di Ennio Abate
1 settembre
Una polemica su Moresco sulla pagina FB di un “amico”
X
Sostengo da un po’ che Antonio Moresco sia tra i pochi autentici scrittori che abbiamo avuto negli ultimi trent’anni. Non giudico la sua reprimenda ma sicuramente ha la caratura per poterla fare.
ESPRESSO.REPUBBLICA.IT
«Basta con questa storia per cui i romanzi italiani sono tutti uguali. Il mio lavoro dimostra che non è vero» (qui)
Ennio Abate
Dopo San Precario, protettore dei precari che sono rimasti precari, ora abbiamo San Moresco, protettore degli scrittori condannati all’ombra eterna.
X
cosa vuoi dire?
Ennio Abate
Che i Santi prosperano sulla venerazione dei fedeli.
X
mah!
Ennio Abate
Mah? Uscendo dalla battuta provocatoria iniziale, a me pare che la ambigua “reprimenda” di Moresco faccia parte in piena regola dei rapporti tra potere e sottopotere degli attuali addetti alla letteratura. Usando quel suo tono vittimistico ed egotistico, chiede un riconoscimento in più, che secondo i rapporti di forza e le regole dell’attuale sistema non gli è stato dato e non gli verrà dato. Non ci vedo niente di particolarmente nobile e chiedere per sé individualisticamente una cooptazione non mi pare politicamente interessante.
Y
non sono d’accordo. È consapevole del proprio valore e ha tutto il diritto di competere e di denunciare cose che in molti sappiamo. Turbare la comunicazione del regime culturale, che esalta se stesso e ignora l’esistente, è sempre lecito e auspicabile. In alternativa Lei cosa propone?
Ennio Abate
E io non sono d’accordo con lei. Moresco ha “il diritto di competere e di denunciare cose che in molti sappiamo”? E chi glielo toglie? Ma non turba affatto, se non in superficie, “la comunicazione del regime culturale”. E questo lo sa lui come lo sanno quelli a cui rivolge la sua risentita e patetica “reprimenda”(=invocazione: dai, cooptatemi, per favore! Su, non vi accorgete di come sono bravo IO?). A lei va bene? Si accomodi. E non chieda a me: “in alternativa Lei cosa propone”, perché non ho nessuna proposta da rivolgere a chi si muove nella logica cooptativa di Moresco.
Y
invece glielo chiedo: se non propone nulla e si scaglia pure contro chi ha qualcosa da obiettare, forse Le sta bene la situazione che c’è, le stanno bene i faccendieri che tentano di farsi strada nell’ombra cupa e velenosa delle redazioni scambiando favori, presenzialismi, umiliandosi per un giorno umiliare, coltivando spicchi di potere, lavorando sottopagati, tenendo in piedi scuole e agenzie per integrare e promuovere inesistenti vendite a scapito di sprovveduti? Propone silenzio, sottomissione, rassegnazione all’esclusione da ogni comunicazione? Sinceramente non ho capito dove vuole andare a parare e cosa la infastidisce tanto in chi denuncia tutto questo e oltre all’esclusione dovrebbe sobirsi anche la beffa di udire intellettuali e accademici ndranghetisti lagnarsi del panorama culturale amorfo della cultura contemporanea? Parli, suvvia…
Ennio Abate
Se legge bene quel che ho scritto, non mi “scaglio” contro Moresco, ma prevedo che la sua “reprimenda” non turberà affatto “la situazione che c’è”. E ho spiegato perché. Che poi se uno non è d’accordo con lei, vuol dire che gli stanno bene “ i faccendieri etc”, è un modo di polemizzare che non apprezzo: sono illazioni sue e gliele lascio tutte. E proposte le le faccio solo quando i miei interlocutori hanno voglia di interrogarsi e dubitare e non di sbattermi in faccia le loro verità assolute.
X
ma qual è questa logica cooptativa di Moresco? Per quanto mi riguarda mi affido esclusivamente al valore delle opere (allo stesso modo per altri autori). Quanto al rimarcare l’EGO, l’IO in modo sostanzialmente negativo, non ne afferro la logica. L’autore parla per sé riguardo ad un preciso articolo e a un dato fenomeno. Dov’è il problema? Tra l’altro egli fa riferimento non solo alla sua persona ma anche ad altri autori probabilmente nella stessa condizione. Oppure dobbiamo credere a un NOI autoriale? E se sì, quale sarebbe? Quale luogo abiterebbe?
