di Ennio Abate
quel filo che più non brilla e che fu tuo, mio (F. Fortini, Poesie inedite)
Fin dal – lontanissimo oggi – 1991 avevo progettato uno studio ampio su Franco Fortini e i suoi scritti. E avevo trovato anche un titolo, Nei dintorni di Franco Fortini [1], che chiariva la mia collocazione rispetto a questo per me maestro a distanza.[2] Negli anni successivi, però, nella vita di tutti – e direttamente nella mia esistenza quotidiana – sono avvenuti cambiamenti tali che mi hanno impedito o fatto rimandare a varie riprese la prevista sistemazione dei numerosi appunti che dovevano confluire nella forma meditata del libro. Anzi, la pressione dei fatti e – diciamolo – il crescente smarrimento mio e degli epigoni della sinistra, ai quali mi ero accompagnato, hanno costretto questa mia ricerca a continue revisioni, divagazioni, ampliamenti e correzioni. Tranne, perciò, alcuni saggi elaborati a sufficienza che sono riuscito fortunosamente a scrivere e a pubblicare, ho accumulato soltanto altri numerosi appunti o interventi occasionali. Così è passata anche la data del centenario della nascita di Fortini (2017), per la quale pensavo di riuscire a completare il mio libro.
In seguito non ho neppure più cercato un editore. Negli ultimi anni si sono poi diradati e alla fine interrotti pure i miei rapporti con il Centro F. Fortini dell’ università di Siena e con alcuni studiosi di Fortini con cui ero in dialogo.
Da qui, dunque, ora la mia decisione di pubblicare a puntate su Poliscritture i capitoli di questo mio libro mancato. Non so quanto abbia del saggio e quanto – come dico da tempo per altre mie scritture – del narratorio. La questione non m’interessa più. M’interessa soltanto far conoscere anche a pochi lettori il mio Fortini.
I temi che toccherò nella prima parte riguarderanno i pochi anni (1978 – 1994) del mio rapporto – reale, diretto ma episodico – avuto a Milano con il Fortini “vecchio”. Nella seconda riesaminerò il più che ventennale mio dialogo/confronto/scontro sia con i testi di Fortini e sia con il suo fantasma (in genere benevolo), che tuttora m’accompagna.
So di averlo costruito e alimentato io stesso. E spesso in polemico contrappunto con quanto, dopo la morte di Fortini, hanno fatto e scritto su di lui vari suoi discepoli o amici o avversari. So pure che dialogare con un fantasma non è mai del tutto vano.
Note
[1] Omonimo a quello di una rubrica del sito www.poliscritture.it , dove dal 2006 raccolgo anche testimonianze e contributi di altri su Franco Fortini.
[2] La definizione l’avevo così spiegata nel 2010: «So ambivalente questa definizione. Psicologicamente segnala rispetto e sospetto, reazioni di molti e abbastanza consuete (a volte stereotipate) nei confronti di Fortini. Certo, ho provato grande rispetto per lui. L’ho sentito un’autorità vera, non di cartapesta, un consapevole magister. Mai ho dubitato dell’ampiezza e del vigore della sua cultura o della forza morale (cristiana e comunista) della sua partecipazione alla vita pubblica. Nel mio caso il sospetto, che intendo nella forma intellettualmente nobile, nasceva dal riconoscermi – realisticamente e quasi con orgoglio – «intellettuale di massa»; o nano di fronte a un gigante, se si vuole. Infatti, quando confronto esperienza e cultura mie con quelle di lui, la cosa mi pare evidente. Ma non ho mai voluto sorvolare sbrigativamente tale differenza salendo – come suol dirsi – sulle sue spalle per guardare il mondo solo da quella sua altezza. E mi è stato sempre chiaro che dovevo continuare a pensare e ad agire rasoterra. E definitivamente per tutta la vita in periferia. Da questa posizione, nella quale del resto ero rimasto – per necessità ma anche con determinazione – persino negli “anni formidabili” del ’68-’69, quando tutto pareva muoversi e il rifiuto della Tradizione ebbe un segno ribellistico e sovversivo potente, ho sentito con più acutezza l’esaurirsi della Tradizione in cui Fortini era cresciuto».
(https://www.poliscritture.it/2021/03/24/un-filo-tra-milano-e-cologno-monzese/)
Caro Ennio,
grazie per questa scelta generosa e sofferta. Ho letto e leggerò questa puntata e le prossime con l’attenzione che Fortini e tu meritate.
Maurizio