di Paolo Carnevali
I rintocchi del Big Ben hanno suonato nelle strade quasi vuote con l’ufficialità d’uscita dall’Europa. Si conclude una storia iniziata ben 47 anni fa, un viaggio tormentato dal referendum di quattro anni fa e chiuso dall’accordo alla Camera dei Comuni e l’assenso della Regina.
Inizia un futuro nebbioso per il Regno Unito, un isolazionismo profondamente populista e forse anche pericoloso. La Brexit è stata una mossa politica emozionale, non razionale e non sapremo certo come andrà a finire. I comportamenti di Boris Johnson sono stati paragonati a quelli di un giocatore d’azzardo e spesso hanno danneggiato la Gran Bretagna. ” Riprendiamoci il controllo ” queste le sue parole, ma c’è da domandarsi quale sarà il prezzo da pagare. Perché questo slogan nazionalista ignora la realtà di un mondo ormai interdipendente: dobbiamo unirci in politiche di collaborazione, camminare insieme per affrontare i problemi del pianeta che ormai riguardano tutti. Qui a Londra la politica si è allontanata dalla realtà geopolitica attuale e dal sistema in cui il mondo si sta sviluppando. È una visione che guarda al passato, ideologica. Non è così che va il mondo.
Paura, sfiducia e forse qualche speranza segneranno il lungo cammino lontano dall’UE della Gran Bretagna. Uno scintillio di illusioni nazionali.
I conservatori hanno ottenuto la vittoria facendo approvare un accordo commerciale limitato con L’UE. Gli inglesi conservatori credono in una Gran Bretagna nazione-isola, isolata dal mondo e si riaffacciano molte nostalgie della storia imperiale del passato. Per come stanno le cose adesso, la Brexit è un scelta sbagliata, una promessa senza un piano. La Gran Bretagna esce da un regime di relazioni internazionali e affronterà un periodo di probabile stagnazione. Sarebbe tragico se i laburisti cercassero di spegnere le illusioni del momento, dovranno trovare una politica di recupero verso un populismo nazionalista. La Brexit impone che le politiche di “casa propria”, non vengano gestite dalle banche europee. Il Regno unito esce dall’orbita dell’Europa centralista: mettendo in evidenza le differenze spesso egoiste di ogni nazione. Come se il percorso degli Stati Uniti d’Europa rappresentino politiche ancora molto teoriche ed individualiste.
Comprendere questo è fondamentale per una nuova ricostruzione nazionale che dovrebbe mirare a creare un paese migliore e non a fingere di esserlo già. Ci vorrebbe una politica di ricostruzione nazionale per una economia di base, che guardi ad una vita quotidiana migliore per il popolo. La Brexit, dunque, potrebbe essere anche un’opportunità per ripensare al proprio passato e scrivere una nuova storia. Ma tutte le paure che la scelta ha prodotto sono solo fantasie? Oppure siamo davanti a un progetto di destra basato sul libero mercato e la deregolamentazione?
Secondo me la Brexit UK fa marcia indietro e la Gran Bretagna si auto-condanna così ad un declino nazionale. La privazione del diritto di viaggiare, studiare e lavorare con libertà nel continente di appartenenza geografico “Europa” senza permessi e impedimenti sarà un vero handicap.
Che tipo di paese sarà? Forse una Singapore europea o una nuova Cayman, con porti franchi di proprietà di venture capitaliste? Sarà un’economia liberista sul modello americano con privilegi per pochi? O coglierà l’occasione per riequilibrare l’economia, investire in nuove industrie verdi ed ecologiche e mettere in moto una politica sociale proporzionata? Questa per me è la prospettiva che dovrebbe promuovere al momento il partito laburista. Sarà difficile da realizzare, ma deve assolutamente provarci, perché il motore dirompente della storia non travolga il Regno Unito.
Ni. Giusto in alcuni contenuti. L’analisi politica è un poco forzata e non mi sembra corretta. Ci sono varie questioni espresse, per le motivazioni in esse contenute che meriterebbero maggiore approfondimento, perché il giudizio non sia soltanto parziale.