Ennio Abate
Per me la voglia (più ancora della logica), che Moresco ha di essere riconosciuto e cooptato proprio da quegli ambienti di potere editoriale che lo hanno finora escluso, trasuda da tutto lo stile della sua lettera. E dà (politicamente) da riflettere. Specie per uno che, mi pare, da giovane era nella IV Internazionale trotzkista. Perché il valore delle sue opere – lo dice lui stesso – gli è stato riconosciuto da «scrittori e lettori giovani, che fanno il passaparola di persona e in rete [gli] hanno dedicato decine e decine di tesi di laurea», da «coraggiosi amici di elezione», da «rare figure che stanno dentro l’establishment ma che ci stanno con libertà e autonomia di giudizio», eccetera.
E allora, perché vuole essere ammesso a tutti i costi nei «compendi generali» o nei «giri culturali riconosciuti»? Perché si lamenta che «in Italia le [sue]opere ci sono ma è come se non esistessero»? Perché vuole che entrino «nel raggio visivo di questi eterni lamentatori, ai quali fa comodo pensare che non ci sia niente perché se no non potrebbero svolgere l’unica funzione che è a loro congeniale»?
Non ti pare voglia di cooptazione (se non peggio) questa? Tu la scriveresti una lettera pubblica rivolta a gente di potere che consideri ostile, ottusa e con una «attitudine coloniale, fratricida e suicida»? E invitandola (pateticamente) a leggere i tuoi libri: «Li legga, ma li legga davvero, per intero», quando sai che per costoro conta il vendibile e non la qualità artistica o etica del libro in sé?
Sul «rimarcare l’EGO, l’IO in modo sostanzialmente negativo», il discorso non posso affrontarlo qui. L’ho svolto in varie occasioni in articoli di Poliscritture (rintracciabili on line) e lo farò ancora pubblicando a giorni la recensione a «Io», il romanzo dell’amico Massimo Parizzi.
Y
io non vedo logica cooptativa in Moresco, questa è una Sua interpretazione malevola. Scrivere “Dopo San Precario, protettore dei precari che sono rimasti precari, ora abbiamo San Moresco, protettore degli scrittori condannati all’ombra eterna” non è scagliarsi contro? È malevolenza gratuita verso di lui e tanti altri scrittori e scrittrici italiani di alto livello, accademici e non, cui non è riconosciuto il diritto all’esistenza nel panorama culturale italiano, quando le librerie sono invece piene di tanta cartaccia. Dire “io ci sono, ho settant’anni, scrivo da una vita, faccio ricerca, all’estero sono apprezzato, sono italiano, vivo in Italia: perché l’Italia mi ignora e mi tiene ai margini?” Cos’ha di cooptativo questo semplicissimo e onesto discorso? Non è che io non mi metta in discussione, sarei anche disposta a cambiare idea, se Lei fornisse delle alternative. L’unico argomento da Lei espresso è che Moresco scalfirebbe solo sulla superficie un sistema di cui, in realtà, vorrebbe fare parte. Può darsi, ma cosa potrebbe fare? Fondare una casa editrice, fare impresa culturale, organizzare un festival, emigrare? Non tutti hanno pragmatiche capacità per queste cose. In Italia è tra l’altro difficilissimo farle in modo libero e indipendente, con l’impresa che è subalterna ogni giorno di più alla politica. Che “politica” attuerebbe Lei, quella del blog condominiale a vita? Non capisco, sinceramente: è Lei che immotivatamente non vuole confrontarsi.
Ennio Abate
Credo che sulla «logica cooptativa in Moresco» ho detto la mia opinione rispondendo a X. Quanto alle «alternative», in teoria potrei anche non averne, ma questo non sminuirebbe il valore della mia obiezione ( “la sua “reprimenda” non turberà affatto “la situazione che c’è”). Ma quelle che ho escludono il pragmatismo spicciolo che intravvedo nelle sue (fondare una casa editrice, fare impresa culturale, organizzare un festival, emigrare); e vanno in una direzione opposta a quella individualistica di chi vuol tirare la giacca ai potenti d’oggi (in tutti i campi) per farsi notare. I miei modelli sono stati e sono altri.
