi volutamente sperimentali, è da considerarsi, come lei stessa ci tiene a ricordare, una prosecuzione o un’estensione della sua consistente produzione letteraria precedente. (Cfr. qui) che influenza profondamente la sua sperimentazione pittorica.i Assieme, va aggiunto, ad una intensa riflessione teorica che sul suo blog, “Antiche curiosità”, dedica al concetto di “Destrutturalismo”.ii La ricerca di Mary Blindflowers confluisce in quelle sempre più numerose che , con strumenti diversi, vengono condotte sul rapporto tra immagine e parola. E non è un caso che stiano attirando l’attenzione anche della critica più accademica. (Ne ho accennato di recente in un articolo su POLISCRITTURE SU FB, qui).
7 .
Si potrebbe confrontare la mia lettura “oggettiva” dei quattro quadri, che ho fatto sopra, con quella nettamente simbolista, che ne dà Mary Blindflowers e che riporto fedelmente in notaiii. Avremmo un’ulteriore conferma di quanto sia varia la percezione – mai solo fisica ma culturale – di un’opera a seconda di chi la guarda (o lo fa). Mi chiedo, ad esempio, perché a me siano sfuggite certe immagini (quella del cavallo o del pedone investito in “Cervelli in fuga”) alle quali l’autrice dà grande importanza. Per ora, però, vorrei attirare l’attenzione su tre problemi che mi stanno a cuore: – quello della relazione tra immagine e parola (non a caso avevo dedicato a questo binomio una rubrica di Poliscritture); – quello dell’interpretazione di un’opera d’arte (o dei manufatti che ne hanno preso il posto, detronizzandola o contestandone l’aura); – quello della relazione tra immagini (sensibili), significati che ad esse attribuiamo e quell’altro (o Altro), a cui sia chi produce arte (o post-arte) sia chi cerca di pensarla (Cfr. un interessante articolo Pensare il disegno di Giuseppe Di Napoli, qui ) non possono non riferirsi, pur nominandolo in vari modi: realtà, Dio, Mistero, Origine, Natura, ecc. So quanto oggi sia complessa (e anche insidiosa) una approfondita riflessione su tali questioni. Ma va affrontata. Ho già tentato a modo mio di farlo l’anno scorso qui. Ma si può partire anche da altri casi concreti come questo dei quadri di Mary Blindflowers (o di altri affrontati di recente anche da Salzarulo qui).
Note
i Vedi l’importanza che l’autrice dà ai titoli dei singoli quadri.
ii Non so quanta parentela abbia il concetto di destrutturalismo con quello dl decostruzionismo, elaborato dal filosofo Derrida e ora ripreso criticamente dal filosofo Nancy (Cfr. qui); ma, pur con alcune riserve che dirò in altra occasione, la polemica fondamentalmente anarchica di Mary Blindflowers contro molti feticci estetici del passato e del presente tuttora ossequiati da artisti, scrittori e poeti operanti in Rete e sui social, è in gran parte condivisibile.
iii È bene riportare fedelmente l’ interpretazione simbolista di questi 4 quadri data dalla stessa Mary Blindflowers:
La casa delle bambole è una stanza dei giochi che allude metaforicamente alla società. Bambole appunto, incompleti oggetti dalla forma umana, con una sola gamba perché non possano camminare lontano, con la testa senza corpi perché non abbiano la capacità, avendo una testa, di usarla, dato che non possono muoversi, e con gli occhi al posto dei capelli, gli occhi del potere che controlla, e feti di idee smarrite che ciondolano qua e là in una società che abortisce l’intelligenza e riduce la filosofia del vivere ad un infantilismo primitivo.
Mother and Son è ispirato a una scultura che si trova nel parco della Henry Moore Foundation e come dice il titolo stesso, descrive il dramma della guerra che rimpicciolisce, depaupera le nuove vite, dietro l’indecenza del filo spinato.
Cervelli in fuga è un chiaro messaggio contro la fuga dei cervelli dall’Italia all’estero per motivi di lavoro, una denuncia della mancata meritocrazia di una società che a parole dice di essere libera e democratica, ma che di fatto costringe le persone, i cervelli, appunto, a scappar via. Il gioco degli smalti dà il senso della plasticità del movimento, almeno nelle mie intenzioni e il cavallo suggerisce l’idea del viaggio.
Incidental Assumption è come una pagina di filosofia sulla morte e la vita, la figurina primitiva a gambe divaricate è il potere energizzante di certe danze primitive, la macchina che investe un pedone è la tecnologia e il mondo che avanza e a volte uccide, come le bugie, figura in alto, il cui naso penetra nel ventre, il secondo cervello dell’uomo, il mondo dei suoi istinti uccisi dal lungo naso della propaganda e della falsità. C’è la morte,due teschi sul lato sinistro in alto, ci sono onde di suoni, in basso a sinistra e un indiano che allude al fare l’indiano, atteggiamento assunto da molti intellettuali. E’ una storia in cui tutti i suoi personaggi possono incontrarsi stabilendo relazioni accidentali, come dice il titolo. “
* Mary Blindflowers è nata in Italia, lavora attualmente nell’Hertfordshire, Regno Unito. Laureata in Lettere Moderne presso l’Università di Sassari (1999), ha poi ottenuto un Master in Criminologia Medica e Psicologia presso l’Università ”La Sapienza” di Roma (2004). È scrittrice ma sia in Italia che nel Regno Unito ha anche una lunga esperienza nel campo dell’antiquariato (mobili, vecchi libri da collezione).
…il primo dipinto di M. B. , “La casa delle bambole”, mi sembra rendere bene il pensiero dell’autrice, per la presenza di varie forme-informi di pupazze-i e per le spirali, come meccanismi a molla di certi pagliacci, che determinano movimenti brevi e robotici, come per ventilatori che scompigliano i capelli… Tutto modulato da una regia esterna, essendo le bambole private da un’anima…Anche i colori brillanti fanno parte dell’inganno…
Il dipinto intitolato “madre e figlio”, ci tiene a distanza con quel reticolato in primo piano e la scena sembra racchiusa in una bottiglia di vetro verde . Il dramma che vi si consuma è indicibile…
Nel dipinto “Relazioni accidentali” sono rappresentati il destino, e il caso che lo comprende, nelle relazioni umane…Nonostante filosofia e pensiero, gli umani non più che oggetti racchiusi in una sfera blu…
da tenere d’occhio questa grande artista…. talvolta mi ha fatto pensare a Lindsay Kemp