Uscire dal tempo

di Paolo Di Marco

Il tempo certamente non è lineare. Nella nostra esperienza scorre più o meno lentamente secondo il nostro umore, gira su stesso nella nostra memoria, nella storia si concentra o si allunga – per Arrighi è un lungo secolo ventesimo e per Hobsbawm polemicamente un secolo breve. Ma soprattutto appare, dentro e fuori, intrecciato alle nostre vite in modo inestricabile, in un abbraccio che alla fine si rivela mortale.
Ma, se guardiamo attentamente, se capiamo meglio il nostro oggetto e, perché no, anche il soggetto, possiamo trovare il modo di sfuggirgli.

1- tempo?

Nella fisica moderna il tempo cessa di avere importanza:
l’ equazione generale della fisica dei campi di Wheeler-de Witt non contiene il tempo;
la gravità quantistica (nelle versioni provvisorie finora elaborate) non contiene il tempo.
Da dove viene allora?
Due strade: la prima (Rovelli) parla di condizioni particolari del nostro mondo/universo che fanno si che ci sia un continuo anche se non costante aumento dell’entropia/disordine, ed  è quello che noi chiamiamo il passare del tempo.
La seconda (Barbour) ci dice che è un’illusione, è più corretto parlare di una successione di stati, o cartoline come li chiama lui (una successione di scene in momenti diversi); come entrare in un palazzo d’altri tempi, dove passiamo da un ambiente all’altro (senza necessariamente una direzione precisa).
Già nella fisica classica il tempo non ha direzione privilegiata, le stesse leggi valgono cambiandone il segno; l’unico problema lo introduce la termodinamica, con la legge dell’entropia: se un uovo casca si rompe; è possibile l’inverso, ma assai improbabile.
Quindi alla fine è un problema assai moderno, di probabilità, informazione, organizzazione: tutto quello che è legato all’entropia..e che è anche legato alla vita.
E, se ha ragione Rovelli, è un problema locale.
Il che potrebbe significare che se andiamo da qualche altra parte/tempo non lo troviamo più.
La relatività generale ci dà una mano, che già la prima soluzione di Gødel all’equazione generale conteneva linee chiuse di tipo tempo, in altri termini cammini nel tempo circolari. E poi sono arrivati i cunicoli (wormhole) spaziotemporali, che collegano istantaneamente luoghi e tempi diversi.

Non è escluso che ce ne sia uno vicino, o che si possa generare. Ma la sola idea ci rasserena.
Se invece ha ragione Barbour girare quel palazzo in tutti i sensi non ci spaventa certo, se abbiamo un po’ di senso dell’avventura.

Il fatto che questi elementi siano astratti o anche solo ipotetici non diminuisce la loro valenza: uno dei cardini del nostro mondo si è rivelato assai meno solido di quel che pensavamo.