4 settembre
Uno scambio su vaccinazione, proteste no vax, governo Draghi, scienza
Cara X,
si possono avere 1000 dubbi sulla vaccinazione ma è rischioso e fallimentare pensare che quanti stanno cercando di sfruttare politicamente il malcontento abbiano ragione o un’alternativa credibile e seria. Tanto più che i rapporti di forza non permettono nessuna “spallata”. Vedi quanto scrive Lanfranco Caminiti sulla sua pagina FB, una persona seria e politicamente preparata:
“il consenso che draghi sta accumulando è enorme – è diventato il cavallo su cui tutte le istituzioni, politiche, economiche, di informazione stanno puntando: la profezia che si avvera. la “trappola di maggioranza” in cui si sono infilati tutti i partiti non lascia molti margini di distanziamento, di manovra, e la stessa prosecuzione del contagio, e della campagna di vaccinazione, fanno di questa maggioranza un “obbligo”: fuori da questa sei fuori dalla dialettica politica parlamentare – uno sciamannato no-vax. per quanti puntini sulle i si possa provare a mettere. la polarizzazione – la stessa enfatizzazione del “pericolo no-vax” – funziona tutta a vantaggio del governo. non c’è alcuno spazio per una argomentazione critica, per sollevare obiezioni, per manifestare perplessità. tutto questo funziona solo con draghi – che tiene i cordoni della borsa dei fondi europei ben stretti e passetto dopo passetto smussa ogni dissenso e incamera il consenso di ogni forza politica nel governo. nessun altro potrebbe ereditare questo “sistema”.”
X
Le preparazioni scientifiche le hanno anche altri scienziati che non possono parlare..non c’è mai stato un contraddittorio democratico su questa faccenda. Conosco personalmente persone che sono state minacciate se raccontano ciò che hanno visto accadere negli ospedali durante la prima ondata. un riguardo certo andrebbe fatto per i fragili ,ma non certo quello che stanno attuando nei centri vaccinali ( esclusi rari casi).io non ho intenzione di farmi un vaccino sperimentale e tanto meno scaricare un green pass. A coloro che dicono che gli ospedali si intasano meno, vorrei poterci credere..vedremo, me lo auguro di cuore.in ogni caso rammento che pochissimi sono i soldi in arrivo dall’ Europa stanziati per gli ospedali e le scuole. io non sono no vax; a mio tempo ho utilizzato farmaci per mie questioni personali ( ma dopo molti anni di sperimentazione) sono una persona che si informa, che pensa e confronta nel tempo i dati su cui faccio ricerca e quello che raccolgo nei miei incontri con molte persone di diversa provenienza. a vantaggio del governo va tutto, poiché tutto lo rendono vantaggioso non facendo un confronto.il gruppo medici di terapie domiciliari ha dato al ministero più di 30.000 firme per mostrare le loro vite fruttuose fatte su migliaia di persone e chiedere di cambiare protocollo Tachipirina e viglile attesa…e non ne gatto menzione nessuna TV. Subiremo tutti in un modo o nell’ ‘ altro le scelte di questo governo…io cercherò nel possibile la mia strada
RAGIONARE
1. “Le preparazioni scientifiche le hanno anche altri scienziati che non possono parlare..non c’è mai stato un contraddittorio democratico su questa faccenda”
Non è mica una novità. Su qualsiasi questione (emigrazione, reddito di cittadinanza) e anche su questa ci sono schieramenti politici contrapposti e il prevalere di una posizione su un’altra non dipende mai dall’apparente “contraddittorio democratico” ma dallo scontro di interessi reali organizzati o male organizzati e dai rapporti di forza tra gli schieramenti politici.
2. “Conosco personalmente persone che sono state minacciate se raccontano ciò che hanno visto accadere negli ospedali durante la prima ondata”
Anche questa non è una novità. Vedi il caso Assange etc. Se gli episodi denunciati da queste persone ( vedi nella prima ondata di pandemia il caso di Alzano Lombardo: https://www.dinamopress.it/news/il-focolaio/…) non trovano una buona sponda politica vengono seppelliti e dimenticati. Perciò è fondamentale in quale cornice politica viene iscritta una denuncia singola o collettiva. Sono sconcertato dai molti riferimenti (non solo tuoi) a fonti d’informazione quasi esclusivamente “all’opposizione” (a parole) ma riferibili alla “destra” o comunque ad un’area sociale che non ha idee chiare sulla realtà. Non dico che bisogna informarsi esclusivamente da fonti governative o “di sinistra” ma, essendo l’incertezza assoluta anche tra gli scienziati, che – in teoria – dovrebbero essere meno “ideologici”, a me pare meglio valutare le informazioni provenienti da tutte le fonti mantenendo un sano scetticismo. E fare con la massima pridenza la propria scelta pratica – vaccinarsi/non vaccinarsi – in base al criterio di precauzione o del rischio minore.
