La storia di un partigiano

di Dario Borso

Il prof. Dal Pra Mario, antecedentemente alla data del 25 luglio 1943, non aveva mai dato luogo a rimarchi con la sua condotta in genere, pur essendo un fervente clericale.- Dopo il 25 luglio si è dimostrato un accanito antifascista ed un abile ed attivo organizzatore di movimenti a sfondo comunista, svolgendo la sua propaganda attraverso la pubblicazione di opuscoli che venivano diffusi specie fra gli operai e mediante articoli sulla stampa cittadina.- Dopo l’8 settembre la sua attività è passata ad una fase cospirativa intesa a sabotare la rinascita Nazionale e le istituzioni del Governo Repubblicano.-
Per tale fatto è stato da questo ufficio denunziato al Tribunale per la Difesa dello Stato di Parma, in data 29.3.1944. Con sentenza del Tribunale Straordinario Provinciale di Vicenza, è stato condannato in contumacia alla seguente pena: 1.4.1944 – Tribunale Straordinario Provinciale: anni 18 di reclusione, 5 anni di libertà vigilata, e sospensione dall’esercizio dei pubblici uffici e spese processuali. Il Dal Pra è tuttora latitante.

Così una lettera della prefettura repubblicana di Vicenza alla direzione generale della Polizia, Ministero dell’Interno, del 31 luglio ’44. Come spesso le informative allora, anche questa è un miscuglio di verità e menzogna. Mario Dal Pra (1914 – 1992) all’epoca non era comunista, bensì azionista. Fervente clericale poi era stato nel senso assai più blando che, dopo avere studiato in seminario fino alla maturità, aveva militato ai vertici dell’Azione Cattolica locale. Vero invece che non avesse mai dato noie. Laureatosi in filosofia a Padova nel ’36, dal ’38 insegnava storia e filosofia al liceo classico Pigafetta di Vicenza, sviluppando al contempo un’intensa attività di studioso. In più, collaborava a “Segni dei tempi”, rivista culturale d’orientamento catto-fascista fondata da Paolo Bonatelli, divenendone redattore nel ’39 e vicedirettore nel ’41. Però alla fine del ’42 matura in lui una svolta, come traspare da codesto appunto:

Giuriolo era legato a Licisco Magagnato da viva amicizia; e anch’io che ero allora giovane professore al Liceo Pigafetta, venni a conoscenza di Giuriolo a mezzo di Magagnato; Magagnato era a sua volta legato con parecchi altri giovani delle ultime classi del Liceo. Ricordo di aver conosciuto, a Vicenza, per mezzo di Giuriolo, Aldo Capitini che vi fu di passaggio; e a mezzo di Capitini venimmo a sapere di Guido Calogero e della sua azione e del suo orientamento. […] Si era probabilmente agli inizi del ’43. Tra il settembre e novembre del ’43 si ebbe, se ben ricordo, la crisi di questo primo gruppo. Io stesso dovetti fuggire da Vicenza, proprio intorno al 20 novembre ’43, perché colpito da mandato di cattura […]. Solari ebbe rapporti con noi prima della crisi del novembre ’43. Lo ebbi a incontrare a Venezia e, qualche volta, a Vicenza; io stesso mi recai e fui presente a Firenze al convegno del 5-6 settembre; non saprei con sicurezza chi altri di Vicenza era presente. Nel periodo iniziale del PdA a Vicenza pubblicammo i “Quaderni del Palladio”.

I primi “Quaderni di cultura moderna” delle Collezioni del Palladio escono infatti tra gennaio e febbraio ’43 in quest’ordine: A. Giuriolo, Fogazzaro nella sua corrispondenza; M. Dal Pra, Necessità attuale dell’universalismo cristiano; L. Magagnato, Nazione e rapporti internazionali nel pensiero di Mazzini. Da lì, il gruppo si fa sempre più omogeneo, fino a uscire allo scoperto il 15 luglio con il primo numero clandestino di “Giustizia e Libertà” veneto, composto da Gualandi, che tramite Dal Pra lavorerà a pieno ritmo per il PdA: nei quarantacinque giorni dopo il 25 luglio, oltre a “Giustizia e Libertà” esce “Voci dei campi e delle officine”; ai “Quaderni di cultura moderna” si affiancano i “Quaderni di cultura politica”, con tre titoli all’attivo; come “Quaderno dell’Italia Libera” viene stampato Per una democrazia socializzata di Fermo Solari. Intanto Dal Pra è membro azionista del comitato interpartitico vicentino, e da fine settembre con Ettore Gallo rappresenta il PdA nel CLN provinciale. A ottobre infine, l’incontro con Silvio Trentin, di cui quasi due anni dopo pubblicherà Stato Nazione Federalismo, chiarendo in nota:

