Non solo “i poeti in tempo di guerra non pensano abbastanza”

Dopo un mese di guerra in Ucraina. Chiuso per riflessione.
Firmato
Nottola di Minerva

Cresce la delusione per i modi in cui in Italia si sta dibattendo sulla guerra in Ucraina. Non so se e come usciremo da questo buio che ci attanaglierà sempre più. Pesiamo almeno le nostre parole e coraggio. [E. A.]

Nota.
Hegel sosteneva che la filosofia è simile alla "Nottola di Minerva" (una specie di civetta, uccello sacro alla dea della sapienza) che inizia il suo volo solo al crepuscolo, quando il sole è già tramontato.

* Il titolo fa riferimento a una mia vecchia poesia e ad un vecchio dibattito (qui)

 

12 pensieri su “Non solo “i poeti in tempo di guerra non pensano abbastanza”

  1. “Non sappiamo dove ci stanno portando, ci aggrappiamo disperatamente a quello che siamo.”

    SEGNALAZIONE
    Il dibattito sulla guerra in Ucraina e il nostro bisogno di preservarci
    di Costanza Jesurum
    https://www.valigiablu.it/dibattito-invasione-ucraina/

    1.
    Nell’impossibilità di incidere davvero sul corso della Storia con la S maiuscola, i cittadini esorcizzano il proprio timore e la propria impotenza informandosi e ridefinendo la propria posizione in merito alla guerra in Ucraina.

    2.
    Tutte queste forze spingono per un conflitto di portata mondiale, perché oltre all’Ucraina potrebbero intervenire Stati dotati di difese nucleari. Questa cosa ci toglie il fiato e la esorcizziamo come possiamo. Siamo oltretutto in un’epoca di interconnessione perenne e, come è stato per la gestione emotiva della pandemia, gestiamo emotivamente la minaccia nucleare con una collettivizzazione degli interrogativi politici. Cosa sarebbe meglio fare?

    3.
    La rappresentazione mediatica del conflitto si sta per altro sviluppando secondo un modello che abbiamo già osservato in altre occasioni e che sembra procedere per tappe obbligate. Arriva l’evento che lascia sbigottiti e che in prima battuta si manifesta con colorazioni molto distinte, con giudizi di valore molto netti e confini definiti. Sappiamo tutto del Pericolo, sappiamo tutto del Rimedio. Poi l’evento diviene una cascata di informazioni e di pareri che riformulano il quadro, e che in linea parziale creano dei chiaroscuri.

    4.
    Dunque l’opinione pubblica si struttura su come risolvere la situazione – dividendosi tra chi vede come unica strategia l’osteggiarlo, e chi invece vede come unica strategia l’accontentarlo. L’Ucraina diventa una specie di pedina in mezzo a questo calcolo, e le riflessioni sulla pace in quel territorio un complemento di argomento dei nostri scopi. In questo complesso di reazioni e di valutazioni, si infiltrano però istanze che sulla carta dovrebbero essere irrilevanti ma che invece strutturano le opinioni, in base alle storie politiche e culturali pregresse di chi le formula e che guidano la costruzione degli orientamenti e dei pareri più di qualsiasi logica e pragmatismo.

    5.
    Tutti dunque, anche il grande partito delle persone che tra sinistra e destra invece vedono nel sostegno militare all’Ucraina un atto politico che ha una triste necessità, mischiano visione politica a costruzione identitaria, prognosi future a eredità storiche, anche se ognuno per parte sua rincorre il nobilitante fantasma della complessità, e della discriminazione etica delle azioni possibili. Gli interventisti, anche se chiaramente preferiscono un intervento indiretto, fatto di armi e non di militari mandati al fronte, forse hanno meno problemi a sopportare l’egemonia politica statunitense, e la natura difensiva del patto NATO, e l’idea di armare l’Ucraina mette insieme una coloritura di protezione politica degli oppressi, anche qui espressa in buona fede, e la necessità di arginare una forza montante, e altrimenti incontrollabile.

