di Annamaria Locatelli
Il vecchio si ferma impietrito appena la vede comparire: una ragazza così bella, così fine, ma dallo sguardo decisamente sprezzante. La conosce soltanto da un mese ed è riuscita a sconvolgere la sua esistenza: deve far leva su tutto il suo sangue freddo per affrontarla. L’uomo in tasca tiene un’arma, ma è solo un giocattolo, una pistola ad acqua per spruzzare i ciclamini d’estate; nel caso la situazione precipitasse, solo allora sarebbe pronto a puntargliela contro. Che stress! Neanche da bambino amava giocare ai soldatini, preferendo unirsi ai giochi tranquilli e fantasiosi della bambine. E ancora molto giovane aveva scelto di occuparsi di fiori e di piante: una vera passione! Così aveva messo in piedi il suo vivaio, la sua serra, il suo giardino! Un paradiso verde dove dimenticare il mondo intero…Ma poi era arrivata lei, quella rompiscatole, in seguito ad una inserzione sul giornale in cui il vecchio, dopo molti ripensamenti, si era deciso ad offrire un lavoro, solo per i mesi estivi, ad un giovane volonteroso e preparato sul mondo delle piante. Si era presentata lei, aveva tutte le credenziali in regola: era iscritta al terzo anno di Botanica presso l’Università di Genova, aveva sostenuto parecchi esami, inoltre era carina e con un volto pulito. Particolare importante: aveva le mani curate, ma prive di smalto. L’aveva assunta. Ma ora, tornando al presente, bisognava dare prova di decisione, ora che aveva avuto modo di aprire bene gli occhi e che il sogno di aver trovato un’aiutante capace si era trasformato in un incubo!..
Il vecchio si arresta davanti alla donna, divaricando le gambe e così rimane per qualche istante senza fiatare e poi urla: “Dove sono spariti i miei gerani? E l’intero sottobosco di rosmarino? E le palme nane? E le azalee? ”.
E lei, di rimando: “Ma cosa sta farneticando? Non ho sottratto proprio niente! Se si riferisce alle fotografie che ho scattato ai suoi beniamini con la mia antiquata macchina fotografica, di mio nonno per la precisione, solo per conservare un ricordo di questa estate, ecco qua il corpo del reato!”. Ed estrae dalla tasca dei jeans un mazzo di fotografie, ficcandoglielo in mano con una certa rabbia, “Qua ci sono anche i negativi. E non mi dica che è un episodio di pirateria botanica: mi facci il piacere, direbbe Totò! Era il caso di convocarmi qui, in cima alla collina, al solleone di mezzogiorno per una fandonia simile? Cosa sarei io? Una ladra di immagini vegetali per conto della CIA? Suvvia, rinsavisca, qui tra un po’ arrostiamo come capponi di natale”.
“Mi passi in fretta quel materiale e non alzi troppo la voce con me, un po’ di rispetto per gli anziani!” “E lei rispetti i giovani: non siamo tutti approfittatori!”. Ma poi guarda l’orologio e, con un tono più conciliante, “A proposito, è l’ora di pranzo e lei, con le sue fantasie, mi ha fatto venire appetito. Che ne dice di andare a mangiare un boccone insieme? Accetterò volentieri il suo invito, anche se ho preso io l’iniziativa”.
“Furba la signorina! Così vuole anche scroccarmi un pranzo: accetto per poter mettere in chiaro alcune cosette con lei, ma da buon genovese paghiamo alla romana”. “Anche tirchio!!”.
La tempesta sembra essere finita in un bicchiere d’acqua e i due si apprestano a ridiscendere il tortuoso sentiero tracciato tra le terrazze, senza incontrare anima viva, muti come pesci di quel mare che da lontano sembra una distesa di verdi brillanti. Sul loro cammino affrontano dapprima una secca radura assolata, poi oliveti ed alberi da frutta, infine un tratto boschivo di lecci, castani, con sottobosco di ginestre, eriche e corbezzoli finché raggiungono le prime case del borgo ligure.