2- l’elisir di giovinezza

Negli ultimi anni ho passato varie ore la settimana ad insegnare Aikido ai vecchietti (un gruppo di una dozzina di persone dai 30 agli 80 anni). Era iniziato come un corso regionale di prevenzione alle cadute, poi dato che la prima lezione di Aikido insegna la caduta rotolata, condizione preliminare di ogni mossa, l’estensione all’Aikido vero e proprio è venuta naturale. Anche perché l’Aikido è anche una forma dolce di autodifesa, dove non c’è bisogno di trasformarsi in guerrieri per essere efficaci, anzi: mantenersi calmi e pacifici è la condizione base.
Questo mi ha portato anche ad approfondire la parte neurofisiologica e a scoprire che alcune delle cognizioni correnti erano ormai superate: non è vero che i neuroni morti non possono ricrescere, in certe condizioni: attività fisica unita a concentrazione sono risultate una combinazione vincente, che si ritrova nelle arti marziali come Aikido e Tai-Chi e anche nello yoga. Ricerche italiane (Sant’Anna di Pisa (a)), statunitensi ed australiane lo confermavano. Il che voleva dire che era possibile prevenire (e in parte curare) le malattie degenerative come l’Alzheimer.
Un’ulteriore ricerca, uscita in tempi di Covid, mostrava che il sistema immunitario di un anziano che facesse 150’ di attività fisica la settimana era 3,5 volte maggiore di un sedentario.
Ma fin qui siamo ancora in un campo limitato, della riduzione del danno o del maggior benessere a seconda dei punti di vista.
Un cambiamento radicale di prospettiva proviene dallo studio dell’effetto placebo (b) ‘forte’ di cui ho accennato in ‘no-vax’. La spiegazione che più mi convince, ed anche la più nuova (compare anche alla fine di Helgoland di Rovelli) è la ‘ipotesi bayesiana’ della percezione: il nostro rapporto sensoriale col mondo non è di tipo
esterno —>interno (bottom-up)          ma viceversa             interno —>esterno (top-down)
l’ipotesi comune che il punto di partenza sia un segnale che arriva dall’esterno, risale fino al cervello che lo elabora e forma la nostra percezione del mondo viene sostituita (bayesiano è un processo probabilistico che parte dal soggetto) dall’ipotesi che noi abbiamo già nella mente una rappresentazione e vediamo l’esterno attraverso quella: i segnali sensoriali sono sonde che mandiamo per confermarla o correggerla.
E questo vale non solo per il mondo esterno ma anche per il nostro corpo: in ogni momento noi ci raffiguriamo anche il nostro stato di salute. E questo spiega bene non solo l’effetto placebo ma anche l’efficacia di attività come l’agopuntura che non hanno riferimenti fisiologici reali.
Ma allora anche la nostra età non diventa più un elemento oggettivo ma un risultato del nostro quadro mentale.(c)
E se a questo aggiungiamo attività che lo rafforzano siamo usciti (almeno in parte) dal tempo.(d)
I vecchi del racconto giapponese (e) che dormivano -senza toccarle nè parlare- con fanciulle giovanissime cercavano, troppo letteralmente, di simulare questo percorso. Pasticciare con le singole vie implicate nell’effetto placebo forte non è consigliabile, neanche dal punto di vista medico: come ogni volta che ci sono più di tre parametri di controllo il meccanismo ha probabilmente delle fasi caotiche, e non è saggio avventurarsi negli uragani con un aliante. Ma sempre l’effetto placebo ci insegna che, se ci riusciamo, è meglio lasciar fare a chi se ne intende di più, la nostra mente. Non è un caso se oggi negli Stati Uniti sono entusiasti per aver finalmente trovato un rimedio  per la depressione: la psilocibina. Cioè il classico funghetto magico degli sciamani prima e degli hippy poi.
Resta l’entropia, con tutto quello che ne consegue, tumori in primis. Ma anch’essa è una legge statistica, e come tale può essere se non annullata però controllata, diluita , smorzata. In certi momenti anche rovesciata. In fondo anche la vita nasce da questi momenti.

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Qualche riferimento (dove non esplicitamente citato l’articolo si trova su Arxiv)
1-On the statistical mechanics of life: Schrødinger revisited / Kate Jeffery, Robert Pollack, Carlo Rovelli Agosto 2019
2-Memory and entropy / Carlo Rovelli Marzo 2020
3-Symptom perception, placebo effects, and the Bayesian brain / Giulio Ongaroa,*, Ted J. Kaptchuk Pain, 2019
4-Physics, Determinism, and the Brain /George F R Ellis 8, 2020
5-Placebo und Nocebo. Wie einsetzen bzw. vermeiden? /Hansen, E.; Zech, N.; Meissner, K. (2017): Internist, Vol. 58, Nr. 10
6-Bayesian models of perception: a tutorial introduction / Jacob Feldman 2012
7-Can we travel to the past? Irreversible physics along closed timelike curves / Carlo Rovelli  dicembre 2019
8-The end of time/ J. Barbour, Phoenix, 2000