Condivido la precisazione. Quando ho scritto l’articolo, anch’io ho avuto questa sensazione: sono rimasto nel vago, perché la situazione impone attesa per analizzare approfonditamente il tema. Diciamo che spero di stimolare la riflessione e il dibattito…
Caro Paolo, ancora sono qui a New York a riflettere sull’attacco al Congresso a Washington, il disagio è grande. Una visione sulla Gran Bretagna post-Brexit? Che dire, penso alla sua economia e al posto nel mondo nel quale si posizionerà. Sicuramente deve ancora nascere. Non è molto chiaro come il governo che ha gestito male il covid19, sia in grado di guidare una nazione traumatizzata dalla straordinaria politica di cambiamenti che dovrà affrontare da qui in avanti.
Government rejects report it will lower worker’s rights post-Brexit. Such a move would prompt fierce opposition from union and from Labour. These proposals are not about cutting red tape for businesses but ripping up vital rights for workers. They should not event be up for discussion. People are already deeply worried about their jobs and health. It’s a disgrace the government is considering forcing them to work longer hours or lose payd holiday.
Peter Walker ( corrispondente politico The Guardian)
Il governo rifiuta il rapporto che abbasserà i diritti dei lavoratori dopo la Brexit. Il segretario aziendale ha negato che le leggi sul lavoro con sede nell’EU come la settimana di 48 ore saranno tagliate. Una mossa del genere susciterebbe una feroce opposizione da parte dei sindacati e dei laburisti. Queste proposte non riguardano la riduzione della burocrazia per le imprese, ma la violazione dei diritti per i lavoratori. Non dovrebbero nemmeno essere in discussione. Le persone sono già profondamente preoccupate per il lavoro e la salute. E’ una vergogna che il governo stia pensando di costringerli a lavorare più ore o perdere le ferie pagate.
Di fatto il cuore della questione si trova nell’ultimo paragrafo. Londra ha scelto su due fronti:
-con gli USA o con l’Europa
– col capitale industriale o con quello finanziario
Ha scommesso (con qualche pistola alla tempia) sugli USA e sul capitale finanziario, allargando vieppiù il suo ruolo di porto franco, non solo di chi evade le tasse ma dei riciclatori di ogni colore.
E’ ovvio che queste scelte comportano un avvenire di miseria per masse crescenti di popolazione..e di grande ricchezza per piccole minoranze; ma d’altronde succede lo stesso negli USA. E i soldi USA sono intervenuti pesantemente anche nelle elezioni.
La cecità dilettantesca dei laburisti ha fatto il resto.
Sono molto delusa dal risultato. La campagna è stata condotta in modo scorretto perché ha promosso messaggi xenofobi. Hanno agito sulle paure e poi gli Inglesi, non hanno mai amato che l’UE esprimesse opinioni sulle leggi varate dal Parlamento Britannico. Mentre sui social-media, i giovani accusano che gli è stato rubato il futuro. Ovviamente le ripercussioni sulla sterlina si faranno sentire.
La Brexit potrebbe portare all’indipendenza della Scozia e dunque spetterà alla sinistra trovare un ruolo per una visione dell’Inghilterra nuova. Le componenti di questo scenario esistono da molti anni, eppure raramente i politici hanno cercato di risolvere il problema. Per non parlare dei continui cambiamenti sociali, come l’aumento della popolazione etnica ecc. ecc.
Le tensioni e i problemi non verranno eliminati, alla Brexit si è opposta non solo la Scozia, anche l’Irlanda del Nord, e chiaramente la metropoli Londra. Mi sembra di avere compreso che il Regno Unito è diviso anche tra le generazioni. E’ un Paese diviso che pagherà un prezzo alto se non ricorre a qualche strategia.
Nel suo romanzo ” The Stone Raft” lo scrittore Josè Saramago immaginava la penisola iberica staccarsi dall’Europa e i Pirenei per andare alla deriva attraverso gli oceani per cercare nuovi approdi. Al momento anche la Gran Bretagna metaforicamente può rappresentare questo scenario di “zattera”.