Si siedono immusoniti all’unico tavolino ancora libero della trattoria “Cuore Matto”, dove si può consumare un discreto menù a €10, insomma il più economico della piazza, e nel giardino esterno, sotto a un pergolato di glicine. Il mare non perde di vista i due “sorvegliati speciali” col suo occhio verde smeraldo!
Arriva la sciura Nana, la proprietaria, e raccoglie gli ordinativi: farfalle al pesto e frittata di verdure per lei che si è convertita alla cucina vegetariana e pasta al pomodoro e platessa per lui. Sono d’accordo su un quartino di vino rosso a testa. La cucina è semplice ma curata.
Arrivati al caffè, lui dà seguito al suo malumore: “E allora si può sapere perché mi ha sottratto fiori e piante? L’ho assunta dopo lunga riflessione perché il lavoro era diventato troppo pesante per me: ho sempre sbrigato tutto da solo, ma ora gli anni si fanno sentire. Recentemente il personale della Cooperativa si interessa di floricoltura e di vendite, così mi dà la possibilità di realizzare il mio progetto di giardino mediterraneo. Cercavo da lei solo collaborazione, perché vuole carpire i miei segreti?” . “Ma non dica sciocchezze! Riconosco che la sua serra è l’ultimo eden: tutto da lei sembra selvaggio e nello stesso tempo curato, uno straordinario equilibrio tra l’opera della natura e quella dell’uomo! Lei è un autodidatta, dotato di un grande talento naturale e il suo pollice non è verde, é divino!”. “Non si sprechi in complimenti, mi dica piuttosto perché l’ha fatto, se non mi dà una spiegazione, può ritenersi licenziata!”. “La prego non lo pensi nemmeno, con i suoi tiratissimi soldi, intendo pagarmi le tasse universitarie. Guardi che noi giovani abbiamo davanti un futuro molto precario e non possiamo permetterci di perdere un posto, seppur temporaneo, di lavoro! Può forse lamentarsi di come svolgo le mansioni che mi ha affidato?”. “ Non cambi discorso, mi dica delle fotografie!”. “Le ho già spiegato da cosa sono stata motivata: sono rimasta strabiliata davanti al suo giardino, peraltro a tutti sconosciuto, con tanto di cartelli che ne vietano l’accesso; così mi sono “armata” di una macchina fotografica per avere un riscontro oggettivo a quanto vedevo, tutto qui!”. “Ah, ha dato occhi per un puro desiderio contemplativo! Ed io dovrei credere a tanto candore?”. E intanto alza il tono della voce e gli avventori li guardano incuriositi: una strana coppia quella, potrebbero essere nonno e nipote, ma pensano a tutt’altro; lei si accorge e sottovoce: “La smetta di sclerare, tra un po’ diventiamo lo zimbello pubblico!” e tenta di calmarlo appoggiando la mano sul suo braccio…“ Può fidarsi di me, amo quanto lei fiori e piante e volevo suggerirle di partecipare alla prossima edizione di Euroflora a Genova, otterrebbe degli straordinari riconoscimenti”. “Ma insomma la smetta di adularmi, mi dica la verità o la denuncio!!” .“Così farebbe ridere il mondo intero, andiamo si calmi, le ho consegnato le foto e i negativi ma, alla fine, di cosa ha paura?”. Intanto tra sé pensa che in effetti l’aveva visto spesso trafficare in un angolo della serra, dove anche a lei era stato vietato l’accesso. Non è che vi coltivava la pianta del papavero? Teme di essere scoperto e finge di essere preoccupato per innocue immagini di fiori e di piante? La ragazza si fa sospettosa…Nel frattempo quasi tutti gli avventori sono spariti e a loro non resta che pagare il conto, se non vogliono attirare troppo l’attenzione della locandiera. Fanno per estrarre i portafogli dalle tasche, ma il pover’uomo si ritrova tra le mani la scordata pistola ad acqua; la ragazza la vede: “E’ con quella che voleva minacciarmi? Magari! Una bella spruzzata d’acqua e, col caldo che faceva lassù, almeno mi sarei rinfrescata!”