di Ennio Abate
Sul blog di Elena Grammann nell’articolo da lei pubblicato l’11 dicembre 2021 (qui) leggo con rammarico:
Un po’ più di un anno fa ho iniziato a collaborare col sito Poliscritture. È stata un’esperienza impegnativa e piuttosto faticosa, ma molto proficua. Purtroppo l’impossibilità di ammettere che il marxismo possa sfociare in qualcosa di diverso da un regime totalitario – così come un’istintiva e radicata diffidenza nei confronti di organismi spontaneamente collettivi (e ancor più, s’intende, di organismi coercitivamente collettivi) – mi costringono a defilarmi. Pubblico quindi qui l’ultimo articolo che avevo preparato. Fa parte di una sottorubrica pomposamente intitolata “Prontuario tascabile di letteratura francese” che magari, se c’è interesse, continuerò qui
Si tratta della rottura unilaterale della sua collaborazione con Poliscritture, annunciata tra l’altro sul suo blog e senza mandare una riga né a me né agli altri collaboratori. Vorrei ricordare che dal settembre 2020, inizio della sua collaborazione rafforzatasi poi con la gestione della sua rubrica (Baumschule), ha scritto quel che ha voluto, ha commentato ed è stata commentata. Il motivo del suo “defilarsi” dopo uno scambio tra me e lei (qui) mi appare perciò oscuro e contraddittorio. Non mi sembra, infatti, che gli articoli di approfondimento sulle tragedie storiche del Novecento o le riflessioni critiche su Fortini, Marx, la violenza nella storia, l’ipotesi comunista, ecc. non possano convivere o interferire – criticamente e fecondamente – con i temi di letteratura a lei più consoni o con i temi d’altro genere proposti da altri o da altre. Anzi sulla questione Marx/marxismo/comunismo, lei stessa s’era impegnata in passato con curiosità e pacatezza. Un solo esempio: i commenti in dialogo soprattutto con me e Cristiana Fischer sotto questo suo articolo dell’ottobre 2020 (qui). E allora? L’animo umano ha zone insondabili. Ne posso solo prendere ancora una volta atto. L’ambivalenza, però, mi è parsa soprattutto sua. Né io né altri/e ci siamo mai rifiutati di ragionare a fondo sulle verità e sugli errori dei “nostri antenati”. Si trattasse di Cases o di Marx o di Fortini. Sopportare, però, senza ribattere certe sue sentenze liquidatorie, pur dette con eleganza, oppure l’interruzione unilaterale e umorale del confronto è inaccettabile. Le auguro buona fortuna.
Appendice
L’ordine e il disordine
C’era stata una valletta di pasqua. Una biscia era corsa tra l’erba. La sera a buio un animale pesante volava.
Rospo, gola di ansia, formiche misere rabbiose, lumache malate: e i ricci di notte, a soffi e succhi. Ci fu anche un topo color creta, compunto sgranava l’avena.
Non ci sono più, dicono, perché tutto sarà veramente. I rospi arrancano, e la biscia decapitata, verso il Disegno.
Lo dicono nei libri dei morti, radianti nel mosaico, con le loro lingue forate dalle regine, le teste insanguinate, le gioie orchestrali. Lo dicono anche i desideri. Io qualche volta.
Non ci sono più, invece dicono altri, perché niente sarà. Dopo il mitragliamento, la bestia si strascicò sul ventre fino al fossato.
Ai primi decibel del mattino il serpe mozzo ha finito di divincolarsi. Verso il Disordine, il segno dell’inutile, la passione stomachevole.
Lo dicono animali guardando, uomini odiando, passando; e i figli sempre. Io qualche volta.
La ragione dell’ordine, la dimostrazione del disordine, e tu règgile. L’uno che in sé si separa e contraddice, e tu fissalo; finché non sia più uno. E poi torni a esserlo, e ti porti via.
(da F. Fortini, Tutte le poesie, pag. 379)
Dissento da quanto fatto e scritto. All’oscuro di tutto, so però che gli abbandoni e i rimproveri hanno senso solo se la contraddizione che li motiva è esplicita, l’astio non è politico.