3. “Subiremo tutti in un modo o nell’ altro le scelte di questo governo…io cercherò nel possibile la mia strada”.
E anche questa non è una novità. I governi hanno un potere che non avete né tu né “il gruppo medici di terapie domiciliari” [che] ha dato al ministero più di 30.000 firme per mostrare le loro vite [?] fruttuose fatte su migliaia di persone e chiedere di cambiare protocollo” né quelli che stanno strumentalizzando la protesta senza avere un’alternativa.
Proprio per questo bisognerebbe essere cauti e non confondere il proprio discorso con quello degli avventurieri. Come singoli poi non c’è nessuna strada alternativa. O ti vaccini e fai il green pass o ti associ e protesti con questo movimento ambiguo e senza un vero progetto alternativo.
Sì, l’attuale opposizione sfrutta il malcontento, ma non ha una reale alternativa di governo della pandemia. Il malcontento, il dire no, il criticare le scelte (ambigue o di parte) del governo non basta purtroppo a creare un’alternativa. Anche ammesso che le “ terapie domiciali” fossero scientificamente valide ( per la maggioranza dei casi a rischio) non esiste oggi una forza politica organizzata per imporre questa scelta all’attuale governo. O fare un altro governo che cambi strategia. Con la realtà si fanno i conti. Non saltandola e guardando solo al malcontento.
5 settembre
Dalla pagina FB di Doriano Fasoli
Tutte le persone incontrate nella vita che hanno un potere di fascinazione su di noi, sono nella realtà parti scisse di noi stessi che abbiamo rimosso e che ci sono riportati indietro. Quindi, se preferiamo non farci ingannare dalle nostre stesse illusioni, dovremo osservare attentamente ogni forma di fascinazione per ricavarne, come quintessenza, un frammento della nostra personalità, e ci renderemo un poco conto che, lungo il cammino della vita, non facciamo che incontrare sempre di nuovo noi stessi, sotto mille travestimenti.
(C.G. Jung, “La psicologia della traslazione”)
Il punto di vista di “OFFICINA Primo Maggio” su pandemia, Pnrr (piano nazionale di ripresa e resilienza), politica e iniziative della società civile (qui).
Come non mettere oggi al primo posto di tutti i pensieri e di tutte le azioni il cambiamento del modello di sviluppo? Come non porre questa come discriminante delle scelte politiche? Modello di sviluppo ma anche assetto istituzionale. Non è possibile andare avanti con uno Stato in balìa di sedicenti “governatori”. Perché Stato deve esserci, altrimenti che senso ha parlare di “servizio pubblico”? Perché solo il potere concentrato di un intervento pubblico può modificare un modello di sviluppo. Un potere statale bilanciato dalla rete di comunità autogestite, autodeterminate, consapevoli. […] Osservando lo spazio pubblico della politica, vediamo che nessuno degli ambiti di attività che abbiamo evocato e ritenuto essenziali alla sopravvivenza di una società civile è presente nei discorsi che là dentro circolano. E questo dà la misura dell’abisso che separa la politica dalle cose che contano. Ma ancora più preoccupante sembra la fiducia riposta nei “tecnici” come possibile rimedio all’insulsaggine del discorso politico, fiducia che poggia sull’illusione che essi abbiano ancora potere, che la loro “integrità” possa avere la meglio sulle beghe di partito, che la loro “lontananza” dalla politica possa conferire autorità alle loro decisioni. Da qui tutta la fiducia messianica nel profeta Draghi. I suoi tecnici potranno scrivere sulla carta i programmi più sofisticati del mondo ma a metterli in pratica saranno i lestofanti, i minus habens delle mille istituzioni dove i partiti hanno riempito gli organici del personale. Per cui ha ragione il Forum Dd di Fabrizio Barca a dire che salvare il salvabile è possibile solo se i tecnici vengono affiancati, supportati, consigliati, dalle tante istanze della società civile, che bene o male nel loro sforzo quotidiano di controllo dei comportamenti della Pubblica amministrazione talvolta riescono a evitare il peggio. Non c’è dunque una parola sul lavoro nel Pnrr, perché sanità, scuola, industria, cultura, in trent’anni di colpi di piccone sono stati ridotti a settori residuali.