. Scoppia in una fragorosa risata. “Ma che film si era fatto?”. La ragazza non smette più di ridere e quando è il momento di pagare si rende conto che lui, sì lui il delinquente, non dispone di un soldo, visto che continua a frugare nella tasca, sperando forse in qualche passaggio segreto. A quel punto la giovane salda il conto per entrambi. Il vecchio diventa rosso come un peperone. Che figuraccia! “Ma forse – pensa – aveva esagerato a considerare tanto male quella ragazza. Ora l’aveva tolto d’imbarazzo davanti alla sciura Nana e poi bisognava riconoscere che lei, così giovane, con le piante ci sapeva fare! A furia di vivere solo come un orso, come ormai succedeva da anni, da quando la moglie era scomparsa, riconoscendo solo i vegetali come amici, diffidava di tutti…Si sente smascherato e completamente disarmato, così gli vacillano le gambe e ritorna a sedersi. La giovane chiede: “Tutto a posto? Vuole magari un amaro?”. “No, grazie, è solo la pressione che a volte mi gioca brutti scherzi: gli anni, sa! Ma è tutto passato, andiamo! Voglio mostrarle una cosa…”. E i due si incamminano sul sentiero assolato, mentre il mare in fondo al carruggio ha i riflessi verde-abbaglianti di un gioiello Inca. Nessuno dei due ha voglia di parlare: lui riflette sulla sua intera esistenza, lei sul suo incerto futuro, entrambi nutrono la speranza di avere trovato nell’altro un amico. Una volta arrivati alla serra, lui le chiede di attendere un attimo, poi la invita ad entrare proprio in quell’angolo appartato fino ad allora a lei inaccessibile…e là la sorpresa delle sorprese! Si ritrova immersa in un vivaio di magnifiche orchidee dalle forme strabilianti, con occhi e bocche sulle corolle sorridenti. I primi fiori dal volto umano e sprigionanti una misteriosa luce verde…Non si era mai visto!! Lei trattiene le lacrime e lui ride, altrettanto commosso, e racconta dei tanti anni dedicati a raggiungere quel risultato: le sue bambine-fiori erano tutta la sua ragione di vita, la sua famiglia! Ma ora vuole condividerle con lei. La giovane donna esulta di gioia, ma poi, in quanto botanica, vuole sapere ogni particolare della ricerca portata avanti da quello che ormai considera il suo maestro. Per ore ed ore i due si parlano, finché non si fa notte. Quei fiori dovevano essere portati fuori, nel mondo, dove poter recare conforto con il loro sorriso a molte persone sole, malate o semplicemente tristi! La ragazza spera inoltre che un giorno la serra-giardino, ampliandosi, avrebbe dato lavoro a molti altri giovani. Si accordano infine di portare le orchidee al più vicino mercato dei fiori, l’indomani…E’ notte ma il mare scuro da lontano è disseminato di pagliuzze verdi…sarà la luna…sarà un sogno…
Potenza e semplicità della vita vegetale, che dissipa sospetti e fumisterie umane. Non che non siano insieme belle e velenose, e possono ferire, e invadono incontenibili spazi necessari ad altre vite, animali, cui pure si offrono per alimento. D’altra parte, ma rimuoviamo pure il pensiero se è sgradevole, la decomposizione dei corpi animali è nutrimento per quelli vegetali.
Anche la natura vegetale “prende corpo”, si incorpora in forme, mutevoli e trasformanti, che affascinano. La fiaba ci insegna a riconoscere la nostra affinità con gli organismi vegetali, perchè anche noi siamo vivi e vegeti, cioè ci rinforziamo, e siamo forme in mutamento, come quegli “occhi e bocche sulle corolle sorridenti. I primi fiori dal volto umano e sprigionanti una misteriosa luce verde”, quella che risponde dal mare. Come la fiaba arriva all’accordo tra il vecchio e la ragazzo, così trascorre lo stesso passaggio da una serra-investimento economico a una comprensione profonda del rispecchiamento tra vita umana e vegetale.