L’amico Ennio e la molto stimata Grammann non hanno bisogno della mia opinione, nemmeno io della loro però e, anche se il richiamo cadrà nel deserto, un poco di disciplina avrebbe fatto bene a tutti.
Tanto per dire….
“A essere convinto che invece Marx faccia rima con libertà è lo stesso Musto che respinge l’idea di una linea di congiunzione tra il pensatore di Treviri e il totalitarismo (tesi coltivata, sia pure con prudenza, da Hannah Arendt): “Marx assegnò un valore fondamentale alla libertà individuale” dice Musto al Fatto quotidiano. “Il suo comunismo è radicalmente diverso dal livellamento delle classi auspicato da tanti suoi predecessori e dalla grigia uniformità politica ed economica realizzata da molti suoi seguaci. Marx fu contrario a ogni tipo di socialismo di Stato e considerò essenziale, per ogni processo rivoluzionario, l’autoemancipazione dei lavoratori. La sua idea di società è, dunque, agli antipodi dei totalitarismi sorti in suo nome nel XX secolo. Marx fu il teorico dell’autogoverno dei produttori”.
Su questa ipotesi c’è un filone di pensiero che è rimasto minoritario nella storia del marxismo occidentale, battuto dal comunismo reale, ma che ha poi trovato nuovi spazi nella Marx Renaissance di inizio 2000 e che può essere sintetizzata nelle parole del filosofo francese Jacques Derrida: “Sarà sempre un errore non leggere, rileggere e discutere Marx”.
(da “Buon compleanno Marx, libertario letto molto male”
di Salvatore Cannavò
Il Fatto Quotidiano, 30 April 2018.
https://www.marcellomusto.org/buon-compleanno-marx-libertario-letto-molto-male/701)
in tedeco difatti letteralmente è: “la dettatura del proletariato”, di cui Charlie fu lo scrivano appunto.
Meglio allora (e liberamente): K. Marx, “la dentatura del proletariato”.
totalitario?
per nulla affatto!
se mai mistico pignolo… quei paradisi in terra!!!!!!!
“quei paradisi in terra!!!!!!” (Sagredo)
Sono una frottola millenaristica affibbiata al suo pensiero. Non sai nulla di Marx.
Segnalazione
OCCHIO A QUESTI CERCATORI DI MARX…
(Pagina FB di Vincenzo Costa: https://www.facebook.com/vincenzo.costa.79025/posts/520062682976382)
Post e commenti selezionati
Vincenzo Costa
Finito di preparare la prima parte del corso. Praticamente è stato e sarà un penoso portare a termine un lutto per troppo tempo rimandato, ma oramai inevitabile e indifferibile. E non sai mai bene se il lutto è verso la tua adolescenza, nel rileggere quei libri che avevi letto in quel tempo, e su cui non tornavi da quasi quarant’anni, o verso certi pensieri, speranze. Che si sono perse per strada insieme a tante altre cose.
Ma la cosa più penosa, dolorosa, è stato leggere la letteratura contemporanea, sull’egemonia, mouffe, Laclau, zizek, lo stesso hall. Un po’ di sollievo forse nel leggere ancora althusser, ma solo per contrasto al deserto che lo segue. La tristezza nel riprendere Per la ricostruzione del materialismo storico di habermas, altra illusione giovanile all’epoca in cui andavamo a lezione di Emilio agazzi. Cercare una via in Teoria e prassi di Derrida, e anche lì poi sentire il vuoto attorno alle parole.
La preparazione di questa prima parte del corso è divenuto un viaggio nel deserto.
Resta la domanda, che forse è l’unica possibile, e che non è come riattivare il marxismo, e neanche se era vero o falso. L’unica domanda che resta è: che cosa lo ha reso possibile? Perché per un certo periodo storico ha parlato alla vita?
Intendere il materialismo storico come esso stesso un fatto storico, circoscrivendolo, delimitandone le condizioni. Ma senza dire goodbye Marx, perché ce lo portiamo con noi, ma senza più nome.
A volte bisogna dimenticare tutti i nomi che siamo già stati, per riaccordarci con la vita, soprattutto quando arranchiamo dietro ad essa e rischiamo di rimanere indietro rispetto a noi stessi.