    Di fatto comunque, per quanto tutti si litighi e ci si insulti vicendevolmente accusandosi l’un l’altro di semplificazione, o della agevole prospettiva di chi vive in tempi di pace, tutti sono molto spaventati e in fondo, la costruzione dell’identità rimane l’ultima àncora a cui aggrapparsi. A ben vedere infatti, sia il partito di chi appoggia un intervento bellico, tramite esercito o solo tramite forniture di armamenti, sia il partito di chi invece sottolinea l’importanza della pace, e della resa ucraina, propongono strategie che hanno come scopo sotteso quello di cercare di preservarci. Il pacifismo tenta legittimamente di scongiurare l’escalation nucleare ipotizzando che con questa guerra le mire espansionistiche di Putin si fermino. L’interventismo spera di preservarci dissuadendo con la forza ulteriori ipotesi di allargamento territoriale da parte della Russia. Non sappiamo dove ci stanno portando, ci aggrappiamo disperatamente a quello che siamo.

  2. “L’interventismo spera di preservarci dissuadendo con la forza ulteriori ipotesi di allargamento territoriale da parte della Russia” ( Costanza Jesurum)…Ho qualche dubbio su quell’ipotesi, dall’altra parte ho la quasi certezza che se si va al braccio di ferro tra potenze nucleari, quella presente e quella che gioca nell’ombra, le armi in campo diventeranno sempre piu’ mortali e distruttive…Per preservare piu’ possibile la vita bisogna passare attraverso altri strumenti…meglio pochi risultati e in tempi lenti che la catastrofe istantanea e “risolutiva” di tutti i problemi, scomparsi i viventi

