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Stralcio da una mia mail a Lorenzo Pallini:
Caro Lorenzo,
premesso che vedo pochissimi film e di rado documentari e parlo dopo aver visitato anche il tuo sito, ecco le mie impressioni sul tuo documentario “Franco Fortini – Memorie per dopodomani”. Mi sembra un bel lavoro: le immagini sono pulite; il ritmo che scandisce le tappe della vita di Fortini abbastanza equilibrato; le notizie fornite dagli intervistati chiare e condivisibili; la lettura dei testi mai enfatica. Tuttavia, in un lavoro su una figura tanto complessa, avere dubbi o qualche pentimento, come tu accenni, è quasi un obbligo. E, in vista del nuovo lavoro che stai per intraprendere sul Fortini insegnante, io vorrei alimentarli. Spero costruttivamente e in modi non pedanti, partendo da una mia percezione inquieta e quasi angosciosa.
È caduto quel “fondale della storia” del Novecento – ricordo che Fortini usò proprio questo termine nei suoi ultimi anni -, sul quale egli, con fermezza, si orientò usando la bussola di un marxismo-esistenzialismo ancora vivace, mentre noi – anche quei pochi che ancora la maneggiano, scassata o intatta che sia – non riusciamo più ad orientarci. Siamo incerti tra ripararla o sostituirla con un’altra più efficace. Ma quale? E perciò il vero nodo di qualsiasi discorso – cinematografico, letterario, filosofico, poetico – su Fortini (e il comunismo, idea e storia inseparabili dalla sua figura), è per me questo: cosa abbiamo imparato da un Fortini, che si calò nei problemi del Novecento iniziando da premesse cristiane (valdesi)? e cosa vogliamo proporre in un’epoca che dice, mentendo, di aver voltato le spalle al Novecento, mentre ha soltanto cancellato la prospettiva comunista (la sua e quella di altri) e nascosto i suoi conflitti in un vaso di Pandora, che qualcuno – incauto o sbagliando i calcoli – potrebbe stappare all’improvviso?