di Ennio Abate
Della morte di questo poeta da tempo vivente negli USA ha dato notizia il 10 agosto scorso il blog L’OMBRA DELLA PAROLA (qui), che molto si è speso da anni per far conoscere la sua produzione. Sulla sua qualità e originalità per ora non mi pronuncio. Voglio invece sottolineare il mio dissenso, anche in questo momento di lutto, per la rimozione non innocente dei nodi politici e storici più ardui non solo dalla riflessione su De Palchi ma da quasi tutte le attuali discussioni sui poeti e la poesia. E lo faccio – ancora una volta polemicamente, purtroppo – pubblicando alcune mail del 2015 tra me e un amico, che lascio anonimo; e ripubblicando un commento, ovviamente ignorato, che lasciai nel 2016 su L’OMBRA DELLA PAROLA a proposito dei rapporti tra Alfredo De Palchi e Franco Fortini, che a quei nodi politici (del secondo dopoguerra) rimandava. [E. A.]
1.
Il 09/03/2015 11:50, Ennio Abate ha scritto:
Caro XY,
mi perdonerai se ti faccio questo rilievo in privato perché non mi piace sollevar polemiche. Ma con chi vi siete messi?! Mi ero già meravigliato di questa sorta di pellegrinaggio ossequioso verso De Palchi di molti poeti italiani, ma quando vedo pubblicato un suo testo che qualifica Longo e Pertini come “delinquenti comuni” e curatore del blog e commentatori fingono di non vedere vuol dire che la cancellazione revisionista della storia ha proprio sfondato.
Un caro saluto
Ennio
P.s.
E voi bifolchi eroici del ritorno sul barcone dell’Adige mostratevi sleali e vili quali siete con il numero ai polsi di soldati prigionieri non di civili dai campi di sterminio siete sleali per tradimento vili per la fuga verso battaglie di mulini a vento spacciandovi liberatori al culo dei vittoriosi che vi scorreggiano in faccia ora non scapate da San Vito dov’è obbligo narrarvi le stesse menzogne tra compagni rifare gli eccidi dei Pertini e dei Longo criminali comuni all’infinito e finalmente spiegare la verità dei ponti antichi lasciati saltare nell’Adige di Verona forse anche i defunti avrebbero orecchie. [Nota 2020 La poesia di De Palchi si legge ora (qui o qui)]
2.
Da XY
Inviato: lunedì 9 marzo 2015 23:29
A: Ennio Abate
Oggetto: Re: da Ennio Abate: De Palchi sul blog di L’ombra delle parole
Caro Ennio,
nessun problema, non ho alcun atteggiamento di ossequio né verso De Palchi né verso altri poeti, soprattutto se contemporanei, tra i quali non c’è nessuno di cui condivido ogni spicchio del suo universo, espressivo o di visione di idee. De Palchi ha un orientamento tendenzialnente a-ideologico e anarchico, e dico tendenzialmente perché poi ammira Obama e disprezza o odia i repubblicani…su parecchi punti non condivido le sue posizioni, e con lui ne ho parlato senza problemi ma poi, aprendo il ventaglio di quello che ha fatto in maniera disinteressata, manifesta una generosità, libertà di giudizio e di scelte che in pochissimi ritrovo.
Non persegue alcun revisionismo storico, ma sulle frasi/versi che citi – tra quelli che ovviamente non condivido – non può non pesare la durissima esperienza di anni di carcere fatti ingiustamente e dovuti sicuramente anche a fattori iperideologici degli anni 40-50 e oltre.
E’ un altro mondo rispetto a quello che, ad esempio, la fortuna generazionale mi ha regalato o mi sono costruito pezzo a pezzo. Strutturato come visione di idee e, insieme, con tutta la tensione libertaria che Marx trasmette nei suoi testi. Tensione che ho ritrovato a dir poco stropicciata, spesso calpestata o non praticata dai partiti della “sinistra”. Tanto che ne sono presto scappato, cercando, forse con l’unico guadagno di non essermi mai stupito o essere rimasto deluso da quello che quegli stessi partiti ed esponenti hanno combinato negli ultimi decenni…inutile proseguire e annoiarti.