Carlo Serra
Resta poi i problema degli ultimi libri del Capitale, che sono splendidi e poco affrontati dal marxismo stesso, come scriveva con durezza lo stesso Dal Prà
Andrea Masala
Poi devo dirti che da sempre Alt[husser] mi risulta quello meno prolifico, quello che dice cose che c’erano già tutte e già più complesse in Marx. E che forse allargando molto lo sguardo invece il barbone è ancora tra i più potenti. Gramsci diceva di leggere “il ritmo del pensiero in sviluppo” e non la dottrina, e mi pare ancora valido. Il problema è stata la camicia di forza dei marxismi, che però sono stati quella cosa che ha parlato alla vita, forse più di Marx in senso stretto
Vincenzo Costa
forse che Marx ha dato voce a una certa esperienza, ma a una esperienza che si è trasformata, lasciandosi dietro la cenere dopo il fuoco
Rosario Gianino> Derrida, Margini della filosofia, Einaudi 1997, pg.57
Questo post risuona con una cosa che sto leggendo proprio stasera:
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Tidon Grifo
Laclau, Zizek, come già aveva fatto althusser utilizzano lacan, è come se il marxismo e marx fossero già fra le nebbie della storia e che si debba articolare un discorso che li disseppellisca (trovare i significanti adeguati) Già foucault sosteneva che fra la materia muta nell’umano si insinua il discorso che lo orienta. Foucault diceva che cosi come compaiono a un certo punto i discorsi anche i più universali scompaiono, si dissolvono come tracce sulla sabbia, Sappiamo bene che il lavoro umano è da sempre sfruttato ma lo sappiamo perchè diciamo che è sfruttato anche grazie a marx ma non è un dato affermabile se ogni volta non viene riaffermato, qualsiasi condizione umana vissuta è filtrata dalle parole con cui la rappresentiamo
Jacopo Foggi
In che senso la tristezza nel riprendere quel testo di Habermas??
Vincenzo Costa
credo che in quel testo si delinei una perdita del contenuto filosofico del marxismo, una sua riduzione sociologica. Ma ovviamente dovrei argomentare
Federico Virgilio
Se non sbaglio fu Lenin che affermò che Marx aveva trasformato i rapporti economici in rapporti umani: ecco, io credo che bisogna ripartire da qui; la vita debba ripartire da qui. Altrimenti ci perdiamo l’umano, come in parte è già accaduto. Soltanto dopo si potrà pensare ad una prassi politica, ad una “futura umanità”…
Jolanda Fontana Manzoni
Assolutamente vero. Bravo ad averlo sottolineato.
Mi chiedo se però non si sia superato il confine dell’umanizzazione mettendo sempre e solo il profitto, organizzato a livello mondiale, al centro di tutto e se nn resti solo al singolo il tentativo di ripartenza
Thomas Avondo
Alla tua domanda, Schumpeter rispose così:
— Ora, per milioni di cuori umani, il messaggio marxista del paradiso terrestre socialista significò un nuovo raggio di luce, un nuovo senso della vita. Chiamate simulacro, o caricatura della fede, la religione marxista, se così vi piace — ed è una tesi che ha molte frecce al proprio arco –, ma non ignorate e non negate la vostra ammirazione alla grandezza di questa opera. Non importa che quasi nessuno fra quei milioni d’uomini potesse capire e valutare il significato vero del messaggio. E’ il destino di tutti i messaggi. L’importante è che il messaggio fu formulato ed esposto in modo da riuscir accettabile alla mentalità positivistica del tempo… (Capitalismo socialismo democrazia, pag. 6)
Vincenzo Costa
infatti credo che alla fine cercherò di leggerlo in maniera sdoppiata, da un lato storicizzandolo, e portando alla luce la vita cui ha dato voce, dall’altro sottoponendolo a una critica teorica. Ma è la prima volta che in un corso affronto “un fatto personale”
Giovanni Viberti
Credo sempre di più che sia necessario tornare a Marx cercando di mettere tra parentesi, nel senso husserliano dell’epoché, ogni marxismo. Per questo, se potesse mettere a disposizione pubblica qualche estratto del suo corso, glie ne sarei molto grato.