Non ho letto il romanzo di Saramago. In che senso dici che la Gran Bretagna può rappresentare uno scenario di zattera? nel senso della zattera della Medusa o del Kon-tiki?
Nel senso di ” zattera” alla deriva….
The Stone Raft ( La zattera di pietra) è un romanzo che Saramago scrisse nel 1986. La favola immagina la penisola iberica come una grande zattera di pietra che vaga nell’ Oceano Atlantico. Le autorità sono nel panico e tutti fuggono. Solo tre uomini, due donne e un cane sono attratti da presagi. Un racconto che unisce realismo e magia verso un viaggio alla deriva del mondo. Devono confrontarsi con nuove relazioni e tutto quello che comportano i cambiamenti. Per questo parlo metaforicamente di Gran Bretagna come zattera alla deriva…
Caro Paolo, nel tuo articolo parli di investimenti in nuove industrie verdi ed ecologiche? Scusa se entro nel tema, dal momento che ci unisce la passione per il mare…
La regolamentazione post-Brexit non corrisponde assolutamente alle nuove regole dell’EU per l’inquinamento degli Oceani. L’UK è uno dei più grandi produttori di rifiuti di plastica in Europa. La maggior parte dei rifiuti di plastica britannici, lo sapevi che viene esportata in Indonesia?
Si pensava che il Regno Unito avrebbe seguito le regole dell’EU, invece si scopre che per i propri interessi sceglie la procedura di esportazione con meno controllo. Riguardo ad un Paese migliore, io credo che l’inizio è già pessimo!
Luigi, hai ragione! Il tuo intervento mette ancora una volta in evidenza gli egoismi di ogni singolo Paese e aggiungo che in Europa, ancora siamo molto lontani da un concetto di Stati Uniti d’Europa. E’ una storia che ha nel proprio DNA evidenti differenze culturali.
La King’s College di Londra ha sondato le opinioni dei cittadini. Certo, l’uscita dall’EU non si può ancora riassumere, ci vorrà del tempo. Dovremo attraversare le retoriche e i giuochi politici, i compromessi. Al momento io riassumerei così le preoccupazioni:
1° La libertà di movimento per il lavoro, lo studio, le vacanze
2° Il contributo da pagare al bilancio dell’EU
3° La capacità di fare affari commerciali al di fuori dell’Europa
4° Livello di elaborazione delle proprie leggi, quelle del Regno Unito
Il desiderio al momento è quello che si crei un rapporto istituzionale tra la Gran Bretagna e il resto dell’EU, insomma un poco come il rapporto che ha la Norvegia.
[ tradotto ]
La Brexit U.K. dovrebbe mirare ad una visione globale, non come una grande potenza, il Regno Unito non deve cercare di essere rivale dell’EU in politica estera. La G.B. fallirà se cercherà di diventare dopo la Brexit una mini-grande potenza del tutto influente. Perché avrà bisogno della cooperazione dell’EU per raggiungere molti obbiettivi .
Dovrebbe attingere al suo soft power su alcuni dei grandi problemi del mondo: il cambiamento climatico, i diritti umani, la forza della NATO, la salute globale, un’alleanza cibernetica di democrazie e la repressione dell’elusione fiscale globale.
Il Regno Unito sarà anche sottoposto a maggiori pressioni bilaterali per dimostrare la sua lealtà agli Stati Uniti o rischierà di pagare un prezzo come partener minore nelle relazioni. Il governo dovrà agire con giudizio con i suoi partener, in particolare quelli de Commonwealth.
Ad un mese dall’entrata in vigore dell’accordo commerciale Brexit, le aziende avvertono che i problemi iniziali, hanno un impatto tragico. Per esempio, è diventato un vero girone infernale il porto di Dover per gli importatori ed esportatori. Nasce una rabbia incredibile. Tutte le merci devono essere certificate e la gente comincia a rendersi conto delle difficoltà.