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note

a-Randomized trial on the effects of a combined physical/cognitive training in aged MCI subjects: the Train the Brain study Scientific Reports 7, Article number: 39471 (2017)
b -e anche nocebo, spesso trascurato ma altrettanto efficace: attenti alle cattive compagnie!
‘For cancer patients, the most interesting story of the placebo effect is a case report by Bruno Klopfer from his personal communication with Dr. Philip: The history of Mr. Wright, whose lymphatic tumors had shrunk with only the power of his mind and the curative effect of placebo while he had only approximately two weeks to live, is quite astonishing. The same Mr. Wright, who after learning that injection with Krebiozen, a potential candidate for cancer treatment at the time, was completely unuseful, was rehospitalized under the nocebo effect and succumbed only a few days later.’
c -è un’affermazione più forte della classica ‘ognuno vede quel che vuol vedere’ che si riferisce alla presenza di ‘lenti’ generati da idee preconcette. Qui è tutto preconcetto, all’inizio. E soprattutto ha molte più frecce al proprio arco di quanto si potesse ritenere, ché le vie dell'effetto placebo sono tutte a disposizione..più altre ancora da individuare.
d-Da quel che finora sappiamo un limite massimo alla lunghezza della vita, legato al progressivo accorciamento dei telomeri delle cellule, lo pone a 125 anni. Ma a quel punto più che il dolor potrà la noia.
Va ricordato che nell’effetto placebo vi sono molte vie implicate, da quella oppioide alla vasopressosinergica, ed è quindi assai complicato separare e controllare gli effetti. Se quindi sappiamo che tanto i cannabinoidi che gli ormoni hanno effetto positivo sulla nostra percezione del corpo (e sull’essere giovani), va anche ricordato che i secondi possono accelerare effetti negativi come l’oncogenesi. Ogni ricetta presa isolatamente va quindi vista come una ‘mezza benedizione’ (mixed blessing dicono gli inglesi). E’ prudente ritenere che l’insieme sia caotico, con indice di Ljapunov (~prevedibilità) indeterminato.
e- Y. Kawabata, La case delle belle addormentate, Mondadori '72

16 pensieri su “Uscire dal tempo

  1. Se agostinianamente è il soggetto a “creare” il tempo, significa che esso non è dato, e quindi esistono margini notevoli di trasformazione.
    In questo senso, la ripetizione di Kierkegaard potrebbe valere da esempio.

  2. Sulla “ipotesi che noi abbiamo già nella mente una rappresentazione e vediamo l’esterno attraverso quella: i segnali sensoriali sono sonde che mandiamo per confermarla o correggerla” e l’”effetto placebo forte”.
    Marcello Massimini (numerosi video su youtube): “Il cervello è fondamentalmente un sistema chiuso su se stesso, poco arriva da fuori … la veglia è una particolare forma di coscienza che ci serve a sopravvivere, modulata dai sensi”.

  3. OBIEZIONI FALSO-INGENUE

    1. «noi abbiamo già nella mente una rappresentazione e vediamo l’esterno attraverso quella»-

    Non ha a che fare con le idee di Platone o le forme a priori di Kant? Non si va verso lo “psicologismo” e la “soggettività” che non ha nessun rapporto con l’ ‘”oggettività”?

    2 «allora anche la nostra età [nel senso di anni di vita] non diventa più un elemento oggettivo ma un risultato del nostro quadro mentale».

    Fin quando mi si dice che, oltre al tempo oggettivo, c’è il tempo soggettivo (Proust e compagnia bella), mi ci raccapezzo. Quando l’elemento “oggettivo” ( toh, lo voglio virgolettare) è cancellato (anche solo come problema), divento istintivamente guardingo.

    3. «Ma sempre l’effetto placebo ci insegna che, se ci riusciamo, è meglio lasciar fare a chi se ne intende di più, la nostra mente».

    Eppure la nostra mente la conosciamo in misura minima! Perché dovremmo “lasciarla fare” se ne sappiamo così poco? Non fa già ( forse anche troppo) a nostra insaputa? Che differenza c’è in questo “lasciar fare” dalla ‘fede’ a cui tutte le religioni ci invitano?

    4. «Resta l’entropia, con tutto quello che ne consegue, tumori in primis. Ma anch’essa è una legge statistica, e come tale può essere se non annullata però controllata, diluita , smorzata. In certi momenti anche rovesciata. In fondo anche la vita nasce da questi momenti».

    E l’entropia è soggettiva o oggettiva? Controllare, diluire, smorzare? Beh, guardando cosa sta succedendo per la pandemia da Covid c’è poco da essere ottimisti. O mi sbaglio?