È davvero surreale la noncuranza con cui i “tecnici” hanno evitato qualsiasi confronto con i corpi intermedi. “Non c’era tempo”, dicono. Magari qualcuno pensa che avevano ragione, tanto… che sangue ci cavi dalle rape dei corpi intermedi? Non è vero, basta leggere la spietata disamina del Pnrr scritta qui da Matteo Gaddi per constatare che persino il tanto bistrattato sindacato ha da tempo abbozzato delle idee di politica industriale, buone o cattive che siano con esse ci si può misurare. E quelle avanzate da tante istanze ambientaliste, per esempio sulla politica energetica, non hanno forse un certo peso? I corpi intermedi sono ridotti male, d’accordo, ma l’Italia è piena di iniziative della società civile, della ricerca, che continuano a sfornare ragionamenti utili a modificare almeno in parte il modello di sviluppo. Niente. […]Prima della pandemia il Paese ci appariva, dal punto di vista del lavoro e delle prospettive delle nuove generazioni, nettamente spaccato in due: quelli che hanno il privilegio di una formazione di alto livello che se ne vanno all’estero e quelli ai quali non resta che cercare in Italia una pseudo-occupazione nella gig economy. Tra i due lo strato pervasivo, sempre più infestante, di coloro che pian piano occupano ruoli direttivi non per merito ma per cooptazione praticata dai partiti. Su queste tre gambe, sempre più traballanti, si regge il lavoro in Italia. Quindi necessariamente lo strato più consapevole, più aperto, più disponibile, più competente – il vero grande patrimonio umano della nazione – è costretto a cercarsi uno spazio extraistituzionale di espressione e di azione, non sempre intercettato dalla rete delle comunità (che non sono né debbono essere solo comunità di cura). In questo Paese ci si ritrova a sentirsi ai margini, si finisce per diventare apolidi. Sensazione fortissima in questo periodo in cui le restrizioni imposte dalla pandemia hanno tagliato le gambe al conflitto, cioè alla forma di azione collettiva che maggiormente ci restituisce ancora il senso di una cittadinanza.
Ma questa condizione forse è in via di superamento grazie alle campagne vaccinali, non vediamo l’ora di poter riprendere l’agibilità di strategie conflittuali. Non vediamo l’ora di poterci misurare ancora con lo stato d’animo, con le idee delle persone, con le tante tantissime esperienze che nel sociale e nella ricerca militante riescono ad impedire che questo Paese scivoli nel baratro. Sugli obiettivi da perseguire abbiamo ora le idee più chiare. La pandemia ha messo a nudo quelle realtà scomode che tante volte avevamo denunciato. Certo, il rischio che questo Pnrr, proprio per le ragioni qui esposte, dia il colpo di grazia a un Paese già provato da scelte disastrose, c’è. Ma non è detto che debba sempre finir male. Dipende anche da noi.
moresco si lamenta. e io allora, cosa dovrei dire?
AGGIUNTA AL RIORDINADIARIO 1-5 SETTEMBRE 2021
SEGNALAZIONE
Riassumo (semplificando e mettendo in maiuscolo alcuni passaggi per me rilevanti) i punti delle «Conclusioni sul Green Pass», ultima parte di un corposo ma documentatissmo studio di Alessandro Visalli (https://tempofertile.blogspot.com/2021/09/cronache-del-crollo-green-pass.html?fbclid=IwAR0sf8I2bxOnWl8vkO2Mnd6b-Cb2pXoOz34TFZC4iDdCZRSFpHtcAD9trSs), che invito a leggere per intero.
Personalmente, mentre condivido la sua analisi sul Green Pass e la sua diagnosi del fallimento del “populismo” o “neopopulismo”, ho dei dubbi sulla necessità e possibilità di oltrepassarlo con la ripresa di «una prospettiva socialista nel paese». [E. A.]
Stralcio:
“Dunque:
1. allo stato il GP è un dispositivo di distrazione a bassa efficacia e non sicura necessità […], ma in linea di principio la circostanza che chi non si vaccina (e non dimostra in altro modo di non essere portatore del virus) possa essere oggetto di qualche precauzione non è sbagliata.
