Per un libro da scrivere
allora le nostre fragili parole piene di un lontano sociale già precipitavano in minoritaria lucidità ma resistevano, mentre precipitavano (E. Abate, Prof Samizdat)
Nel tumulto del 1968. F.F. visto e ascoltato la prima volta
Accadde nel 1968. In marzo, pare. In un capannello all’ingresso dell’Università Statale di Milano da pochi giorni occupata. Al pomeriggio c’erano stati scontri tra la polizia e gli studenti. Una decina di giovani come lui commentava i fatti. Si avvicinò. Tra loro c’era – cosa rara in quei giorni – un signore dai capelli lisci bianchi e in giacca. Delle sue parole ricordò queste: «Non bisogna strusciarsi addosso ai giovani». Una raccomandazione. Forse rivolta anche a sé. Seppe più tardi da uno dei presenti che era F.F.
Beh, non fu l’apparizione di un dio. Lascia perdere. Neppure con un Maestro. Le prime volte però contano. E col passar degli anni gli venne gli divenne chiara una cosa: quella fu la prima volta che vide di persona, da vicino, in carne ed ossa, uno scrittore, un poeta. E di lui poi leggerà quasi tutti i libri. Anche quelli che F.F. allora stava solo preparando e non aveva ancora pubblicato. Quella prima volta poteva avere significati importanti. Eh, già. Per lui. Eh già. Incontrarlo lì, in quel momento d’agitazione, sulla soglia e non in un’aula appartata e tranquilla di un liceo o di un’università, in mezzo a quei giovani che – pensò dopo, certo certo – imitavano gli operai torinesi del primo Novecento e occupavano l’università – insomma quel che potevano, mica avevano le fabbriche da occupare loro -, diceva qualcosa di lui che degli scrittori si limitava a leggere i libri e neppure si sognava di cercarli o di parlargli. E su quel signore scrittore e poeta.
Che poi, nei giorni successivi, rivide. Se ne stava appoggiato al muro dell’aula magna affollata – quello di sinistra entrando – tra studenti e studentesse – tanti – e altri – pochi- professori. C’erano pure la Brizio, Della Peruta, Berengo. Li conosceva. Con loro aveva fatto i primi esami dopo aver ripreso l’università. E gli pareva strano che stessero lì, confusi in mezzo a tanti giovani e ascoltassero soltanto. Come tornati studenti anche loro. E F.F. seguiva, come quelli, tutti gli interventi anche quelli scemi al microfono che gli studenti andavano a fare salendo sul palco, chi correndo ansioso, chi calmo come uno abituato da sempre a parlare in assemblea. Serio in volto F.F. Fin troppo serio rispetto ad altri. E più attento però. Perché poi quel che ascoltava lo ruminava in scrittura. E poi lo rivide ancora. Ma ora in foto in bianco e nero. Sui giornali.
Che camminava in strada – Via Larga, sì – accanto a un corteo di operai. O in altre foto con occhiali dalla montatura pesante. O senza occhiali. O giovanissimo, occhi vivaci, piegato in avanti su un tavolo a coccolare una sua Olivetti. (Una Lettera 32 pare, come quella usata che lui s’era comprato nel 1962 al primo stipendio d’impiegato dopo averla adocchiata per qualche settimana nella vetrina del negozietto di Via Spontini). O con le mani giunte appoggiate alla fronte appena piegata. Non per pregare ma come se stesse raccogliendo un pensiero che scappava e che gli era venuto in mente mentre guardava negli occhi Vittorio Sereni – il volto del dubbio, quello! – che, trenta centimetri circa di fronte a lui, lo fissava negli occhi e non lo guardava. O da vecchio, lo sguardo perso altrove, di sicuro oltre l’obiettivo del fotografo che scattava, la mano sinistra appoggiata – stanca? – sul vassoio di foglie profumate e seccate forse, alle spalle l’abat-jour col piedistallo in ceramica della sua casa di Via Legnano. O, da adulto maturo, capelli candidi, sul terrazzo della sua casa di Ameglia, mentre legge i brani de I cani del Sinai in un fotogramma del film a colori di Straub, che ora si trova su You Tube. Tante foto, viste, riviste ma sempre con pensieri diversi o preoccupazioni più urgenti per il capo. E senza mai sapere bene le date in cui erano state scattate. E non solo le date.
Voi dovete pensare sempre che quello era immigrato da una città di provincia del Sud Italia. Che, sposatosi giovanissimo, aveva già due figli nati prima del ’68. Uno del ’66 e una del ’67. E che ora era studente di lettere alla Statale di Milano al mattino. E di sera operaio notturnista alla SIP. E aveva partecipato – per le prime volte in vita sua – a qualche manifestazione politica di sinistra. (Importanza delle prime volte, eh!). L’altra – l’unica fino ad allora – l’aveva fatta ragazzetto di quarta ginnasio nel ‘52 o ’53 a Salerno nei giorni delle manifestazioni di destra per Trento e Trieste, quando i più grandi li avevano tenuti fuori dal liceo Tasso e sotto lo sguardo benevolo di quel professore fascista di fisica, Fimiani, li avevano incanalati in corteo. E dovete pensare chi era F.F. nel ’68. E dovete pensare a quello che accadde dopo quella prima volta. E a quello che era accaduto prima sia a lui che a F.F. E perché dovete o dovreste pensare o sapere tutte queste cose? Perché, seguendo i percorsi dell’uno e dell’altro, vedrete le storie in cui entrambi erano incastrati e come si dibattevano per uscirne. E le confronterete con la vostra e le vostre. E si capirà meglio perché fino ad allora lui e F.F. non s’erano mai incontrati, pur essendo stato lui a Milano in ufficio e in pensioni tra 1962 e ‘ 63, mentre F.F. discuteva con gli intellettuali di Piacenza e con Panzieri e i torinesi di modi di produzione. E perché non potevano proprio incontrarsi e parlarsi. Manco allora. Manco se era il ’68. E manco negli anni successivi. E perché dal ’68 al ’78 si limitò a leggere gli articoli di F.F. sul manifesto . E non gli venne mai l’idea di scrivergli né di andarlo a cercare a casa o chissà dove.
Bello assai
…si’ il racconto di Ennio Abate dice, ma soprattutto apre a molte riflessioni su ieri e sull’ oggi. Una ricerca, un tentare di rintracciare, pur nelle profonde diversità, le similitiduni nei percorsi intrapresi da parte di molti di noi in quegli anni, anno piu’, anno meno…l’essersi sentite-i dietro ad una porta chiusa a doppia, tripla, quadrupla mandata e finalmente intravvedere un barlume di possibilità di riscatto, di speranza, di sortita in una persona, seguita passo passo da lontano …che sia un padre ritrovato? una guida? Una causa (persa)che accomuna? o tutto cio’?