Trentin aveva ultimato questo volume nel ’40. Lo portò, manoscritto, con sé quando rientrò in Italia, dopo il 25 luglio ’43. A fatica aveva potuto salvarlo nella fuga, durante l’occupazione tedesca della Francia. A Padova, dove si accinse dopo l’8 settembre a organizzare le prime formazioni partigiane, il suo manoscritto fu oggetto di vivaci discussioni tra i compagni di fede; destò subito molto interesse e si pensò di stamparlo. Trentin allora l’affidò a me; poco dopo veniva arrestato dalla polizia fascista e verso fine novembre anch’io dovevo lasciare il Veneto per sfuggire alla cattura. Giunto a Milano, potei recarvi il manoscritto di Trentin, che fu conosciuto e molto apprezzato dai compagni di lotta e dai vecchi “giellisti”. Le difficoltà per la stampa furono notevoli. Il tipografo Memo iniziò la composizione clandestina del volume nel dicembre ’44.

A Milano Dal Pra entra subito nell’Esecutivo del PdA per l’Alta Italia e dal gennaio ’44 dirige con Leo Valiani “L’Italia libera”. Nominato poi in luglio capo del servizio stampa al Comando generale del Corpo Volontari della Libertà (il neocostituito organo di coordinamento delle formazioni partigiane), finisce per curare tutt’intera la stampa clandestina del PdA, di cui darà mesi dopo un bilancio:

Il PdA aveva cominciato a pubblicare “L’Italia Libera” fin dal gennaio ’43; essa uscì mensilmente fino al termine del ’43 e quindicinalmente durante tutto il ’44 e nei primi mesi del ’45; oltre all’edizione milanese se n’ebbe una anche in Piemonte; la prima ebbe una tiratura costante di circa 20.000 copie. […] Tra i fogli scritti dagli operai per gli operai è da ricordare principalmente “Voci d’officina”, che ebbe due edizioni: una torinese diffusa in tutto il Piemonte, una milanese diffusa in Lombardia, in Veneto, in Liguria e in Emilia; l’edizione milanese superò a volte la tiratura di 20.000 copie. “Azione contadina” uscì per la prima volta nel giugno ’44 e ricomparve quindi mensilmente fino all’insurrezione; essa da organo del PdA s’allargò a sostenere il movimento per la riforma agraria. “La nuova realtà”, organo del movimento femminile “Giustizia e Libertà”, comparve soltanto nel gennaio ’45 a Milano e Torino, in duplice edizione. Va fatta menzione a parte dell’organo del movimento federalista europeo “L’Unità Europea”; uscì con intervalli di circa due mesi in oltre una decina di numeri, ciascuno di 8 pagine, nitide e curate, in tirature di 8-10.000 copie, diffuse in tutte le regioni dell’Italia settentrionale e in seno a tutti i partiti. “Il partigiano alpino”, organo delle formazioni GL, ha visto la luce in Piemonte e fu tra i più diffusi giornali partigiani; un’edizione lombarda dello stesso, stampata a Milano in tirature di 10.000 copie, colle notizie delle azioni partigiane di tutte le regioni settentrionali, veniva largamente diffusa anche in Veneto e in Emilia. […] A Milano si possono ricordare particolarmente due centri d’intensa attività della stampa clandestina: uno è quello costituito dalla tipografia Grossi, in via privata Reggio, il secondo è quello costituito dalla tipografia Manzoni in via Pier della Francesca; la prima tipografia fu distrutta dalla Muti, la seconda invece lavorò ininterrottamente dal febbraio ’44 all’insurrezione, senza il minimo incidente; tre operai, chiusi nello spazio di pochi metri quadrati, lavoravano giorno e notte, sfidando la polizia; dalla tipografia Manzoni, insospettata, uscirono in media circa 30.000 giornali clandestini alla settimana, il che comporta, nel periodo di attività di 13 mesi, il rispettabile totale di un milione di fogli clandestini. Uno dei più attivi antri per la composizione del materiale che poi veniva stampato nelle suaccennate tipografie fu l’azienda di Romolo Tarenghi, sita (per maggiore sicurezza) immediatamente a ridosso della questura centrale repubblicana di Milano. Le macchine compositrici lavorarono intere settimane per la stampa clandestina. Per debito di giustizia, bisognerebbe ricordare anche quella sorta di legatoria improvvisata e rudimentale che fu piantata in via Borghetto e che provvide alla confezione a mano di migliaia e migliaia di volumi.