grazie, Cristiana…il tuo commento riesce a cogliere nel racconto collegamenti sottili tra il mondo naturale animale vegetale e quello umano, infatti i due personaggi che si contendono la scena sono legati dall’amore per le piante, che, diventato un lavoro – anche quando precario-, aiuta a soddisfare le necessità concrete della vita. Ma il vecchio e la ragazza hanno anche altre necessità…Solo il salto nella magia, o nell’utopia se vuoi, porta a realizzare sogni e bisogni…
Il vero protagonista del racconto sembra essere lo sguardo del mare, dal sorriso verde e vagamente ironico nei confronti d una “piccola” e tenera umanità, a tratti buffa nelle sue tensioni e diffidenze reciproche. Il riconoscimento delle proprie fragilità, e di un bisogno “materiale” di attenzione affettiva e di riconoscimento, allenta e risolve la situazione…ancora grazie
Un racconto in cui compare una pistola, che però non spara – smentendo uno dei più noti precetti del realismo narrativo. Ma la pistola, anche volendo, non potrebbe sparare, e il racconto è una fiaba.
Il dettaglio, tutto sommato secondario, della pistola ad acqua inserito già nella quarta riga è geniale, perché situa immediatamente il racconto in una dimensione intermedia fra la realtà (le angosce del vecchio, come il bisogno di un salario della ragazza, sono reali) e un modo di approcciarla ironico, quasi autoparodico, come di chi in fondo sappia già che l’aggressività, vissuta o temuta, non ha maggiore consistenza dello spruzzo d’acqua che schizzerebbe dall’arma – come la margherita dalla pistola di un clown.
E sì che gli ingredienti per il sospetto e il film di spionaggio ci sono tutti: dal rendez-vous in un luogo solitario alla consegna di foto e negativi (piacevolmente vintage), alle attività misteriose che si svolgono in zone off-limits. E c’è la tensione – difficile da smontare soprattutto nel vecchio, e che cede soltanto di fronte al ridicolo: il suo alzare la voce per procurarsi autorità rischia di farne lo zimbello della trattoria, l’ilarità della ragazza è autentica e, ciliegina sulla torta, lui non ha i soldi per pagare il conto. Risibilità di angosce e sospetti, anticipata dalla pistola ad acqua che si era messo in tasca e proprio qui riemerge.
Così sono il riso e l’ironia che smontano tutto e risolvono il caso. L’ironia di quando diventiamo spettatori di noi stessi, come il mare è lo spettatore lontano e divertito di questa fiaba.
la pistola ad acqua, “- come la margherita dalla pistola di un clown” e le oscure trame, immaginate ora dal vecchio ora dalla ragazza, risultano come una parodia , filtrata dallo sguardo distaccato e divertito del mare, della strabordante narrativa e cinematografia spy story…Grazie Elena per averlo evidenziato. Si’, anche l’autoparodia è presente, riflettendo sul finale del racconto cosi’ sfacciatamente felice…d’accordo una fiaba, ma oggi troppo sognare fa rima con ingannare(…si), in un certo senso. Ma poi si parla di fiori-bambine, dal volto umano e, riguardo a questa “magica” metamorfosi, mi risulta gradita l’osservazione di Crisiana: “…una comprensione profonda del rispecchiamento tra vita umana e vegetale”, poco al presente, ma forse un giorno quando
abbandoneremo il nostro esasperato antropocentrismo, ci rifletteremo ( o identificheremo?) con la natura, salvando anche la cultura…ma questa sarebbe fantascienza…Grazie
Elena Grammann smonta i meccanismi della fiaba: il finto e l’intenzione, tra sospetto e disinteresse per la vera condizione di un vecchio e di una ragazza, con il loro “costrutto” personale, cura della serra e studi/amore per gli stessi fiori e rinnovamento del mercato. Quindi, a essere realisticamente “narrativi”, tutto va bene, la conciliazione conclude. Resta (perché sono immersa in un naturalismo de-forme e non beato) il nostro appartenere alla natura, speranzosi in accoglienza, ma non recepiamo ormai una stessa culla naturale della terra. Che ne sappiamo cosa vuol dire vivere, e morire, in una prospettiva cosmica?