  3. SEGNALAZIONE

    Dalla pagina FB di Carlo Rovelli

    In molti mi dicono di stare zitto perché sono solo un fisico e non un politico o un esperto di politica internazionale. Io invece vorrei che parlassero tutti su questioni come la scelta fra la pace o la guerra, fra costruire armi oppure ospedali: che siano fisici o storici, o panettieri, o maestri di scuola. Sono convinto che la maggioranza delle gente non la voglia la guerra, e non voglia avere più armi. La maggioranza della gente vuole tranquillità, pace. Vuole che i soldi pubblici siano spesi per ospedali e scuole, non per strumenti di morte. Perché lasciar decidere ai fabbricanti di armi, che riempiono i giornali e i politici di soldi? Agli “esperti di politica internazionale”, che da sempre non fanno che portarci da una guerra all’altra: Ucraina, Yemen, Afghanistan, Syria, Libia, Iraq, e via via, in una striscia ininterrotta di centinaia di migliaia di cadaveri e di città distrutte, iniziate da altri, iniziate da noi, nate da escalation, io un po’ di più, tu un po’ di più, ma tu mi hai fatto questo, ma prima tu mi avevi fatto questo, e adesso te la faccio vedere io… e non bisogna mai cedere al nemico. Per il bene degli Ucraini, per il bene dei russi del Dombas, per il bene dei Kossovari, per il bene dei poveri libici nelle grinfie di Geddhafi, per il bene dei poveri siriani nelle grinfie di Assad, per il bene delle bambine Afghane, e per il bene di tutti costoro ne muoiono innumerevoli e demoliamo le loro città. Tutte guerre nate dall’agitare sempre lo spauracchio della paura. Ma ve lo ricordate? L’ISIS distruggerà l’Europa. Saddam Husain ha armi di distruzioni di massa. I Serbi stermineranno il Kossovo. Osama Bid Laden da solo demolirà la civiltà. Il cattivo di turno è sempre il mostro orrendo, di cui dobbiamo tutti tremare di paura. Adesso di nuovo. Tremate, tremate, già si vedono le ombre dei cavalli dei feroci Cosacchi che pascolano in piazza San Pietro. Paura, paura. Comperate più armi, vengano signori e signore, guardate che belle armi, tutte scintillanti e in vendita! Prezzi scontatissimi! Sono armamenti verdi, ecologici, biodegradabili. Poi, più armi ci sono, più facciamo la guerra, ovviamente. Più ci insultiamo, ci sfidiamo, ci minacciamo l’un l’altro, ci accusiamo l’un l’altro di nefandezze (generalmente tutte vere), più finiamo per farci la guerra, ovviamente. E siccome i cattivi sono per definizione sempre gli altri, gli aggressori sono sempre gli altri, lo facciamo persino con un grande senso di superiorità morale. E se nel nostro paese la massima autorità morale a cui il paese solitamente si inchina, il Papa, arriva a dire che “si vergogna” per l’aumento degli armamenti, bhè questa volta lasciamolo dire, che ne capisce lui di politica e morale? Non è mica un “esperto di politica internazionale”. Se il Segretario Generale delle Nazioni Unite si sgola per dire di abbassare i toni invece di alzarli, per dire multilateralismo invece che dominio di una parte sull’atra, lasciamolo dire, che ne capisce lui di politica? Non è mica un “esperto di politica internazionale”, è solo il Segretario Generale delle Nazioni Unite. Cari politici, perché per una volta non provate ad ascoltare la gente? In fondo poi alla gente chiedete voti. La maggioranza degli italiani non vuole guerra, non vuole più armi, non vuole gettare fuoco sul fuoco. Nonostante la belligeranza e la bellicosità di tanto giornalismo. Nonostante gli urli “aiuto, armiamoci, arrivano i Cosacchi a pascolare i cavalli in Piazza San Pietro”, nonostante l’isteria, la maggioranza degli italiani non vuole più armi. Perché? Perché è ragionevole, e vuole solo vivere in pace. Non alimentare la guerra con la guerra. Come la maggioranza degli ukraini, dei russi e dei cinesi. Ma anche a loro raccontano che sono in pericolo, e che bisogna andare a difendere dei poveretti attaccati. Cerchiamo di non essere sciocchi: la Russia non attaccherà mai paesi nell’alleanza Nato, che è enormemente più potente dell’esercito russo. È la paura che genera aggressività. Rileggetevi tutti l’inizio di Mein Kampf di Hitler. È interamente giocato sulla paura “armiamoci e diventiamo forti, altrimenti ci stritoleranno”. Sembra tanti articoli recenti. Sappiamo come è andata a finire. La paura genera mostri. Se il XXI secolo si nutre di paura, sarà come il XX secolo: 70 milioni di morti ammazzati, per nulla.

  4. SEGNALAZIONE

    Dalla pagina FB di Lea Melandri

    Il “processo” mediatico che si sta facendo contro la posizione di chi è contrario agli stanziamenti militari, all’invio di armi, e al riarmo dell’Europa, è la vergogna del nostro Paese.
    Nella mistificazione delle opinioni, quello che dovrebbe far riflettere è il fatto che, se si accusano i pacifisti di essere favorevoli a Putin, si potrebbe con la stessa logica dire che chi vuole armare gli ucraini è favorevole alla terza guerra mondiale.
    Ma temo che ormai di ragionevolezza e di logica ne siano rimaste poche.

  5. Concordo totalmente con Lea Melandri. Evidentemente tutto questo disastro era già ampiamente previsto ( e si sono lasciato che tutti i rapporti si deteriorassero), altrimenti non si capirebbero gli immediati “signorsì” del sindaco Sala nell’allontanare Giergiev, quello della Rettora della Bicocca nell’annullare il corso su Dostoevskj.
    Quanto al linciaggio contro chi è contro il riarmo dell’Italia e contro l’invio di altri aiuti bellici all’Ucraina, in quanto amico di Putin, ciò fa tristemente parte delle campagne d’odio scatenate su ogni tema venga proposto. Come dice Montanari ( Il Manifesto), in ciò gioca la mancata conoscenza della guerra che invece avevano i Padri Costituenti nel redigere la Costituzione (art. 11) e l’analfabetismo generalizzato che tende a cancellare la complessità. La guerra è oggi vista dai più come un videogioco.