Volevo solo dirti che De Palchi non è un altro saltato sul carro del revisionismo storico, di pseudo maitres che poi ci guadagnano, e faccio perciò la tara su suoi giudizi, in particolare se su essi pesa il prezzo di dolore pagato personalmente.
E il dolore è una delle monete che cambia i termini e i confini.
Un caro saluto
XY
3.
Da: Ennio Abate Inviato: martedì 10 marzo 2015 09:31
A: XY
Oggetto: R: da Ennio Abate: De Palchi sul blog di L’ombra delle parole
Caro XY,
le mie non sono accuse di piaggeria a te; e sono anch’io convinto che, per formazione e mentalità, De Palchi forse non sa neppure cosa sia il termine ‘revisionismo storico’.
Ho voluto solo sfogarmi con te, che mi pare provieni da una storia simile alla mia, per lo sfaldamento delle “nostre verità”. La pubblicazione in Italia di un testo poetico contenente quelle affermazioni contro Longo e Pertini, se comprensibili sulla bocca di uno con quel tipo di storia dolorosa alle spalle, non dovevano essere accolte in silenzio. Ci sarebbe voluta come minimo una nota di accompagnamento che prendesse le distanze.
AI silenzio dei curatori del blog si sono aggiunti i commenti plaudenti e ossequiosi. Così siamo elegantemente seppelliti.
Io un’altra volta lessi sullo stesso blog in un commento dello stesso De Palchi queste affermazioni:
« Scuso e mi scuso senza ipocrisia untuosa; non indosso rancori. Mi si noti quale sono sempre stato: Nel 1961 Vittorio Sereni aveva scelto il mio poemetto in 13 parti, “Un ricordo del 1945”(1948), inedito come era tutto il mio lavoro, per il primo numero della nuova rivista “Questo e Altro”. Franco Fortini dichiarandosi mio nemico, spingeva e insisteva fortemente Sereni di abbandonare l’idea per motivi ideologici personali di uomo in simili casi per me piccolo. Sereni rifiutò di convincersi e pubblicò il poemetto. La storia si protrasse, Fortini da nemico ideologico. Io pubblicando delle sue poesie in versione inglese sulla mia rivista Chelsea. Gli feci avere una copia della rivista con una breve lettera in cui non parlavo della trascorsa vicenda; Fortini scelse il silenzio. Oltre cinquant’anni dopo, privo di fondi, Gianmario Lucini annuncia il Premio di Poesia Franco Fortini. Mi offrii di aiutarlo, e tuttora sono il solo a sostenere il premio. E perché? Perché non eleggo nemici e non ho rancori, ma contraddizioni. Ch’io sappia nessuno mai ha indovinato la mia ideologia: anarchia comunismo fascismo monarchia socialismo = anarchia. Mi è parsa giusta raccontare questa vicenda perché si capisca diversa la mia personalità
Alfredo De Palchi, Manhattan, 21 agosto, 2014»
E gli scrissi in privato, avendone avuta l’occasione, spiegando in una lunga lettera le ragioni secondo me storiche (e non personali) di quel comportamento di Fortini. Ora non lo faccio più perché ho chiuso col blog di L’ombra delle parole.
Un caro saluto
Ennio
4.
NEI DINTORNI DI FRANCO FORTINI (7)
Un commento su L’OMBRA DELLE PAROLE e una mia precisazione.
