la frase finale de 'il mistero del falco': 'questa è la sostanza di cui son fatti i sogni'
di Paolo Di Marco
1-le nostre memorie
La nostra coscienza, la nostra vita, il mondo che vediamo si fondano sulle nostre memorie. Se la coscienza è l’ordito le memorie sono la trama.
Non a caso molte sono le parti del cervello implicate nella memoria, dalla corteccia prefrontale all’ippocampo (v. figura), che trasforma le immagini in ricordi.
Ma anche se non implicato direttamente il centro di tutto è l’ipotalamo (v. figura, dischetto rosso), la parte più antica del cervello.
E il dialogo tra Ipo (-talamo) e Ippo (-campo) è quello che modula il nostro mondo e la nostra coscienza. Oltre che l’invecchiamento.(1)
Non diremo di come la memoria si formi dalle immagini, come dopo conferma queste diventino ricordi immagazzinati in strati di molecole, di come la memoria non sia solo un deposito ma venga ad essere il centro dell’elaborazione che si svolge nella corteccia. E neppure di come si ripulisca e riformi in continuazione, ripresentandoci a noi stessi e ripresentandoci il mondo che i nostri sensi confermeranno.
Ma partiremo invece dall’ipotalamo e le sue dinamiche.
La sua funzione base è di mediare l’omeostasi dell’assunzione di energia.(2) Un compito complicato, dato che omeostasi significa regolazione ed anche adattamento; i nostri stati emotivi di base, piacere e dolore, sono i segnali di un’omeostasi efficiente o insoddisfacente; tutti gli organi del corpo sono coinvolti nell’omeostasi, in un processo che non è circoscritto in un breve istante ma guarda al passato e programma il futuro.
Dall’ipotalamo partono allora i segnali che dicono all’ipofisi quali ormoni produrre per regolare tutti i meccanismi del corpo e del cervello stesso. La coscienza stessa ne dipende, così come le emozioni che la sostengono e che a loro volta sono derivati delle due primarie. (3)
Il senso del sé che ci accompagna più o meno apertamente per tutta la vita è intimamente legato a questa attività, in un interscambio continuo coscienza-emozioni-stato energetico. Sia il senso del sè che costituisce la ‘coscienza nucleare’, quella del qui e ora, cui basta la memoria a breve termine,(v. il film ‘memories’, /https://psyche.co/films/a-patchwork-memoir-sewn-from-the-odd-memories-that-flicker-then-fade-away/) sia quella coscienza estesa che integra le memorie permanenti e che si estende nello spazio e nel tempo.
Se facciamo un passo laterale e torniamo ai Ju/‘Hoansi ci rendiamo conto (4) che l’omeostasi coinvolge non solo l’individuo isolato ma tutta la comunità di cui fa parte e in cui è funzionalmente integrato. Sono passati centinaia di anni fra l’inizio dell’agricoltura (e allevamento) e la sua dominanza economica; all’inizio la sua funzione era solo di pochi elementi di utilità marginalmente superiore alla caccia/raccolta; tuttavia il bilancio energetico, nella ricerca del ‘cammino di minimo sforzo’, l’ha progressivamente favorita; all’inizio come elemento collettivo, poi invece in una rottura netta fra omeostasi collettiva ed individuale.
Ma, anche in questo percorso accidentato, l’omeostasi ha recuperato il suo ruolo sociale su un livello più ampio: per combattere il dolore crea filosofia e religione. (5) Entrambe legati alla sua parte predittiva.
Ritroviamo questo legame in forma quasi diretta nel buddismo, che nasce dichiaratamente per eliminare il dolore e come sua prassi fondamentale ha la meditazione, colla sua interazione profonda con il senso del sé omeostatico e il rapporto emozioni-coscienza. (6)
Sul piano individuale l’omeostasi per la sua funzione ci ancora al mondo esterno e all’entropia. Ma ci si presenta anche nella veste inquietante di centro di controllo nascosto. E quando il controllo non funziona, come nella depressione e nella bulimia, questa ancora diventa un peso che rischia di affondarci.
La recente scoperta dei benefici sulla depressione degli allucinogeni come la psilocibina (7) ci fa però vedere una diversa prospettiva, che disancora ipotalamo e memorie dal tempo e li collega istantaneamente al resto di un cervello fuori dallo spazio-tempo. (8)
2-le storie
Nel ‘Giardino dell’Eden’ la storia dei Ju/‘Hoansi poteva apparire un’utopia rivolta al passato, una rückgewandte Utopie, per quanto il suo occhio andasse alle nuove ipotesi keynesiane. Ma è l’abitudine al tempo che ci inganna.
Nel 1987 usciva un saggio sul tempo e l’economia che iniziava così:
“l’immagine di un tempo lineare che percorre gran parte della letteratura economica è intimamente legata non solo e non tanto a un’abitudine di pensiero e a una comodità di calcolo, quanto ad alcuni concetti chiave che sono parte forte dell’analisi della realtà sociale e storica, e in particolare a quello di forze produttive, come a quello di progresso che ad esse è legato..”. E arrivava a concludere:
“non abbiamo una sola uscita dal tempo della preistoria, ma più uscite possibili, con fuochi locali”. (9)
Il titolo, ‘Uno strano attrattore’, riprendeva gli ‘attrattori strani’ della teoria del caos, e su questo conviene soffermarci, perché grazie agli sforzi spesso clandestini di alcuni pionieri abbiamo acquisito capacità straordinarie di comprensione dei fenomeni complessi; e abbiamo scoperto che ogni fenomeno con almeno tre variabili può sviluppare il caos. Figuriamoci qualcosa con tante variabili come l’economia. Keynes l’aveva già intuito quando criticava le semplificazioni dei modelli matematici e le presunzioni di misurabilità delle grandezze.