  6. TRISTE FILASTROCCA DEL PACIFISTA
    Ringrazio Lucia Baroncini per questa sua nota che mi piace postare come introduzione al componimento.
    “È una poesia giocosa e triste come un girotondo su un prato o in un cortile e come un girotondo mette al centro e stringe senza scampo le contraddizioni di chi, senza assumersene la responsabilità e il peso, si dichiara in modo perentorio e arrogante nel bel mezzo di una guerra: “Io sono un pacifista”. E passa oltre, avendo sbrigato la pratica. Questa tragedia è però chiarificatrice di cosa sono le persone, alcune nostre amiche da anni, e come non sono cambiate, come invecchiando sono rimaste arroccate alle proprie idee e alle proprie ideologie a prescindere dal corso della storia, anzi piegando la storia alle proprie imperiture, immutabili convinzioni.”

    Pacifista generoso
    tutta pace e niente guerra
    hanno invaso la mia terra.

    Altruista e pacifista
    niente guerra e tutta pace
    dentro un sacco il figlio giace.

    Pacifista assai cortese
    sempre pace e mai una guerra
    perché sanguina la terra?

    Hanno ucciso i miei bambini.
    Educato pacifista
    non ti piace ch’io resista?

    Pacifista assai eloquente
    ch’io scacci l’invasore
    ti disturba il buon umore?

    Pacifista ragionante
    dici che non c’è partita
    per l’inerme è già finita.

    Pacifista bilanciere
    la potenza del terrore
    non t’accende di furore?

    Mai una guerra e sempre pace
    pacifista assai gentile
    dove tieni il tuo fucile?

    Pacifista coscienzioso
    un tuo avo partigiano
    col fucile andò lontano.

    Pur sapendo di morire.
    Per giustizia e libertà.
    E si mosse con pietà.

    Generoso pacifista
    non vuoi darmi il tuo fucile?
    Ma non senti un altro Aprile?

    Pacifista pacifista
    anche senza il tuo sostegno
    c’è chi a vita si fa degno.

  7. @ Ottaviani

    Io non sono pacifista. E ho argomentato la mia posizione anche in questa lettera del 21 marzo 2022:

    SULLA GUERRA IN UCRAINA/ LETTERA A Lanfranco Caminiti

    Caro Lanfranco,
    mi è spiaciuta da subito la tua presa di posizione e non sono più intervenuto nelle discussioni che hai animato. Lo faccio adesso senza alcuna speranza di dialogo perché, quando i discorsi sono così contrapposti e divaricati, insistervi sarebbe – per entrambi – una perdita di tempo. Ognuno però può riflettere per conto proprio sulle fondamenta teoriche e storiche della propria e dell’altrui posizione. E allora mi limito a precisare 3 cose:

    – se «da qualche parte ci dobbiamo mettere», non è detto che ci dobbiamo mettere o con Biden-Europa(attuale)-Draghi o con Putin o con Zelensky. Ci possiamo (dobbiamo, per me) mettere contro la NATO, contro Putin e contro Zelensky. Contro perché hanno scelto tutti la guerra come metodo di soluzione dei conflitti che li contrappongono e lavorano tutti per tener sottomessi i popoli. E, in particolare, dobbiamo essere contro Putin e Zelensky, perché fra nazional-bolscevismo zarista del primo e nazionalismo fascistoide e filo NATO dell’altro c’è poco da scegliere.
    È una posizione “idealistica”, da “anime belle”?
    Sì e no.
    No, perché aiuta a salvare la nostra storia (le nostre “rovine”, le nostre “verità”) e la nostra prospettiva (che una volta si chiamava socialismo/comunismo e oggi non ha più un nome, è “figlia di NN”).
    Sì, perché sul piano pratico non riesce a contrastare nell’immediato la guerra in corso. (Ma non lo fa neppure la tua, che sinceramente mi pare – e non c’è volontà di offesa in quel che dico – una variante dell’ interventismo dominante, pur appassionata e senza il cinismo realpolitik di altri).