1. Il commento:
Giuseppe Panetta
17 febbraio 2016 alle 0:13
Ecco, questo è De Palchi. (Da un commento sull’Omba delle Parole)
Scuso e mi scuso senza ipocrisia untuosa; non indosso rancori. Mi si noti quale sono sempre stato: Nel 1961 Vittorio Sereni aveva scelto il mio poemetto in 13 parti, “Un ricordo del 1945” (1948), inedito come era tutto il mio lavoro, per il primo numero della nuova rivista “Questo e Altro”. Franco Fortini dichiarandosi mio nemico, spingeva e insisteva fortemente Sereni di abbandonare l’idea per motivi ideologici personali di uomo in simili casi per me piccolo. Sereni rifiutò di convincersi e pubblicò il poemetto. La storia si protrasse, Fortini da nemico ideologico. Io pubblicando delle sue poesie in versione inglese sulla mia rivista Chelsea. Gli feci avere una copia della rivista con una breve lettera in cui non parlavo della trascorsa vicenda; Fortini scelse il silenzio. Oltre cinquant’anni dopo, privo di fondi, Gianmario Lucini annuncia il Premio di Poesia Franco Fortini. Mi offrii di aiutarlo, e tuttora sono il solo a sostenere il premio. E perché? Perché non eleggo nemici e non ho rancori, ma contraddizioni. Ch’io sappia nessuno mai ha indovinato la mia ideologia: anarchia comunismo fascismo monarchia socialismo = anarchia. Mi è parsa giusta raccontare questa vicenda perché si capisca diversa la mia personalità
Alfredo De Palchi, Manhattan, 21 agosto, 2014
2.
La mia precisazione:
Ennio Abate
17 febbraio 2016 alle 9:32
Questo vecchio commento di Alfredo De Palchi sui rapporti tra lui, Sereni e Fortini tocca un nodo controverso della storia letteraria e politica italiana. Di solito i blog di poesia tendono ad accantonare i mille fili che la collegano ai conflitti sociali e politici. E troppo facilmente i contrasti tra poeti e letterati vengono ridotti agli aspetti *personali* o di *carattere* o vagamente *ideologici*.
Vedendolo ora riproposto senza alcuna contestualizzazione storico-critica, mi sento in dovere di pubblicare uno stralcio di una mia lettera del 15 sett. 204 a De Palchi sull’argomento. Lo faccio non solo per rispetto alla memoria di Franco Fortini ma per un omaggio ragionato e non servile allo stesso Alfredo De Palchi.
Ecco lo stralcio:
[…]
Secondo me lei sbaglia a vedere le pressioni di Fortini su Sereni per non far pubblicare il suo poemetto “Un ricordo del 1945” come dovute a «motivi ideologici personali di uomo in simili casi per me piccolo»; e quindi a invidia o meschinità di Fortini stesso.
Per me è, invece, evidente che quello scontro tra voi non sia stato soltanto personale; e vada letto nella cornice dello scontro storico tra fascismo e socialismo/comunismo che si è avuto in Italia per tutto il Novecento. Si è trattato di uno “scontro tra padri”, tragico e pieno di atrocità, compromessi al ribasso e meschinità, prolungatosi anche nel dopoguerra con episodi di trasformismo quasi più distruttivi di quello stesso scontro (intellettuali, che erano stati fascisti fino alla vigilia del ’45, che diventano di botto democristiani o socialisti e comunisti; la lotta politica svilita a lotta per bande e per lobby, ecc.).
Questa storia ha pesato su di lei, che da giovane – consapevole o non consapevole – ha militato nelle file fasciste. E ha pesato, in altri modi, su Fortini. E pesa, in altri modi ancora, anche su noi delle generazioni successive (io sono nato nel 1941).
Lei ha ripensato quella storia arrivando a rifiutare “tutte le ideologie” e cercando di ritrovare un nucleo intatto “umano”, “elementare”, “autentico” su cui costruire la sua poesia (« Seguivo una anarchia mentale libera da costrizioni. Mi consideravo da sempre un apolitico: monarchico fascista repubblicano comunista liberale socialista = anarchico, senza mai il desiderio di dinamitare luoghi e gente»).
Fortini, invece, – e parlo, ripeto, sulla base di quanto ho potuto capire da quel che ha scritto e fatto – si è rifiutato di uscire dai vincoli che la storia pone agli umani che la vivono. Per lui questa era una soluzione illusoria. Convinto com’era di una cosa: l’unica verità o autenticità che si può dire e praticare è quella che non si distacca dalla storia, che non la cancella.
Per lui (e anche per me) non si debbono saltare o mascherare le differenze (sociali, politiche, culturali) che dividono e spesso contrappongono fino alla guerra i vari gruppi umani. Si devono affrontare per cercare di abolirle o almeno ridurne gli effetti dannosi e distruttivi.
