di Donato Salzarulo
Anche stamattina ti regaliamo un’altra bella foto. In questo fazzoletto di prato sotto casa stiamo in posa ad aspettarti coi petali bianchi ben aperti e il cerchietto di fiori gialli tubulosi da offrire agli insetti.
Dove vai?...All’edicola, a fare la tua solita incetta di giornali. Sei animale che parla e non ti stanchi del tuo mare di chiacchiere stampate. Noi qui, invece, immobili a goderci questa ondata di luce, questo sole d’aprile così tiepido. È il fusto a spingerci così in alto, a cercare, fragile e flessuoso, il nostro angolo di cielo. Sempre lo stesso eppure sempre così diverso. Dove vai?... Fermati!...Fatti margherita come noi, donati un bel pieno di vita. Non è questo che sogni? Non vorresti essere vivente tra i viventi o esistente tra gli esistenti?... Siediti sullo scalino, allora. Fatti accarezzare dal refolo di vento. Lo sai che ti ama, non hai bisogno di ripetere coi nostri petali quel giochino noioso e un po’ crudele di “m’ama…non m’ama”. Non catturarci nelle tue pieghe verbali, non farci entrare nei tuoi mondi simbolici. Noi non abbiamo incertezze, non viviamo come te sull’altalena dei desideri, in un labirinto di parole, in spirali d’angoscia e di vuoto, in una piena di dolore mortale. Siamo perenni, ma non passiamo le nostre ore a invidiare la rosa del giardino, a corrispondere col merlo del viale o coi colombi della vicina cascina. A impollinarci pensano gli insetti, le formiche amiche trasportano i nostri semi un po’ più in là. Tutta qua la nostra vita piena, gaudente, linda. Nulla a che vedere con le strade tortuose dei tuoi pensieri, con la tua boria da signore, da padrone del mondo… Sei molto triste in questi giorni, passeggi solo con una mascherina. Ti tiene in ostaggio qualcosa o qualcuno che non sappiamo?… Fermati, allora, non siamo crisantemi. Siediti sullo scalino, in silenzio, contempla la nostra bellezza, puoi amare e farti amare, non pensare… Il mondo geme il suo generarsi, il suo continuo mutare e trasformarsi. 10 aprile 2020
…caro Donato, bella la poesia della margherita per quel suo rivolgersi a te, accorata, preoccupata del tuo errare in labirinti di parole, di ansie: “Dove vai?../ Fermati!…”. Mi ha ricordato, in qualche modo, le domande incalzanti sul senso della vita del *canto notturno alla luna di un pastore errante dell’Asia” di G. Leopardi..E infatti, se noi riusciamo a travalicare quegli assurdi confini che ci siamo costruiti, vuoi per distinzioni meramente didattiche, vuoi per la nostra consuetudine di metterci sempre al centro dell’umiverso, scopriamo la saggezza delle margherite: ” …contempla/ la nostra bellezza, puoi amare/ e farti amare, non pensare.” Come tu, Donato, spesso ci racconti: la poesia, seguita dalla scienza, riesce a mettere in comunicazione tra loro i “famosi” tre regni
Cara Anna Maria, grazie per il tuo commento a “Pasqua con margherite”. Si, ho cercato di fare un po’ quello che dici tu: travalicare confini, ma soprattutto immaginare di far parlare chi non parla. Non ti nascondo che queste margherite sono un po’ sorelle delle tue. Solo che le tue diventano simboli ed “ogni fiore è uno di noi /che scompare”; le mie, invece, impartiscono una lezione all’animale parlante e si rifiutano di appartenere alla famiglia dei “crisantemi” come pensava Carl von Linné “Chrysanthemum leucanthemum”. Ancora grazie e abbracci.