    1. Sul punto 1, ho chiamato in causa Marcello Massimini che è uno scienziato e studia la coscienza. Insiste – mostrando immagini fisiche del cervello attivato da campi magnetici – che si tratta di un sistema in parte autocentrato. “Anche la coscienza di veglia è fortemente disconnessa dall’ambiente circostante … molti pensano che la veglia è una forma di sogno modulato dalla realtà … una specie di allucinazione controllata dai sensi”.
      Riguarda il modo in cui possiamo accogliere l’esperienza.
      Non mi pare abbia a che vedere con le idee di Platone o le categorie kantiane (a parte tempo e spazio…), che sono valoriali e regolative, quindi prodotti sociali.

  4. La filosofia sul tempo ha sempre fatto voli pindarici, a partire dall’iperbolico Agostino. Oggi, e non so se sia bene o male, si sta ancorando e confondendo quasi con la fisica; qui il tempo ‘oggettivo’ è tutt’alpiù un fenomeno locale, legato all’entropia. Grandezza fisica ‘oggettiva’ ma complicata: ha una direzione prevalente, qui da noi, ma non sempre: la vita è negentropia. Quindi, entro incerti limiti, possiamo giocarci. In una puntata successiva parlerò della memoria, ma c’è un esempio forse chiarificatore: per noi il passare del tempo è legato ad una successione di stati in cui vediamo, anche nel corpo un progressivo decadimento; come l’erosione che il Sahara ha subito da foresta tropicale a deserto. Ma il Sahara quest’evoluzione l’ha subita molte volte, tornando anche verde e rigoglioso. Nel nostro corpo ad esempio i tumori risultano dall’accumularsi di tracce che sono una storia dei nostri percorsi a rischio; se riusciamo a ‘lavarle’ lo riportiamo a uno stato giovanile. Non sappiamo ancora farlo per il corpo, ma per la mente gli allucinogeni, dalla psilocibina all’LSD, svolgono, almeno in parte, questo ruolo.

    1. “in parte”, come tutte le esperienze (il sesso, la meditazione) che ristrutturano la percezione e cancellano il “peso” delle interazioni accumulato. Tuttavia anche il dannato cervello fatto di materia si usura (si trasforma, dai. Non risulta che la materia puff! si annulli. Il nulla è un concetto solo umano, che si raggiunge per sottrazione).

    2. Non so se faccio un cortocircuito scandaloso, ma leggendo casualmente della posizione di Odifreddi sul decreto Zan: “Secondo lo scienziato, il rischio con il Ddl Zan approvato sarebbe quella di una profonda cesura che si andrebbe a creare tra «la percezione psicologica di un individuo e la sua realtà fisiologica: la prima deve essere naturalmente tutelata e difesa, perché ciascuno ha diritto di avere le opinioni e i sentimenti che desidera, ma la seconda non può semplicemente essere negata o rimossa, perché anche i fatti hanno i loro diritti». ” (https://www.ilsussidiario.net/news/ddl-zan-odifreddi-vaticano-ha-ragione-rischio-obbligo-identita-genere-a-scuola/2188097/?fbclid=IwAR16EW8WULS1PfqiETYluGJtPUyo5PaIpce6IHuZnJ2TM8sBgghF8xY8zCI), mi è parso di cogliere complicati grovigli con quanto qui si va dicendo.

      1. Stamane ascoltavo una signora trans intervistata sulla 7 (pur avendo desiderato essere femmina già dai 5 anni, ha cambiato identità sessuata a 45!) che imputava al ddl Zan più o meno la stessa confusione. Non solo la confusione di non distinguere tra sesso, e la nozione, costruita e sociologica, di “genere” ma, con più precisione, di non poter dare conto della transessualità. Lei si definiva “donna transessuale”, che non è donna “cisgenere” cioè sessuata al femminile e autoidentificata come donna, ma nemmeno ha niente a che vedere con l’identità di genere.
        Il concetto bastardo è il genere, che, non a caso, non è parola né maschile né femminile. La signora trans in questione parlava di sessuofobia latente nel ddl Zan.
        La questione in effetti è grave, e bisogna dire che il Vaticano (sarà perchè ha una continuità di 2000 anni…) fa finalmente discutere. Il genere è un termine neutro (il genere umano) corvéable à merci. E’ un puro attributo mentale, correlato al corpo che come tale svapora, non conta, superinvestito da ideologie che spiegano invece la costruzione sociale e la rappresentazione delle differenze tra i sessi.