Ma per vedere il caos non possiamo fare il solito grafico spazio-tempo, la sua rappresentazione appropriata è nello ‘spazio delle fasi’, cioè in un sistema di coordinate senza tempo. È lì che vediamo se ci sono cicli che si ripetono, attrattori (cioè orbite sulle quali il sistema tende a ritornare) più o meno strani (irregolari, con forme periodiche…v. la simulazione con in alto un pendolo composto (due bracci collegati in alto, le traiettorie in basso, sia nello spazio/tempo (sequenze orizzontali) sia nello spazio delle fasi (θ1 vs θ2 :traiettorie quasi-circolari))(10).
E quando parliamo delle grandi tendenze storiche e dell’economia in particolare è in quello spazio che bisogna guardare. E guardare non il dito ma la luna cui i Ju/‘Hoansi puntano: un sistema finalmente semplice, con un tempo di lavoro necessario ridotto all’osso. E che è anche una delle possibili uscite dalla preistoria, a cui si arriva ‘camminando eretti’ (come diceva E. Bloch).
Bisogna capire a quali condizioni questo è un attrattore del sistema reale.
Se lo riguardiamo dal punto di vista dell’omeostasi complessiva il nostro sistema è malato. Non c’è equilibrio fra le parti del corpo sociale, non c’è equilibrio nei confronti dell’ambiente, c’è un eccesso di lavoro…per niente. E la cura non può che passare dall’abolizione dell’elemento squilibrante, il profitto. Con l’omeostasi collettiva si sistema anche quella individuale; la vecchia conclusione ‘e vissero felici e contenti‘ diventa reale.
La direzione è precisa. Certo, per gli amanti dello Sturm und Drang manca ancora qualcosa…ma sono le emozioni che devono alimentare la coscienza, non viceversa.
E magari troviamo un meme che funziona da LSD collettivo…
___________________________________________________________________________note
1. Hypothalamic stem cells control ageing speed partly through exosomal miRNAs, Yalin Zhang, et al. Nature volume 548, pages 52–57 (2017) 2. De Petrocellis, Di Marzo, Why fasting worms age slowly, Nature vol 473, 12/5/2011 3. Damasio A., Emozione e coscienza, Adelphi, 2000 4. G. Barker, The Cost of Cultivation, Nature 473, 5/2011 5. Damasio A, Lo strano ordine delle cose. Adelphi 2018 6. La meditazione influisce sull’ipotalamo diminuendo l’attività dell’asse HPA (e di conserva la produzione di cortisolo) (Meditazione e Psicoterapia, Palermo 2000) e interviene anche sui processi infiammatori. 7. Share et al, Mapping Psilocybin-Assisted Therapies, 4/12/19 Medrxiv 8. Chi scrive fece un anno di internato di neurofisiologia nel lontano ’58, dove fra le altre cose inseriva elettrodi nella corteccia dei gatti-l’animale col cervello più simile all’uomo- e analizzava la differenza dei grafici dell’attività prima e dopo la somministrazione di LSD; allora del cervello si sapeva poco, e il riferimento più autorevole era John Eccles. Oggi si sono fatti molti passi avanti, e le informazioni anche non invasive che si possono ottenere con la termografia e l’analisi magnetica sono assai più ricche e dettagliate 9. P. Di Marco, Uno strano attrattore, in Marxismo Oggi, 1986, poi ripubblicato come ‘Valore, tempo, forze produttive’ in Studi in onore di Palazzolo, Giuffrè, 1988 10. Nicolis, Prigogine, La complessità, Einaudi ’91; J. Gleick, Chaos, Cardinal, ‘87
Articolo molto interessante e molto ben scritto – anche se, vista la mia ignoranza, devo fidarmi ciecamente dell’autore (e della bibliografia in appoggio, non dimentichiamo). Ma in linea di massima la riduzione dell’anima platonica a processi fisiologici mi convince. Residua, però, il dubbio di un residuo: cioè in che misura l’osservatore collimi o non collimi interamente con l’osservato. (Un residuo che Descartes, non sapendo dove inserirlo – tipo spinotto, vedi Matrix – per togliersi d’imbarazzo piazzava nella ghiandola pineale…)
Damasio nella coscienza estesa mette tutto…a me però piace l’immagine di un altro studioso (non ho qui il riferimento preciso) che vede la coscienza nucleare come un sistema di onde che corrono nella corteccia centrate nel corpo calloso che connette i due emisferi; mentre il sè sarebbe un inviluppo di questo sistema d’onde (come un’onda sferica che le abbraccia tutte), quindi qualcosa non indipendente ma neppure coincidente.
Questo permetterebbe a uno junghiano di pensare all’inconscio collettivo come a un ulteriore inviluppo di inviluppi….anche se a me sembrerebbe non solo assai improbabile ma inutilmente barocco; qualcosa che Siti probabilmente rifiuterebbe in un romanzo..
Vorrei dire: bello e ben scritto, ma l’articolo è per addetti ai lavori. Io mi sono arenata quasi subito. Un aiutino per una ignorantella?
basta non farsi impressionare….è più semplice di quello che sembra; ma mi servono indizi per articolare…