2. Mentre il Fatto 1[Il vaccino protegge dai casi gravi della malattia] prima descritto è sostanzialmente vero, i Fatti 2 [ Il vaccino non impedisce il contagio] e 3 [I giovani non si ammalano in modo grave], in diversa misura, non sono correttamente espressi. […]. E’ illogico, oltre che non sufficientemente dimostrato, che chi è vaccinato ed ha avuto una normale reazione contagi nello stesso modo, e questa considerazione pesa nella forma aggregata che devono prendere le politiche di pianificazione pubblica. I giovani e molto giovani potrebbero essere esposti alle controindicazioni di lungo periodo, anche gravi, la scelta di vaccinarli va quindi ponderata in modo molto attento (inclino a pensare che non sia opportuno, l’unico argomento solido è che potrebbero contagiare gli over 50 non ancora vaccinati che sono molti).
3. Naturalmente ciò non implica che tutte le misure siano logiche ed appropriate (NON LO SONO MAI, IN QUANTO ESITO DI UNA LOGICA IBRIDA COME QUELLA POLITICA). Ad esempio, non mi sembrano necessarie le mascherine per i professori vaccinati, andrebbe evitata qualsiasi stigmatizzazione dei lavoratori non vaccinati e moltissime delle misure disciplinari che si propongono non sono affatto giustificate e mostrano altre “agende” all’opera (CI SONO FORZE, CIOÈ, CHE STANNO CERCANDO DI COGLIERE L’OCCASIONE PER AUMENTARE IL DISCIPLINAMENTO SOCIALE DEI LAVORATORI, E NON SOLO).
4. E’ GRAVE LA COSTRUZIONE DI UNA SIMBOLICA E DI UNA SEPARAZIONE TRA ‘PURI’ ED ‘IMPURI’ CHE VA COMBATTUTA ASPRAMENTE EVIDENTE, infatti, la decisione di vaccinare è sempre una scelta dalla potente funzione mistica, esibisce i simboli della competenza, distingue tra buoni e cattivi (o tra puri ed impuri), e divide. Ma soprattutto unisce. Ovvero funge da dispositivo di potere e creazione di coesione, indicando un nemico interno sul quale concentrare il male. Si tratta di un dispositivo tipico del politico[21].
5. Dunque, il vaccino è un dispositivo tecnico efficace, necessario, compatibile con le nostre ‘libertà’ (anzi volte a salvaguardale nella misura del possibile), ma ANCHE un regolatore sociale e un produttore di potere.
COME SI REAGISCE? NON URLANDO […] e immaginandosi come ‘ribelli’ che combattono lo Stato (il quale in sostanza non fa nulla di diverso da quel che deve fare, anche se lo dovrebbe fare diversamente e soprattutto con altre forme di comunicazione e mobilitazione). SVOLGENDO UNA CRITICA RAZIONALE, ORDINATA, NON REATTIVA (RISPONDENDO DICHIARANDO ‘IMPURO’ QUEL CHE ALTRI CHIAMANO ‘PURO’ E VICEVERSA), e cercando di mettere il potere di fronte alle proprie reali contraddizioni che sono:
– la mancanza di investimenti strutturali,
– la conservazione di aree di privilegio intoccabili come le imprese,
– il rifiuto di riorganizzare la produzione e riproduzione sociale per rendere più capace il mondo di affrontare le crisi, non solo sanitarie.
*La necessaria ristrutturazione: dal calice di cristallo alla coppa di ferro*. Ma non è vuoto, è occupato dal nemico.
[…] Il nostro problema è che l’intero sistema produttivo e riproduttivo nel quale viviamo, altamente finanziarizzato e interconnesso, è come un calice di cristallo. È esile, elegante, sottile, durissimo e fragile. È stato lasciato crescere per decenni sulla base della ricerca costante, sotto la spinta di una concorrenza più o meno manipolata e secondo il principio della massima accumulazione a brevissimo termine. Il sistema di premi e punizioni che il sistema ha elargito ai suoi attori (a partire dai manager fino all’ultimo lavoratore) puntava parossisticamente sul rendimento a brevissimo termine, come se mai potesse arrivare una crisi.