  5. Se capisco bene il senso del discorso (benché tutta la parte fisica mi sfugga), il tempo non avrebbe niente di oggettivo nemmeno nelle sue “conseguenze” sugli enti (entropia), la cui durata in linea di principio potrebbe essere illimitata o almeno fortemente indefinita.
    Ma riguardo alla vita umana – che senz’altro già si è allungata rispetto anche solo a mezzo secolo fa – sembrerebbe imprescindibile, indipendentemente dalla lunghezza media in numero di anni, che ci sia una fase iniziale, una fase di mezzo, e una fase che intende se stessa come volta verso la fine. Questo dà alla vita umana una cornice di senso generale, e sembrerebbe collegato sì con l’idea di tempo – soggettivo o oggettivo – ma anche in qualche misura autonomo. Se queste “fasi”, a parte magari la prima, venissero meno in seguito a una durata e a un “restyling” indefiniti, credo che perderemmo un po’ l’orientamento, no?

  6. l’entropia è oggettiva, ma ‘elastica’, deformabile. Perchè il senso generale deve partire e finire come fa adesso? L’abitudine non è necessariamente una buona guida. Per quanto riguarda l’orientamento io l’ho perso già da un pezzo..se poi guardo per la strada certi bambini saputelli che a 5 anni sembrano mio nonno sono confermato nella mia visione anarchica dell’età.

  7. aggiungo che la materia grigia ricresce, contrariamente a quanto si credeva fino a poco fa, quindi si possono evitare danni drastici. Se poi teniamo conto che il numero di collegamenti del cervello è maggiore del numero di stelle dell’universo..possiamo comprendere come le possibilità di riparazione/reinstradamento del cervello siano molte. E questo ci toglie un po’ di scuse.

  8. “uscire dal tempo”…molte le considerazioni che qui leggo e, non nego, ne resto affascinata e confusa. Nel senso che mi suscitano molte domande, con risposte ambivalenti o addirittura ambigue. “Fuori” dal tempo la nostra conoscenza sarebbe piu’ “oggettiva”? Il nostro muoverci nello spazio-tempo, in uscita o in ritorno, risulterebbe piu’ svincolato dai condizionamenti? Come l’usura incessante dei corpi, mente compresa? Prospettando la possibilità di veder ricrescere “la materia grigia” danneggiata, come dice Paolo De Marco…e personalmente la cosa mi ha dato molta speranza. Oppure il tempo non rappresenta solo una gabbia di convenzioni sociali, di limitazioni invalicabili, ma anche un mantello protettivo, uno scudo per affrontare mille contingenze avverse, per giocarcelo anche, riproponendocelo come amico anzichè come nemico? “Fuori” dal tempo c’è maggiore lucidità o follia? O forse i due concetti non sono cosi’ contrapposti? Nell’attimo del trapasso “conosceremo” un altrove senza tempo o un tempo ampliato? Ma “attimo”, che dico?, è una frazione del tempo-orologio che mi vincola nell’umano. Non ne esco. Arrivata nel labirinto mi perdo…

  9. La fisica dice due cose: la prima, semplice, che il concetto di tempo è inutile per descrivere il mondo. La seconda, più complicata, è che a livello locale, oggi su questo pianeta, c’è l’entropia che progressivamente aumenta.
    Sia nel suo complesso, sia anche nei singoli organismi come l’uomo.
    Ma se questa seconda parte lascia aperti dei sentieri in un bosco così intricato che anche l’entropia si perde, la prima parte ci permette di fare un salto filosofico fuori dal tempo, di farne a meno quando parliamo del mondo. E anche della vita. Se dimentichiamo per un attimo le nostre singole vite, che non sono poi così importanti, come punto di osservazione sul mondo, possiamo scoprire forse molto di più.

  10. si’, è vero ho l’abitudine di riflettere all’interno della mia soggettività umana, che comunque tiene conto degli altri, come forma di conoscenza e di comunicazione non ne conosco altra…ma sono interessata alla ricerca scientifica e ai suoi risultati purchè non strumentalizzati dalla parte in gioco che gestisce l’entropia

  11. non proponevo viaggi fuori dal sè. Piuttosto salire su colline diverse dove non ci sono fiumi del tempo che scorrono ma solo accadimenti, come le stanze di quell’appartamento barocco che citavo. E vederle come insieme di relazioni che si spostano, dove il nostro occhio è solo un elemento.

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