Questo comporta fatica e anche lotta contro altri uomini, avversari o nemici. Da combattere, sì, ma mai dimenticando che anche nel nemico e nell’avversario più feroce c’è una scintilla di umanità e autenticità e generosità, che chissà se e quando potrà venire alla luce.
Ecco perché – è sempre una mia interpretazione – io credo che il silenzio, che Fortini scelse quando lei pubblicò – con atto di reale generosità, sia chiaro – le sue (di Fortini) « poesie in versione inglese» su Chelsea, era dovuto non ad astio o a rancore personale nei confronti della persona Alfredo De Palchi, ma proprio ad una volontà precisa e seria di non cancellare sbrigativamente (come fecero tanti altri della sua generazione) quella storia tragica, che vi eravate trovati a combattere su sponde contrapposte. E che – non va dimenticato – se aveva segnato duramente la vita personale del giovane Alfredo De Palchi, altrettanto duramente (umiliazioni e persecuzioni subite da suo padre a Firenze dai fascisti, ecc.) aveva marchiato quella di Franco Fortini.
E la poesia del 1954 che Fortini dedicò a Vittorio Sereni:
Sereni esile mito
filo di fedeltà
non sempre giovinezza è verità
un’altra gioventù giunge con gli anni
c’è un seguito alla tua perplessa musica…
Chiedi perdono alle ‘schiere dei bruti’
se vuoi uscirne. Lascia il giuoco stanco
e sanguinoso, di modestia e orgoglio.
Rischia l’anima. Strappalo, quel foglio
bianco che tieni in mano.
(da F. Fortini, L’ospite ingrato, Testi e note per versi ironici, Bari, De Donato, 1966)
a me pare sia stata indirizzata anche a lei; e sia, in un certo senso, la risposta che non le arrivò direttamente da lui.
Queste dunque sono le mie “obiezioni” – niente affatto malevoli nei suoi confronti – sulla sua generosità, gentile De Palchi.
A differenza di molti miei coetanei, scrittori o poeti, che pur stimo, non dico che la sua visione di quel passato dell’Italia sia “peggiore” di quella di Fortini, che sento a me più vicino. Ritengo solo necessario che la storia dei padri (come lei e Fortini e Sereni e tanti altri) vada interrogata ininterrottamente e non rimossa. E che questo interrogarsi serve anche alla poesia.
Lealmente e con stima
Ennio Abate
Con il profondo dispiacere per la morte del poeta Alfredo De Palchi, mi unisco al tuo dissenso e non vedo assolutamente polemica in quello che scrivi.
A. De Palchi augurava ai comunisti italiani ideologicamente “facinorosi” come Franco Fortini di prendersi una pala e piccone e vivere onestamente. Ma cosa voleva dire?
Chiaramente quello scontro non fu solo personale, ma sicuramente risentì del periodo storico. E perché deve esserci un rifiuto delle “ideologie” quando la verità è quella che non si distacca dalla storia e non la dimentica….
E’ complicato entrare nelle storie delle miserie umane.
Riconosco ad Alfredo De Palchi il suo lavoro editoriale con Chelsea Editions, come del resto quello di Luigi Fontanella con Gradiva Publications a New York. Credo anche che risulti patetico, quando si paragona ad un Dino Campana contemporaneo, ma credo anche che debba seguire fino in fondo la sua linea per definire ” il personaggio letterario”, provocatore e anticonformista. Sono anche convinto che quando uno vive da molti anni lontano dal proprio Paese, si distacchi necessariamente dalle tradizioni per accedere a nuove visioni. A. De Palchi poeta e uomo con il suo passato mai chiarito e lasciato nell’angolo dalla critica. Forse il compromesso per meritare una espiazione? Chissà.
Paolo Carnevali
@ Paolo Carnevali
Grazie Paolo per aver rotto il silenzio che immancabilmente segue quando intervengo sulle ipocrisie di certi letterati.