Il fiore all’occhiello azionista furono comunque i “Nuovi Quaderni di Giustizia e Libertà”, la cui storia è tratteggiata in apertura del numero 5, gennaio-agosto 1945, a liberazione avvenuta:

La pubblicazione dei “Nuovi Quaderni di Giustizia e libertà” iniziò nel maggio ’44. Il quaderno n. 1 del bimestre maggio-giugno, come il n. 2-3 del quadrimestre luglio-ottobre e il n. 4 del bimestre novembre-dicembre furono stampati a Torre Pelice, in zona liberata dai partigiani e quindi faticosamente introdotti a Torino e di qui diffusi in tutta l’Italia settentrionale; copie ne furono inviate anche a Roma e, a mezzo della Svizzera, in Inghilterra e in America. Il quaderno n. 4 ebbe anche un’edizione milanese, curata clandestinamente dalla casa editrice “Giustizia e Libertà” e largamente diffusa nei giorni dell’insurrezione. I quaderni n. 1 e n. 2-3 furono ristampati dalla casa editrice “Giustizia e Libertà”, ora “La Fiaccola”, che cura la pubblicazione della rivista anche nel periodo legale. Diamo cenno degli autori degli scritti più importanti nei numeri clandestini. “Federico” altri non è che Leo Valiani, attuale direttore de “L’Italia libera” di Milano; sotto il significativo pseudonimo di Pant[agruel] si nasconde la persona di Altiero Spinelli; Carlo Inverni (C. I.) è Vittorio Foa; Leo Aldi è Franco Venturi; Rio è Riccardo Lombardi; Empirico è Ernesto Rossi, e “Procopio” è lo pseudonimo di Mario Dal Pra.

La Fiaccola è una piccola casa editrice con sede in via del Gesù fondata clandestinamente da Dal Pra, Parri, Solari e Italo Romanelli alla fine del ’44, e attiva fino a metà ’46. I primi libri a uscire clandestini, tra gennaio e marzo (collana “Biblioteca di cultura politica”), sono: B. Wootton, Socialismo e federazione, prefato dal ticinese G. Canevascini; A. Gasser, Storia della liberà popolare e della democrazia; G. D. H. Cole, Il socialismo fabiano; Cassius, Il processo Mussolini, prefato da Procopio. In luglio poi, a guerra finita, contemporaneamente al libro di Trentin, Dal Pra fa uscire per la nuova collana “Quaderni della liberazione” La guerra partigiana in Italia, I (Breve schizzo storico con, in appendice, i bollettini di guerra del comando generale corpo volontari della libertà), con una “Premessa dell’Editore” segnata “Milano, 2 giugno 1945”:

Questo breve disegno storico della guerra partigiana fu scritto nello scorso febbraio e doveva essere pubblicato clandestinamente in un volume destinato a far conoscere agli italiani e all’estero l’attività dei patrioti nostri. Il materiale dal quale è stato ricavato sono le informazioni fatte pervenire dai vari comandi regionali al Comando generale. Questa elaborazione non ha naturalmente alcun carattere ufficiale, né può aver pretesa di porsi, anche solo parzialmente, sul piano della completezza e dell’obiettività storiche. Tuttavia abbiamo pensato che una rapida sintesi delle azioni più rilevanti combattute dai volontari della libertà doveva subito essere offerta agli italiani, particolarmente a quelli che avevano soltanto assistito alla guerra di liberazione, affinché sappiano dei sacrifici e dei meriti dei figli migliori del popolo. Seguirà a questo un secondo quaderno che completerà il quadro coll’attività svolta dalle formazioni dal gennaio ’45 alla vittoriosa insurrezione nazionale.

In autunno Dal Pra torna a insegnare al classico, Carducci di Milano, iniziando però a esercitare la libera docenza in Statale, e a metà ’46 fonda la “Rivista di storia della filosofia”. Contemporaneamente svolge un’intensa attività politica nel PdA e ancor più nel Movimento Federalista Europeo. In tutto ciò non abbandona l’idea di una storia della Resistenza, e all’inizio del ’47 si accorda col maggiore Mario Argenton per redigere un “Compendio Storico della guerra partigiana”, come emerge da un promemoria del 27 giugno ’47:

Questi due primi mesi di attività sono stati dedicati allo sviluppo del primo punto del nostro programma di lavoro: spoglio e catalogazione dei fatti attinenti alla guerra partigiana già desunti da tutta la documentazione in nostro possesso. Lo spoglio si è già fatto per il materiale di documentazione compreso nell'Archivio Storico dell'Ufficio Stralcio del Comando Generale. Prevedo che lo spoglio dell'abbondante materiale bibliografico e quello dei documenti contenuti in altri Archivi occuperà lo spazio dei due prossimi mesi di luglio e agosto. Nel contempo si procederà all'ordinamento cronologico del materiale raccolto e catalogato nonché alla traccia di alcuni abbozzi di fatti o elementi fondamentali per l'inquadramento storico della guerra partigiana.

