di Giuseppe Settanni
Fratture non scomposte
Le fratture che non ti aspetti
fiutano l’osso da rompere
quando tutto è calmo.
Serpeggiando
tra le pieghe dell’abitudine
rosicchiano strutture
che si credevano portanti.
L’indivisibilità non tiene insieme
frammenti di separazione
forse mai legati.
E la colla non basta
perché la frattura non è la rottura
di un pezzo apparentemente a sé stante
ma lo spazio di aria consumata
che si insinua tra i dubbi
di un equilibrio precario
e il desiderio di unità.
*** accarezzami i capelli mentre la pioggia scende a venerare le crepe attendimi sul bordo dei binari ascoltami da lontano è l’imbrunire e ancora cresce in me l’esigenza di salvezza *** Risvegli è come se ti sentissi incastrato tra un gioco di prestigio poco rassicurante e una colorazione opaca quando ti svegli nello spessore di una coperta sottintesa la finestra ti scruta le interiora non promettendo melodie e anzi oscurando le profondità nel torpore della penombra i sensi acclamano la lebbra che le lancette siano una parodia della salvezza? *** meschinità asfittica di una retorica che non cerca filantropi disaccordi e insistenze (o inesistenze) dalle miniere fuoriescono contenitori da riempire con rigurgiti di ricongiungimenti le parodie si susseguono nel duello i carnefici teorizzano il sentimento dei proiettili un ghigno la scorciatoia è stata scoperta *** La consistenza I suoni gutturali che ti incastrano le braccia nel tentativo di impedire l’accesso a ogni tentativo di approfondimento ubbidiscono alla regola del tramonto perenne di un appoggio difficilmente assimilabile dalla notorietà dell’oppressione. Si è prescritto da tempo ogni diritto alla ricerca di un punto di fertilità nella linea dello spreco che continua la sua corsa senza fremiti verso un’esplosione che nessuno proverà. Hanno detto con le lettere che la dissoluzione di una scintilla è ciò che serve per proseguire ma la convinzione vacilla davanti all’assoluzione degli anticorpi. E l’altare non fornisce congruenze al dubbio pieno di opacità di chi si trova spaesato tra il dilemma della moltitudine ripetuta e il mantello di una soggettività che non sboccia perché non ha un basamento su cui riposare. Un’epica negativa esalta la testa fracassata di eroi dai capelli secchi e la coda impaurita di bestie divenute malinconiche per l’assenza di un’ostilità necessaria ma troppo costosa per chi vive di stanchezze. Di fronte a nuove idolatrie fatte di sacrifici schematici i sacerdoti si domandano ossessivi quale sia la pochezza da sommergere con l’evidenza della vita futura e credono di avere vinto la battaglia sul piano della cecità palindroma dell’oro. Brutale è l’intersezione delle luci nelle sere intollerabili del freddo isolamento e pare che si sciolga anche il brivido dell’ignoto quando diventa evidente che si tratta solo di un’assonanza di lapidi di cartone. Una preghiera soltanto una preghiera viene portata di mano in mano fino all’estremo limite della pazienza: che lo spessore si dissolva senza dolore. *** ἐφήμερος πτερόν volare per un giorno e poi farsi sommergere dal fiume innamorato effimera di nome per quelle ali che sbattono con troppo affanno appena qualche ora in un movimento vorticoso con il gusto di una vita quasi immaginata e la pietà per chi si allunga senza aspirazioni *** Combaci perfettamente con la tua ombra solo quando è notte fonda *** Differenze Un invecchiamento precoce dovuto alla stanchezza di sopportare i sorrisi stampati pregiudica ogni possibilità di detergere gli istanti macchiati di olio rancido che incontri sull’asfalto. Le differenze fanno i dettagli come la neve sui rami spogli dell’inverno. *** il graffio che mi hai lasciato sulla bocca non ha profondità come le parole che mi prestavi sulla spiaggia la promessa è ferma in superficie senza la possibilità di guadagnare l’abisso sei entrata tra le insignificanze della memoria *** il disfattismo plastificato che sommerge le dita nelle risse senza pugni di ogni giornata perfettamente perpendicolare aiuta i flaconi a inondarsi da soli di liquidi tossici per schivare le patologie verificate ma mai ipotizzate si dovrebbe bere un calice di quell’acqua eccentrica che si dilegua dai tetti innevati *** A mancare non è la chiave ma la serratura ***
Giuseppe Settanni, nato a San Giovanni Rotondo nel 1981, vive a Fano (PU). Laureato in Giurisprudenza, è avvocato e docente universitario. Ha pubblicato il romanzo Nero (Edizioni Palomar, 2010) e la silloge poetica Blu (Edizioni Ensemble, 2019 – Premio Anselmo Filippo Pecci). Con la poesia Fratture non scomposte è risultato vincitore al Premio Nazionale di Poesia Inedita Ossi di Seppia 2019, mentre con la lirica Il museo delle mancanze ha vinto il Premio AriodanteMarianni 2020; il suo testo Delirio dell’amore bestiale, invece, gli è valso il Premio Roberta Perillo al Concorso Ciò che Caino non sa 2020. Suoi testi sono pubblicati su vari blog e siti letterari, quali Poesia del nostro tempo, La presenza di Erato, Calcio alla poesia, Margutte, l’angolo Poesia del quotidiano La Repubblica, Limina mundi, Inverso – Giornale di poesia e Le stanze di carta.
Difficili e crudi giochi di immagini scarnite e metafore ricorrenti. La parola scolpisce,ferma,sicura, l’interiorita e la realtà del giovane poeta,teso alla ricerca dell’essenza e dell’essere. La realtà ? Quale realtà ? Esiste la realtà? Non deve essa fare i conti con l’apparenza? Scontro titanico che strugge l’uomo,ogni uomo e ancor più uno spirito sensibile come quello del poeta.