Nemesi di Ramnunte
copia romana dell’originale statua di culto di Nemesi a Rhamnous, in Attica
Napoli, Museo Archeologico
di Antonio Sagredo
Amami almeno una volta e soltanto nel ricordo
quando verrai da sola a vedere il mio tramonto in ginocchio,
ma sul trono hai il volto fuso con un tragico diadema
che per una solitudine regale
vomita nel calice una gorgiera di detriti e di rubini.
Dietro una palizzata di macerie le coronarie danzano con la Morte
e già sanguinano in un quadro ancora non finito…
l’ultimo artista del potere ha negli occhi mistici ferro e fuoco
e secolari cecità – e nella sua fogna mistica menzogne e inganni.
Le urla dei poeti contro il muro segreto non minacciano il perdono,
né chiedono soltanto mutilati ovunque e impietosi
di restare invano nei sottosuoli
per onorare muti le proprie parole… ma vivi!
(19 marzo 2022)
Con l’andare degli anni, questo poeta affina le sue armi, il tono rimane rabbioso come sempre, ma qualcosa in lui si è addolcito, lo senti nel sottofondo, quasi stesse per raggiungere una sorta di riconciliazione con se stesso, e con il mondo che sempre rimarrà incomprensibile.
Riporto un commento – una risposta – di Emerico Giachery ai miei versi.
grazie
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Caro Antonio, grazie per aver pensato a questi due ultranovantenni. In questi tempi di crudeltà e di contagi mortali, sentiamo molto pertinente la tua parola di “ferro e fuoco”, i suoni spietamente metallici, l’atmosfera da danza macabra di Breughel, l’esigenza struggente di sentirsi disperatamente “vivi”, tra macerie e cimiteri, restando inaccessibile e pur desiderata una “regina” lontana, di cui soffriamo l’aspra estraneità. Un abbraccio e molti auguri affettuosi da Emerico e Noemi