Chi ha scritto, senza mai pentirsene, che Longo e Pertini sono stati “criminali comuni” – che è molto peggio del “delinquenti comuni” trascritto da Ennio Abate – può pure aver subito le più atroci ingiustizie giudiziarie ma non potrà mai trovare, per tali affermazioni, giustificazione alcuna, né storica né letteraria. Non condivido però di Ennio Abate la sua generalizzazione o “quasi”: “per la rimozione non innocente dei nodi politici e storici più ardui non solo dalla riflessione su De Palchi ma da quasi tutte le attuali discussioni sui poeti e la poesia”. Meglio invece studiare e citare caso per caso le supposte “rimozioni”. Ennio Abate “per ora” non si pronuncia sulla “qualità e originalità” della produzione di De Palchi. Attendo le sue parole in merito. Io vado per le spicce: qualità mediocre, originalità nessuna.
“Non condivido però di Ennio Abate la sua generalizzazione o “quasi”: “per la rimozione non innocente dei nodi politici e storici più ardui non solo dalla riflessione su De Palchi ma da quasi tutte le attuali discussioni sui poeti e la poesia”. (Ottaviani)
Sì, forse ho generalizzato troppo. Sarebbe stato meglio circoscrivere la critica alla cerchia del blog L’Ombra delle Parole. Eppure stento a trovare discussioni sul tema che mi sta a cuore anche su altri blog o FB. Ma forse sono diventato più distratto e seguo molto di meno i siti di poesia.
Su De Palchi un elementare lavoro di schedatura che avevo iniziato attorno al 2014, sulla spinta della polemica di cui ho dato qui notizia e un po’ incuriosito dai tanti elogi e riflessioni a lui dedicate, s’è arrestato. Alcuni suoi testi accostati allora non mi avevano attratto e la marea di elucubrazioni ossequiose degli “ombreggiatori” mi ha dissuaso dal continuare. Se troverò il tempo, leggerò alcuni suoi testi e aggiungerò la mia opinione.
SEGNALAZIONE COMMENTI DA “L’OMBRA DELLE PAROLE”
Ennio Abate
29 agosto 2020 alle 19:29
A VOI OMBREGGIATORI DELLA PAROLA CHE NON AVENDO AVUTO IL CORAGGIO DI REPLICARE AL MIO COMMENTO SU DE PALCHI VI NASCONDETE DIETRO HEIDEGGER
Per questo, proprio perché l’astrazione del capitale produce, attraverso il doppio movimento dello svuotamento del concreto e della sovradeterminazione della superficie, direttamente intellettualità di massa, agli intellettuali di professione, ai maîtres à penser, non lascia altro che la conferma di tale suo operare svuotante e superficializzante. Lascia cioè il compito di produrre pensieri, filosofie, configurazioni ideali che siano ispirate al principio della smaterializzazione del mondo e che si vietino ogni oltrepassamento nel verso della materialità sociale. Tanto da potersi facilmente e schematicamente affermare che, di fondo, tutta l’alta cultura dell’ultimo quarantennio ha celebrato l’epopea di un’assenza di strutturazione, di ogni gerarchia possibile, di ogni sistematica della realtà, per il darsi di un accadere sempre evenemenziale, esito di parallelogrammi di forze e di significazioni sempre cangianti e mai concluse in una qualche permanenza e identità. Né dunque è stato un caso se tale autosequestrarsi della cultura in una propria smaterializzata autoreferenzialità4 abbia avuto come massimo evento inaugurale, almeno nell’ultimo cinquantennio, la filosofia dell’«Essere» e della «differenza ontologica» di Martin Heidegger, la cui genialità reazionaria è consistita nel riproporre come principio dell’intendere e del vivere una categoria arcaica ed astrattamente metafisica come quella di Essere, il cui superamento critico aveva invece costituito la condizione prima di ogni svolgimento positivo sia della filosofia antica di Platone ed Aristotele sia della migliore filosofia moderna.
(DA CritIca, capitale e totalità di Roberto Finelli http://www.ospiteingrato.unisi.it/critica-capitale-e-totalitaroberto-finelli/)
giorgio linguaglossa
30 agosto 2020 alle 8:00
gentile Omissis,
non voglio cadere nella polemica sterile su questioni molto complesse che richiedono molto pensiero, e poi non avrei nulla da replicare ad affermazioni generiche e supponenti che non sono interessate ad alcun confronto.
Se lei ha qualcosa da dire sulla poesia di de Palchi, lo faccia… altrimenti, si accomodi…
Ennio Abate
30 agosto 2020 alle 10:16
gentile Ombreggiatore Maximo,
le affermazioni contenute nel mio commento – che ci sia stato un discutibile « pellegrinaggio ossequioso verso De Palchi di molti poeti italiani», che in quel suo testo Alfredo De Palchi qualifichi « Longo e Pertini come “delinquenti comuni”» ( anzi «criminali comuni all’infinito»), che lei e i suoi sodali abbiate sorvolato e minimizzato in vari modi ( errori di gioventù, la Poesia è altra cosa, ecc.) – non sono generiche ma fatti documentati. Né è “supponente” chi (io) ha scritto: « La pubblicazione in Italia di un testo poetico contenente quelle affermazioni contro Longo e Pertini, se comprensibili sulla bocca di uno con quel tipo di storia dolorosa alle spalle, non dovevano essere accolte in silenzio. Ci sarebbe voluta come minimo una nota di accompagnamento che prendesse le distanze.». Quanto qui ho reso pubblico ha a che fare con la poesia di De Palchi (anche se non esaurisce un discorso critico e non apologetico su questo autore). Certo, se il lettore non si lascia sviare da una concezione astorica sia della poesia sia del «molto pensiero».
ALTRI DUE COMMENTI SULLA QUESTIONE
giorgio linguaglossa
30 agosto 2020 alle 13:32
gentile omissis,
le affermazioni di de Palchi contro Pertini e Longo, rientrano in un contesto storico che nessuno di noi vuole dimidiare e sorvolare, tali affermazioni devono essere però inquadrate e storicizzate nella amarezza di un uomo di 18 anni che si è fatto 6 anni di galera preventiva nelle carceri di Civitavecchia e di Procida per un delitto di omicidio di un partigiano da lui non commesso e per il quale fu condannato all’ergastolo in primo grado e poi assolto con formula piena in appello… Quello che qui è in questione è il giudizio sulla sua opera poetica, non un giudizio sommario sulle sue idee politiche dell’epoca, se lei ha qualcosa da dire sulla sua poesia, la dica, se invece vuole solo spandere zizzania e odio, taccia…
Faccio presente che in anni recenti de Palchi mi ha detto più volte che lui si considerava un socialista, accanito oppositore della destra americana, in particolare di Trump che considerava un pericolosissimo sovversivo populista di estrema destra.
Per favore non faccia il Salvini di sinistra, questa non è una piazza di fedeli di partito nella quale si fa giustizia sommaria.
Ennio Abate
30 agosto 2020 alle 19:07
gentile Ombreggiatore Maximo,
quant’è ambigua la sua formula:« le affermazioni di de Palchi contro Pertini e Longo, rientrano in un contesto storico che nessuno di noi vuole dimidiare e sorvolare, tali affermazioni devono essere però inquadrate e storicizzate nella amarezza di un uomo di 18 anni che si è fatto 6 anni di galera preventiva nelle carceri di Civitavecchia e di Procida per un delitto di omicidio di un partigiano da lui non commesso e per il quale fu condannato all’ergastolo in primo grado e poi assolto con formula piena in appello…»!
Ho sempre tenuto presente l’«amarezza» di De Palchi per come si svolse e si risolse il suo caso. Lei farebbe bene a rileggersi almeno gli stralci della lettera che gli mandai il15 settembre 2014 e che ho ripubblicato qui (https://www.poliscritture.it/2020/08/23/in-morte-di-alfredo-de-palchi-memento-per-i-vivi/#comment-97715). E a soffermarsi su questo passo: « Queste dunque sono le mie “obiezioni” – niente affatto malevoli nei suoi confronti – sulla sua generosità, gentile De Palchi. A differenza di molti miei coetanei, scrittori o poeti, che pur stimo, non dico che la sua visione di quel passato dell’Italia sia “peggiore” di quella di Fortini, che sento a me più vicino. Ritengo solo necessario che la storia dei padri (come lei e Fortini e Sereni e tanti altri) vada interrogata ininterrottamente e non rimossa. E che questo interrogarsi serve anche alla poesia. Lealmente e con stima Ennio Abate».
Quanto da me scritto smentisce la rozzezza del SUO gratuito accostamento («non faccia il Salvini di sinistra») e delle SUE inqualificabili insinuazioni («se invece vuole solo spandere zizzania e odio, taccia»; « questa non è una piazza di fedeli di partito nella quale si fa giustizia sommaria»). E chiarisce quale sia il mio atteggiamento: «Ritengo solo necessario che la storia dei padri (come lei e Fortini e Sereni e tanti altri) vada interrogata ininterrottamente e non rimossa».
«Quello che qui è in questione» è invece :
1.
il silenzio suo (e dei suoi «fedeli») al momento della «pubblicazione in Italia di un testo poetico contenente quelle affermazioni[di De Palchi] contro Longo e Pertini, [che] se comprensibili sulla bocca di uno con quel tipo di storia dolorosa alle spalle, non dovevano essere accolte in silenzio. Ci sarebbe voluta come minimo una nota di accompagnamento che prendesse le distanze». Questo è il rimprovero che ho mosso a lei e ad altri nella mail a XY. E su questo tuttora lei sorvola e gli altri tacciono;
2.
Il rapporto controverso e irrisolto tra poesia (o filosofia o letteratura) e politica (o storia) come si presenta nell’opera di tanti autori. Da Heidegger a Céline a Montale e prima ancora a Dante e ad altri. Lei (con altri) separa nettamente i due poli in questione. E io (con altri) li ritengo non separabili (ma neppure sovrapponibili o riducibili quindi a « un giudizio sommario sulle sue idee politiche dell’epoca»).
Quindi, per favore, la smetta di redarguirmi con: «se lei ha qualcosa da dire sulla sua poesia, la dica». Su De Palchi l’avevo già cominciata a dire con la mia lettera del 2014 e la sto riproponendo con il mio attuale commento. Ed è contrapposta alla sua, che considera soltanto «la amarezza di un uomo di 18 anni che si è fatto 6 anni di galera preventiva nelle carceri di Civitavecchia e di Procida» e annacqua o mette tra parentesi lo scontro tra fascismo e Resistenza o il giudizio storico su Pertini e Longo; e se la cava riportando le confidenze di De Palchi «in anni recenti».
Ma che importano agli spazi i terrestri eventi, le illusioni di sublimi pensieri
e le credenze di opachi atomi del male e quei naufragi inesistenti in un dove
che non è, ma è ovunque insensato, non calcolato da nessuno, sognato forse
come il galante viaggio a Citera mai compiuto, o forse si – aborto di un imbarco!
Incompiuta…
… ma il 30 giugno 2009, data in calce allo sgangherato scritto dal bucolico incipit “E voi bifolchi”, è un giorno che deve essere ancora inquadrato e storicizzato “nella amarezza di un uomo di 18 anni che si è fatto 6 anni di galera preventiva”? All’epoca il Signor Alfredo De Palchi aveva raggiunto la veneranda età di 83 anni…un'”amarezza” rancorosa quindi durata più di sessanta anni e che ha azzerato ogni possibilità di riconsiderare in altra qualsiasi luce la propria e l’altrui storia. .. Ah! Se i critici oppressi da “molto pensiero” e stranamente non bocciati alle scuole dell’obbligo sapessero dare almeno uno sguardo alle date!…
“Ma che importano agli spazi i terrestri eventi” (Sagredo)
Agli spazi no, ma agli umani sì. Almeno fino a quando non saremo ridotti a ‘spazi’ questa Sovrana Indifferenza o Visione dall’Alto dei Cieli sarebbe meglio vietarsela o tenerla sotto controllo.
P.s.
Ci cascò anche Giovannino, che pur da giovane aveva inseguito “terrestri eventi”:
E tu, Cielo, dall’alto dei mondi
sereno, infinito, immortale,
oh! D’un pianto di stelle lo inondi
quest’atomo opaco del Male!
(https://liceocuneo.it/ipertesti/l'uomo-e-le-stelle/aree_disciplinari/artistico-letteraria/italiano/pascoli/agosto.htm)
Se dobbiamo ascoltare il Pascoli il cielo inonda la terra di un pianto di stelle, non è solo indifferente…ma ci troviamo di fronte alla visione di un poeta, con un connotato forse di misticismo romantico.
La letteratura troppo spesso veste l’ipocrisia e la vita non può farne a meno. Dunque nel corso delle proprie vite a volte si attraversa la superficialità e altre l’impegno, ricorrendo a cambiamenti della propria coscienza. Rischiando di diventare ipocriti per praticità nella vita sentimentale e anche in quella politica. Ancora una volta questo scontro di commenti riflette sulla distinzione che intercorre tra letteratura e vita. Ci troviamo ad un limite: farsi coinvolgere o estraniarsi dai fatti?
L’uomo A. De Palchi non è certo il poeta, ma la letteratura ci ha insegnato che esistono molte “figure” non molto coerenti. La sua individualità eccessiva è una copia di Francois Villon, scoperto durante la sua prigionia politica. In una sua pubblicazione, “Nihil”, si definisce un vecchio leone braccato, ferito, ma indenne e coraggioso…. ….
evoca il mondo della sua infanzia, i tradimenti, spesso con una certa superbia. Si è sempre sentito un emarginato che parla di “compromesso politico” di adolescente. Ma cosa voleva dire? Io questo non l’ho mai capito, però ho sempre sospettato che soffrisse dell’indifferenza, anche se è stato anche troppo edificato come poeta.
” Io e la mia arte non abbiamo fretta”…. ….. questa non è superbia?
Del resto, conosciamo bene l’ego e la disperata voglia di posterità dei poeti…. ….
Se passerà alla storia poetica, ben per lui. Ho un’idea completamente diversa al riguardo esistenziale del problema. Non rappresenterà grande importanza al cospetto dell’ “uomo”. Il mio augurio è che riposi in pace!
Riguardo al gruppo letterario degli “ombreggiatori”, così detti innovatori di un linguaggio ontologico. Terminologia oscura, spocchiosa e alimentata da reciproci apprezzamenti. Credo che si fregino un po troppo a distributori di una ” Nuova poesia Italiana”. Che dire…. ….
Tanti auguri e buona vita, augurandovi di non farvi troppa ombra sulle parole.
Paolo Carnevali
SEGNALAZIONE
Omaggio ad Alfredo De Palchi (1926-2020)
di Plinio Perilli
https://lagedorivista.wordpress.com/2020/09/04/omaggio-ad-alfredo-de-palchi-1926-2020/
Come ci traversano i ponti e gli arcobaleni! Una volta il tempo aveva un senso
come in un’Arcadia quando all’infinito prestavi un idillio e di Asea miravo
le costellazioni e il frivolo luogo di un cortile non contaminato sottratto
all’interdizione di un terrestre passaggio… qui, su una qualsiasi galassia,
governo me stesso e un pensiero che mai è nato, e così il sogno… era altra l’attesa
di una fluida serenità e dello scorrere di non so cosa! La realtà forse esiste
e ha senso soltanto sulla terra come gli stermini: una arcadia per i carnefici!
Poi la pietas… una altra invenzione….
Antonio Sagredo
Brindisi, 04 settembre 2020
Mi aspettavano gli Dei tutti sulla pensilina, ma non scesi dal treno dell’Oblio
perché gli orologi erano fermi all’ora sesta e l’omelia era già conclusa senza assoluzioni.
Il rancore gonfiava i binari asmatici e gli scartamenti parlavano lingue sformate e sconosciute
ai rauchi tramonti che della rosa non sapevano le destinazioni, i venti e i tormenti.
Sapevo che ai divani nulla importava del Tempo, che non erano più le basi di tutte le riflessioni
sullo scorrere dei pensieri divinati e infernali che già i pelosi cerebri avevano elaborato, sapevo…
sapevo che i fuochi in cenere mutavano le braci per un martirio finito anche gli anfiteatri delle sue parole e dei suoi libri… gli universi della teologia spicciola furono distrutti
….tallonavano le note, i suoni e gli strumenti gli incompiuti rapimenti
e i gesti e i moti spezzati delle tue mani e dita che precedevano le note!
comode fonti…. sorgenti
e incompiuti rapimenti