    – Sulla « nostra “piccola” guerra civile ideologica – del fatto che sia giusto o meno mandarle, se si approva o meno mandarle» mi chiedo: ma chi l’ha proclamata? E non è ancora una volta – per noi che veniamo dagli anni ’70 – una ennesima «falsa guerra civile»? (Cfr. F. Fortini, Note per una falsa guerra civile, 4 settembre 1977, pag. 168, in DISOBBEDIENZE 1, il manifesto, Roma 1997)
    O forse peggio ancora, perché oggi non abbiamo neppure più quelle collettività politiche militanti, siamo individui più o meno isolati, voci balbettanti o smozzicate e senza una cornice teorica minima entro la quale dialogare e polemizzare senza distruggerci. (Ahimè, la polemica contro la Di Cesare!).

    – Su « io sono un uomo qualunque, della strada, che sta dentro una “famiglia” concettuale che si chiama, largamente, “sinistra”», non ironizzo. Cos’è oggi la “sinistra”?!
    Ti chiedo soltanto di ricordare che in quella “famiglia” (spesso di accoltellatori, di stalinisti, di gesuiti rossi, ecc.) bisognava e bisogna scegliere con chi stare. Lì dentro di sostenitori di “guerre giuste”- da quella del Golfo a quella contro la ex Jugoslavia – ce n’erano e ce ne sono ( ammesso che di “sinistra” si possa ancora parlare) a iosa. Io sto ancora con il Fortini di Otto motivi contro la guerra.

    P.s.

    OTTO MOTIVI CONTRO LA GUERRA (1990)

    Stralci:

    «tutto è peggio», «quasi unanimità dei giudizi», « irrilevanza delle voci differenti dal coro», «disfacimento delle sinistre» e «i ceti medioborghesi, l’Italia dei colti, il ceto politico che quasi sempre sono stati una barriera alla peggiori tendenze dell’età reaganiana, si sono trovati dalla parte di queste ultime, ben contenti che l’indecenza di un Saddam Hussein abbia provocato un generale riflesso di difesa e di protesta. Quella “unione sacra” che c’era stata solo in taluni episodi della lotta antiterrorismo sembra oggi non solo quasi rivelata nella “nazione profonda” ma confermata dalla quasi totalità dei facitori di opinione. Mi sbaglio: ci sono i preti»

    ( in “Disobbedienze II”, pagg. 127)

    Chi avesse voglia di ricordare che cent’anni fa i socialisti cantavano: “Guerra al regno della guerra / morte al regno della morte”, mentre le sinistre italiane (e da mezzo secolo quelle sovietiche) hanno dimenticato che nella seconda strofa dell’Internazionale sta scritto che: Se codesti cannibali si ostinano / a far di noi degli eroi/ presto sapranno che le nostre pallottole / sono per i nostri stessi generali), commetterebbe un errore. L’esperienza del secolo prova che la trasformazione leniniana della guerra imperialista in guerra civile è ipotizzabile solo al di sotto di un certo livello di tecnologia degli armamenti, fin tanto che le due parti in conflitto non possono o non vogliono farne uso. Ancora due o tre decenni orsono si poteva pensare al valore esemplare dei “fuochi”, accesi e spenti in America latina o destinati a eternizzarsi come nelle guerriglie centroamericane o africane. Che alla base della guerra degli eserciti si opponesse quella dei popoli, secondo la parola di Mao e la pratica, fino a una certa data, del Vietnam. che però ha vinto solo quando ha ricevuto un certo tipo di armamento. Possesso e uso di strumenti tecnologicamente complessi implicano, in chi li guida e li usa, una modificazione analoga a quella che ha portato dall’operaio della “catena” a quello attuale, giapponese o italiano. Secondo il sarcasmo di Brecht, ai tempi di Hitler, il difetto del carrista e del meccanico era quello di poter pensare. Oggi quel “pensare-contro”, i generali odierni lo hanno eliminato proprio accrescendo la quota di “pensiero” applicato all’impiego della tecnologia militare.

    ( in “Disobbedienze II”, pagg. 127)

    «Oggi sappiamo che non ci sono giuste guerre; ma non ci sono giuste guerre oggi, perché le finalità che le guerre di classe si sono proposte possono-debbono oggi essere combattute e raggiunte altrimenti che con le armi. E non perché la violenza sia, in astratto e sempre, il “male”. Ma perché oggi e qui essa serve ai nostri avversari; o almeno così, oggi, crediamo. La guerra del Golfo [lo stesso credo possa dirsi di questa in Ucraina. Nota di E. A.] è ignobile e va rifiutata e combattuta fino a che ci resti una parola, non perché Saddam [o Putin, aggiungo io. Nota di E. A.] sia un delinquente malvagio o perché gli Stati Uniti vogliono controllare il mondo e metterlo al proprio servizio, ma perché fa arretrare tutto quello che riteniamo buono e giusto per noi e per gli altri».

    (da F. Fortini, “Disobbedienze II”, pagg. 131-132)
    Ennio Abate

  8. @ Ottaviani

    AGGIUNTA AL VOLO/ A PROPOSITO DI “FALSA GUERRA CIVILE”
    (Dalla pagina FB di Roberto Buffagni)

    Grazie ad Alessio Ferrari, sono venuto al corrente di questa vicenda napoletana raccontata da Salvatore Prinzi. E’ una cosa terribile, che non ho modo di verificare personalmente ma che suona, purtroppo, vera. Eccola.

    “Salvatore Prinzi
    9 Sap3ar1iplel tal02l8ts5e1 o5orm38e 1d52h:204 ·
    Bisogna denunciare questa cosa perché vi confesso che da settimane, sentendo l’aria nel mio quartiere, temo possa succedere qualcosa di brutto.
    Ieri si è tenuta a Piazza Cavour, centro storico di Napoli, un’operazione di pulizia della piazza che come al solito versava in condizioni di degrado. Dopo l’ennesima denuncia dei cittadini, raccolta da giornali come Repubblica, si sono mobilitate istituzioni e operatori dell’ASIA. Alla giornata hanno deciso di partecipare anche alcuni esponenti della comunità ucraina (radicata soprattutto alla Sanità).
    Non ho ben capito chi li ha coinvolti – immagino ci sia stato un contatto con le istituzioni locali. Quello che è certo è che il presidente della Terza Municipalità, Fabio Greco, 5 Stelle eletto con PD e liste di De Luca, si è spinto a dire che “Premeremo per affidare una parte della piazza alla comunità ucraina che è molto folta in questo quartiere”.
    Purtroppo però chi è arrivato sul posto subito dopo la pulizia si è imbattuto in questi cartelli, certamente affissi durante l’iniziativa e non credo dagli operatori ASIA.
    Si tratta di cartelli che prendono di mira due signore russe che si dice vivano nel quartiere. Una di queste, esposta con nome e cognome, a una prima ricerca sui social è molto attiva nel far girare la propaganda (anche quella più schifosa) del suo governo.
    Ciò non toglie che le due signore vengano fatte passare esse stesse per “assassina dei bambini ucraini” e “madre di pedofili”, e si incitino altri cittadini ucraini ed italiani ad aggredirle fisicamente.
    Il problema è che questo non è l’unico atto preoccupante capitato nel quartiere da quando è iniziata questa guerra.
    Fuori a un negozio ucraino sito nei Vergini – che già in questi anni ha visto la presenza di personale con magliette di estrema destra, di avventori che hanno ostentato il saluto romano – si sono consumate alcune aggressioni verbali anche verso cittadini ucraini dell’Est, accusati di essere filorussi.
    In particolare una signora ucraina è stata malamente apostrofata per il suo scarso sostegno alla causa della raccolta fondi per comprare armi. Un’altra russa è stata aggredita verbalmente in metropolitana. A questi episodi hanno assistito cittadini napoletani, intervenuti per dividere.
    Tutto questo dentro un quadro dove un ragazzino russo al Vomero ebbe problemi a scuola, e il console ucraino ha avviato una dura polemica contro il balletto al San Carlo che vedeva insieme russi e ucraini, mentre le ballerine ucraine venivano minacciate dai loro connazionali se avessero partecipato.
    Ora, il punto è semplice: più la guerra continua (e sembra continuare ancora per mesi), più il clima si riscalda, più la propaganda cresce, più anche i civili vengono portati all’esasperazione. E da qui potrebbero nascere aggressioni fisiche fra cittadini ucraini e russi o addirittura fra ucraini stessi.
    A Napoli si stima che la comunità russa conti meno di 2.000 persone, quella ucraina oltre le 22.000. Purtroppo fra di loro ci sono militanti di estrema destra che già a Piazza Dante qualche settimana fa hanno esposto simboli nazisti e hanno comprovati contatti dal 2014 con la sede di Casa Pound che si trova proprio a Via Foria.
    Bisogna quindi stare attenti che le tensioni non sfocino in aggressioni.
    Che gli estremisti di destra ucraini non usino questa occasione per fare proselitismo e accreditarsi con le istituzioni locali.
    Che gli estremisti ucraini e napoletani non inizino a collaborare per aggressioni contro altri cittadini napoletani rei di pensarla diversamente.
    Napoli deve essere città di pace. Deve rispondere come hanno risposto i lavoratori del San Carlo all’ambasciatore ucraino, portando avanti lo spettacolo in nome della fratellanza fra i popoli. Deve rispondere come ha fatto Jorit, dipingendo lo scrittore russo Dostoevskij, la cui opera ha un valore universale. Come hanno fatto tanti servizi di Antonio Musella su Fanpage che hanno insistito sull’accoglienza degli ucraini ma hanno dato voce anche agli studenti russi. Come sta facendo il Movimento Migranti e Rifugiati Napoli che sta aiutando sia ucraini dell’ovest che dell’est o russi, tutti in fuga da miseria e scelte sbagliate dei politici. Come fanno gli Studenti Autorganizzati Campani e il Collettivo Autorganizzato Universitario Napoli che stanno facendo iniziative nelle scuole e nelle università contro la guerra e contro gli interessi economici che le muovono.
    Insomma, i buoni esempi ci sono. Non lasciamoci trascinare dal clima di guerra e barbarie, non facciamoci dividere dai nazionalismi, lavoriamo per la tolleranza, la pace e l’amicizia fra i popoli!”

  9. @Ennio Abate Primo: Grazie per l’ospitalità. Secondo: Ho pubblicato anche qui la mia filastrocca con il solo modesto intento di smentire le genericità del titolo – Non solo “i poeti in tempo di guerra non pensano abbastanza” – ed eventualmente suscitare ulteriori spunti critici. Terzo: So perfettamente che Ennio Abate non è un “pacifista” né tantomeno il genere di pacifista che la filastrocca irride. Quarto: sorprende l’egotismo delle sue prime parole di commento. E ora la domanda diventa obbligatoria: perché sentirsi così personalmente chiamato in causa?

  10. “perché sentirsi così personalmente chiamato in causa?” (Ottaviani)

    Nessuno o poco egotismo. La questione (come si risponde ad una prepotenza) c’è e se ne dibatte dappertutto.

  11. @Ennio Abate
    La questione è assai marginale. Ma un po’ di egotismo a me pare che ci sia. Qualsiasi cosa uno pubblichi ci si aspetterebbe un commento – di consenso, di critica, di rifiuto ecc., ecc.- sulla cosa pubblicata. Qui invece ci si è precipitati a ribadire, sovraccarica di documentazione, la propria posizione personale che, almeno in questo blog, dovrebbe essere già arcinota!

    1. @ Ottaviani

      Mi sono “precipitato” perché il tuo commento pareva non tener conto che la mia posizione fosse “già arcinota”. Ma chiudo volentieri qui. Un saluto

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