Il trasporto dei bagagli effettuato da sola è stato la mano di copale su una giornata di grande stress e sono al limite delle forze, ma non posso fare a meno di rispondere al benvenuto dolcissimo di Argo, stupito e insieme felice. Baghi, sdraiata sulla poltroncina verde accanto alla vetrata, mi degna di un saluto indolente. Matisse e Melissa gironzolano intorno annusando valigia e borsoni.
Sara non c’è e a pranzo non ho mangiato. Ma sono troppo stanca per fare alcunché. Appoggio le due valige sul bordo del letto matrimoniale, recupero il pigiama e m’infilo sotto il lenzuolo.
Melissa non gradisce che le si parli. E’ salita sul mio letto ieri sera, si è accoccolata in un angolo e ce l’ho ritrovata stamattina. Ora in silenzio si avvicina e cerca carezze protendendo il muso verso il mio viso. L’accarezzo con entrambe le mani fissando ad occhi socchiusi i suoi verde-mare. Comincia a far le fusa e a fatica si trattiene dall’infilarmi le unghie nella carne. Alla fine si accuccia mentre le carezzo le zampe. Balù riesco a coccolarlo anche solo con la voce. Melissa è ancora un po’ selvatica. Li accomuna solo il pelo bianco e grigio e il gusto di passare il tempo fuori casa.
Dopo due mesi non ricordo quasi nulla della gestione di questa casa, ma stamattina prima di andare al lavoro Sara mi ha chiesto di dare acqua alle piante e così mentre preparo la colazione osservo che nulla sul terrazzo è morto, anzi i rampicanti hanno fatto molta strada, il melograno ha per la prima volta due frutti verdi ma ormai grandi, il plumbago ha ancora fiori. Perfino la piantina di curcuma è in salute. Il limone invece ha perso quasi tutti i piccoli frutti e i gerani sono malati: continuano a far sbocciare i loro fiori rosso carminio ma i piccoli fusti cedono ai morsi dei bruchi.
Dal primo di agosto Sara ha pensato alla casa con tutti i suoi abitanti, e ai lavori in quella dove abiterà con il suo compagno. Nell’ultimo mese, tornando al lavoro, si è alzata alle cinque per portar fuori il cane, strigliare i gatti e dar da mangiare a tutti prima di uscire. Ma, mi dice, arriva sempre un po’ in ritardo al lavoro. D’altronde si è stancata di esser quella che arriva sempre puntuale, e dunque va bene così.
La trovo bella più di quando l’ho lasciata e sono stata felice dei pochi minuti trascorsi insieme stamattina. Ho avuto modo di riflettere più del solito sul rapporto madri-figlie in questi ultimi tempi e ho sentito molto la sua mancanza. Me ne rendo conto adesso che la ritrovo. Come sempre quando ci si rivede apprezzo la naturalezza del suo approccio, il suo parlar chiaro senza voler essere offensiva. Questa caratteristica ci accomuna, lei, me e mia madre, che l’ha recuperata ora dopo una vita passata a mediare, snaturandosi.
A fine estate in realtà il terrazzo è nel suo momento migliore se ha avuto l’acqua necessaria. So che Sara l’ha fatto pensando a me.
Anch’io ho pensato a lei. Qualche giorno fa, facendo ammenda di alcune mie contraddizioni, scrivevo:
capisco adesso, forte tu di segrete fioriture l’ardore che tenevi a freno in silenziose soste la limpida rabbia alle frequenti punture d’avvio vinci ragazza, io faccio il tifo per te.
Il maglioncino che le ho mandato tramite Marco ‒ l’aveva addosso stamattina ‒ le sta benissimo. Le ho dato il braccialetto col rame e le pietre bianche opalescenti comperato alla fiera d’agosto (l’estate è comunque tempo di guardarsi intorno e cercare qualcosa). E’ un po’ barocco nelle volute fulve del metallo ma il bianco latteo luminoso delle pietre m’aveva fatto pensare a lei. E’ un tipo “classico” mia figlia, lo è sempre stata, anche da ragazzina, nel vestire e nei gusti. Così ho pensato che il barocco di quell’oggetto avrebbe fatto un bel contrasto e su di lei avrebbe perso la sua arroganza. Non so se le sia piaciuto davvero. Ho sempre fatto prevalere il mio gusto nel fare regali. Ma forse è inevitabile.
Forse davvero ognuno ha un solo intuito da proporre, «una sola storia da raccontare, la sua».
Vorrei che durasse questo piacere della reciproca presenza, questa sottile compiacenza di quando ci si ritrova ed è facile il fare e il sostare, il parlarsi il non parlare, la simpatia la curiosità il voler bene, l’incontrarsi a mezza strada. Perché sempre non dura? Da che nasce? Forse solo una messa a fuoco di quanto è davvero essenziale… La lontananza talora aiuta…
Dolcissimo
…la casa di Marcella è un piccolo universo armonioso che sembra rianimarsi al ritorno di chi l’ha cosi’ ben disposta: animali affettuosi e benefici, piante rigogliose, avendo ricevuto le giuste cure, e una figlia che per un paio di mesi ha svolto il ruolo di madre verso gli esseri li’ viventi…perchè i ruoli madre-figlia con il tempo mutano, si scambiano anche… Passando attraverso complessi momenti di vita, ciascuna va cercando il suo spazio, cosi’ Sara accudisce animali e piante della madre ma già prepara il suo nido…”la lontananza talora aiuta…” scrive Marcella e spesso è cosi’: rafforza i legami importanti, mette a fuoco quanto è “davvero essenziale”…Non si puo’ negare che fa anche soffrire, pero’…ne so qualcosa anch’io.
Trascrivo una poesia a mia figlia:
Ti diro’, figlia mia,
un filo lungo
milioni di chilometri,
indietro nel tempo
oltre ben oltre
le sette generazioni,
ci porta sino a lei
la piccola Lucy
nella culla verde-nera
della foresta africana.
Si’, lei ha amato
di una forza sovrumana
a vincere la sua fragilità
ed eccoci qua
noi due…e non solo
ne pullula il pianeta!