Dal Pra così redige nell’autunno-inverno la prima metà del compendio, e la consegna in due rate ad Argenton, il quale la trasmette al generale Raffaele Cadorna. Risultato: viene deciso di procedere a un riordino dell’Archivio prima di dare il via alla seconda metà. Dal Pra perciò dal novembre ’48 diventa “conservatore dell’Archivio Storico della Fondazione CVL”, incarico da cui si dimette il 10 ottobre ’50 con una lettera ad Argenton dove dichiara di essere “giunto al termine dell’ordinamento fondamentale dell’archivio” e di lasciare il mezzo compendio “a disposizione della Fondazione”. Intanto l’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia era giunto al suo secondo anno di vita, e proprio nella rassegna bimestrale dell’Istituto Dal Pra avrebbe depositato il suo ultimo contributo, con le spalle al futuro:

Molti convengono nel rilevare che la letteratura storica, prodotta in Italia negli ultimi cinque anni, intorno al movimento di liberazione, manca nella maggior parte dei casi di effettivo valore scientifico, muovendosi piuttosto sul piano dell'aneddotica, della cronaca, dell'encomiastica o, addirittura, della propaganda. Alcuni tendono a spiegare la cosa adducendo l'impossibilità che nascano studi storici veri e propri intorno a vicende che, per essere a noi contemporanee, non sono suscettibili d'esser considerate col distacco e l'oggettività che debbono contraddistinguere lo studio storico in genere. […] L'obiezione è speciosa, ma non è valida. E coloro stessi che la avanzano si troverebbero, penso, in grande imbarazzo, se si chiedesse loro quanto tempo debba esser lasciato trascorrere perché le passioni si smorzino e gli interessi si plachino, perché quindi le vicende da narrare siano mature per la considerazione storica. Quasi che fosse possibile appunto giungere, in una narrazione storica, a un'assenza totale d’impegno, quasi che la narrazione storica non muovesse da criteri di valutazione che fanno parte integrante e viva del mondo dello storico. Insomma poiché non si dà storia senza giudizio e poiché il giudizio implica un atteggiamento, una scelta, una posizione, è a queste condizioni che obbedisce la narrazione storica, sia che essa prenda a proprio oggetto le vicende della remota antichità o i casi del nostro tempo. […] Il movimento di liberazione ha rappresentato un'esperienza singolare nella vita italiana di questo secolo, raccordata a sua volta coll'esperienza dei popoli europei, in lotta contro il totalitarismo nazista; si tratta di cogliere le premesse e le radici di quest'esperienza, d’illustrarne il tessuto morale e politico, la sostanza ideologica, lo sviluppo concreto; si tratta di fissare i fatti, nei loro momenti obiettivi, e di ricercare lo spirito che ha animato i fatti, gli intendimenti che hanno mosso individui e gruppi nell'intrecciarsi della loro attività; si tratta di valutare la situazione antecedente, in cui il movimento di liberazione s’è inserito per rendersi conto delle difficoltà che esso ebbe a superare; e poi d’individuare i vari filoni della resistenza, la loro origine, il loro confluire, le loro divergenze e le loro convergenze […]. È ovvio che non si riscontri un’assoluta identità di vedute nella ricostruzione storica del movimento di resistenza; ma importa che ogni giudizio sia pronunciato con intendimento storico, ossia con l'appoggio dei documenti e l'analisi paziente e scrupolosa dei fatti. Importa che l'interpretazione dei fatti non risulti esterna e giustapposta ai fatti, immediatisticamente avvicinata ad essi; è questo appunto il lavoro storico autentico, la mediazione dell'interpretazione immediatistica svolta con senso critico fino al possesso più largo e completo delle vicende e a un loro intendimento intrinseco e ragionato.

Ventitré anni dopo, Dal Pra scrisse l’introduzione a Hegel politico dell’esperienza (Feltrinelli 1976), ovvero la mia tesi di laurea ancora calda. Ventitré anni dopo ancora mi sono infine sdebitato introducendo col patrocinio dell’Insmli La guerra partigiana in Italia (Giunti 2009), ovvero il suo compendio, che all’indomani del 18 aprile 1948 il presidente dell’Istituto Raffaele Cadorna, neoeletto senatore democristiano, aveva cestinato.

 

1 pensiero su “La storia di un partigiano

  1. Finalmente si rende giustizia a una importante figura della Resistenza che ebbe un ruolo fondamentale nella battaglia politico-culturale del movimento antifascista di quegli anni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *