di Marga
C’è un virus che si aggira per l’Europa (e in altre parti del mondo) il quale, anziché attaccare il corpo, attacca la mente. Una viralità che passa inosservata fintanto che non si arriva alle estreme conseguenze. La mente infatti non ha ‘corporeità’ e quindi i suoi malanni non sono immediatamente percepibili se non all’occhio esperto: perciò quando si interviene può essere troppo tardi. Anche questo virus ne rispetta le peculiarità: è molto contagioso, si appiccica ai fragili e a coloro che hanno poche difese immunitarie (ovvero non sanno pensare ‘in proprio’), e assume, com’è sua natura, varie mutazioni. Ma il suo compito rimane quello: allargare il parterre degli ospiti da contagiare. Le mutazioni si presentano nelle vesti del “luogo comune” (molto infettivo); nell’apnea del campo informativo (che, essendo sempre quello di parte, si asfissia da sé solo); nell’inversione dei valori linguistici pilotati a seconda di chi li sta esprimendo. Orwell insegna. Contemporaneamente, il linguaggio viene confinato ad un livello concreto (il nome è la cosa) e non riesce a passare ai livelli superiori dell’astrazione, della metafora e della simbolizzazione. Faccio un esempio ricorrendo ad una litania sentita di frequente nelle nostre ‘beatitudini’ infantili: “se trovi piacere da solo, ovvero ti masturbi, diventerai cieco!” E via con il terrore, dilaniati tra la possibilità di perdere la vista e il perdere il piacere. Ma il senso era diverso: se continui a masturbarti intellettualmente, parlandoti sempre addosso, compiacendoti di te stesso, certamente diventi ‘cieco’ di fronte alle istanze altrui, a loro volta usate come meri ammennicoli di piacere e non interlocutori. La modalità di attacco di questo virus è anch’essa orientata alle ‘vie respiratorie’ le quali, metaforicamente intese, permettono gli scambi tra il dentro (noi) e il fuori (gli altri). Essendosi perduto il senso del tessuto sociale (ulteriormente danneggiato dalle esagerate/assurde restrizioni legate alla pandemia) oggi la tutela linguistica è decaduta. Una ‘archeolingua’ (come la definisce G. Orwell) va sostituita dalla neo lingua la cui funzione, una volta radicatasi nella popolazione, renderà impossibile ogni pensiero eretico. Qualunque pensiero discordante o contrario viene considerato uno psico-crimine il cui portatore va messo alla gogna. Questo è lo spettacolo che oggi è sotto l’occhio di tutti!
Veniamo alla tragica guerra in Ucraina. Fermo restando il fatto che ogni aggressione va stigmatizzata in sé (pur tenendo conto dei contesti in cui questa ha luogo e anche se è motivata da criteri di difesa), oggi assistiamo ad una isteria collettiva per cui Putin (e il popolo russo) viene investito di ogni azione nefanda, gli epiteti si succedono a raffica, è il Nemico per eccellenza, si agita il fantasma di Hitler (perfino Draghi, con estrema disinvoltura paragona il riconoscimento del Donbass – paese russo a tutti gli effetti e che quindi ritorna alla madre patria – all’annessione (Anschluss) dell’Austria nel 1938 da parte di Hitler. Austria che era dilaniata da forti contrasti politici (fra nazisti austriaci che pretendevano l’unione con la Germania nazista e un cancellierato che instaurò un governo autoritario di matrice autocratica. Pertanto due eventi completamente diversi ma il cui accostamento colpisce l’immaginario collettivo approfittando dell’incultura dominante. Nessuno ha niente da obiettare anche perché questa associazione assolve alla bisogna di attizzare gli animi e ottenere il consenso per ciò che si è intenzionati a fare. Di fronte a queste paventate minacce di “fine di mondo” di cui la Russia sarebbe la principale responsabile si crea una mobilitazione di pancia che non permette di fare chiarezza. E in questa confusione ci rimettono tutti. Ovviamente le popolazioni in primis. (Nota a margine: mi chiedo come mai nel 2014 non ci fu una altrettanta mobilitazione quando l’Ucraina aggredì il Donbass causando distruzioni e 14.000 morti. Anche lì c’erano bambini che piangevano e madri disperate. Ma non ebbero il diritto di cronaca. Perché mai? I soliti due pesi e due misure? Se sei dalla parte del più forte, in questo caso sostenuto da NATO e UE che sganciano armi e quattrini, va tutto bene?)
Mi viene in mente la lirica di B. Brecht “Il muro” quando appunto scriveva (riporto questi stralci): “Prima/ci sono state altre guerre/Alla fine dell’ultima/c’erano vincitori e vinti/Fra i vinti la povera gente/faceva la fame. Fra i vincitori/faceva la fame la povera gente egualmente”. Ora, affermare che certe scelte vengano prese dal basso, dal popolo, è una pura mistificazione. Tutt’al più da lì verranno degli orientamenti (a volte anche eterodiretti, vedi ‘Primavere Arabe’). Ma è sempre l’alto che decide. Perché, se per un attimo facessimo astrazione dalle ideologie (“i buoni russi” che cercano di difendere il loro territorio dall’avanzamento dei “cattivi occidentali, guerrafondai”), oppure “i buoni occidentali che vogliono liberare i popoli dai cattivi oppressori di ogni libertà”), vedremmo invece una lotta fra potenze per ristabilire (o guadagnare) sfere di influenza più stabili in questo momento di grande fluidità nel sistema capitalistico. Nonostante i ‘pietismi’ che si sprecano a go-go a reti unificate sulla sofferenza del popolo ucraino, in realtà non gliene frega una mazza a nessuno (oltretutto l’Ucraina è stata sempre dilaniata da lotte intestine passando anche ad appoggiare il nazismo, e i suoi confini sono stati sempre ‘ballerini’) perché sono più importanti i disegni di chi ha potere (e dei suoi lacchè). E, pur essendo partecipi della sofferenza che quei paesi stanno attraversando, non possiamo cedere alla mistificante retorica del luogo comune “la causa giusta”. Perché, accanto a questa, dobbiamo accostare anche il realismo della domanda “cui prodest?”.
Perché, come scriveva lo storico Tucidide (460 – 395 a.C.) facendolo dire agli Ateniesi nella guerra contro i Meli: “Gli dèi, secondo il concetto che ne abbiamo, e gli uomini, come chiaramente si vede, tendono sempre, per necessità di natura, a dominare ovunque prevalgano per forze.” E quindi non secondo giustizia. E dove per forza si intende non soltanto quella bellica ma anche e soprattutto quella di disporre del potere della comunicazione. Nessun tribunale punì per crimini di guerra né gli Stati Uniti per la bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki (quasi 210.000 morti civili) né gli angloamericani per il bombardamento su Dresda (sempre nel 1945) con 30.000 morti civili e la distruzione massiccia di ospedali, asili, chiese ecc. ecc. Perché la propaganda affermò che tutto questo era necessario onde evitare il peggio. E tutti risposero, stringendosi nelle spalle: “ah, beh! Sì, beh”. E come non ricordare la guerra del Kosovo del 1998-1999 quando il ‘compagno” M. D’Alema, allora Presidente del Consiglio, per voce del Generale Mario Arpino, Capo di Stato Maggiore della Difesa, ricordò con orgoglio che quanto a impegno nelle operazioni militari noi siamo stati, nei 78 giorni del conflitto, il terzo Paese, dopo gli USA e la Francia, e prima della Gran Bretagna. Ma che bravi! Ma, ovviamente, si trattava di una guerra ‘giusta’. E i morti? Forse stavano dalla parte sbagliata! Quest’ultima notazione ci riporta all’oggi, alla dichiarazione del nostro ‘bene amato Presidente’ Draghi il quale, con schiena dritta, afferma “non ci volteremo dall’altra parte”, invieremo armi e tutto ciò che serve per sostenere l’Ucraina. Prendere parte equivale ovviamente a mettersi in guerra. Ergo, siamo in pericolo. Ergo bisogna protrarre lo stato di emergenza. Sia mai! Ma fra le pieghe di questo stato di emergenza si nascondono le piaghe delle riforme che devono essere risolte nel più breve tempo possibile perché la UE ciò che vuole, vuole. Un sistema validissimo di coercizione (già ampiamente sperimentato in tempo di Covid: mica vorrete mettere a repentaglio il Governo in una situazione così drammatica per il Paese – ma in realtà sottintendendo per i Parlamentari stessi -)? Così si mettono a freno partiti incapaci e turbolenti, ormai allo ‘sturbo’, e quindi si fanno passare, anche in modo autocratico (imponendo magari la fiducia) la riforma del catasto, la riforma della giustizia, la possibilità di restrizioni energetiche, ripristinare il MES con soldi presi a debito, la estensione ad libitum del green pass come strumento di vessazione e di controllo (non più sostenuto da necessità sanitarie). E il Parlamento? Boh!
E in tutto questo già desolante panorama, ecco il folle parossismo della caccia alle streghe! Tre episodi salienti (ma non mancano altri).
1- Il corrispondete Rai da Mosca, Marc Innaro, nei giorni scorsi ha proposto questa analisi dei fatti: “Gli europei scontano una totale assenza di memoria storica e di comprensione delle dinamiche più profonde che ha subito la Russia nell’ultimo secolo e negli ultimi trent’anni”. E ancora: “Basta guardare la cartina geografica per rendersi conto che chi si è allargato negli ultimi trent’anni non è stata la Russia, è stata la Nato”. Giusto? Sbagliato? Poco importa: se ne potrà discutere apertamente? Invece no. Il PD ha presentato un’interrogazione in Vigilanza Rai. Niente domande pericolose.
2- Al Direttore d’orchestra del Teatro alla Scala di Milano, Valerij Gergiev, amico di Putin, viene chiesto dal sindaco di Milano Beppe Sala una presa di distanza dall’attacco armato da parte dei russi. Caso contrario non potrà dirigere, nel tempio più prestigioso del teatro mondiale, l’opera “la Dama di picche”, basata su un racconto di Aleksandr Sergeevič Puškin, il fondatore della lingua letteraria russa contemporanea. Non potendo radere al suolo l’Istituto Puškin (pur nell’imperante dominio della cancel culture – gli ucraini nel Donbass buttarono giù le statue di Lenin -) né chiedere abiura delle sue origini all’importante letterato russo in quanto defunto, ci si rifà con il povero Direttore d’orchestra. La caccia al russo è incominciata!
3- L’Ateneo Milanese “La Bicocca” avverte lo scrittore Paolo Nori che il ciclo di quattro lezioni su Dostoevskij è rimandato per “evitare ogni forma di polemica, soprattutto interna”. L’Istituto poi ci ripensa ma lo scrittore ha deciso che lo farà altrove. Mia cugina mi faceva rilevare, giustamente, che i nostri genitori, pur partigiani e quindi contro i tedeschi, continuavano a tenere in grande considerazione sia Goethe che Kant. Oltre che espressione di malafede, arroganza e facinorosità di parte, il tutto è legato anche ad una grande stupidità. Per cui dissento da una frase sentita in questi giorni in cui si affermava di preferire il più stupido presidente democratico (magari americano!) di contro ad un dittatore (magari russo!). Rammento che mentre uno stupido non si riposa mai, un cattivo almeno ogni tanto si ferma. Ora qualcuno dirà: “ma guarda la repressione dell’informazione che c’è in Russia!”. Io, come San Tommaso, posso parlare solo di ciò che vedo, che osservo qui e pongo dei punti di domanda su quanto invece viene riferito.
Ultima chicca: l’ambasciatore italiano a Mosca (Giorgio Starace) viene rimproverato perché non prende sufficienti distanze da Putin. Allora deve dare a Putin dell’animale come ha fatto il nostro Ministro degli Esteri, l’ineffabile Di Maio? Pur nella diversità tra questa guerra e quella al virus, ci vedo dei tratti di continuità. Uno di questi è la ricerca spasmodica del nemico come entità necessaria su cui scaricare tutte le nostre difficoltà. E visto che sopra ho citato quella lirica di B. Brecht, ne prendo un altro passaggio: “Al momento di marciare/molti non sanno/che alla loro testa marcia il nemico./La voce che li comanda/è la voce del loro nemico./E chi parla del nemico/è lui stesso il nemico”. Domanda: forse che quando qualcuno accusa un altro di nazista è lui stesso un nazista? A tal proposito, consiglio di vedere il film di Dennis Gansel “L’onda” (Die Welle) del 2008. Un film basato su un esperimento sociale nel 1967 in una scuola della California ma ambientato in un Istituto tedesco. Un professore di Storia, trovandosi a gestire una classe di studenti annoiati e senza stimoli, i quali con modalità più provocatoria che interessata, pur chiedendosi come si fosse potuti arrivare alle aberrazioni naziste spavaldamente dubitavano che ciò potesse ancora ritornare (e men che meno fra di loro), utilizzò – in modo dimostrativo – il tema del suo corso sull’Autocrazia. Ciò di malavoglia perché invece avrebbe preferito il tema dell’Anarchia, più vicino ai suoi ideali. Da un lato guidato dalla necessità di contenere la riottosità della classe e dall’altro per far capire ‘dal vivo dell’esperienza’ come potessero nascere le strutture sociali autoritarie fondò una specie di movimento, che lui stesso autocraticamente comandava con una severa disciplina e sanzioni in caso d’infrazione. Gli studenti accolsero, dapprima titubanti ma poi sempre più convinti, questo modello, soprattutto coloro che si sentivano particolarmente sollecitati dallo spirito di solidarietà che il movimento stesso propugnava e, soprattutto, dal fatto di riconoscersi in un progetto ideale. Senza ‘spoilerare’ posso dire che i dissidenti di quella classe non fecero certo una bella fine. Ma fu solo l’autocrazia ad aprire la strada alla ripetizione del passato o non anche una particolare propensione individuale a non pensare (perché a pensare si fa fatica) e a non responsabilizzarsi (perché questo costa)?
Ed eccoli dunque qui i Cavalieri dell’Apocalisse (peste, fame, bellum) che stanno cavalcando alla grande sulle nostre vite e i cui effetti nefasti abbiamo in parte già conosciuto. E infine l’ultimo dei quattro, la Morte: la morte della civiltà, la morte dell’uomo come essere pensante. La corsa nell’abisso causata dal non-pensiero, dall’incapacità al dubbio e alla critica. E intanto c’è chi continua a ballare nella convinzione di appartenere ai “migliori”, di avere le anime pulite e candide, scevre da ogni nefandezza. Tanto, i cattivi sono sempre gli altri.
AL VOLO/CHOMSKY
il dilemma era stato spiegato dal Segretario di Stato John Foster Dulles, rivolgendosi al Consiglio di sicurezza nazionale sui problemi degli Stati Uniti con il Brasile, dove le élite, ha affermato, sono “come bambini, senza capacità di autogoverno”. Peggio ancora, nelle sue parole, gli Stati Uniti sono “irrimediabilmente molto indietro rispetto ai sovietici nello sviluppo di controlli sulle menti e sulle emozioni dei popoli non sofisticati” del Sud del mondo, anche delle élite istruite. Dulles si è lamentato con il presidente della “capacità comunista di ottenere il controllo dei movimenti di massa, … qualcosa che non abbiamo la capacità di duplicare. I poveri sono quelli a cui si rivolgono e hanno sempre voluto depredare i ricchi”.
Dulles non ha detto l’ovvio: i poveri in qualche modo non rispondono bene al nostro appello dei ricchi a depredare i poveri, quindi con grande riluttanza dobbiamo rivolgerci all’arena della violenza, dove dominiamo.
( DA https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-chomsky_la_spinta_degli_stati_uniti_al_regno_supremo_alimenta_il_conflitto_in_ucraina/82_45274/)
Marga evoca giustamente ricordi dolenti, compreso il nostro prode D’Alema che da buon ex-comunista spargeva sulla Serbia ex-socialista proiettili di uranio impoverito.
E altri equivalenti che i nostri dementi lucertoloni fanno finta di dimenticare.
Cosicchè gli si può perdonare le parentesi un pò superficiali sulla pandemia.
Impressiona in questa fase la corsa di tante ‘anime belle’ a schierarsi, buttando alle ortiche cervelli forse troppo stanchi e vite di cui ormai han perso il senso.
Senza dimenticare che questo conflitto è l’ultimo chiodo sulla bara di un pianeta surriscaldato di cui tutti se ne fregano, tagliando al ritmo di nenie disneyane il ramo su cui stan seduti. Tanto figli e nipoti saranno troppo cotti per presentargli il conto.