È bastata la minaccia […] di una malattia infettiva che, se ben curata, uccide pochi, ma capace in potenza di mettere contemporaneamente nella necessità di avere bisogno di cure rare e costose per sopravvivere (un posto in terapia intensiva costa circa millecinquecento euro al giorno e all’avvio della crisi ne erano disponibili poco più di tremila), per mettere davanti all’evidenza di non avere margini. […]
La nostra furbissima economia neoliberale, e i governi di quegli Stati che per decenni abbiamo descritto come residui di epoche passate e sostanzialmente inutili e dannosi, hanno pensato che pagare il costo assicurativo di avere una robusta sanità ed efficienti servizi territoriali di prevenzione fosse uno spreco. Li abbiamo quindi lentamente smantellati. Tenere ospedali di riserva per quando sarebbe giunta una emergenza, formare più medici, potenziare la rete dei medici di prossimità, creare ambulatori, avere industrie strategiche, anche se leggermente meno competitive, che potessero garantire le forniture di ciò che sarebbe stato necessario, è sembrato un lusso superfluo. […]
*Il calice di cristallo si sta dunque rompendo*, piccole fessure si intravedono, ma i nostri decisori (ovvero il complesso sistema d’azione costituito dalle élite nazionali e da quelle internazionali connesse e dominanti, dalle tecnostrutture specializzate non solo sanitarie, dai gruppi di pressione e partiti politici) cercano di guardare altrove.
*E, soprattutto, cercano di distrarci.*
A questo serve il modesto dispositivo tecnico del Green Pass. Viene esacerbato e accompagnato da dichiarazioni fuori luogo e polarizzanti, in un gioco tra opposti che si sostengono a vicenda, allo scopo di non farci guardare che i nodi giungono al pettine.
Da decenni ogni fabbrica produce i suoi beni utilizzando prodotti intermedi di terzi e appoggiandosi su una rete di servizi che è spesso estesa su più nazioni e continenti, e che è condivisa con tante altre, di settori merceologici del tutto diversi. Ogni azienda, inoltre, si appoggia su servizi finanziari condivisi con tante altre. […] Tutta questa interconnessione è servita a porre il mondo del lavoro sotto costante ricatto di delocalizzazione, a cercare di ottenere ovunque le condizioni migliori, a guadagnare sempre di più, inseguendo il più marginale sconto di prezzo ovunque fosse.
Ma, al contempo, tutta questa interconnessione fa sì che se oggi chiudo un settore economico (quello metallurgico come quello dei mobili) potrei assistere all’imprevista chiusura anche di quelli che ho lasciato aperti, perché l’intero ecosistema produttivo collasserebbe. […]
Quel che dovremmo fare è *sostituire il calice di cristallo con un coppa di ferro*.
E’ PER NON FARLO VEDERE CHE SI STIMOLA L’ISTINTO INDIVIDUALE, colpendo i suoi luoghi simbolici e compensativi, con misure ad alto impatto simbolico come il Green Pass. […]
La posizione politica: oltre il populismo
Per questo, al di là della polarizzazione in corso, che leggo essenzialmente come rivelatore e come cortina fumogena ad un tempo (rivela la vera natura di molte forze che sembravano agire per il cambiamento, mentre cercavano solo di tornare ai tempi d’oro e dal lato dell’intenzionalità dei promotori nasconde le necessità di reale cambiamento), il punto dirimente deve essere inquadrato come politico. E deve partire dalla percezione della frattura che la crisi pandemica ha aperto.
Una frattura che si è manifestata anche sul piano della tattica politica. Abbiamo visto esaurire il ciclo del “neopopulismo” ad immediato ridosso della crisi. […]
Molti seguono sistematicamente ogni e qualsiasi mobilitazione, pensando di appropriarsene, ma è un errore grave e molto noto. Lenin, in “Che fare?” lo chiamò “codismo”.
LA QUESTIONE È PIUTTOSTO DI CAPIRE, IN UNA SITUAZIONE DINAMICA, NON TANTO CHI SI MUOVE OGGI, MA CHI È NELLA POSIZIONE DI FARE LEVA PER AGIRE NEL VERO CONFLITTO IN ESSERE CONTRASTANDONE LA FORZA MOTRICE. Contrastandola per indurre l’avvio di un riequilibrio dei rapporti di forze che possa indurre degli elementi di socialismo, dei quali c’è assoluto bisogno. Senza i quali nessuna soluzione potrà essere trovata neppure ai dilemmi sistemici sommariamente descritti. Per fare questo non si deve partire dalla mera fotografia dell’esistente, immaginando che chi oggi è attivo o inattivo lo resti sempre, e non bisogna immaginare la questione del potere come un episodio singolo. Una “presa”. Bisogna comprendere, e bene, cosa è per noi il popolo e cosa sono i suoi nemici. Sapendo che verso i nemici si combatte, verso il popolo si lavora a creare unità di interesse e sentire.
E BISOGNA AVER FERMO E COMPRESO CHE IN SÉ LA CONTRADDIZIONE TRA CHI INTENDE ELEVARSI ABBASSANDO GLI ALTRI, OVVERO AUMENTANDO IL SAGGIO DI SFRUTTAMENTO A PROPRIO VANTAGGIO, E CHI NE SUBISCE L’AZIONE SISTEMICA È UNA CONTRADDIZIONE ANTAGONISTA. CHE PUÒ SIA SCIVOLARE IN UNA RELAZIONE CON NEMICI, SIA ESSERE RICONDOTTA AD UNA DIMENSIONE ORGANICAMENTE EQUILIBRATA, MA SOLO SE VIENE TRATTATA ESPRESSAMENTE. Inserendo i desideri, le pulsioni, e le ambizioni delle diverse soggettività sociali in un quadro non competitivo, socialista, appunto. Si tratta allora di distinguere tra inimicizia e divergenza (di rappresentazione, teoria delle funzioni sociali, prospettiva temporale). Tra la lotta e la discussione. […]
C’è infatti una contraddizione inscritta profondamente, nelle ossa stesse, che lavora a scalzare la coscienza postmoderna la quale paralizza l’azione sociale: l’individualismo edonista ha perso le condizioni di sicurezza ed affidamento che lo rendevano possibile. Nelle condizioni del lavoro contemporaneo ed in quelle della vita della grandissima parte della popolazione, in particolare di coloro che non possono scaricare su altri, o sperare di farlo, i propri pesi, si affaccia la semplice logica che solo l’azione collettiva, nuovamente, può o potrà rimettere in questione i rapporti di forza.
È TUTTA, SEMPRE QUESTIONE DI RAPPORTI DI FORZA. E ciò nel paese, non al suo esterno. Altrimenti si resta prigionieri del gattopardo neoliberale, nei suoi numerosi travestimenti (uno dei quali, lo ribadisco, è la mobilitazione sul Green Pass). […]
Abbiamo passato alcuni anni ad indicare nella struttura di nessi e dominazione dei trattati europei il punto archimedeo da scalzare per rimettere in gioco e rendere contendibile le istanze di giustizia civile e popolare in Europa. Su questa parola d’ordine, o con il linguaggio di Laclau, intorno a questa “catena equivalenziale” abbiamo aggregato forze eterogenee. L’esperienza mostra che si è trattato di un effimero consenso.
Ora alcuni pensano di ripetere la mossa del “neopopulismo”, raccogliendolo intorno al significante vuoto
[…] l’unica strada feconda è quella che si sforza di oltrepassare l’impolitico neoliberale e tutti i suoi travestimenti e recepire il nuovo bisogno di collettivo e di umanità, dandogli forma. Che ha pazienza di lavorare sulle fratture che si aprono, giorno dopo giorno. Tessendo e cucendo, senza perdere il filo dell’interesse da difendere. Ovvero del miglior interesse del paese, che è sempre quello dei suoi lavoratori.[…]
TUTTE LE MOBILITAZIONI REATTIVE, GUIDATE DALLE FORZE SOCIALI CHE SONO STATE CRESCIUTE E COLTIVATE DALLA SVOLTA NEOLIBERALE, E DA QUESTA ORA TRADITE, SEMBRANO ESSERE NUOVE E ‘RIBELLI’, MA ACCRESCONO SOLO L’EGEMONIA NEOLIBERALE NELLE SUE FONDAMENTA PIÙ INTIME. Quando il sistema potrà erogare qualche spicciolo, riattivando un anche piccolo ciclo di crescita tale da far gocciolare qualcosa, rientreranno immediatamente. E di questo svezzamento alla politica gli resterà solo l’ostilità per ogni iniziativa pubblica, per ogni politica collettiva, per lo Stato. Ostilità che sono proprie della egemonia neoliberale, la costituiscono.
[…]La prima esperienza di mobilitazione sarà anche l’ultima, a meno che non si imponga una prospettiva socialista nel paese. Allora li ritroveremo dall’altra parte della barricata, ma non saranno loro ad essere cambiati, *saremo noi a non aver mai capito per cosa si battevano*.”
AL VOLO DA UNA PAGINA FB
Doriano Fasoli
Cadde tanto in basso nella mia considerazione
che lo udii battere in terra
e andare a pezzi sulle pietre
in fondo alla mia mente.
ma rimproverai la sorte che lo abbatté meno
di quanto denunciai me stessa,
per aver tenuto oggetti placcati
sulla mensola degli argenti.
Emily Dickinson